Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-05-10, n. 201302555

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-05-10, n. 201302555
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302555
Data del deposito : 10 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09861/2009 REG.RIC.

N. 02555/2013REG.PROV.COLL.

N. 09861/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso r.g.a.n. 9861/2009, proposto dal sig. A M, rappresentato e difeso dall'avv. A I, con domicilio eletto presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Fondazione Teatro Lirico di Cagliari e Teatro Lirico G. P. da Palestrina , in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Sardegna, Cagliari, sezione II, n. 1132/2009, resa tra le parti e concernente l’inquadramento dell’interessato nel livello superiore .


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati, con tutti gli atti e documenti di causa.

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Fondazione Teatro lirico di Cagliari e del Teatro lirico G. P. da Palestrina .

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2013, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed udito, per gli enti appellati, l’avvocato dello Stato Ventrella.

Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.


FATTO

A) Il sig. M Andrea, impiegato presso l’Istituzione dei Concerti e del Teatro lirico G. P. Da Palestrina di Cagliari dal 1° gennaio 1974, con qualifica di terzo livello A, deduceva di aver prestato servizio, dal gennaio 1995 al dicembre 1996, presso il Servizio produzione e distribuzione, occupandosi della predisposizione dei contratti e degli spettacoli, quale unico referente amministrativo ed organizzativo per le attività svolte dalle strutture decentrate dell’ente.

Egli sosteneva, dunque, di aver svolto attività rientranti in un livello superiore rispetto a quello formalmente posseduto, precisamente nel primo livello, ritenuto corrispondente alla figura del coordinatore amministrativo , unica caratterizzata da mansioni di contenuto non artistico ed inerenti all’Ufficio rapporti con il territorio, subentrato nelle competenze del Servizio produzione e distribuzione, in base alla nuova pianta organica approvata dal Consiglio di amministrazione in data 12 dicembre 1996.

B) Conseguentemente, il sig. M chiedeva l’inquadramento nel superiore livello 1° e, subordinatamente, una declaratoria del suo diritto a vedersi corrisposte le relative differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori: istanza, questa, già respinta in sede amministrativa con nota 17 giugno 1997 dell’Ente lirico.

Egli deduceva la censura di violazione di legge, richiamando la sentenza 12/25 luglio 1990, n. 369, della Corte costituzionale, che avrebbe esteso ai dipendenti pubblici la disciplina di cui all’art. 2103, c.c..

L’interessato chiedeva, inoltre, l’annullamento del provvedimento del Direttore generale 7 marzo 1998, n. 1911/34, recante il suo collocamento in ferie dal 9 marzo 1998 al 20 maggio 1998 ed in recupero ore c.i.a. dal 21 maggio 1998 al 9 giugno 1998, e ciò in quanto i compiti in precedenza svolti dal Servizio presso il quale era attivo il sig. M sarebbero stati trasferiti nel frattempo all’Ufficio produzione (di nuova istituzione).

L’interessato deduceva censure di erronei presupposti ed accertamenti, nonché eccesso di potere per illogicità manifesta e violazione di legge e delle previsioni di cui al c.c.n.l. di settore.

Si costituiva in giudizio l’Istituzione dei Concerti e del Teatro lirico, chiedendo la reiezione del gravame.

C) Il T.a.r. dichiarava il ricorso in parte inammissibile ed in parte infondato (dopo il rigetto di un’istanza cautelare), alla luce delle premesse di cui sopra, mentre le spese processuali venivano compensate fra le parti in causa.

Con l’appello in esame, la sentenza veniva impugnata dall’interessato soccombente sig. M, che riprospettava quanto sostanzialmente già dedotto in prima istanza ed insisteva nelle sue richieste, cui si opponeva l’amministrazione (Fondazione Teatro lirico e Teatro lirico), costituitasi in appello a tale scopo.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.

DIRITTO

I) Preliminarmente, ritiene la Sezione che il T.a.r. abbia condivisibilmente ritenuto infondata la richiesta d’inquadramento nel superiore primo livello.

Infatti, l’appellante non aveva a suo tempo impugnato i provvedimenti d’inquadramento, per la loro natura autoritativa da tempo divenuti inoppugnabili.

Neppure può il giudice amministrativo disporre – in via di accertamento – la spettanza di un livello o di una qualifica superiore, in sostituzione del provvedimento non impugnato dall’interessato.

II) Quanto alle pretese di carattere economico in questa sede riproposte dall’appellante, la sezione ritiene che esse siano infondate.

Va riaffermato in questa sede il principio da tempo enunciato da questo Consiglio di Stato, per il quale nell'ambito del pubblico impiego, salvo che la legge disponga altrimenti, le mansioni superiori svolte da un dipendente risultano del tutto irrilevanti, sia ai fini economici che ai fini della progressione di carriera (cfr. Cons. St., sez. IV, sent. n. 5611/2000;
sez. V, n. 1079/2000), in quanto il rapporto non è assimilabile a quello di lavoro privato, avendo gli interessi pubblici coinvoltivi natura indisponibile ed anche perché l'attribuzione delle mansioni ed il riconoscimento del correlativo trattamento economico devono avere il proprio indefettibile presupposto nel provvedimento di nomina o d’inquadramento, non potendo tali elementi costituire oggetto di libere determinazioni dei funzionari amministrativi sovraordinati, onde evitare l’elusione del rigoroso principio dell’accesso e della progressione mediante concorso (cfr. anche Cons. St., Ad. pl., sent. 18 novembre 1999 n. 22;
sez. VI, sent. 31 maggio 2006 n. 3325).

Pertanto, risulta condivisibile la sentenza appellata, che ha respinto la domanda avente ad oggetto le differenze retributive tra lo stipendio percepito e quello relativo alle mansioni superiori, asseritamente svolte (e delle quali pertanto è anche inutile ogni accertamento, in ragione della loro irrilevanza, pur se effettivamente svolte).

Nella specie, le pretese del sig. A M non trovavano fondamento in alcuna norma di legge applicabile per il periodo controverso.

IV) Va comunque ribadito che - contrariamente a quanto dedotto dall’appellante - la pretesa di una retribuzione superiore a quella stabilita dalla normativa di settore non può fondarsi sull’art. 36, Cost., poiché:

– in applicazione degli articoli 51 e 97 della Costituzione gli interessi pubblici coinvolti hanno natura indisponibile e, quindi, l’attribuzione al dipendente delle mansioni ed il conferimento del relativo trattamento economico non possono costituire oggetto di libere scelte dei rispettivi apparati di vertice;

- i requisiti costituzionali di proporzionalità e sufficienza della retribuzione vanno valutati in riferimento non già ai singoli elementi costituenti il trattamento economico, ma alla retribuzione complessivamente considerata (cfr. Cons. St., sez.V, sent. 24 marzo 1997 n. 290);

- come sopra si è rilevato, il quadro normativo applicabile è stato più volte ricostruito da questo Consiglio, anche in sede di Adunanza plenaria, ed esso non è stato inciso da alcuna pronuncia d’incostituzionalità, sia pure parziale, della Corte costituzionale:

- non sono applicabili, ratione temporis , alla vicenda in esame le disposizioni del decreto legislativo n. 80/1998, che – in presenza dei relativi presupposti sostanziali e procedimentali – hanno attribuito rilievo allo svolgimento di mansioni superiori,

- non risulta comunque applicabile analogicamente l’art. 2103 del codice civile, poiché per il pubblico impiego si applica il principio di legalità con i relativi corollari, mentre nell’impiego privato il datore di lavoro, quando assegna al lavoratore le mansioni superiori, del cui svolgimento si avvalga, risponde personalmente dei propri comportamenti;

- l’opposta conclusione condurrebbe, tra l’altro, ad un’evidente elusione dell’obbligo di copertura finanziaria degli atti amministrativi comportanti spese, in violazione di ogni principio di sana gestione finanziaria, postulante la preventiva attività d’individuazione e quantificazione della maggiore spesa e dei mezzi per farvi fronte.

Ed invero, sotto tale ultimo aspetto, la copertura finanziaria di un provvedimento di spesa, legislativo o amministrativo, risulta un canone fondamentale recepito dall’ordinamento interno a livello costituzionale (artt. 81 e 97, Cost.), in coerenza anche con l’art. 188-C, commi due e tre, del Trattato istitutivo della Comunità europea, nel testo risultante dalle modificazioni apportate dall’art. 2, punto 43, paragrafi 2) e 3) , trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997 (ratificato in Italia con legge 16 giugno 1998 n. 209), disposizioni da cui si desume il principio fondamentale della corretta finanza pubblica.

V) Per le ragioni che precedono l’appello va respinto , con conferma dell’impugnata sentenza.

La natura della controversia ed il comportamento difensivo delle parti in causa giustificano un’integrale compensazione degli oneri processuali di secondo grado fra le stesse.

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