Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-10-25, n. 201907288

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-10-25, n. 201907288
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907288
Data del deposito : 25 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/10/2019

N. 07288/2019REG.PROV.COLL.

N. 00367/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 367 del 2012, proposto dalla società
Criwal d.r.l. e Impresa Edile D'Amico Enrico, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato F A C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ugo Ojetti, 114;

contro

Roma Capitale (già Comune di Roma), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G P, domiciliataria ex lege in Roma, via del Tempio di Giove, 21;

nei confronti

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione della Motorizzazione - IV Direzione Centrale, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO, Sez. II n. 3900/2011, resa tra le parti, concernente quantificazione risarcimento danni subiti a seguito di istituzione senso unico di via Veientana Vetere da via mastro Gabriello a via Ghisalba;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale (già Comune di Roma) e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2019 il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Donato D'Angelo, su delega di F A C, Pierludovico Patriarca, su delega di G P, e l’Avv.to dello Stato Gaetana Natale.


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Roma, sez. II, con la sentenza 6 maggio 2011, n. 3900, ha accolto il ricorso, proposto dall’attuale parte appellata, per l’annullamento: della risoluzione n. 54 del 6.11.2006 adottata dal Consiglio del Municipio Roma XX avente ad oggetto l'istituzione del senso unico di via Veientana Vetere da via Mastro Gabriello a via Ghisalba;
del parere favorevole del 17.10.2006 espresso dalla Commissione Traffico Mobilità del Municipio XX del Comune di Roma;
del verbale relativo alla seduta della Commissione del 26.6.2007;
infine, della determinazione dirigenziale del XX Gruppo del Corpo della Polizia Municipale n. 50 del 24.1.2007.

Il TAR ha, inoltre, condannato il Comune appellante al risarcimento del danno quantificato nella somma di euro 106.386,00, oltre interessi e rivalutazione nella misura di legge.

Secondo il TAR, sinteticamente:

- dalla relazione tecnica del commissario ad acta è risultata la fondatezza dei rilievi tecnici di parte ricorrente;

- è emerso, per un verso, come la soluzione tecnica posta a fondamento della determinazione impugnata fosse fortemente pregiudizievole dell’attività imprenditoriale della società ricorrente, rendendo particolarmente disagevole l’accesso alla sede dell’impresa;

- è emerso, per altro verso, che le perseguite finalità di carattere pubblicistico, di salvaguardia della fluidità e della sicurezza del traffico non risultassero obiettivamente realizzate, in quanto vanificate dalla conseguente deviazione del traffico pesante sulla rimanente viabilità, dai connessi ripetuti blocchi della circolazione e dai persistenti rischi per l’incolumità pubblica;

- dall’accertamento tecnico è emersa peraltro la configurabilità di diversa soluzione organizzativa della viabilità, compatibile con il vigente codice della strada, che meglio garantisce il contemperamento delle diverse esigenze implicate dall’azione amministrativa, consentendo, per un verso, l’accesso dei veicoli industriali alla sede dell’impresa della ricorrente e, per altro verso, la salvaguardia dell’interesse generale alla sicurezza della circolazione;

- deve essere accolta la domanda di risarcimento del danno, considerata l’imputabilità a titolo di colpa all’Amministrazione resistente del fatto illecito causativo di danno, in ragione della insufficiente ed inadeguata valutazione degli elementi tecnici posti a fondamento della determinazione impugnata che, per tale motivo, si è risolta in una soluzione non conforme ai principi di buona amministrazione, imparzialità ed efficienza dell’azione pubblica;

- infatti, una più adeguata istruttoria avrebbe consentito una più corretto apprezzamento di tutti gli elementi di fatto rilevanti ai fini della scelta di discrezionalità tecnica;

- risulta per tabulas la sussistenza del nesso di causalità del danno subito dalla ricorrente società Criwal, in ragione della necessità di acquisto di nuovi veicoli industriali, di dimensioni inferiori a quelli già operanti, e compatibili con il nuovo regime di circolazione introdotto con il provvedimento impugnato;

- non è stata, però, fornito alcun principio di prova in ordine al rapporto di causalità con tutti gli ulteriori danni lamentati da tutte le ricorrenti a titolo di diminuzione del fatturato, possibilmente riferibili a diversi concomitanti fattori causali incidenti sullo svolgimento dell’attività imprenditoriale.

La parte appellante Soc. Criwal Srl e Impresa Edile D'Amico Enrico contestava la sentenza del TAR deducendo l’erroneità della misura e/o dell'entità del quantum debeatur e chiedendo il rimborso del contributo unificato.

Con l’appello in esame chiedeva l’integrale accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituiva il Comune appellato, chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo tempestivamente un appello incidentale, deducendo:

- erronea interpretazione dei fatti;
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi;
omesso esame delle risultanze documentali prodotte nel giudizio;
insussistenza del presupposto della colpa della P.A.

All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2019 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Ritiene il Collegio che l’appello incidentale proposto da Roma Capitale, esaminabile per primo in quanto tende all’integrale riforma della sentenza qui impugnata, sia infondato.

2. In merito al capo della sentenza appellata che dispone l’annullamento dei provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado, con i quali era stato disposto il senso unico di circolazione in via Veientana Vetere, in sostituzione del doppio senso di marcia, nel tratto tra via Mastro Gabriello e via Ghisalba. S.r.l., si deve osservare che la soluzione organizzativa prospettata dal Commissario ad acta e recepita dall’ordinanza del Consiglio di Stato n. 6444-2009 è attuabile e realizzabile, tant’è che la stessa Amministrazione ha prontamente provveduto alla sua attuazione.

Dalla data dell’11.3.2010 (data di attuazione) ad oggi, sulla via Veientana è stato ripristinato il doppio senso di marcia, limitatamente al tratto di strada che consente l’accesso alla proprietà delle società appellanti;
pertanto, è la stessa realtà dei fatti a negare l’attendibilità della tesi del Comune appellante incidentale, rendendo, sotto altro profilo, ancora più evidente la condotta colpevole del Comune di Roma.

La soluzione adottata dal Comune di Roma con i provvedimenti annullati dal TAR, che disponevano il senso unico di circolazione in via Veientana Vetere in sostituzione del doppio senso di marcia, era pertanto frutto di una cattiva ponderazione dei diversi interessi in rilievo, penalizzando oltremisura l’attività economica degli attuali appellanti, in quanto i loro mezzi di impresa erano impossibilitati ad accedere al posto di lavoro, senza fornire un’adeguata salvaguardia dell’interesse pubblico ad un minor traffico su via Veientana Vetere a seguito dell’eliminazione del doppio senso di circolazione, vanificato dalla conseguente deviazione del traffico pesante sulla limitrofe vie, che ha comportato blocchi della circolazione e frequenti interventi da parte della Polizia Municipale, ben evidenziati nella relazione del Commissario ad acta .

Invece, la soluzione organizzativa individuata dal Commissario consente di coniugare l’esigenza di proseguimento delle attività imprenditoriali con le esigenze di sicurezza del traffico.

Né è rilevante l’intervenuta impugnativa, da parte di un Comitato di quartiere, della determina Dirigenziale n. 89 del 4.2.2010 con la quale il Comune di Roma ha ripristinato il doppio senso di marcia;
a prescindere, infatti dalla circostanza che , con decreto n. 6989-2018, il TAR Lazio ha dichiarato perento detto ricorso, l’avvenuta presentazione della detta impugnativa non è certo dimostrativa della censurabilità della determina suddetta,e men che meno della immunità da vizi della primigenia deliberazione comunale.

3. In ordine al capo della sentenza appellata che dispone il risarcimento del danno, si condivide quanto esposto dal TAR, ovvero che la soluzione scelta dall’Amministrazione appariva evidentemente in palese violazione dei canoni dell’efficienza e dell’imparzialità della P.A., in quanto comportava un sacrificio al massimo grado dell’interesse delle società ricorrenti all’esercizio dell’attività di impresa, senza benefici per l’interesse pubblico tutelato.

Sarebbe, quindi, bastato, effettuare una ponderazione degli elementi di fatto e dei diversi interessi in gioco per esercitare la discrezionalità tecnica in modo conforme ai principi che devono regolare l’attività amministrativa.

Pertanto, correttamente il TAR ha accertato la sussistenza della condotta colposa dell’Amministrazione, che deriva da un cattivo esercizio del potere discrezionale, e ha riconosciuto un risarcimento in favore della società Criwal.

Il Comune di Roma ha altresì contestato l’assenza del nesso di causalità tra la condotta colposa dell’Ente e il danno subito dalle società.

Il Collegio osserva che, contrariamente da quanto postulato dall’appellante incidentale, la società Criwal ha fornito piena prova della necessità di sostituire i mezzi di impresa, acquistati solo pochi anni prima (nel 2007, per un importo complessivo pari ad € 115.140,00).

Nel 2008, infatti, la Criwal ha dovuto provvedere alla vendita di 14 mezzi in quanto, a causa del disposto senso unico di marcia, gli stessi non erano in grado di transitare nel tragitto consentito dalla nuova viabilità.

La differenza tra quanto speso e quanto incassato (ovvero € 21.720,00), rappresenta all’evidenza inequivocabilmente il danno causato dalla condotta colposa dell’Amministrazione.

Inoltre, la società è stata costretta ad acquistare nuovi mezzi, di ridotte dimensioni, che potessero transitare nella via, per un importo complessivo pari ad € 12.966,00.

La svalutazione dei mezzi di impresa e l’acquisto di nuovi mezzi per la loro sostituzione risulta parimenti inequivocabilmente dalla documentazione depositata in primo grado e richiamata nel ricorso in appello (cfr. Docc. 18A - 18B – 18C).

Pertanto, correttamente il TAR ha riconosciuto quale voce di danno gli importi spesi per l’acquisto di nuovi automezzi, nonché a tiolo di svalutazione causata dalla vendita di mezzi, non più utilizzabili, per la misura complessiva di € 106.386,00, oltre interessi e rivalutazione di legge.

4. Anche l’appello principale, proposto da Criwal S.r.l. e da Impresa Edile D’Amico in merito al quantum risarcitorio è infondato.

L’appellante Criwal srl deduce che la sentenza impugnata riconosce il diritto al risarcimento del danno subito per la condotta colpevole dell’Amministrazione, ma si limita a riconoscere il ristoro delle spese necessarie per l’acquisto di nuovi automezzi e per la svalutazione causata dalla necessità di vendere i mezzi acquistati pochi anni prima.

Secondo la Criwal srl, le voci di ulteriore danno che devono essere riconosciute afferiscono al calo di fatturato nel triennio 2007-2009.

La società deduce (cfr. docc. 18A-18B-18D e 18E del fascicolo di primo grado) che, nel triennio di vigenza del provvedimento annullato dal TAR, ha subito una perdita di fatturato, di complessivi € 1.225.355,44.

Nello specifico, la Criwal deduce di aver conseguito:

- un fatturato di € 1.059.181,00 (bilancio 2006), al quale va aggiunto l’ulteriore importo pari ad € 220.000,00 risultante dai lavori eseguiti nel 2006, in virtù di riserva apposta nell'ordine di servizio n. 1 del 10.10.2006 ed esplicate nel SAL del 17.4.2007;

- un fatturato di € 995.983,73 (bilancio 2007);

- un fatturato di € 977.068,00 (bilancio 2008), da cui va detratto l'importo di € 220.000,00 già imputati al 2006;

- un fatturato di € 859.136,28 (bilancio 2009).

Secondo l’appellante, la conferma della perdita costante di fatturato sarebbe fornita dalla necessità dell’impresa di ridimensionarsi, riducendo il numero di dipendenti (n. 16 nel 2007, n. 9 nel 2008 e n. 5 nel 2009), nonché dalla mancata partecipazione a molte gare pubbliche che richiedevano requisiti tecnico-professionali e di capacità economica-finanziaria di cui la Criwal non era più in possesso.

Ritiene il Collegio che tali voci di danno non siano suffragate da sufficiente dimostrazione, anche sotto il profilo della riconducibilità di tali asserite circostanze alla contestata condotta del comune.

Infatti, in primo luogo deve statuirsi che la parte che chiede il risarcimento deve fornire la prova (e non il principio di prova) del danno (argomento ex art. 124 c.p.a.), vale a dire la prova dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere in termini di certezza o di elevata probabilità, e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile (cfr., ex multis , Cass., 11 maggio 2010, n. 11353).

La produzione documentale della parte appellante principale non si ritiene dimostrativa, in quanto:

- la diminuzione di fatturato dell’impresa, come dedotto dalla parte, innanzitutto è piuttosto contenuta;
infatti, si passa da un fatturato di € 1.059.181,00 (bilancio 2006) ad un fatturato di € 859.136,28 (bilancio 2009).

- non si può considerare significativamente l’ulteriore importo pari ad € 220.000,00, risultante dai lavori eseguiti nel 2006, che non è riportato nel fatturato del 2006 e, dunque, non fa parte di quel fatturato annuo, ma di quello del 2008;

- anche considerando tale fatturato, emergerebbe, allora che il fatturato del 2008, depurato dell’ulteriore importo pari ad € 220.000,00, è superiore a quello del 2009 e che, dunque, il calo del fatturato non è nemmeno legato ad un trend univoco e significativo;

- il calo del fatturato è certamente correlato alla riduzione delle dimensioni dell’impresa, atteso il ridimensionamento del numero di dipendenti (n. 16 nel 2007, n. 9 nel 2008 e n. 5 nel 2009), ma non vi sono dimostrazioni che tale ridimensionamento sia univocamente correlato alla riduzione dell’attività per effetto diretto dei provvedimenti amministrativi annullati;

- parimenti, non vi sono dimostrazioni che riconducano in modo diretto ed univoco la mancata partecipazione a molte gare pubbliche da parte di Criwal ai provvedimenti amministrativi annullati;

- in un quadro di correlazioni causali sicuramente multi-fattoriali, la riduzione del fatturato ben può essere correlabile alla situazione di crisi internazionale ingeneratasi a partire dal 2007, che ha avuto ripercussioni a tutti i livelli nei sistemi economici nazionali.

5. L’appellante Impresa Edile D’Amico ha parimenti dedotto una perdita di fatturato (cfr. doc. n. 19A-19B e 19C del fascicolo di primo grado), negli anni 2007, 2008 e 2009, per complessivi € 209.625,00:

- fatturato di € 180.000,00 (bilancio 2006);

- fatturato di € 145.375,00 (bilancio 2007);

- fatturato di € 90.000,00 (bilancio 2008);

- fatturato di € 95.000,00 (bilancio 2009).

Nel caso di questa impresa la contrazione è più significativa, ma questo è l’unico indizio circa la sussistenza di un nesso di causalità con i provvedimenti annullati, indizio che di per sé, proprio in ragione dell’esistenza di correlazioni causali sicuramente multi-fattoriali nella genesi di un fatturato d’impresa, si ritiene insufficiente a fornire una sicura dimostrazione del nesso di causalità medesimo.

6. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, gli appelli, principale ed incidentale, devono essere respinti in quanto infondati.

Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, attesa la reciproca soccombenza e il rimborso del contributo unificato di primo grado deve, naturalmente, essere regolato ex art. 13, comma 6- bis, d.P.R. n. 115-2002, senza necessità di apposita statuizione nel dispositivo della sentenza del TAR.

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