Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-22, n. 201800383

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-22, n. 201800383
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800383
Data del deposito : 22 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/01/2018

N. 00383/2018REG.PROV.COLL.

N. 02254/2012 REG.RIC.

N. 02256/2012 REG.RIC.

N. 02257/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2254 del 2012, proposto dalla società Soa Rina Organismo di Attestazione S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati M A S, G M G e R D, con domicilio eletto presso lo studio del prof. avv. M A S in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;

contro

Presidenza della Repubblica e Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 2256 del 2012, proposto dalla società Rina S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati R D, M A S e G M G, con domicilio eletto presso lo studio del prof. avv. M A S in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;

contro

Presidenza della Repubblica e Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 2257 del 2012, proposto dalla società Rina Services S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati G M G, R D e M A S, con domicilio eletto presso lo studio del prof. avv. M A S in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349;

contro

Presidenza della Repubblica e Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

dell’ordinanza collegiale del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Roma - Sezione I, n. 9719 del 13 dicembre 2011, resa tra le parti, concernente annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, avente ad oggetto “Regolamento di esecuzione e attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, nonché domanda di risarcimento del danno;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza della Repubblica e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con contestuale proposizione di appelli incidentali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2017 il consigliere Daniela Di Carlo e uditi per le parti l’avvocato Damonte e l'avvocato dello Stato Marchini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La controversia riguarda le impugnazioni separatamente esperite dalle società SOA

RINA

Organismo di Attestazione S.p.A (ricorso n. 1471/2011), Rina S.p.A. (ricorso n. 1474/2011) e Rina Services S.p.A. (ricorso n. 1468/2011), avverso il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 288 del 10 dicembre 2010 – Supplemento Ordinario n. 270), in vigore dal 9 giugno 2011, avente ad oggetto “Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”, per ottenerne l’annullamento nella parte in cui:

a) all’art. 66 (Partecipazioni azionarie) ha incluso tra i soggetti che non possono possedere, a qualsiasi titolo, direttamente o indirettamente, una partecipazione al capitale di una SOA, anche quelli “ di cui all’art. 3, comma 1, lettere ….ff) ”, ossia gli “ organismi di certificazione: gli organismi di diritto privato che rilasciano i certificati del sistema di qualità conformi alle norme europee serie UNI EN ISO 9000 ”;

b) all’art. 357, comma 21 (Norme transitorie) prevede che “ In relazione all’art. 66, comma 1, le SOA, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore del presente regolamento, adeguano la propria composizione azionaria al divieto di partecipazione per i soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lettera ff), dandone comunicazione all’Autorità ”;

c) all’art. 64 (Requisiti generali e di indipendenza delle SOA) prescrive (comma 1) che “ la sede legale deve essere nel territorio della Repubblica ” e (comma 3) che “ Lo statuto deve prevedere come oggetto esclusivo lo svolgimento dell’attività di attestazione secondo le norme del presente titolo e di effettuazione dei connessi controlli tecnici sull’organizzazione aziendale e sulla produzione delle imprese di costruzione, nonché sulla loro capacità operativa ed economico – finanziaria ”;
nonché per l’annullamento di ogni atto, anche istruttorio o consultivo, preordinato o presupposto, conseguente o connesso e per l’accertamento e la condanna delle amministrazioni intimate al risarcimento del danno patito.

1.1. Le predette società proponevano, inoltre, azione di accertamento e di condanna al risarcimento del danno patito.

2. Nella vicenda in esame, per quanto di interesse in relazione agli odierni gravami, il T.a.r. per il Lazio, Roma, Sezione I, adottava tre distinte pronunce:

a) l’ordinanza n. 9718 del 13 dicembre 2011 (nell’ambito del ricorso n. 1474/2011)

b) l’ordinanza n. 9719 del 13 dicembre 2011 (nell’ambito del ricorso n. 1471/2011);

c) l’ordinanza n. 9720 del 13 dicembre 2011 (nell’ambito del ricorso n. 1468/2011);

2.1. In tutti e tre i casi il giudice di prime cure rimetteva alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 40, comma 3, D.lvo n. 163/2006 in relazione agli artt. 3 e 41 Costituzione e sospendeva il giudizio.

3. Le predette società hanno impugnato tali pronunce (coi distinti ricorsi n. 2254/2012, n. 2256/2012 e 2257/2012) nella sola parte in cui, a loro dire, nonostante il nomen iuris di ordinanza interlocutoria, le stesse avrebbero (in realtà) contenuto di sentenza, per avere sostanzialmente deciso, con statuizioni suscettibili di passare in cosa giudicata, talune censure del più ampio thema decidendum dedotto in giudizio.

3.1. Tali censure (che possono così di seguito brevemente riassumersi) riguardano il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il settimo motivo di impugnazione:

a) illegittimità dell’art. 66 del regolamento, perché il Consiglio di Stato, in sede consultiva, non si sarebbe mai espresso sul relativo schema;

b) illegittimità dell’art. 66 del regolamento, per difetto di una norma di legge sovraordinata di copertura concernente il divieto, per gli organismi di certificazione, di possedere partecipazioni al capitale sociale delle SOA;

c) illegittimità della normativa interna per incompatibilità comunitaria, perché il divieto in questione eccederebbe, sul piano della proporzionalità e della stretta necessità, lo scopo della tutela della concorrenza;

d) illegittimità della disciplina transitoria, per incongruità del termine appositamente previsto.

4. La Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Presidenza della Repubblica si sono costituite in tutti e tre i giudizi con separate memorie, insistendo per la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza, nel merito, dell’avverso gravame. Inoltre, hanno proposto, contestualmente, appello incidentale condizionato avverso le stesse pronunce, riproponendo espressamente le eccezioni di rito disattese in prime cure.

5. Le appellanti principali hanno depositato documenti (in data 30 agosto 2017) e memorie difensive (in data 11 settembre 2017), ove hanno dato puntualmente conto dell’evoluzione del quadro normativo che ha rappresentato la premessa e, al tempo stesso, l’oggetto degli odierni gravami (il D.lvo n. 163/2006 e il suo regolamento di attuazione - d.p.r. n. 207/2010), insistendo per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.

5.1. Identiche conclusioni la Difesa ha reiterato, con espresse dichiarazioni rese a verbale in data 12 ottobre 2017, cui non è seguita alcuna avversa opposizione.

5.2. Questi gli snodi essenziali del ragionamento seguito dalle società appellanti:

a) le norme impugnate (artt. 66, 357, comma 21 e 64 del d.p.r. n. 207/2010) sono state oggetto di recente abrogazione o, comunque, di significativa modificazione, nel senso del loro definitivo superamento, ad opera del nuovo sistema di attestazione disegnato dal vigente codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50/2016);

b) in particolare, il D.lgs. n. 163/2006 è stato integralmente abrogato dall’art. 217, comma 1, lettera e) del D.lgs. n. 50/2016 a decorrere, secondo quanto previsto dall’art. 220 del medesimo decreto, dal 19 aprile 2016;

c) anche il d.p.r. n. 207/2010 è stato abrogato dal medesimo D.lgs. n. 50/2016 per effetto del combinato disposto degli artt. 217, comma 1, lett. u) e 220, comma 1, con la specificazione che, sino all’adozione delle linee guida indicate dall’art. 83, comma 2 del nuovo codice, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo III del d.p.r. n. 207/2010 (tra le quali figurano gli artt. 64 e 66), soltanto nella misura in cui le stesse risultino compatibili con il mutato quadro normativo;

d) in relazione alla normativa di rango primario, le previsioni di cui all’(abrogato) art. 40 del D.lgs. n. 163/2006 sono state sostituite, con significative modificazioni, dall’art. 84 del D.lgs. n. 50/2016, il quale a sua volta richiama l’art. 83, comma 2, prevedendo l’adozione, da parte dell’ANAC, di un decreto disciplinante il nuovo sistema di qualificazione;

e) in relazione, invece, alla normativa di rango secondario, va rilevato che non è stato ancora emanato il decreto di cui all’art. 83, comma 2 del D.lgs. n. 50/2016 (nel quale dovrà essere riordinata tutta la disciplina di livello secondario del sistema SOA), né è stato adottato il decreto di cui al successivo art. 84, ultimo comma, del D.lgs. cit.;

f) dal raffronto tra le anzidette norme emergerebbe che, in ogni caso, il disposto di cui all’art. 66 del d.p.r. n. 207/2010, comportante un assoluto e aprioristico divieto di partecipazione all’azionariato delle SOA, non sarebbe compatibile (nel senso richiamato dall’art. 216, comma 14 del nuovo codice degli appalti) con la disciplina del menzionato art. 84, il quale – in attuazione degli artt. 24, 41 e 57 della direttiva 2014/24/UE - non richiederebbe più (come, invece, per l’innanzi preteso dall’abrogato art. 40 del previgente codice) che le SOA siano prive di qualsiasi interesse, anche solo potenzialmente idoneo a determinare comportamenti non imparziali, bensì (soltanto) che le stesse siano in grado di garantire alti livelli di qualità dei controlli che effettuano e di esercitare il sistema di qualificazione nel rispetto dei requisiti di concorrenza e trasparenza.

6. All’udienza pubblica del 12 ottobre 2017 le cause sono state discusse e trattenute dal Collegio in decisione.

7. Va preliminarmente disposta la riunione dei procedimenti iscritti ai nn. 2256/2012 e 2257/2012 a quello previamente iscritto al n. 2254/2012 in ragione della sussistenza di evidenti ragioni di connessione oggettiva: l’impugnazione riguarda, infatti, il medesimo regolamento, per gli stessi motivi di doglianza, da parte di soggetti avvinti da collegamento societario: la società RINA SERVICES spa (ricorrente nel giudizio n. 57/2012) è ente accreditato alla certificazione di qualità UNI CEI EN 45000 e fa parte del Gruppo RINA spa (ricorrente nel giudizio n. 2256/2012), mentre SOA RINA spa è organismo di attestazione ai fini della qualificazione delle imprese ed è partecipata al 99% da RINA spa e all’1% da RINA SERVICES spa.

8. Ritiene il Collegio che la preliminare richiesta di declaratoria di cessazione della materia del contendere, cui non si è opposta la controparte erariale, esime lo stesso, per evidenti ragioni di economia processuale, dallo scrutinio della natura giuridica delle pronunce gravate, dichiaratamente impugnate quale ordinanza avente sostanziale contenuto di sentenza, attesa la (ritenuta) idoneità delle relative statuizioni (o considerazioni), ivi espresse, a passare in cosa giudicata.

9. Nel merito, il Collegio osserva che dalla piana lettura e dal raffronto tra la normativa di rango primario e secondario sopra riportata, emerge all’evidenza il venire meno di uno specifico divieto di partecipazione azionaria a qualsiasi titolo, diretta o indiretta, al capitale di una SOA, da parte degli organismi di certificazione che rilasciano i certificati del sistema di qualità delle imprese, nonché il conseguente obbligo di dimissione e di adeguamento della composizione azionaria entro il termine stabilito dal legislatore.

9.1. Ciò induce a ritenere, nel caso all’esame, perfezionata la fattispecie della cessazione della materia del contendere, la quale nel processo amministrativo, secondo la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio, cui ci si riporta anche ai sensi del disposto di cui agli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a., “ può essere prospettata come causa estintiva dello stesso, nel merito, solo quando la pretesa del ricorrente, ovvero il bene della vita cui aspira, ha trovato piena e comprovata soddisfazione in via extragiudiziale, sì da rendere del tutto inutile la prosecuzione del processo stante l'oggettivo venir meno della lite, e ciò indipendentemente dal carattere annullatorio del giudizio;
in definitiva è decisivo che la situazione sopravvenuta soddisfi in modo pieno ed irretrattabile il diritto o l'interesse legittimo esercitato, così da non residuare alcuna utilità alla pronuncia di merito
” (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 giugno 2016, n. 2909; ex multis , ancora in argomento, Id ., 24 luglio 2017, n. 3638, Id ., 28 marzo 2017 n. 1426;
Sez. V, 21 dicembre 2010, n. 9319.

9.2. Il venire meno, infatti, delle ragioni di divieto della partecipazione azionaria e del conseguente obbligo di dismissione, è decisiva nel senso di affermare che la situazione sopravvenuta, almeno per ciò che concerne i motivi di censura prospettati, pianamente circoscritti alla doglianza del divieto, in sé, di partecipazione, e del conseguente obbligo di sollecito adeguamento della compagine societaria, soddisfi in modo pieno l'interesse legittimo azionato. Nel nuovo sistema, infatti, un simile divieto o un analogo obbligo non sono previsti, sì da rendere inattuali, sul piano esecutivo, le prestazioni imposte.

10. Nella particolarità della fattispecie il Collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

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