Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-08-01, n. 201204400
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N. 04400/2012REG.PROV.COLL.
N. 02372/2012 REG.RIC.
N. 02490/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2372 del 2012, proposto da:
Ente Parco Nazionale del Pollino, in persona del presidente in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Regione Calabria, in persona del presidente in carica della giunta regionale, rappresentata e difesa dall'avvocato B S, elettivamente domiciliata presso Giuseppe Maria Toscano in Roma, viale Giulio Cesare, 61 int. 7;
nei confronti di
- Enel s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Marcello M, presso lo stesso elettivamente domiciliata in Roma, via Nicolò Porpora, 16;
- Comune di Laino Borgo e Comune di Castelluccio Inferiore, in persona dei rispettivi Sindaci in carica, rappresentati e difesi dall'avvocato Paolo G, elettivamente domiciliati presso Marcello Anastasio Pugliese in Roma, via Giangiacomo Porro, 23;
- Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza - ex Azienda Sanitaria Locale di Castrovillari, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Gregorio B, elettivamente domiciliata presso Francesco A. Caputo in Roma, via Ugo Ojetti, 114;
- Associazione Forum Ambientalista Movimento Rosso Verde, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Adami, presso lo stesso elettivamente domiciliata in Roma, corso d'Italia, 97;
- Comune di Laino Castello, Comune di Mormanno, Provincia di Potenza, Arpacal, Autorità Interregionale di Bacino della Basilicata, Provincia di Cosenza, Comune di Rotonda, Comune di Viggianello, Regione Basilicata, Associazione Italiana Per il World Wide Fund Wwf, non costituiti;
e con l'intervento di
ad opponendum:
Consorzio Legno Calabria s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo L, Francesco Marascio, Maria Cristina L, presso quest’ultima elettivamente domiciliato in Roma, via Cola di Rienzo, 271;
sul ricorso numero di registro generale 2490 del 2012, proposto da:
Comune di Rotonda e Comune di Viggianello, in persona dei rispettivi Sindaci in carica, rappresentati e difesi dall'avvocato Vincenzo B, con domicilio eletto presso Andrea Rossini in Roma, via Udine, 5;
contro
Ente Parco Nazionale del Pollino, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Gregorio B, elettivamente domiciliata presso Francesco A. Caputo in Roma, via Ugo Ojetti, 114;
Regione Basilicata, Regione Calabria;
nei confronti di
Enel Produzione s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Marcello M, presso lo stesso elettivamente domiciliata in Roma, via Nicolò Porpora, 16;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature W.W.F., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Alessio P e Fabio Spinelli, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via degli Scipioni, 68/A;
ad opponendum:
Consorzio Legno Calabria s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo L, Maria Cristina L, Francesco Marascio, presso la seconda elettivamente domiciliata in Roma, via Cola di Rienzo, 271;
entrambi per la riforma della sentenza del Tar Calabria - Catanzaro :sezione I n. 01656/2011, resa tra le parti, concernente riconversione della centrale elettrica e riutilizzo delle biomasse.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria, di Enel Produzione s.p.a., del Comune di Laino Borgo, dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza - ex Azienda Sanitaria Locale di Castrovillari, del Comune di Castelluccio Inferiore, dell’Associazione Forum Ambientalista Movimento Rosso Verde, dell’Ente Parco Nazionale del Pollino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 luglio 2012 il consigliere R V e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Guida e gli avvocati B, M, G, B, L, L e P;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza n. 1656 del 28 dicembre 2011, oggetto degli appelli in esame, riuniti con l’ordinanza di questa Sezione 23 aprile 2012, n. 1578, il Tribunale amministrativo regionale della Calabria ha deciso sette ricorsi, tutti riguardanti la riattivazione, mediante utilizzazione delle cosiddette biomasse quale combustibile, della sezione 2 della centrale termoelettrica del Mercure, sita nel Comune di Laino Borgo, autorizzata dalla Regione Calabria con decreto n. 13109 del 13 settembre 2010.
Di tali ricorsi, il Tribunale amministrativo ha accolto quello proposto da Enel Produzione s.p.a. (d’ora in avanti, semplicemente Enel) avverso l’ordinanza di sospensione lavori e di rimessa in pristino emessa dall’Ente Parco nazionale del Pollino (d’ora in avanti: Ente Parco) il 24 marzo 2009;ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da Enel avverso la determinazione dirigenziale dell’Ente Parco n. 1111 del 28 ottobre 2009, recante annullamento in autotutela del precedente parere favorevole reso nella seduta in data 28 luglio 2009 della conferenza di servizi indetta dalla Provincia di Cosenza per l’adeguamento dell’autorizzazione già rilasciata a Enel;ha respinto i ricorsi proposti dall’Ente Parco, dalla Regione Basilicata, dai Comuni di Rotonda e Viggianello e da Italia Nostra onlus avverso l’autorizzazione rilasciata a Enel dalla Regione Calabria il 13 settembre 2010 e avverso gli atti del relativo procedimento;ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’Associazione Forum Ambientalista, che non aveva impugnato l’atto finale di autorizzazione.
Avverso tale sentenza, nella parte in cui ha respinto la domanda di annullamento dell’autorizzazione e dei provvedimenti ad essa prodromici, hanno proposto appello, con due separati ricorsi, l’Ente Parco da una parte, nonché i Comuni di Rotonda e Viggianello dall’altra.
I) L’annosa vicenda della riattivazione della centrale del Mercure prende le mosse dall’autorizzazione rilasciata il 2 settembre 2002 dalla Provincia di Cosenza all’Enel per la riattivazione, con riduzione della potenza da 75MW a 35W, della sezione 2 della già esistente centrale termoelettrica, realizzata negli anni sessanta e inattiva da circa un quindicennio, previa riconversione per consentire l’utilizzazione, quale combustibile, delle cosiddette biomasse.
Avendo il Ministero dell’ambiente richiesto l’adeguamento dell’autorizzazione mediante l’inserimento di specifiche limitazioni circa l’esclusione dell’utilizzo di rifiuti e l’impiego esclusivo di biomasse vergini da deforestazione, la Provincia di Cosenza indiceva una nuova conferenza di servizi.
Le vicende che ne sono seguite possono essere così riassunte, per i capi rilevanti ai fini della decisione:
- in data 13 ottobre 2008 la Regione Basilicata ha rilasciato valutazione di incidenza favorevole;la necessità di tale valutazione era stata rappresentata in sede di conferenza dall’Ente Parco, data la collocazione dell’impianto nelle immediate vicinanze dell’area zona di protezione ambientale (ZPA) “Pollino-Orsomarso”;tale parere è stato convalidato dalla Regione il 9 aprile 2009, previo parere dell’Ente Parco;
- la conferenza decisoria è stata convocata dalla Provincia per il 30 luglio 2009;in tale seduta è stato acquisito il parere favorevole n. 7550 del 28 luglio 2009 dell’Ente Parco e delle altre amministrazioni partecipanti, ad eccezione dei Comuni di Rotonda e Viggianello, che si sono espressi in senso negativo;
- nella medesima seduta del 30 luglio 2009 i lavori della commissione venivano dichiarati conclusi dal Presidente, con statuizione favorevole al rilascio dell’autorizzazione;
- con deliberazione n. 1111 del 28 ottobre 2009 l’Ente Parco ha annullato in via di autotutela il precedente parere, n. 7555 del 8 luglio 2009;
- con nota del 23 dicembre 2009 l’Amministrazione provinciale di Cosenza ha trasmesso tutti gli atti alla Regione Calabria, ritenendosi priva di competenza (tale determinazione ha passato il vaglio del Tribunale amministrativo regionale, con ordinanza confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 1858 del 2010);
- con decreto dirigenziale n. 2942 del 24 novembre 2009 la Regione, preso atto dell’annullamento del precedente parere favorevole dell’Ente Parco, di cui alla determinazione n. 1111 sopra ricordata, annullava la valutazione di incidenza favorevole espressa l’8 febbraio 2007, ma, in data 29 dicembre 2009, disponeva l’annullamento di tale decreto n. 2942;
- la Regione Calabria richiedeva agli Enti che si erano espressi in sede di conferenza di comunicare entro il 20 agosto 2010 eventuali modifiche al parere già reso, derivanti “esclusivamente da eventuali variazioni normative nel contempo intervenute”. In data 12 agosto 2010 l’Ente Parco rispondeva a tale richiesta, rappresentando che, in forza della contrarietà all’intervento in esame, già espressa con l’annullamento del proprio parere favorevole, l’Amministrazione regionale avrebbe dovuto pronunciarsi nuovamente, nella sua qualità di soggetto responsabile del procedimento ex d.lgs. n. 387 del 2003 e legge reg. n. 42 del 2009;
- in data 13 settembre 2010, con decreto n. 13109 la Regione ha convalidato tutti gli atti posti in essere dalla Provincia e ha rilasciato l’autorizzazione.
II) La sentenza impugnata ha respinto i ricorsi proposti dagli odierni appellanti, sulle seguenti considerazioni (per quanto qui rileva):
- la conferenza di servizi in esame è stata indetta dalla Provincia ai sensi dell’art. 12 d.lgs. 9 dicembre 2003, n. 387 (“ attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità ”) per la valutazione circa il rilascio dell’autorizzazione unica all’adeguamento della centrale. La Regione, titolare del potere di autorizzazione finale, legittimamente non ha provveduto a riconvocare la conferenza, a seguito dell’annullamento in autotutela del precedente parere dell’Ente Parco, poiché, ai sensi dell’art. 14–quater, comma 1, legge n. 241 del 1990, il dissenso di una Amministrazione partecipante alla conferenza deve essere manifestato, a pena di inammissibilità, nella conferenza stessa, non essendo consentito il cosiddetto dissenso postumo, manifestato, cioè, dopo la conclusione dei lavori. Nella specie l’Ente Parco ha espresso il proprio parere favorevole il 28 luglio e i lavori della conferenza si sono conclusi il successivo giorno 30. Dopo questa data non era più possibile modificare le precedenti valutazioni, neppure dopo che la competenza ad adottare l’atto finale era stata riconosciuta in capo alla Regione. Quest’ultima, infatti, con l’atto impugnato ha ratificato con efficacia ex tunc tutta l’attività già svolta dalla Provincia (Amministrazione che non può considerarsi estranea all’ambito delle competenze in materia di rilascio dell’autorizzazione), compreso il verbale di conclusione lavori;
- le contestazioni svolte circa la violazione della normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia di protezione ambientale sono inammissibili in quanto generiche e relative a scelte di merito dell’Amministrazione;in ogni caso, avrebbero dovuto essere espresse in sede di conferenza di servizi;comunque, l’art. 6 d.p.r. n. 120 del 2003, del quale si assume la violazione, consente che all’interno del Parco sia allocato l’impianto in questione “per motivi imperativi di interesse pubblico”;
- non sussiste contraddittorietà tra l’autorizzazione e l’annullamento d’ufficio disposto dalla Regione del proprio decreto n. 536 del 2007, recante valutazione favorevole di incidenza ambientale sui lavori di adeguamento della centrale, data la diversità dei poteri e dei contesti in cui tali atti si inseriscono;
- neppure rileva la mancata partecipazione ai lavori della conferenza della Regione Basilicata, sia perché non è stata dimostrata la titolarità di una posizione giuridica che tale partecipazione rendesse obbligatoria, sia perché tale Amministrazione aveva già espresso parere favorevole circa l’incidenza dell’impianto, collocato nella Zona Natura 2000, nell’ambito dell’apposita procedura prescritta dall’art. 5 d.p.r. n. 357 del 2003.
III) Con l’appello proposto dai Comuni di Rotonda e di Viggianello si deducono le seguenti censure:
1. Violazione art. 14 ter, comma 6, legge n. 241 del 1990 e art. 12, commi 3 e 4 , d.lgs. n. 387 del 2003. Incompetenza della Provincia ad indire la conferenza di servizi, a condurre i relativi lavori e a curarne la fase conclusiva.
2. Violazione art. 30, comma 2, d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 per mancato coinvolgimento nel procedimento della Regione Basilicata.
3. Violazione artt. 14 e seguenti legge n. 241 del 1990. Violazione art. 8 allegato alla legge reg. 29 dicembre 2008, n. 42, poiché il provvedimento finale avrebbe dovuto essere reso solo all’esito di una nuova riunione della conferenza presso l’Amministrazione regionale competente, nella quale fosse consentito ai soggetti coinvolti esprimersi in ordine alla convalida degli atti assunti e alla conclusione del procedimento.
4. Eccesso di potere per arbitrarietà nella fissazione del termine del 30 luglio 2009 quale conclusione dei lavori della conferenza;contraddittorietà del termine con la nota del 28 luglio 2010 con la quale la Regione ha chiesto eventuali diverse valutazioni;mancata valorizzazione delle funzioni proprie dell’Ente Parco, preposto alla tutela ambientale, e del parere negativo espresso con l’annullamento in autotutela circa la non realizzabilità dell’intervento in zona 2, alla stregua delle misure di salvaguardia di cui al d.p.r. 15 novembre 1993;mancata considerazione di tale parere contrario in quanto espresso dopo la pretesa fine dei lavori della conferenza.
Mancata conclusione dei lavori della conferenza indetta dalla Regione Calabria per il 16 febbraio 2010 ai sensi dell’art. 1 , punto 5, d.lgs. n. 59 del 2005, mai conclusa, avente ad oggetto la necessaria valutazione integrata ambientale dell’intervento de quo, che non è mai stata rilasciata, non valendo a tanto l’acquisizione in data 31 maggio 2010 del parere favorevole con prescrizioni del nucleo VIA, atto meramente preparatorio.
5. Violazione d.p.r. 15 novembre 1993, preambolo e allegato A – misure di salvaguardia del Parco nazionale del Pollino, all’interno del quale è collocata la centrale del Mercure, secondo la perimetrazione delineata con d.p.r. 2 dicembre 1997, in base al quale nella zona 2, in cui è collocata la centrale, sono possibili solo interventi di manutenzione ordinaria. Errore nell’istruttoria sfociata nel provvedimento impugnato, secondo la quale l’intervento ricadrebbe in adiacenza dell’area del parco, quando invece esso è localizzato all’interno del Parco e all’interno della ZPS “Pollino Orsomarso”.
6. Violazione artt. 1 e seguenti d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, per assoluta incompatibilità urbanistica ed edilizia tra le destinazioni dell’area e le tipologie progettuali e per violazione del piano territoriale di coordinamento della Provincia di Cosenza, approvato prima della conclusione dei lavori della conferenza.
7.8. Violazione legge reg. 29 dicembre 2008, n. 42, e del decreto Ministero dell’ambiente del 10 settembre 2010;carenza di istruttoria in ordine alla valutazione delle modalità operative, alla provenienza, all’acquisto, al trasporto e allo stoccaggio delle biomasse in relazione alla localizzazione dell’impianto. Vizi della presupposta autorizzazione del 2 settembre 2002, decaduta in quanto non entrata in esercizio nel termine, stabilito dall’art. 3, di trenta mesi dal rilascio.
Vizi del procedimento, caratterizzato dalla partecipazione promiscua ora di organi politici, ora di funzionari degli stessi enti.
Illegittimità di atti del procedimento sfociato nel provvedimento oggetto del giudizio.
V) L’appello dell’Ente Parco propone censure già sopra illustrate ai punti 1, 3, 4, 5 e 7.8.
VI) Si sono costituite, per resistere agli appelli, le pubbliche Amministrazioni in epigrafe indicate e l’Enel produzione;hanno svolto interventi ad adiuvandum le associazioni ambientaliste e, ad opponendum , i Comuni di Laino Borgo e di Castelluccio Inferiore, e il Consorzio Legno Calabria.
DIRITTO
Gli appelli in esame si articolano in censure relative, da una parte, al procedimento sfociato nella autorizzazione rilasciata dalla Regione Calabria il 13 settembre 2010 all’esito della conferenza di servizi convocata dalla Provincia di Cosenza il 27 giugno 2007;dall’altra, al contenuto stesso dell’autorizzazione, della quale pretendono l’illegittimità per violazione di norme ambientali e urbanistiche, oltre che per l’omessa valutazione dell’incidenza negativa della centrale sui valori ambientali e paesaggistici della cui tutela è presidio l’ente Parco nazionale del Pollino.
1) Dei due gruppi, ha priorità logica l’esame del primo, siccome attinente all’architettura nella quale si sono inserite le valutazioni oggetto dell’altra parte di censure, destinate a perdere di rilevanza ove se ne riscontrasse la derivazione da un procedimento viziato e, perciò, destinato alla caducazione.
E, poiché il procedimento si è concentrato nei lavori della conferenza di servizi, è opportuno premettere alcune considerazioni circa la natura di tale istituto, che l’art. 12 d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 prevede per il rilascio dell’autorizzazione unica regionale per la realizzazione e la gestione degli impianti di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili.
Il comma 3 dell’art. 12 citato dispone, per quanto qui rileva, che “ la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione” .
Il comma 4 specifica che “ l’autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni. Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato… ”.
La conferenza di servizi è, quindi, innanzitutto un procedimento, nel quale si inseriscono valutazioni, pareri, determinazioni proprie di diverse Amministrazioni, preposte alla cura di differenti interessi pubblici, all’evidente scopo di snellire i tempi e le scansioni della procedura al fine di concentrarne l’esito in un unico provvedimento.
Come ha più volte riconosciuto la Corte Costituzionale, da ultimo con la sentenza 11 luglio 2012, n. 179, l’istituto della conferenza di servizi “assume, nell’intento della semplificazione e accelerazione dell’azione amministrativa, la funzione di coordinamento e mediazione degli interessi in gioco al fine di individuare, mediante il contestuale confronto degli interessi dei soggetti che li rappresentano, l’interesse pubblico primario e prevalente”.
La conferenza è anche, dal punto di vista soggettivo, un insieme integrato, costituito, appunto dai soggetti portatori dei diversi interessi coinvolti.
Il senso di tale concentrazione (dell’attività procedimentale, del soggetto che la pone in essere e della portata del provvedimento finale) è quello di rendere possibile l’interazione delle valutazioni proprie delle diverse amministrazioni, alle quali è dato, nei lavori della conferenza, di prendere in considerazione, nell’esprimersi per quanto di propria competenza, delle considerazioni svolte dalle altre pubbliche amministrazioni, portatrici dei diversi interessi pubblici parimenti rilevanti nella valutazione globale dell’intervento proposto, e destinate a confluire nell’esito finale.
La sostanza del modulo procedimentale delineato dall’art. 14, comma 4, legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni è, quindi, quello di rendere partecipi le varie amministrazioni delle valutazioni complessive circa l’intervento esaminato, ed in particolare, per quanto qui rileva, circa la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili.
Deriva da quanto sopra che la conferenza di servizi trova il proprio senso nella partecipazione integrata di tutti i componenti necessari in tutte le fasi dei propri lavori, fino al provvedimento finale, di spettanza dell’amministrazione che ha indetto la conferenza e ne ha assunto la conduzione, alla quale è rimessa la responsabilità di rendere la decisione finale derivante dalla valutazione collegiale (Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2378).
Nella fattispecie in esame, la responsabilità all’assunzione della determinazione finale spetta, in base all’art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003, alla Regione Calabria, la quale, peraltro, non ha convocato e diretto i lavori della conferenza, che, come si è detto, è stata indetta il 27 giugno 2007 dalla Provincia di Cosenza. E sempre la Provincia ha condotto i lavori e ne ha dichiarato la chiusura, in data 30 luglio 2009.
Solo successivamente alla chiusura, e precisamente il 23 dicembre 2009, gli atti sono stati trasmessi dalla Provincia alla Regione. Sia la convocazione, sia i lavori, sia la dichiarazione di chiusura della conferenza, sono state oggetto di attività da parte di Amministrazione incompetente, sicché tutta l’attività procedimentale che nella relativa sequenza si inserisce è inequivocabilmente viziata.
2) La Regione, consapevole di tale evidente circostanza, ha ritenuto di sanare il procedimento mediante la convalida degli atti della conferenza, dichiarata con lo stesso provvedimento con il quale, in data 13 settembre 2010, è stata rilasciata l’autorizzazione oggetto del giudizio di primo grado, ma tale effetto non può dirsi raggiunto, per le seguenti, confluenti ragioni:
a) da un lato e in via generale, non è possibile la ratifica di un procedimento - tale essendo, dal punto di vista oggettivo, la conferenza di servizi - ma unicamente di provvedimenti in essa incidenti: come anche recentemente ha osservato questo Consiglio di Stato (sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039), non è consentita la valorizzazione della semplice competenza alla cura di un interesse pubblico e alla sua manifestazione con un atto quale che sia, “ occorrendo, invece, porre mente alla sequenza che lo deve comprendere in cui va contestualizzato e all’interlocuzione definita dall’apposito modello legale di procedimento. La regolamentazione del singolo procedimento amministrativo infatti – si rileva da tempo – rappresenta non solo la forma dell’azione amministrativa, ma anche la sua sostanza e la sua organizzazione intima, in particolare per ciò che riguarda la distribuzione del potere, la cooperazione dei soggetti coinvolti nello e dall’esercizio del potere stesso, la formazione del contenuto della decisione. Le particolari modalità di interlocuzione – temporali, soggettive, dialettiche - plasmano l’assetto, voluto dalla legge che regola il singolo procedimento, della supremazia pubblica e della sua capacità di incidenza nei comportamenti altrimenti liberi” . Perciò, nel giudizio circa un’azione pubblica, è essenziale la rilevazione preliminare - che astrae dall’esito con cui poi nel caso singolo si è sviluppata - dell’attribuzione di questa specifica capacità ad opera della legge, cioè dell’attribuzione e della conformazione del procedimento nei suoi dati formali.
Dato, quindi, che l’interazione contestuale tra le diverse valutazioni costituisce, come si è detto, l’essenza e la ragione stessa della conferenza di servizi, la convalida non assume altro valore che quello di preteso rimedio meramente formale ad un vizio che impinge sulla stessa sostanza del procedimento, poiché il vizio di incompetenza non è un vizio formale, ma sostanziale, dato che sono certamente sostanziali le norme che ripartiscono il potere amministrativo tra le diverse amministrazioni (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n. 2001);
b) inoltre, dal punto di vista dell’attribuzione del potere, e quindi del soggetto chiamato ad esprimersi secondo la disciplina procedimentale definita dall’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, alla Regione va riconosciuto il ruolo e la responsabilità di amministrazione competente a condurre i lavori e ad assumere il provvedimento finale, ma la formazione del titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all’esercizio degli impianti di cui trattasi spetta esclusivamente alla conferenza di servizi.
I due soggetti (Regione e conferenza) non sono sovrapponibili, data la diversità di attribuzioni e di funzioni in seno al procedimento: ne deriva che la Regione non avrebbe potuto comunque porre rimedio ad un vizio che permea l’intero procedimento, che non apparteneva alla sua competenza, ma a quella dell’intera conferenza;
c) infine, alla data in cui è intervenuta la pretesa convalida (13 settembre 2010) i lavori della conferenza erano stati dichiarati chiusi da oltre un anno (30 luglio 2009): il consentire la convalida di lavori ormai definiti avrebbe per effetto la legittimazione di comportamenti contrari alle stesse ragioni di accelerazione e concentrazione al cui perseguimento l’istituto della conferenza di servizi è funzionale, e la più grave possibilità di attivarne e modularne l’efficacia a seconda delle esigenze contingenti.
3) La convalida degli atti da parte della Regione non può, pertanto, essere considerata sanante della illegittimità che permea gli atti del procedimento per l’incompetenza della Provincia: incompetenza che, come si è visto, vizia anche la dichiarazione di chiusura del procedimento. A ciò deve essere aggiunto che, essendo, appunto, un procedimento, i lavori della conferenza si chiudono quando finisce il procedimento, che, nella fattispecie in esame, è continuato ben oltre la pretesa chiusura.
Dopo la data del 30 luglio 2009, infatti, la Regione dapprima ha annullato il parere favorevole già espresso (24 novembre 2009) e poi ha annullato tale annullamento ( 29 dicembre 2009);gli atti sono stati trasmessi dalla Provincia alla Regione (23 dicembre 2009);la Regione ha chiesto agli enti partecipanti di comunicare eventuali modifiche al parere già reso (28 luglio 2010), e, in data 13 settembre 2010 ha, come si è detto, convalidato i lavori. E’, quindi, solo a tale ultima data che occorre fare riferimento per individuare l’effettivo termine di chiusura del procedimento, rispetto al quale la dichiarazione di chiusura del 30 luglio 2009 (da parte, oltretutto, di Amministrazione incompetente) assume valore meramente formale, non attinente all’effettiva scansione procedimentale, nel suo reale dispiegarsi.
Ne deriva che l’annullamento in autotutela del parere favorevole già espresso il 28 luglio 2009 dall’Ente Parco, intervenuto il 28 ottobre 2009, non poteva essere considerato, come hanno ritenuto la Regione, prima, e poi il primo giudice, dissenso postumo e perciò inammissibile ai sensi dell’art. 14 quater, comma 1, legge n. 241 del 1990, in quanto espresso dopo la chiusura della conferenza: in realtà i lavori, come si è detto, non si sono conclusi che in data 13 settembre 2010.
Va, inoltre, precisato che il potere di cui all’art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 387 del 2003, anche con riguardo alla convocazione della conferenza dei servizi, è stato posto in capo alla Regione sin dalla data di entrata in vigore del decreto stesso e non certo a seguito della l.r. n. 42 del 2008, che si è limitata a disciplinare il relativo procedimento senza alcuna possibilità di innovare sulla titolarità del potere;il cui esercizio, da parte della Provincia, è ammesso solo a seguito di apposita delega da parte della Regione, nella specie mai intervenuta.
4) Gli appelli sono, quindi, fondati sotto il profilo, avente carattere assorbente delle ulteriori censure sollevate, del vizio di incompetenza della Provincia, non valorizzato dalla sentenza impugnata.
Per l’effetto, la valutazione circa l’autorizzabilità dell’attivazione della sezione n. 2 della centrale del Mercure dovrà essere oggetto di rinnovazione del procedimento da parte della Regione Calabria, e tale rinnovazione dovrà riguardare l’intervento interamente considerato. Data la risalenza nel tempo dell’autorizzazione rilasciata il 2 settembre 2002 dalla Provincia di Cosenza, è evidente la necessità della rivalutazione della compatibilità dell’impianto con le esigenze pubbliche attuali, “in seguito all'evoluzione della migliore tecnologia disponibile, nonché alla evoluzione della situazione ambientale”, come disponeva lo stesso art. 11 d.p.r. 24 maggio 1988, n. 203, alla cui stregua è stata rilasciata la predetta autorizzazione.
5) In forza della portata conformativa della futura attività amministrativa, propria delle sentenze, è opportuno evidenziare la fondatezza anche del motivo illustrato in fatto sub 2), relativo al mancato coinvolgimento della Regione Basilicata nei lavori della conferenza.
La partecipazione di tale amministrazione ai lavori della conferenza si impone in forza della considerazione che, come l’istruttoria disposta con la precedente, già citata, ordinanza ha dato modo di accertare, l’area nella quale è situato l’impianto della centrale ricade nel territorio del Parco del Pollino, a sua volta posto a cavallo tra la Regione Basilicata e la Regione Calabria. Né la valutazione di incidenza espressa, ai sensi del d.p.r. n. 357 del 1997 circa la compatibilità ambientale con le specie e gli habitat della ZPS interessata il 13 ottobre 2008 e il 9 aprile 2009 dalla Regione Basilicata (poi reiterata il 31 gennaio 2012, (con espressa precisazione che “la stessa non costituisce né sostituisce in alcun modo ogni altro parere o autorizzazione necessaria alla effettiva esecuzione dei lavori di che trattasi”), può considerarsi sostitutiva della partecipazione alla conferenza indetta ai sensi dell’art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003, posto che effetto di questa norma, e del sistema delineato dalla legge n. 241 del 1990, è quello di rendere non più consentita la parcellizzazione dei procedimenti, ma di concentrare tutte le valutazioni in un unico modulo.
La conferenza di servizi è, come si è detto, per legge la sede propria e esclusiva (senza alcuna “confluenza” parcellizzante il confronto) in cui le amministrazioni interessate devono manifestare l’assenso o il dissenso rispetto al rilascio del domandato titolo abilitativo regionale alla realizzazione dell’impianto.
Come è stato già osservato (Cons. Stato, sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039) il procedimento del citato art. 12 è infatti “unico”, nel senso di unitario ed assorbente le altre, generali, modalità di verifica degli interessi pubblici incisi, da cui consegue che le valutazioni in ordine ai diversi interessi pubblici coinvolti devono essere espresse in sede di conferenza di servizi, essendo l’interazione tra le varie istanze il “valore aggiunto” proprio della conferenza di servizi, secondo quanto si è sopra detto.
L’effettiva partecipazione di tutte le amministrazioni interessate, nel rispetto del principio generale di leale collaborazione, è, pertanto, condizione imprescindibile per la legittimità dei lavori della conferenza, e del provvedimento che ne costituisce l’esito.
L’omissione della convocazione della Regione Basilicata si pone, quindi, in oggettivo contrasto con i sopra ricordati principi, indipendentemente dal senso e dalla portata di precedenti valutazioni, inerenti a diversi procedimenti.
6) In conclusione, gli appelli sono fondati e meritano accoglimento.
Per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, va annullata l’autorizzazione regionale oggetto dei ricorsi di primo grado e gli atti connessi, nei sensi di cui in motivazione.
In considerazione della particolarità e della complessità della fattispecie, il Collegio reputa opportuno disporre la compensazione delle spese di lite tra tutte le parti in causa.