Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-03-21, n. 202302874
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Pubblicato il 21/03/2023
N. 02874/2023REG.PROV.COLL.
N. 08897/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8897 del 2022, proposto da
Inps - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati D M e P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
N S, rappresentato e difeso dall'avvocato L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Ministero dell'Economia e delle Finanze e Ministero dell'Interno, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio n. 11435/2022, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di N S, del Ministero dell'Economia e delle Finanze, del Ministero dell'Interno e del Comando Generale della Guardia di Finanza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2023 il Cons. Maria Stella Boscarino;
uditi per le parti gli avvocati Marinuzzi Dario e Messina Piera e viste le richieste di passaggio in decisione della causa da parte dell’Avvocatura dello Stato e dell’Avv. L S;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La controversia concerne la corretta individuazione della base di calcolo del trattamento di fine servizio (tfs), c.d. indennità di buonuscita, spettante ai dipendenti del comparto statale. In particolare, si tratta di stabilire se agli ex dipendenti del corpo della Guardia di Finanza congedati a domanda, spetti o no la maggiorazione dei sei scatti stipendiali di cui all’art. 6 bis del d.l. 387/1987.
2. Il ricorrente in primo grado, ex appartenente al Corpo della Guardia di Finanza, ha adito il TAR per chiedere l’accertamento del suo diritto al riconoscimento di sei scatti contributivi fra le voci computabili al fine della liquidazione del trattamento di fine servizio e, per l’effetto, la condanna dell’amministrazione alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali contemplati dall’art. 6-bis del d.l. 21settembre 1987 n. 387, convertito dalla legge 20 novembre 1987 n. 472.
2.1. In particolare, il ricorrente in primo grado censurava il provvedimento di liquidazione dell’INPS in quanto riteneva di aver diritto all’inclusione, nel computo della base di calcolo, dei sei scatti stipendiali. Ad avviso di questi, infatti, il diritto sussiste anche per il personale congedatosi a domanda in presenza dei due requisiti previsti dal comma 2 dell’art. 6 bis, ovvero il compimento dei 55 anni di età e lo svolgimento di un servizio utile superiore a 35 anni.
3. In fatto, occorre precisare che il ricorrente in primo grado risulta congedato a domanda;inoltre, come emerge dal ricorso in primo grado, ha presentato presso gli uffici preposti apposita istanza volta ad ottenere l’inclusione dei sei scatti nel computo della base di calcolo del TFS. Tuttavia, l’INPS ha sostenuto che la maggiorazione della base di calcolo spetti solo al personale che ha cessato la funzione “per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto”.
4. Con la sentenza n. 11435 del 2022, il Tribunale adito ha accolto il ricorso e condannato l’Inps a corrispondere all’interessato l’indennità di buonuscita, includendo nella base di calcolo anche i sei scatti stipendiali contemplati dall’art.4 del d. lgs. 30 aprile 1997 n. 165, oltre interessi nella misura legale sino al soddisfo.
5. Avverso tale pronuncia l’INPS ha proposto appello con un unico motivo di merito articolato in diversi punti.
6. Il ricorso in appello, in particolare, si incentra sulla errata applicazione dell’art. 6 bis d.l. 387/1987, dell’art. 1 co. 15 bis d.l. 379/1987 e dell’art. 4 d.lgsl. 165/1997.
In primo luogo, parte appellante censura la pronuncia del giudice di primo grado in quanto questi avrebbe errato nell’applicare l’art. 6 bis al caso specifico e quindi al personale della Guardia di Finanza. Infatti, l’art. 6 bis co. 1 si riferisce letteralmente ai dipendenti della Polizia di Stato. Pertanto, l’applicazione della norma al personale della Guardia di Finanza integrerebbe un’estensione arbitraria del campo di applicazione della norma.
6.1. Inoltre, anche a voler ritenere applicabile l’art. 6 bis ai dipendenti della Guardia di Finanza, la sentenza di primo grado andrebbe censurata in quanto non tiene in considerazione tutti i requisiti richiesti dalla norma al fine di poter ottenere l’attribuzione dei sei scatti stipendiali. Infatti, non sarebbe sufficiente aver compiuto 55 anni di età e aver prestato 35 anni di servizio ma sarebbe altresì necessario aver presentato domanda di collocamento in quiescenza “entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità”, ai sensi di quanto previsto dall’art. 6 bis. Tale elemento, a detta dell’INPS avrebbe dovuto essere allegato da parte ricorrente in primo grado in base ai principi di suddivisione dell’onere probatorio, ma così non è stato. Quanto sostenuto, ad avviso di parte appellante, troverebbe ulteriore conferma nell’art. 4 del d. lgs. n. 165/1997. In particolare, la norma, nel disporre l’attribuzione dei sei aumenti periodici di stipendio in aggiunta alla base pensionabile, richiama indirettamente l’art. 6 bis attraverso la menzione dell’art. 21 l. 7 agosto 1990, n. 232, modificativa dello stesso.
6.2. Parte appellante sostiene che ai dipendenti della Guardia di Finanza sarebbe applicabile, invece, l’art. 1 co. 15 bis d.l. n. 379/1987 il quale prevede l’attribuzione dei sei scatti stipendiali anche ai dipendenti della Guardia di Finanza ma solo nel caso in cui cessino dal servizio “per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti”. Ne deriverebbe che i sei scatti stipendiali non spetterebbero nel caso di dimissioni volontarie.
Ancora, non potrebbe trovare applicazione neanche l’art. 1911 co. 3 del d.lgs. n. 66/10 (codice dell’ordinamento militare) il quale prevede che “al personale delle forze di polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l’art. 6 bis”, infatti, ad avviso dell’INPS, tale previsione rappresenterebbe un difetto di coordinamento: l’art. 1911 prevede che la disciplina del 6 bis “continua ad applicarsi” e questo significherebbe che sia già applicabile ma così non sarebbe.
Infine, l’INPS censura la sentenza di prime cure nel suo generale iter argomentativo che apparirebbe eccentrico. A tale proposito, la decisione del TAR, estendendo l’ambito di attribuzione dei sei scatti stipendiali in assenza di una specifica norma, apparirebbe in contrasto con l’art. 81 Cost. che cristallizza il principio di sostenibilità e prevedibilità del debito pubblico. Ancora, l’interpretazione data dalla sentenza di prime cure all’art. 6 bis sarebbe irragionevole perché applicherebbe il primo comma solo al personale cessato dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile o perché deceduto, e il secondo comma, indistintamente, a tutti coloro che cessano con diritto a pensione. Pertanto, l’interpretazione del TAR contrasterebbe con l’art. 3 Cost.
7. In data 28.11.22 si sono costituiti in giudizio il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero dell’Interno.
8. In data 12.12.22, si è costituito il sig. Sini che ha controdedotto alle difese avversarie, eccependo preliminarmente l’improcedibilità dell’appello per esplicita acquiescenza della sentenza di primo grado da parte dell’INPS. In particolare, l’amministrazione avrebbe non solo versato quanto spettante al signor Sini, in esecuzione della sentenza di primo grado, ma avrebbe altresì comunicato al legale rappresentante di Sini di aver dato esecuzione alla sentenza del Tar.
9. In data 10.02.23, le amministrazioni statali evocate in giudizio hanno chiesto di essere estromesse, deducendo il proprio difetto di legittimazione passiva in considerazione del fatto che il ricorrente in primo grado, ex dipendente del Corpo della Guardia di Finanza e non già del Ministero dell’Interno, aveva contestato l’illegittimità dei provvedimenti emessi dall’INPS. Provvedimenti, questi, che esulano dalla sfera di competenza tanto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, quanto dal Ministero degli Interni.
10. All’udienza del 14 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
11. La richiesta di espromissione avanzata dal MEF e dal Ministero dell’Interno dev’essere accolta.
Per consolidata giurisprudenza, l’unico soggetto obbligato a corrispondere l’indennità di buonuscita è il competente Ente previdenziale (Cons. St., sez. III, 22 febbraio 2019 n. 1231 e sez. VI, 6 settembre 2010 n. 6465, nonché 31 gennaio 2006 n. 329).
Il CGARS, con sentenza 28 giugno 2022 n. 770, si è pronunciato, in merito, rilevando che “la dedotta circostanza che il Ministero dell’economia e delle finanze debba eventualmente partecipare al procedimento amministrativo prodromico alla definizione della buonuscita non incide sulla legittimazione a partecipare, dovendosi gestire all’interno del rapporto di diritto pubblico fra i due enti, connotato dal principio di leale collaborazione, atteso che solo l’Inps rappresenta il soggetto debitore nei confronti degli appellati”.
12. Si può prescindere dall’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata da parte appellata, stante l’infondatezza del gravame.
13. L’INPS, con unico ed articolato motivo di ricorso, ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il TAR ha ritenuto applicabile all’appellato i benefici previsti all’art. 4 del d.l. 157/97, che prevedono l’inclusione di sei scatti stipendiali nella base di calcolo della buonuscita, in forza dell’art. 6 bis, del d.l. n. 387/1987.
14. Il motivo, come anzidetto, è infondato.
15. Con l’art. 13 della legge 10 dicembre 1973 n. 804 (poi abrogato dall'art. 2268 comma 1 n. 682 del d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66, recante Codice dell’ordinamento militare) sono stati attribuiti ai generali ed ai colonnelli della Guardia di finanza nella posizione di “a disposizione”, all'atto della cessazione dal servizio, “sei aumenti periodici di stipendio in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante”, in luogo della promozione, soppressa dall’art. 1 della stessa legge, “ai fini della liquidazione della pensione e dell’indennità di buona uscita, in luogo della soppressa promozione alla vigilia”.
15.1. Detto meccanismo è stato successivamente previsto a favore di tutti gli ufficiali con l’art. 32 comma 9-bis della legge 19 maggio 1986 n. 224 (poi abrogato dall'art. 67 comma 3 del d. lgs. 19 marzo 2001 n. 69) quale facoltà che gli stessi possono esercitare a determinate condizioni. In particolare, essi possono chiedere, in luogo della promozione attribuita il giorno precedente la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età, l’attribuzione di sei scatti aggiuntivi di stipendio ai soli fini pensionistici e della liquidazione della indennità di buonuscita (“A tutti gli ufficiali è data la facoltà di chiedere in luogo della promozione di cui al comma l'attribuzione, dal giorno antecedente la cessazione dal servizio, di sei scatti aggiuntivi di stipendio ai soli fini pensionistici e della liquidazione della indennità di buonuscita”).
15.2. Ai sensi dell’art. 1 comma 15-bis del d.l. 16 settembre 1987 n. 379, introdotto dalla legge di conversione 14 novembre 1987 n. 468, come sostituito dall'art. 11 della legge 8 agosto 1990 n. 231, l’attribuzione di sei scatti pensionistici ai soli fini pensionistici e della liquidazione dell'indennità di buonuscita viene estesa “ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della legge 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati” ma nel solo caso di cessazione dal servizio per età o di inabilità permanente o di decesso. Non è quindi compresa l’ipotesi di cessazione dal servizio a domanda. L’art. 1 comma 15-bis d.l. n. 379/1987 è formalmente ancora in vigore perché non espressamente abrogato dal d.lgs. n. 66/2010. Tuttavia, il c.o.m. ha espressamente abrogato l’art. 11 l. n. 231/1990 che, come visto, ha sostituito l’art. 1 comma 15-bis d.l. n. 379/1987.
15.3. Ora, si deve escludere che l’abrogazione di una disposizione che novella una precedente disposizione faccia rivivere la disposizione originaria. Per l’effetto, non può ritenersi che l’abrogazione dell'art. 11 legge n. 231/1990, che ha sostituito l’art. 1 comma 15-bis d.l. n. 379/1987, abbia determinato la riviviscenza della disposizione nell’originaria formulazione. Piuttosto, si deve ritenere che il c.o.m., nell’abrogare l’art. 11 legge n. 231/1990, abbia inteso abrogare anche l’art. 1 comma 15-bis d.l. n. 379/1987. Sicché non è più in vigore la norma contenuta nell’art. 1 comma 15-bis del d.l. n. 379/1987, che limita l’applicazione dell’istituto de quo ai casi di cessazione dal servizio per età o di inabilità permanente o di decesso, con esclusione della cessazione dal servizio a domanda.
La reviviscenza infatti, come già espressamente statuito da questo Cons. di Stato (CGARS, decisioni nn. 929 e 936/2022) a proposito della norma contenuta nell’art. 1 comma 15-bis del d.l. n. 379/1987, in base alla quale una norma cronologicamente abrogata riprende a esplicare effetti al venir meno del fatto o dell’atto che ne ha determinato l’abrogazione, è istituto di carattere eccezionale.
15.4. Si aggiunga che il Codice dell’ordinamento militare, nell’abrogare l’art. 11 della legge n. 231/1990 (per mezzo dell'art. 2268 comma 1 n. 872), ha altresì statuito quale disciplina applicare al trattamento di fine rapporto per mezzo dell’art. 1911.
Pertanto, difetta, nel caso di specie, la condizione minima per poter ritenere che l’abrogazione dell'art. 11 legge n. 231/1990, che ha sostituito l’art. 1 comma 15-bis d.l. n. 379/1987, abbia determinato la riviviscenza della disposizione nell’originaria formulazione, che si deve ritenere piuttosto abrogata anch’essa.
15.5. Ritenuto abrogato l’art. 1, comma 15-bis, d.l. n. 379/1987, ben si comprende perché l’art. 1911 comma 3 c.o.m. lasci fermo, per tutte le forze di polizia, l’art.