Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-06-07, n. 202104302

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-06-07, n. 202104302
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202104302
Data del deposito : 7 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/06/2021

N. 04302/2021REG.PROV.COLL.

N. 10117/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10117 del 2020, proposto da
Cooperativa Muratori &
Cementisti - CMC di Ravenna Società Cooperativa, in proprio e quale mandataria dell’ATI con Giudici S.p.a., nonché quest’ultima, in proprio e quale mandante della predetta ATI, ognuna in persona del proprio rispettivo legale rappresentante pro tempore , entrambe rappresentate e difese dagli avvocati M F e G L, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M F in Roma, via Guido d'Arezzo, n. 2;

contro

Provincia di Brescia – Area Tecnica e dell'Ambiente - Settore delle Grandi Infrastrutture, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Gisella Donati e Magda Poli, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

nei confronti

Collini Lavori S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Biagini e Antonio Tita, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, Sezione Seconda, n. 674 del 2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Brescia e di Collini Lavori S.p.a.;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 maggio 2021, tenuta da remoto con le modalità previste dagli artt. 4 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, come modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e), del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44, il Cons. E Q e data la presenza, ai sensi delle richiamate disposizioni, dell'avvocato M F, che ha depositato delle note di passaggio in decisione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’ATI Cooperativa Muratori &
Cementisti - CMC di Ravenna Società Cooperativa ha impugnato innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, il provvedimento del 21 aprile 2020 con cui è stata disposta in suo danno la decadenza dall’aggiudicazione dell’appalto integrato di “ Progettazione esecutiva ed esecuzione lavori, sulla base del progetto preliminare, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta - Costruzione deviante tratta da Vestone Nord a Idro Sud

SPBS

237 del Caffaro
”, di cui alla precedente determinazione dirigenziale n. 1440 del 21 dicembre 2016.

La decadenza è stata motivata dal fatto che in data 4 dicembre 2018 CMC aveva depositato domanda di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 6, L.F., finalizzata ad una procedura di concordato in continuità aziendale, alla quale era stata formalmente ammessa in data 12 giugno 2019, con decreto di pari data del Tribunale di Ravenna, che aveva dichiarato aperta la procedura di concordato preventivo, poi omologato con decreto del 29 maggio 2020.

L’adito Tribunale con la sentenza segnata in epigrafe ha respinto il ricorso, ritenendo infondate le censure sollevate.

Di tale sentenza le appellanti hanno chiesto la riforma, lamentando l’erroneità per i seguenti motivi:

I) error in iudicando : violazione art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, nonchè artt. 161 e 186 bis e art. 181 L.F.;
violazione art. 46 d.lgs. n. 163 del 2006 sulla tassatività delle cause di esclusione;
violazione art. 168, comma 1, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 107, nonché art. 21 sexies legge 241 del 1990 e art. 134 d.lgs. n. 163 del 2006 e 109 del d.lgs. n. 50 del 2016;
violazione lex specialis ;
omessa motivazione;
manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione;

II) error in iudicando : violazione art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, nonché art. 186 bis della L.F.;
violazione art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990;
violazione del principio del legittimo affidamento;
manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione;

III) error in iudicando : violazione dell’art. 48, comma 17 e 19 ter , del d.lgs. n. 50 del 2016;
omessa motivazione;
manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione;

IV) error in iudicando : domanda di risarcimento dei danni;
omessa pronuncia;
manifesta illogicità e contraddittorietà.

Si sono costituiti per resistere all’appello la Provincia di Brescia e Collini Lavori S.p.a.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza del 20 maggio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

E’ controversa la legittimità della decadenza dell’ATI Cooperativa Muratori &
Cementisti - CMC di Ravenna Società Cooperativa dall’aggiudicazione dell’appalto integrato di “Progettazione esecutiva ed esecuzione lavori, sulla base del progetto preliminare, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta - Costruzione deviante tratta da Vestone Nord a Idro Sud

SPBS

237 del Caffaro”, disposta Provincia di Brescia, giusta determinazione dirigenziale del 21 aprile 2020, decadenza ritenuta corretta dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sezione seconda, con la sentenza n. 674 del 2020.

Per l’amministrazione la presentazione in data 4 dicembre 2018 da parte della CMC di una istanza di concordato preventivo in bianco avrebbe determinato una interruzione della continuità nel possesso dei requisiti di ordine generale (che insieme a quelli speciali devono essere posseduti ininterrottamente dai concorrenti per tutta la durata della procedura di gara e per l’aggiudicatario per tutta la durata di esecuzione del contratto), integrando pertanto una condizione impeditiva alla stipula del contratto. Né la trasformazione avvenuta nel giugno 2019 del concordato preventivo in concordato “in continuità aziendale”, avrebbe consentito a CMC di avvalersi della previsioni dell’art. 186 -bis , comma 6, della legge fallimentare, atteso che, rivestendo la stessa la posizione di mandataria del raggruppamento, sarebbe comunque rimasta la condizione di perdita dei requisiti di cui all’art.38, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 163 del 2006.

Con il primo motivo di gravame è stata dedotta l’erroneità della sentenza, in quanto gli effetti del decreto di omologazione retroagirebbero alla data di presentazione dell’istanza di concordato e ciò varrebbe non solo per le obbligazioni assunte nei confronti dei creditori, ma anche per la situazione giuridica dell’operatore economico, trattandosi di una fattispecie unitaria tesa a garantire la continuità aziendale dell’impresa. Una volta omologato il concordato non solo il soggetto dovrebbe ritenersi tornato in bonis ad ogni effetto di legge, senza alcuna limitazione di sorta, per quanto dovrebbero ritenersi definitivamente cessati anche i rischi di inaffidabilità economica e finanziaria dell’impresa - anche nel suo eventuale ruolo di mandataria - che avrebbero messo in discussione il rapporto con l’amministrazione appaltante nella fase di esecuzione dei lavori e che, secondo la Corte Costituzionale (cfr. sentenza del 7 maggio 2020 n. 85), renderebbero costituzionalmente legittimo il divieto stabilito dall’art. 186 bis , sesto comma, della L.F., che, pertanto, una volta intervenuta la omologa come nella specie, non troverebbe applicazione.

Inoltre, secondo le appellanti, l’apertura della procedura concorsuale consisterebbe in un avvenimento sopravvenuto all’aggiudicazione della gara (del 16 dicembre 2016) e indipendente dalla volontà dell’aggiudicatario, peraltro conclusasi anche con la positiva omologazione da parte del Tribunale, e dunque non potrebbe rilevare al fine di far venir meno i requisiti in capo all’aggiudicataria medesima.

La censura è infondata, atteso che l’omologazione del concordato non determina il ritorno in bonis dell’azienda e non consente di eludere la portata normativa del combinato disposto delle norme succitate (art. 186-bis, comma 6, della legge fallimentare e art. 38, comma 1, lett. a), del d.lgs. 163 del 2006).

Giova ricordare che la Corte di Cassazione ha statuito che “ la chiusura del concordato che ai sensi dell'articolo 181 L. F., fa seguito alla definitività del decreto o della sentenza di omologazione, pur determinando la cessazione del regime di amministrazione dei beni previsto, durante il corso della procedura, dall'articolo 167, non comporta (salvo che alla data dell'omologazione il concordato sia stato già interamente eseguito) l'acquisizione in capo al debitore della piena disponibilità del proprio patrimonio, che resta vincolato all’attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata, dei quali il Commissario Giudiziale, come espressamente stabilito dall’articolo 185, è tenuto a sorvegliare l’adempimento, “secondo le modalità stabilite nella sentenza (o nel decreto) di omologazione ” (Cassaz. civ., sez. I, ordinanza 10 gennaio 2018, n. 380).

La fase di esecuzione, nella quale si estrinseca l'adempimento del concordato, come si desume dalla stessa rubrica dell’articolo 185, non può ritenersi separata rispetto alla fase procedimentale che l’ha preceduta: l’assoggettamento del debitore, dopo l’omologazione, all'osservanza del provvedimento giurisdizionale emesso ai sensi dell'articolo 180, implica infatti la necessità che egli indirizzi il proprio agire al conseguimento degli obiettivi prefigurati nella proposta presentata ed approvata dai creditori.

Riguardo alle procedure di evidenza pubblica è stato chiarito che se l’operatore economico in concordato preventivo con continuità aziendale, che intenda partecipare ad una procedura di gara, non ha richiesto la necessaria autorizzazione al Tribunale durante la procedura (sin dalla presentazione del ricorso), ovvero se detta autorizzazione non possa ricavarsi dall’omologazione del concordato, egli, intervenuta la pronuncia di omologazione, dovrà richiedere l’autorizzazione al giudice delegato, come prescritto dall’art. 110, comma 3, del codice dei contratti pubblici, ovvero presentare domanda di partecipazione alle condizioni di cui all’art. 186, bis , comma 5 della L.F. (Cons. Stato, sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69).

Da tanto consegue che, intervenuta l’omologazione del concordato, l’operatore economico non riacquista la piena capacità di agire, che avrebbe in assenza della procedura, e che tale capacità è raggiunta solo con il decreto che accerta l'adempimento del piano concordatario.

Sotto altro profilo deve rilevarsi che, nel caso di specie, fino all’approvazione del progetto definitivo, la gara doveva considerarsi ancora in corso, non essendo stata completata la produzione dell’offerta, di cui il progetto definitivo costituiva elemento essenziale, e non essendo perciò ancora divenuta efficace l’aggiudicazione, subordinata alla suddetta condizione sospensiva.

Invero, l’art. 53, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006 prevedeva la presentazione del progetto definitivo in sede di offerta, così che esso costituiva non un elemento della prestazione dedotta in contratto (e dunque non una obbligazione contrattuale), ma un elemento dell’offerta, che non poteva sottrarsi al giudizio della stazione appaltante.

Anche nella fattispecie in questione l’art.1 del capitolato prevedeva come oggetto del contratto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di gara.

L’art.

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