Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-11-11, n. 201907705

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-11-11, n. 201907705
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907705
Data del deposito : 11 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/11/2019

N. 07705/2019REG.PROV.COLL.

N. 06559/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 6559 del 2018, proposto dal
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , e dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A P in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sezione seconda bis, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la sospensione dalle funzioni di giudice tributario.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del dottor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2019 il consigliere Nicola D'Angelo e uditi, per le Amministrazioni appellanti, l’avvocato dello Stato Angelo Vitale, e, per l’appellato, l’avvocato Sabatino Rainone, su delega dell’avvocato M C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il dottor -OMISSIS-, magistrato di cassazione, incaricato anche delle funzioni di giudice tributario e componente del Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, ha impugnato la delibera dello stesso Consiglio di presidenza del 13 dicembre 2016 con cui è stato sospeso in via cautelare, a seguito di un procedimento penale, per sei mesi dalla funzione.

2. Con motivi aggiunti ha poi impugnato la delibera del 12 settembre 2017 con la quale il Consiglio di Presidenza, in esito alla richiesta di rinvio a giudizio, ne ha disposto la sospensione a tempo indeterminato dalle funzioni di giudice tributario e, con ulteriori motivi aggiunti, la successiva delibera del 9 ottobre 2017 di sospensione dell’erogazione del relativo compenso.

3. In particolare, i provvedimenti di sospensione impugnati sono stati adottati nei confronti del ricorrente a seguito dell’indagine della Procura della Repubblica di Lecce per il reato di -OMISSIS-.

4. Sospeso cautelativamente dalle funzioni e dallo stipendio e collocato fuori ruolo dal Consiglio Superiore della Magistratura, nei confronti del ricorrente, presidente della commissione provinciale tributaria di -OMISSIS-, veniva avviata, anche in sede di giustizia tributaria, dal presidente facente funzioni della commissione regionale del -OMISSIS- azione disciplinare, ai sensi degli articoli 15 e 16 del d.lgs. n. 45/1992 e dell’articolo 9 del regolamento di disciplina approvato il 24 novembre 2015.

5. Il procedimento si è concluso con la sospensione facoltativa per la durata di sei mesi adottata dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria il 13 dicembre 2016, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, del regolamento disciplinare del 2015. Alla sospensione a tempo determinato è poi seguita 12 settembre 2017 la sospensione a tempo indeterminato, in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio della Procura della Repubblica di Lecce, e il 9 ottobre 2017 la sospensione del compenso spettante per le funzioni di giudice tributario.

6. Il T per il Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo per sopravvenuta carenza di interesse, accertando, tuttavia, ai sensi dell’art. 34, comma 3, c.p.a., l’illegittimità degli atti gravati dallo stesso (delibera di sospensione del 13 dicembre 2016 e art. 3, comma 2, del regolamento di disciplina) in ragione del possibile interesse risarcitorio del ricorrente.

6.1. In particolare, il giudice di primo grado ha ritenuto di accertare l’illegittimità dei predetti atti con riferimento a quanto dedotto nei motivi da otto a undici. In sostanza, ha ritenuto che non potesse essere esercitato dal Consiglio di presidenza il potere sanzionatorio con riferimento ad una condotta non rientrante nelle fattispecie tipiche previste dalla legge come rilevanti sul piano disciplinare.

6.2. Il T ha poi accolto i primi motivi aggiunti contro il provvedimento di sospensione a tempo indeterminato (delibera del 12 settembre 2017), ritenendo fondati il sesto e il settimo motivo riguardanti ragioni analoghe a quelle prospettate nel ricorso introduttivo in ordine alla fondatezza del potere sanzionatorio esercitato.

6.3. Ha accolto anche i secondi motivi aggiunti contro il provvedimento di sospensione degli emolumenti relativi all’esercizio delle funzioni di giudice tributario (delibera del 9 ottobre 2017) per la fondatezza del primo motivo degli stessi (la illegittimità accertata del provvedimento di sospensione cautelare dalle funzioni e del provvedimento di sospensione a tempo indeterminato, secondo il T, viziava irrimediabilmente anche il conseguente provvedimento di sospensione della retribuzione).

7. Contro la suddetta sentenza hanno quindi proposto appello il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di un unico ed articolato motivo di censura.

7.1. Con tale motivo venivano dedotte le censure di: violazione degli articoli 15 e 16 del d.lgs. n. 545/1992, nonché della delibera del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria approvata il 15 giugno 1999;
violazione dell’art. 13, comma 1, del regolamento per il procedimento disciplinare nei confronti dei componenti delle commissioni tributarie regionali e provinciali, approvato con delibera “n. 2/2017 del 28 settembre 2017” ( rectius , n. 2980/2015 del 24 novembre 2015 ).

7.1.1. Innanzitutto, parte appellante evidenzia che le disposizioni disciplinari adottate dal Consiglio di Presidenza nella seduta del 24 novembre 2015, oggetto di censura da parte del T (regolamento che nella rubrica del motivo di appello è erroneamente citato quanto a data e numero ma che è individuato in modo inequivoco nel corpo del ricorso), erano in linea con quanto già in precedenza disposto dalla delibera in materia approvata il 15 giugno 1999. Il regolamento di disciplina adottato nel 2015, entrato poi in vigore dal 1° gennaio 2016, non avrebbe che rimodellato il precedente testo a seguito della riscrittura dell’art. 15 del d.lgs. n. 545/1992, intervenuta ad opera del d.lgs. n. 156/2015.

7.1.2. Al momento delle contestazioni all’appellato, l’art. 15 del d.lgs. n. 545/1992 disponeva, in particolare, che i componenti delle commissioni tributarie, per comportamenti non conformi ai doveri o alla dignità del proprio ufficio, fossero soggetti alle sanzioni individuate dalla stessa disposizione. Tale norma è stata poi concretamente attuata con il regolamento di disciplina del 2015 nel senso che il giudice tributario potesse essere sottoposto a procedimento disciplinare ed agli eventuali provvedimenti cautelari sia per i comportamenti funzionali, sia per quelli extra funzionali.

7.1.3. Quanto alla sospensione cautelare, la stessa era consentita dal rinvio contenuto nell’articolo 16 del d.lgs. n. 545/1992 al procedimento di disciplina vigente per i magistrati ordinari.

7.1.4. In sostanza, parte appellante contesta le conclusioni della sentenza del T in ordine all’assenza, nel quadro giuridico di riferimento, di ipotesi sanzionatorie relativamente a comportamenti tenuti al di fuori dell’esercizio delle funzioni di giudice tributario.

7.1.5. Sul punto, richiama anche la circostanza, pacificamente affermata dalla giurisprudenza, relativa all’assenza di una riserva assoluta di legge per gli illeciti disciplinari. Il generale principio di tassatività degli illeciti non può infatti essere inteso, nelle ipotesi disciplinari, nel senso rigoroso imposto per quelle penali.

7.1.6. Il T avrebbe poi erroneamente ritenuto che mancasse una “norma di chiusura per consentire di punire fatti, questa volta extra lavorativi, non espressamente contemplati dalla legge”. In realtà, secondo le Amministrazioni appellanti, tale norma andrebbe rintracciata nel comma 2 dell’art. 15 del d.lgs. n. 545/1992 che prevede che “I componenti delle commissioni tributarie, per comportamenti non conformi a doveri o alla dignità del proprio ufficio” siano soggetti alle sanzioni individuate nei commi successivi.

7.1.7. Le disposizioni richiamate dal Consiglio di Presidenza sono state quindi interpretate in modo ragionevole e costituzionalmente orientato al fine di garantire il funzionamento del sistema disciplinare e l’immagine complessiva della giurisdizione tributaria.

8. Il dottor -OMISSIS- si è costituito in giudizio il 31 agosto 2018, chiedendo il rigetto del ricorso, ed ha depositato il 7 settembre 2018 un atto di appello incidentale, recante anche riproposizione di motivi assorbiti o non esaminati nel primo grado. Ha poi depositato ulteriori memorie, per ultimo una replica l’8 maggio 2019 alla memoria di parte appellante del 29 aprile 2019.

8.1. In particolare, dopo aver eccepito l’inammissibilità dell’appello, non avendo quest’ultimo mezzo di gravame contestato la totalità delle statuizioni della sentenza del T e dei punti decisivi della stessa decisione, l’appellato ha censurato, con il ricorso incidentale, le conclusioni del giudice di primo grado in ordine ad alcuni aspetti del ricorso introduttivo e ha riproposto motivi non trattati o assorbiti dal giudice di primo grado.

9. Nella camera di consiglio del 15 novembre 2018 la trattazione dell’istanza cautelare di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, è stata rinviata al merito.

10. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 30 maggio 2019.

11. Preliminarmente, il Collegio esamina l’eccezione di inammissibilità dell’appello principale formulata dal dottor -OMISSIS-.

11.1. Secondo l’appellato, il ricorso non investe la totalità delle statuizioni della sentenza impugnata e dei punti che costituiscono il presupposto della stessa. In sostanza, l’appello così come formulato, non sarebbe in grado di determinare la riforma integrale della decisione che ha avuto ad oggetto tre distinte impugnazioni.

11.2. La sentenza ha infatti dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo, accogliendo tuttavia, ai sensi dell’art. 34 c.p.a., la domanda di accertamento della illegittimità del provvedimento impugnato ed ha quindi dichiarato “illegittimi il provvedimento di sospensione e la norma regolamentare impugnati con il ricorso introduttivo” (il provvedimento di sospensione del 13 dicembre 2016 e il presupposto art. 3, comma 2, del regolamento di disciplina). Ha poi accolto il primo ricorso per motivi aggiunti, annullando il provvedimento di sospensione del 12 settembre 2017, e il secondo ricorso per motivi aggiunti relativo alla delibera del 9 ottobre 2017 di sospensione della corresponsione dell’indennità per l’incarico di giudice tributario.

11.3. Tali statuizioni sono sostenute, quanto alla dichiarazione di illegittimità del provvedimento di sospensione impugnato con il ricorso introduttivo e della norma regolamentare applicata, dalla ritenuta fondatezza dei motivi dall’8° all’11° del stesso ricorso. Quanto all’annullamento del provvedimento impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti, dalla ritenuta fondatezza delle censure proposte con i motivi 5° e 6° dello stesso ricorso e per i secondi motivi aggiunti, dalla ritenuta fondatezza del 1° motivo.

11.4. L’appello invece investirebbe solo la pronuncia concernente la decisione relativa al ricorso introduttivo, meramente dichiarativa della illegittimità del provvedimento del 13 dicembre 2016 e dell’art. 3, comma 2, del regolamento di disciplina, senza fare menzione delle ulteriori decisioni concernenti l’accoglimento del primo e del secondo dei ricorsi aggiuntivi. Con ciò rendendo intangibili i capi della sentenza riguardanti l’annullamento del provvedimento del 12 settembre 2017 di sospensione sine die dal servizio nonché la determinazione del 9 ottobre 2017 di sospensione della corresponsione degli emolumenti legati alla funzione.

11.5. La tesi dell’appellato non può essere condivisa. Se è pur vero che l’appello non menziona espressamente, né chiede specificamente la riforma, dei capi della sentenza che, in accoglimento parziale dei primi motivi aggiunti (6° e 7° dei motivi aggiunti, che la sentenza T a pag. 32 erroneamente indica come 5° e 6°) e dei secondi motivi aggiunti (invalidità derivata dall’illegittimità del provvedimento impugnato con i primi motivi aggiunti), hanno annullato il provvedimento di sospensione a tempo indeterminato (impugnato con i primi motivi aggiunti) e di sospensione dal correlato trattamento economico (provvedimento impugnato con i secondi motivi aggiunti), è altrettanto vero che viene menzionata e specificamente confutata la parte di motivazione con cui sono state ritenute fondate e assorbenti le censure proposte con “i motivi compresi dall’8° all’11°” del ricorso originario.

11.6. In questo quadro, non può quindi ritenersi che sia estranea all’oggetto dell’appello anche l’impugnazione degli altri capi di annullamento della sentenza T per le seguenti ragioni:

- il ricorso in appello, oltre che nel suo preambolo, nelle sue conclusioni chiede comunque di “annullare, previa sospensione, la sentenza impugnata” senza alcuna limitazione ad alcuni dei capi di accoglimento;

- ai sensi dell’art. 101, comma 1, c.p.a., le censure dedotte avverso il capo di motivazione che ha accolto “i motivi compresi dall’8° all’11°” del solo ricorso originario, comportano necessariamente anche la contestazione dei capi di sentenza che hanno accolto in parte i primi e i secondi motivi aggiunti, in quanto tali capi non avevano alcuna autonomia motivazionale, ma si sostanziavano nel mero rinvio alla parte di motivazione relativa ai suddetti motivi dall’8° all’11°.

11.7. In particolare, l’accoglimento parziale dei primi motivi aggiunti è stato motivato in sentenza solo per relationem : “ Con il 6º motivo il ricorrente deduce carenza di potere ed eccesso di potere, illegittimità dell’articolo 13 del regolamento per violazione del decreto legislativo 545 del 1992;
l’articolo 13 ha introdotto la sospensione cautelare facoltativa, sanzione non contemplata dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 545 del 1992;
la potestà di sospensione quindi sarebbe stata introdotta dal Consiglio di presidenza mediante una autonoma creazione normativa esorbitante dalle sue attribuzioni in quanto l’articolo 24 del decreto legislativo attribuirebbe al Consiglio di presidenza la potestà regolamentare solo relativamente alla disciplina del suo funzionamento interno. Con il 7º motivo deduce violazione degli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 545 del 1992 e dell’articolo 13 del regolamento disciplinare, eccesso di potere, illegittimità dell’articolo 3 del regolamento per violazione dell’articolo 15 del decreto legislativo 545 del 1992;
al ricorrente sarebbe stata addebitata una condotta non rientrante delle fattispecie tipiche previste come illecito disciplinare;
l’articolo 15 istituisce le sanzioni disciplinari per comportamenti non conformi ai doveri e alla dignità dell’ufficio, quindi nell’esercizio dell’attività di giudice tributario;
solo al 5º comma, lettera D, si fa riferimento ai comportamenti privati, ma comunque coinvolgenti le qualità e le funzioni di giudice tributario, consistendo tali comportamenti nella frequentazione o nell’intrattenimento di rapporti d’affari con delinquenti abituali, professionali o per tendenza;
dette fattispecie tassative di illecito disciplinare non potrebbero essere integrate in via analogica o interpretativa;
il regolamento non potrebbe disporre in contrasto con l’articolo 15 della legge prevedendo una ulteriore fattispecie a contenuto indeterminato;
qualora l’articolo 3 comma 2 del regolamento avesse introdotto una specifica ed autonoma disposizione sanzionatrice a contenuto indeterminato, sarebbe incorso nella violazione della legge, per contrasto con l’articolo 15 del decreto legislativo. Per le ragioni già esposte con riferimento al ricorso introduttivo, cui si rinvia per ragioni di sintesi, le censure dedotte con il 5º e con il 6º motivo
[rectius 6° e 7°] devono essere ritenute fondate, per cui il primo ricorso per motivi aggiunti deve essere accolto, assorbite le censure dedotte con i motivi rimanenti, la cui disamina non riveste alcuna ulteriore utilità per il ricorrente, pienamente ed effettivamente tutelato dall’accoglimento del ricorso per le suddette regioni. Per l’effetto, deve essere annullato il provvedimento impugnato con il primo ricorso per motivi aggiunti ”.

11.8. D’altra parte, anche i secondi motivi aggiunti sono stati motivati per relationem perché il provvedimento di sospensione dal trattamento economico è stato annullato solo per invalidità derivata dall’illegittimità del provvedimento di sospensione dalle funzioni a tempo indeterminato, che è a sua volta stato annullato con la predetta motivazione per rinvio ai motivi dall’8° all’11°.

12. Ciò premesso, l’appello principale è fondato in relazione ai profili dedotti.

13. Parte appellante contesta le conclusioni del T in ordine alla mancanza di una fattispecie sanzionatoria di rango legislativo per i comportamenti tenuti al di fuori dello svolgimento delle funzioni di giudice tributario.

13.1. In sostanza, sarebbe erronea la conclusione dello stesso Tribunale secondo il quale, mentre è da ritenersi legittima l’introduzione della sospensione cautelare nel regolamento di disciplina del 2015, in quanto consentita dal rinvio, contenuto nell’articolo 16 del decreto legislativo n. 545/1992, al procedimento di disciplina vigente per i magistrati ordinari, il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria avrebbe giustificato la sospensione con una norma introdotta dall’articolo 13, comma 2, dello stesso regolamento che avrebbe illegittimamente ampliato “ l’ambito sostanziale di applicazione della potestà punitiva senza copertura legislativa” .

13.2. Per il principio di tipicità degli illeciti disciplinari, secondo il T, sarebbe stata invece necessaria una norma di chiusura che consentisse di punire anche fatti “extra-lavorativi” non espressamente contemplati dalla legge.

13.3. Parte appellante sostiene, nell’unico ed articolato motivo di ricorso, che tale norma andava rintracciata nel comma 2 dell’art. 15 del d.lgs. n. 545/1992 che afferma come “ I componenti delle commissioni tributarie, per comportamenti non conformi a doveri o alla dignità del proprio ufficio ” siano soggetti alle sanzioni individuate nei commi successivi.

14. La tesi delle Amministrazioni appellanti può essere condivisa.

14.1. La sanzionabilità disciplinare dei comportamenti non conformi ai doveri e alla dignità del proprio ufficio, posti in essere anche al di fuori dell’esercizio delle funzioni, prevista dall’articolo 3, comma 2, del regolamento di disciplina, adottato con la delibera del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria del 24 novembre 2015, trova adeguata copertura normativa nella previsione dell’articolo 15, comma 2, del d.lgs. n. 545/1992, che individua, in via generale e con clausola di chiusura, come condotte disciplinarmente rilevanti tutti i “ comportamenti non conformi a doveri o alla dignità del proprio ufficio ”, senza escludere quelli realizzati al di fuori dell’esercizio delle funzioni, e ai commi successivi individua le sanzioni applicabili alle condotte extra funzionali, nel rispetto del principio di proporzionalità. Le condotte individuate nei commi da 3 a 7 dell’articolo 15 non sono infatti le uniche per le quali sono irrogabili le relative sanzioni.

14.2. D’altra parte, come evidenziato dalla parte appellante, il principio di tipicità non si pone in termini stringenti in materia disciplinare ed è quindi adeguatamente soddisfatto, per le condotte extra funzionali dei giudici tributari, dal combinato disposto del comma 2 e dei commi 3-7 del citato art. 15, così come si evince da una piana lettura della stessa disposizione: “ 2. I componenti delle commissioni tributarie, per comportamenti non conformi a doveri o alla dignità del proprio ufficio, sono soggetti alle sanzioni individuate nei commi da 3 a 7.

3. Si applica la sanzione dell'ammonimento per lievi trasgressioni.

4. Si applica la sanzione non inferiore alla censura, per:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui al comma 2, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

b) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

c) i comportamenti che, a causa dei rapporti comunque esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialità;

d) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, o di chiunque abbia rapporti con il giudice nell'ambito della Commissione tributaria, ovvero nei confronti di altri giudici o di collaboratori;

e) l'ingiustificata interferenza nell'attività giudiziaria di altro giudice;

f) l'omessa comunicazione al Presidente della Commissione tributaria da parte del giudice destinatario delle avvenute interferenze;

g) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

h) la scarsa laboriosità, se abituale;

i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

l) l'uso della qualità di giudice tributario al fine di conseguire vantaggi ingiusti;

m) la reiterata e grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio adottate dagli organi competenti.

5. Si applica la sanzione non inferiore alla sospensione dalle funzioni per un periodo da un mese a due anni, per:

a) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni;

b) i comportamenti che, violando i doveri di cui al comma 2, arrecano grave e ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

c) l'uso della qualità di giudice tributario al fine di conseguire vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

d) il frequentare persona che consti essere stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subìto condanna per delitti non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o essere sottoposta ad una misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta la riabilitazione, ovvero l'intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone.

6. Si applica la sanzione dell'incapacità a esercitare un incarico direttivo per l'interferenza, nell'attività di altro giudice tributario, da parte del presidente della commissione o della sezione, se ripetuta o grave.

7. Si applica la rimozione dall'incarico nei casi di recidiva in trasgressioni di cui ai commi 5 e 6 ”.

14.3. In sostanza, come riconosciuto dallo stesso giudice di prime cure, la materia degli illeciti disciplinari non sarebbe retta da un rigido principio di tassatività sulla configurazione delle fattispecie punibili, né da una riserva di legge assoluta (cfr. Cass., sez. lav., n.16381/2014, Cass. civ., n. 23409/2017). Di conseguenza, non è impedita una ragionevole specificazione delle norme della legge in sede di adozione del regolamento di disciplina, tanto più se ciò è in funzione della tutela dell’immagine complessiva della giurisdizione tributaria.

14.4. Peraltro, non senza rilievo nel senso di quanto sopra evidenziato è anche l’ultimo comma dell’art. 16 del d.lgs. n. 545/1992, laddove è previsto che “ Per quanto non contemplato dalla presente legge si applicano le disposizioni sul procedimento disciplinare vigenti per i magistrati ordinari in quanto compatibili ”.

15. Passando all’esame dell’appello incidentale proposto dal dottor -OMISSIS-, va innanzitutto rilevato che con lo stesso mezzo processuale sono contestate una serie di aspetti della sentenza impugnata relativi a profili dedotti nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti (in parte analoghi), assorbiti o respinti dal giudice di primo grado.

15.1. In particolare, l’appellato, dopo aver contestato col secondo motivo del ricorso incidentale l’affermazione del T in ordine alla legittimità della sospensione in relazione al rinvio operato dal regolamento di disciplina all’articolo 16, comma 7, del d.lgs. n. 545/1992, ha riproposto i seguenti motivi:

- il Consiglio di presidenza sarebbe stato in conflitto di interesse perché parte resistente rispetto al ricorso promosso dallo stesso contro l’esclusione dall’interpello per la presidenza della commissione tributaria di Lecce;

- anche il promotore dell’azione disciplinare sarebbe stato in conflitto di interesse, trattandosi del presidente facente funzioni della commissione regionale del -OMISSIS-, che avrebbe intrapreso due azioni giudiziarie nei confronti dell’appellato;

- il consigliere relatore avrebbe manifestato nella chat di gruppo la sua personale avversione nei confronti del dottor -OMISSIS-, usando espressioni che avrebbero dimostrato animosità e inimicizia. Nel corso dell’audizione, il relatore si sarebbe poi astenuto, rendendo così inutile l’istanza di ricusazione, ma non si sarebbe astenuto dal compimento degli atti preparatori, condotti con eccesso di zelo e ingiustificata urgenza, oltre che sollecitando continuamente l’iter disciplinare;

- l’iniziativa disciplinare sarebbe riservata al Presidente del Consiglio dei Ministri o al presidente della commissione tributaria regionale nella cui circoscrizione presta servizio l’incolpato, ma nel caso di specie il presidente della commissione regionale non avrebbe avuto competenza perché l’appellato non prestava servizio presso alcuna commissione tributaria in quanto membro dell’organo di autogoverno. In concreto, la funzione di vigilanza dei consiglieri di presidenza impedirebbe che essi siano sottoposti a loro volta alla vigilanza e al potere di promozione del procedimento disciplinare da parte dei titolari degli uffici regionali (profilo evocato nel 4° motivo del ricorso originario ed nell’8° del primo ricorso per motivi aggiunti);

- l’ultima sede di servizio dell’appellato prima dell’elezione al Consiglio di presidenza era stata la commissione regionale della -OMISSIS-, per cui solo il presidente dello stesso ufficio regionale avrebbe al più potuto essere titolare del potere di esercizio dell’azione disciplinare, oltre alla Presidenza del Consiglio dei Ministri;

- vi sarebbe stata un’inversione del procedimento disciplinare perché il presidente della commissione avrebbe ricercato elementi a sostegno dell’iniziativa disciplinare e sollecitato l’esercizio della stessa, mentre sarebbe dovuto avvenire il contrario, essendo l’azione disciplinare potere autonomo e indipendente rispetto agli organi cui è attribuito il potere di decisione;
in sostanza l’organo terzo, decidente, avrebbe anticipato il ruolo di accusa del promotore dell’azione disciplinare;

- sarebbero state violate le norme del regolamento interno del Consiglio di presidenza che prevedono la comunicazione dell’ordine del giorno almeno 5 giorni prima della seduta ovvero, in caso di urgenza, almeno un giorno prima e la comunicazione delle proposte scritte di deliberazione a tutti i consiglieri mediante consegna nel loro studio;
inoltre il relatore avrebbe dovuto informare il plenum dei punti di vista emersi in commissione e la votazione avrebbe dovuto aver luogo a scrutinio segreto;
il verbale avrebbe dovuto riportare la sintesi degli interventi dei consiglieri, il risultato, le modalità delle singole motivazioni;
di fatto, solo due componenti del plenum avrebbero votato consapevolmente, il relatore e l’altro consigliere che aveva deliberato in commissione.

15.2. Ciò detto, va innanzitutto esaminata la previsione di cui all’articolo 13, comma 1, del regolamento di disciplina secondo cui “ Il Consiglio d Presidenza, su richiesta dei titolari dell’azione disciplinare, sentito l’incolpato può disporne la sospensione dall’incarico e dal compenso fisso anche prima dell’eventuale inizio del procedimento disciplinare ex articolo 11, comma 2 del presente Regolamento, quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravità, siano incompatibili con l’esercizio delle funzioni ”.

15.3. In proposito, può condividersi la tesi del T, contestata dal dottor -OMISSIS- nel secondo motivo dell’appello incidentale, secondo cui tale norma trova adeguata copertura nel rinvio operato dall’articolo 16, comma 7, del d.lgs. n. 545/1992, per cui “7. Per quanto non contemplato dalla presente legge si applicano le disposizioni sul procedimento disciplinare vigenti per i magistrati ordinari in quanto compatibili”, trattandosi di misura non disciplinare sanzionatoria bensì meramente cautelare.

15.4. Quanto agli altri profili di censura riproposti, il Collegio ritiene che relativamente agli stessi, in parte coincidenti tra ricorso originario e motivi aggiunti, vada in primis esaminato, tenuto conto della rilevanza nell’economia del presente giudizio (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 27 aprile 2015, n. 5), quello relativo all’organo cui compete l’attivazione del procedimento disciplinare (4° motivo del ricorso originario corrispondente all’8° dei primi motivi aggiunti).

15.5. L’iniziativa disciplinare è riservata al Presidente del Consiglio dei Ministri o al presidente della commissione tributaria regionale nella cui circoscrizione presta servizio l’incolpato (art. 9, comma 1, del regolamento di disciplina). Nel caso dell’appellante incidentale, il presidente della commissione regionale non avrebbe, tuttavia, avuto competenza perché il dottor -OMISSIS- non prestava servizio presso alcuna commissione tributaria in quanto membro dell’organo di autogoverno. La funzione di vigilanza dei consiglieri di presidenza impedirebbe, infatti, che essi siano sottoposti a loro volta alla vigilanza e al potere di promozione del procedimento disciplinare da parte dei titolari degli uffici regionali.

15.6. Tale aspetto, è stato ulteriormente specificato nell’8º motivo dei primi motivi aggiunti nel quale si è dedotta la violazione dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 545/1992, dell’articolo 2, comma 1, del regolamento disciplinare, la carenza di potere, il difetto dei presupposti. In sostanza, il provvedimento sarebbe viziato quanto all’iniziativa di impulso dell’azione disciplinare essendo rimesso il potere di iniziativa disciplinare al presidente della commissione tributaria regionale nei confronti di coloro che sono interessati da un rapporto di servizio, in tutti gli altri casi essendo riservata l’iniziativa disciplinare al solo Presidente del Consiglio dei ministri.

15.7. In questo quadro, deve condividersi l’assunto dell’appellante incidentale circa la portata dell’articolo 16, comma 1, del d.lgs. n. 545/1992: “ Il procedimento disciplinare è promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal presidente della commissione tributaria regionale nella cui circoscrizione presta servizio l'incolpato ”.

15.8. L’interessato, alla data dei fatti contestati membro del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, godeva dell’esonero dalle funzioni, salva la sola conservazione della titolarità del posto di presidente della commissione provinciale di -OMISSIS-. Sicché deve escludersi che prestasse servizio presso una specifica commissione tributaria.

15.9. Di conseguenza, titolare dell’azione disciplinare ex art. 13, comma 1, del regolamento di disciplina, con riferimento alla richiesta di sospensione dall’incarico e dal compenso, era solo il Presidente del Consiglio dei Ministri e non il presidente facente funzioni della commissione regionale di -OMISSIS-, organo che invece ha promosso l’azione disciplinare.

16. Da quanto sopra evidenziato, discende la fondatezza dell’appello incidentale limitatamente alla riproposizione del 4° motivo del ricorso introduttivo e all’8° motivo dei primi motivi aggiunti. Da ciò consegue poi che va anche confermato l’annullamento dell’atto impugnato con i secondi motivi aggiunti, in quanto la sospensione dal compenso è per quanto di interesse un atto meramente consequenziale rispetto alla sospensione dall’incarico.

16.1. L’accoglimento dei suddetti motivi dell’appello incidentale risulta dunque assorbente, in quanto da esso discende che tutti i provvedimenti di sospensione dall’incarico e dal compenso impugnati erano stati adottati a seguito di un procedimento avviato da un’autorità non competente e sono pertanto illegittimi.

17. Per le ragioni sopra esposte:

a) va accolto l’appello principale proposto dall’Amministrazione con riferimento alla legittimità delle previsioni regolamentari sulla fattispecie disciplinare relativa ai comportamenti extra giudiziali;

b) va respinto il 2° motivo dell’appello incidentale;

c) vanno accolti il 4° motivo del ricorso introduttivo e l’8° motivo dei primi motivi aggiunti, riproposti con l’appello incidentale, con conseguente conferma, con diversa motivazione e salvi gli ulteriori provvedimenti, della sentenza T nella parte in cui:

- dichiara illegittimo il provvedimento di sospensione impugnato con il ricorso introduttivo, ferma l’improcedibilità della correlata azione di annullamento;

- accoglie il primo ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato;

- accoglie il secondo ricorso per motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

18. In ragione della complessità della controversia, le spese di giudizio possono essere compensate.

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