Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-04, n. 202002818

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-05-04, n. 202002818
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202002818
Data del deposito : 4 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/05/2020

N. 02818/2020REG.PROV.COLL.

N. 09292/2012 REG.RIC.

N. 00248/2013 REG.RIC.

N. 00311/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui seguenti ricorsi in appello:
1) numero di registro generale 9292 del 2012, proposto dall’Azienda agricola Scaratti G M e A A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati C T e R A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R A in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 36, nonché, a seguito di rettifica del mandato, dagli avvocati F T e D M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D M B in Roma, via Luigi Luciani, n. 1,

contro

l’AIMA - Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo, ora AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, e il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



2) numero di registro generale 248 del 2013, proposto da Azienda agricola Zavaglio Gianfranco Renato Giovanni Giuseppe e G.C., Azienda agricola Cedroni Pietro Enrico e Bortolo s.s., Azienda agricola Gualeni Cesare e Mauro, Azienda agricola Bombelli Pierluigi, Azienda agricola Neotti Remo Renato, Azienda agricola Brignani Luigi e figli s.s., Azienda agricola Balconi Andrea, Azienda agricola Borgonovo Giuseppe e figli s.s., Azienda agricola Gorlani Giovanni, Azienda agricola Neotti Giovanni, Azienda agricola Groppelli Costante e Pasquino, Azienda agricola Gardale s.s. dei f.lli Chiari, Azienda agricola Brovelli Franco, Azienda agricola De Bernardi Mario, Azienda agricola F.lli Caravati di Caravati A. e Fioravanti s.s., Azienda agricola Andena Emilio e Davide, Azienda agricola Doneda Gianbattista e Giuseppe s.s., Azienda agricola Cipolla Luigi, Azienda agricola Santagostini Pierluigi Luigi e Giovanni società agricola, Azienda agricola Pierani s.s., Azienda agricola Conzadori Giovanni e fratelli, Azienda agricola Donzelli Adriano Alfredo e Cesare, Azienda agricola Cozzi Santino, Azienda agricola Masperi Emilio, Azienda agricola Donzelli Alessandro, Azienda agricola Babbini f.lli s.s., Azienda agricola Ambrogi Gianpaolo, Azienda agricola Morelli Pedersoli Antonio, Azienda agricola Marchini s.s., Azienda agricola Vailati Luigi, Azienda agricola Migliorati s.s., Azienda agricola Bertoglio Antonio e Fabio, Azienda agricola Vitali Luigi e Giovanni, Azienda agricola Viola Pasqualino e Pierluigi s.s., Azienda agricola Villa Angelo e Giovanni, Azienda agricola Brignani Antonio e Mauro, Azienda agricola Feroldi Mauro e Franco, Azienda agricola Bergamaschi Vittorio, Azienda agricola Brignani Angelo e Luigi, Azienda agricola Merlini Luigi e Gianfranco s.s., Azienda agricola Costioli s.s., Azienda agricola Boldini Angelo, Azienda agricola Bonora Daniela, Azienda agricola Ziliani Felice, Azienda agricola Forni Agostino, Azienda agricola Benelli Agostino, Azienda agricola Guerini Rocco Agostino Giovanni ed eredi Francesco s.s., Azienda agricola Passeri Angelo, Azienda agricola Rimoldi Antonio Achille e Azienda agricola Zaletti Giacomo e Mario, tutte in persona dell’omonimo titolare o del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Catia Salvalaggio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Lampiasi in Roma, via Crivellucci, n. 21,

contro

l’AIMA - Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo, ora AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore e il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



3) numero di registro generale 311 del 2013, proposto da Azienda agricola Bonacina e Gambino s.s., Azienda agricola Boselli Giancarlo e Francesco Mario f.lli s.s., Azienda agricola Busi geom. Carlo e geom. Mario - Busi Carlo e Luigi, Azienda agricola Carminati Gottardo e Giampaolo Pietro - Carminati f.lli, Azienda agricola Chiappini Francesco e Bortolo e Gianpietro - Chiappini f.lli, Azienda agricola Corradi Angelo, Pietro, Paolo, Antonio, Emanuele e Margherita, Azienda agricola Daldoss Egidio e Dario, Azienda agricola Donzelli Mario e Pierino, Azienda agricola Facchi Mario, Vittorio, Giovanni, Pierangelo e Massimo, Azienda agricola Guzzago Angelo e Cesare, Azienda agricola “il Campo” di Gussoni Emanuele e Pierangelo, Azienda agricola Invernizzi Francesco e Giuseppe, Azienda agricola Mometto F.lli s.s., Azienda agricola Moretti Albino, Pasquale, Patrizio e Domenico, Azienda agricola Scalmana Enrico -ora Scalmana Fabio, Azienda agricola Tiraboschi f.lli s.s., Azienda agricola Tosoni Pietro, Azienda agricola Vitali Gianpaolo, Azienda agricola Zanesi Battista e Rinaldo, Azienda agricola Tarozzi Gianbattista, Azienda agricola Cavezzali Giovanni e Francesco, Azienda agricola Cecchinato Giuseppe e Giovanni, Azienda agricola Chiari Natale ora Chiari Francesco, Azienda agricola Francesconi Antonio, Azienda agricola Gerevini Oscar B. e Foletti Giulia, Azienda agricola La Rosa di Elisabetta Piana &
C. s.n.c., Azienda agricola Migli Gianpietro e Ferdinando, Azienda agricola Migliorati f.lli ora Vittoria di Migliorati Giuseppe e Antonio s.s., Azienda agricola Oprandi Innocente e Ardigo Maria, Azienda agricola Ranghetti Giacomo e figli s.s., Azienda agricola Sbaruffati e Sebri ora Sebri Pietro, Azienda agricola Pizzocheri Alfredo e Paolo, Azienda agricola Brandazza Pierino e Fabio, Azienda agricola Oprandi Sperandio, Azienda Agricola Cipolla Luigi e azienda agricola Zambetti Flavio, tutte in persona dell’omonimo titolare o del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati D M B e F T, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D M B in Roma, via Luigi Luciani, n. 1;
Azienda agricola Riboldi Ambrogio, in persona dell’omonimo titolare, rappresentata e difesa dall’avvocato Cesare Tapparo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

l’AIMA - Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo, ora AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore, e il Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

tutti per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sez. II ter , n. 4016 del 4 maggio 2012, resa tra le parti, avente ad oggetto prelievo supplementare per le annate lattiere 1997/1998 e 1998/1999.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’AIMA - Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo e del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’AGEA - Agenzia per le erogazioni in agricoltura;

Viste le memorie delle parti;

Vista l’ordinanza della sez. III di questo Consiglio di Stato del 25 gennaio 2013, n. 268, con la quale è stata respinta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di reiezione del ricorso di primo grado, presentata in via incidentale dalla parte appellante nel ricorso n.r.g. 9292/2012;

Vista la rinuncia all’appello n.r.g. 248/2013 versata in atti in data 30 maggio 2016 dall’Azienda agricola Morelli Pedersoli Antonio;

Viste le sentenze non definitive della sez. III di questo Consiglio di Stato del 9 maggio 2019, n. 3011, e del 27 maggio 2019, n. 3455;

Viste le istanze di fissazione dell’udienza ex art. 80, comma 1, c.p.a. depositate rispettivamente in data 10 ottobre 2019, in relazione al procedimento n.r.g. 248/2013 e in data 17 ottobre 2019, in relazione al procedimento n.r.g. 311/2013;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2020, il Consigliere A M e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, i difensori delle parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con i tre distinti ricorsi in appello nn.r.g. 9292/2012, 248/2013 e 311/2013 le Aziende agricole indicate in epigrafe, specializzate nella produzione del latte vaccino e pertanto soggette al prelievo supplementare, premesso il quadro ordinamentale di riferimento, censurano la medesima sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 4016/2012 con cui è stato respinto il ricorso introduttivo dalle stesse proposto avverso le comunicazioni dell’AIMA dell’8 giugno 2000, aventi ad oggetto i risultati delle compensazioni nazionali e la conseguente determinazione del prelievo supplementare (comunicata nel luglio 2000) per le annate lattiere 1997/98 e 1998/99.

2. Con l’appello n.r.g. 9292/2012, l’Azienda agricola Scaratti lamentava generica violazione di Regolamenti CE, nonché della l. n. 5/1998, del d.lgs. n. 468/1992, dell’art. 1, comma 1, della l. n. 118/1999 e dell’art. 3 della l. n. 241/1990;
violazione del giudicato, in quanto l’Azienda non avrebbe tenuto conto della intervenuta sospensione delle comunicazioni già inviate;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza dei presupposti, anche avuto riguardo al calcolo degli interessi per le annate precedenti (1996/1997 e 1997/1998), nonché per avere rettificato i dati comunicati con gli appositi modelli “L1”.

Con ordinanza della sez. III di questo Consiglio di Stato del 25 gennaio 2013, n. 268, veniva respinta la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, presentata in via incidentale dalla parte appellante, ritenendosi insussistente il fumus boni iuris delle doglianze avanzate alla luce dei molteplici precedenti giurisprudenziali attinenti i singoli punti prospettati.

3. I distinti appelli nn.r.g. 248/2013 e 311/2013 venivano trattenuti in decisione alla pubblica udienza del 16 aprile 2019.

Con sentenze nn. 3011/2019 e 3955/2019 della sez. III di questo Consiglio di Stato venivano respinti tutti i relativi motivi di appello, ad eccezione della eccepita contrarietà del meccanismo di compensazione nazionale per categorie prioritarie di cui alla normativa applicata ratione temporis con l’art. 2, paragrafo 1, del regolamento comunitario n. 3950/92. Essendo infatti stata la questione rinviata pregiudizialmente alla Corte di giustizia dell’Unione europea con ordinanza n. 3074/2018 della medesima sezione, anche alla luce di quanto già motivato dalla Corte CE nella sentenza 5 maggio 2011 in cause riunite C-230/09 e C-231/09 in relazione all’art. 10, comma 3, del regolamento n. 1798/2003/CE, la decisione veniva per tale aspetto sospesa.

Con sentenza della sez. VII del 27 giugno 2019 la CGUE si è pronunciata sulla materia, di talché le aziende appellanti depositavano istanza ex art. 80, comma 2, di definizione degli appelli nn.r.g. 248/2013 e 311/2013.

4. Nel procedimento n.r.g. 9292/2012 si è costituita in giudizio l’AIMA;
nei procedimenti nn.r.g. 248/2013 e 311/2013 si è costituita l’AGEA, chiedendo la reiezione degli appelli in quanto infondati nel merito.

L’Azienda agricola Morelli Pedersoli Antonio ha depositato rinuncia all’appello n.r.g. 248/2013, avendo aderito alla rateizzazione proposta dall’AGEA.

In vista dell’odierna udienza, le altre Aziende agricole appellanti hanno depositato memorie e documenti, in particolare la richiamata sentenza della CGUE del 27 giugno 2019.

5. All’udienza del 21 aprile 2020 la causa è stata trattenuta in decisione con le modalità di cui all’art. 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

DIRITTO

6. In via preliminare il Collegio rileva che, ai sensi dell’art. 96 c.p.a., in quanto proposte separatamente avverso la stessa sentenza, le impugnazioni devono essere riunite in un solo processo.

7. Con riferimento ai ricorsi nn.r.g. 248/2013 e 311/2013, residua da esaminare la lamentata eccezione di incompatibilità comunitaria del meccanismo di compensazione nazionale attuato dall’AIMA, all’esito del quale è stata effettuata la richiesta di corresponsione del prelievo supplementare alle aziende produttrici.

La doglianza è fondata e merita accoglimento.

La questione peraltro è già stata oggetto di scrutinio da parte della Sezione, alle cui risultanze non può non farsi rinvio (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. II, 4 febbraio 2020, nonché id ., 12 febbraio 2020, n. 1105).

Epurata, dunque, la vicenda, dagli asseriti profili di illegittimità rivenienti dal procedimento di determinazione a monte dei quantitativi individuali, in quanto definitivamente respinti con le richiamate sentenze di questo Consiglio di Stato nn. 3011/2019 e 3455/2019, non può che prendersi atto dell’impatto sui procedimenti de quibus dei principi affermati dalla Corte di Giustizia U.E. nella pronuncia della Sez. VII, 27 giugno 2019, in esito a quesito formulato da questo Consiglio di Stato (ordinanza n. 3074 del 2018), in attesa della quale i relativi giudizi erano stati sospesi in parte qua .

8. Il meccanismo di compensazione di cui all’art. 1, comma 8, del d.l. n. 43 del 1° marzo 1999, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 118/1999, applicato nei casi di specie, in quanto basato su categorie prioritarie, è stato ritenuto in palese contrasto con l’art. 2 del Reg. n. 3950/1992, applicabile ratione temporis .

La Corte ha infatti affermato (ai paragrafi 35-37) quanto di seguito testualmente si riporta:«[…] risulta dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, nonché dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 536/93 che lo Stato membro dispone della facoltà di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, o a livello nazionale, direttamente ai produttori interessati, o a livello degli acquirenti affinché detti quantitativi vengano ripartiti tra i produttori in questione. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dal governo italiano, l’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, pur concedendo agli Stati membri la facoltà di riassegnare i quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, non li autorizza a decidere in base a quali criteri tale riassegnazione debba essere effettuata. Infatti, risulta dalla formulazione stessa della disposizione suddetta che, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, tali quantitativi vengono ripartiti in modo “proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore” ».

E’ stata in tal modo smentita la tesi prospettata dallo Stato italiano circa l’indifferenza dell’utilizzazione di altri criteri rispetto ai principi europei di proporzionalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, sottolineando (ai paragrafi da 38 a 46 della sentenza) quanto segue: « L’argomento del governo italiano, secondo cui la disposizione summenzionata non stabiliva nulla circa i criteri della riassegnazione stessa e menzionava il criterio proporzionale soltanto ai fini di regolare i calcoli che l’acquirente avrebbe dovuto operare qualora fosse spettato a lui applicare il prelievo a carico dei produttori, è espressamente contraddetto dalla giurisprudenza della Corte. Infatti, la Corte ha già statuito che risulta chiaramente da tutte le versioni linguistiche dell’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 che è senz’altro la ripartizione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, vale a dire la riassegnazione di tali quantitativi, a dover essere effettuata in modo “proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore” e che il contributo dei produttori al pagamento del prelievo dovuto è, quanto ad esso, stabilito in base al superamento del quantitativo di riferimento di cui dispone ciascun produttore (sentenza del 5 maggio 2011, Kurt und Thomas Etling e a., C-230/09 e C-231/09, EU:C:2011:271, punto 64) ».

L’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 stabilisce dunque un criterio in base al quale deve essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati. Così, dato che tale disposizione non menziona nessun altro criterio, né rinvia alla competenza degli Stati membri per stabilire criteri che siano loro propri, il suddetto criterio di ripartizione proporzionale deve essere considerato come il solo in base al quale deve essere effettuata la riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati. Tale interpretazione è confermata dal contesto nel quale la norma si inserisce. La diversa previsione contenuta nel medesimo articolo 2, ma al paragrafo 4, del regolamento summenzionato, come pure d’altronde dal sesto considerando del regolamento n. 536/93, si riferisce infatti al ben diverso caso in cui uno Stato membro abbia giudicato opportuno non operare nel proprio territorio la riassegnazione totale di quantitativi di riferimento inutilizzati, destinando l’eccedenza riscossa al finanziamento delle misure di cui all’articolo 8, primo trattino, del regolamento n. 3950/92, e/o rimborsarla ai produttori, essendo possibile in questo caso individuarli sulla base di categorie prioritarie, individuate dagli Stati membri in base ad uno o più criteri obiettivi, previsti dall’articolo 5 del regolamento n. 536/93, elencati in ordine di priorità.

La facoltà di riassegnare la totalità o una parte dei quantitativi di riferimento inutilizzati, prevista dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92, e la facoltà, di cui uno Stato membro può avvalersi qualora non proceda a tale riassegnazione totale dei quantitativi inutilizzati, di rimborsare ai produttori l’eccedenza del prelievo riscossa, in conformità dell’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 3950/92, obbediscono dunque a logiche differenti. Infatti, la disciplina contenuta nel paragrafo 1 dell’art. 2 del regolamento n. 3950/92 mira a diminuire proporzionalmente il superamento dei quantitativi di riferimento dei produttori, al fine di ridurre anche il contributo di questi ultimi al prelievo dovuto;
il successivo paragrafo 4, invece, si propone di determinare la destinazione del prelievo riscosso in eccesso, prevedendo che il relativo rimborso, ove deciso da uno Stato membro, venga effettuato a beneficio dei produttori che rientrano in categorie prioritarie, stabilite secondo i criteri obiettivi previsti dalla Commissione. « A motivo della diversità delle logiche sottese ai meccanismi previsti, rispettivamente, dall’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, e dall’articolo 2, paragrafo 4, del regolamento n. 3950/92, la rilevanza, ai fini dell’applicazione della prima di queste disposizioni, dei criteri stabiliti dalla seconda di esse non può essere presunta e potrebbe discendere soltanto da un esplicito riferimento in tal senso nel regolamento. Orbene, né il regolamento n. 3950/92 né il regolamento n. 536/93 prevedono l’applicazione di detti criteri nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 3950/92 » (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 8504 del 16 dicembre 2019).

9. Dalle statuizioni della Corte di Giustizia discende dunque che il meccanismo di “compensazione-riassegnazione” applicato dall’Amministrazione italiana è stato alterato dall’utilizzazione di un criterio normativo nazionale non conforme al dettato europeo. L’art. 1, comma 8, del d.l. 1° marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, laddove individua, per l’effettuazione della compensazione nazionale, una gerarchia di beneficiari fa emergere la chiara scelta, da parte del legislatore italiano, fra le due forme di perequazione astrattamente consentite dall’art. 2 del regolamento n. 3950/92, di quella della perequazione (ridefinita nell’ordinamento nazionale quale “ compensazione ”) dei quantitativi di riferimento inutilizzati. La norma è stata cioè applicata dall’Amministrazione nel senso che le operazioni di compensazione tra quote eccedentarie e quote non interamente sfruttate, nonché le conseguenti riassegnazioni ai produttori eccedentari dei quantitativi di riferimento individuali inutilizzati, sono state fatte per categorie secondo l’ordine indicato, e non già « proporzionalmente ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore ». Il che non era consentito dalla normativa comunitaria.

10. Nell’appello n.r.g. 9292/2012, tuttavia, a differenza degli altri due, tale profilo di compatibilità comunitaria non è stato sollevato dalla ricorrente. Si pone pertanto la questione se sia possibile nel presente giudizio procedere a una disapplicazione ex officio per non essere stato formulato uno specifico motivo di appello volto a lamentare l’illegittimità de iure communitario delle richiamate disposizioni regolamentari e a chiederne conseguentemente la disapplicazione. Ciò avuto riguardo anche al necessario principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 cod. proc. civ.

11. Anche su tale aspetto il Collegio non può che riferirsi a quanto già affermato in analoga fattispecie, avente ad oggetto peraltro la contestazione della medesima comunicazione dell’AIMA, ancorché riferita a più annate lattiere, oltre quelle qui in contestazione: sulla base di quanto affermato dall’Adunanza plenaria nella decisione n. 9 del 25 giugno 2018, in caso di norme in contrasto con il diritto eurounitario, non risulta predicabile alcuna preclusione per il giudice amministrativo nel rilevare la non applicabilità della disposizione, a maggior ragione laddove la normativa europea sia stata comunque evocata (cfr. Cons. Stato, sez. II, nn. 1105/2020, cit. supra ).

La giurisprudenza costituzionale ha egualmente ammesso la disapplicazione ex officio della norma interna (anche di fonte regolamentare) in contrasto con il diritto UE, conformemente – del resto – a consolidati orientamenti della Corte di giustizia dell’UE medesima. Ne consegue che il problema dei limiti alla disapplicazione officiosa della regolamentazione interna illegittima risulta al più confinato alle ipotesi - che qui non ricorrono - in cui il profilo di illegittimità derivi da profili diversi dal contrasto con il diritto UE. In definitiva, « la piena applicazione del principio di primauté del diritto eurounitario comporta che, laddove una norma interna (anche di rango regolamentare) risulti in contrasto con tale diritto, e laddove non risulti possibile un’interpretazione di carattere conformativo, resti comunque preclusa al Giudice nazionale la possibilità di fare applicazione di tale norma interna » (cfr. Cons. Stato, A.P. n. 8/2018).

I princìpi appena richiamati risultano tanto più pregnanti nelle ipotesi in cui - come nel caso in esame - non solo il giudice nazionale debba astenersi dal dare applicazione nell’ordinamento interno a una disposizione in contrasto con il diritto UE, ma per di più possa (e anzi, debba) riconoscere diretta applicazione a una disposizione i cui contenuti sono stati chiariti dalla Corte di giustizia nel senso del non ammettere, ove si opti per la compensazione nazionale nell’accezione esplicitata ai paragrafi precedenti, la postergazione, o per meglio dire, la preferenza di taluni imprenditori rispetto ad altri.

12. La fondatezza della predetta censura comunitaria determina l’accoglimento pertanto anche dell’appello n.r.g. 9292/2012, senza che sia necessario procedere all’esame di quelle ulteriori, poiché l’annullamento dei provvedimenti impugnati in prime cure, derivante dalla disapplicazione della disposizione interna posta a fondamento dei calcoli sottostanti all’operazione di compensazione-riassegnazione, implica la necessità dell’Amministrazione di procedere ad una complessiva attività di rideterminazione.

13. In conclusione, pertanto, l’appello n.r.g. 9292/2012 deve essere accolto, nei sensi di cui sopra, al pari degli appelli nn.r.g. 248/2013 e 311/2013, dei quali va accolto il residuo motivo di doglianza, il cui scrutinio era stato differito agli acquisiti esiti del rinvio pregiudiziale alla CGUE della normativa applicata per l’effettuazione della compensazione nazionale dalle sentenze della sez. III di questo Consiglio di Stato nn. 3011/2019 e 3455/2019.

Deve, inoltre, darsi atto della rinunzia all’appello dell’Azienda agricola Morelli Pedersoli Antonio.

14. Le difficoltà interpretative della disciplina di settore e le oscillazioni giurisprudenziali giustificano la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio.

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