Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-03-27, n. 201902030

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2019-03-27, n. 201902030
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902030
Data del deposito : 27 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/03/2019

N. 02030/2019REG.PROV.COLL.

N. 01023/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1023 del 2018, proposto da
Siac Commerciale s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A D F, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Placidi, in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;

contro

Comune di Guiglia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R P, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio Guido Romanelli, in Roma, via Cosseria, n. 5;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00514/2017, resa tra le parti, concernente la quantificazione degli importi da versare, a titolo di oblazione e di sanzione pecuniaria, relativamente ad una pratica edilizia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Guiglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2019 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati A D F e R P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La Cà Tonecchi &
C. s.n.c., proprietaria di un’area con annesso fabbricato ubicata nel Comune di Guiglia, ha ottenuto il permesso di costruire n. 35/2003 per procedere alla ristrutturazione del detto edificio.

Successivamente ha presentato una D.I.A. che prevedeva la demolizione del manufatto e la sua ricostruzione con traslazione all’interno del lotto.

Dopo un’ulteriore D.I.A. (avente ad oggetto alcune modifiche del fabbricato interne ed esterne) la medesima società ha acquisito il permesso di costruire 10/2006 che prevedeva un ulteriore spostamento del fabbricato.

Area e fabbricato sono stati successivamente acquistati dalla

SIAC

Commerciale s.r.l. (d’ora in poi solo SIAC) che ha volturato a proprio nome il permesso di costruire 10/2006 e ha dato inizio ai lavori.

Avendo apportato alcune modifiche in corso d’opera, la SIAC ha chiesto un permesso di costruire in sanatoria.

Sennonché, per tutta risposta, il Comune ha adottato la determinazione 17/7/2010 n. 3677 con la quale:

a) ha liquidato l’importo di € 21.722,24 a titolo di oblazione ex art. 17 della L.R. 2004, n. 23, per la riscontrata esecuzione di interventi in difformità dal permesso di costruire accordato;

b) ha irrigato la sanzione di € 140.549,62 in relazione all’asserita realizzazione di una maggiore superficie utile;

c) ha rideterminato il contributo di costruzione per i precedenti permessi di costruire n. 35/2003 e 10/2006 chiedendo, oltre al pagamento della residua somma di € 13.127,38, anche quello della somma di € 5.250,95 a titolo di sanzione per il ritardato versamento del suddetto importo relativo al contributo di costruzione.

Pagate le somme richieste la SIAC ha proposto ricorso al T.A.R. Emilia Romagna – Bologna col quale ha impugnato la menzionata determinazione

n. 3677 del 2010 e ha richiesto la restituzione dei quanto a suo dire indebitamente pagato.

Con sentenza 6/7/2017, n. 514, il TAR ha respinto il ricorso.

Avverso la sentenza ha proposto appello la SIAC.

Per resistere al ricorso si è costituito in giudizio il Comune di Guiglia.

Con successive memorie le parti hanno meglio illustrato le rispettive tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 14/3/2019 la causa è passata in decisione.

Col primo motivo l’appellante deduce che il T.A.R. avrebbe errato a ritenere sussistente la traslazione del fabbricato riscontrata dal Comune e conseguentemente non viziata la richiesta di una somma a titolo di oblazione.

Il convincimento sarebbe infatti dipeso da un fraintendimento delle risultanze istruttorie, atteso che il constatato spostamento sarebbe stato desunto dal fatto che la distanza tra il punto 3 del fabbricato realizzato e il punto 11 del preesistente fabbricato identificato col mappale 5, misurata in loco (mt 21,76), risulterebbe diversa da quella stessa distanza indicata nella planimetria allegata al permesso di costruire n. 10/2006 (mt 30,70), senza considerare che la detta planimetria non risulterebbe probante e significativa in quanto ricavata da una cartografia del 1800 di cui non sarebbe stato possibile verificare l’attendibilità.

Peraltro, l’inesistenza dell’ipotizzata traslazione emergerebbe dall’immutata posizione dell’edificio rispetto ad altri due punti di riferimento, ovvero un manufatto adibito a serbatoio dell’acquedotto comunale di Savignano e una quercia posta nelle immediate vicinanze del fabbricato della cui traslazione si controverte.

In ogni caso la restituzione di quanto pagato a titolo di oblazione spetterebbe comunque, in quanto l’odierna appellante non avrebbe mai avanzato richiesta di sanatoria.

La doglianza è infondata sotto ambedue i profili in cui si articola.

Con riguardo al primo profilo occorre osservare che la traslazione del manufatto realizzato è stata verificata prendendo in considerazione la distanza dal preesistente fabbricato di cui al mappale 5 indicata nella planimetria approvata col permesso di costruire n. 10/2006;
planimetria che essendo stata predisposta dalla stessa parte richiedente (ovvero su suo incarico) deve, sino a prova contraria, esser presa per buona, stante il principio di autoresponsabilità che, in un’ottica di lealtà e trasparenza, vincola i privati alle dichiarazioni rese nell’ambito dei rapporti con la pubblica amministrazione.

Nel caso di specie non è stata fornita alcuna prova che le misure indicate nella planimetria approvata col permesso di costruire n. 10/2006 fossero inesatte.

Afferma l’appellante che l’errore contenuto nella suddetta planimetria risulterebbe comprovato dalle affermazioni fatte dall’arch. G tecnico di fiducia del Comune.

Da queste ultime emergerebbe, infatti, che pure le distanze tra il fabbricato indicato come mappale 5 e l’acquedotto comunale di Savignano rappresentate in tale planimetria risulterebbero superiori di circa 9 mt a quelle effettivamente esistenti tra i due suddetti manufatti.

Il rilievo non è decisivo in quanto nulla esclude che l’errore riguardi solo le distanze fra i due suddetti manufatti, senza estendersi alla diversa distanza oggetto di contestazione.

Nemmeno sono probanti le invocate distanze del fabbricato di cui si discute dall’acquedotto e dalla quercia.

Quanto alla prima si afferma che la stessa, misurata in loco, sarebbe pressoché identica a quella indicata nella planimetria approvata col permesso di costruire n. 10/2006. Tuttavia l’invarianza di tale distanza non esclude il cambiamento dell’altra.

Con riferimento poi alla quercia occorre rilevare che la stessa non è raffigurata nelle cartografie catastali per cui mancano dati certi in ordine al suo esatto posizionamento e comunque non è comprovato che la stessa fosse già presente quando è stata redatta la planimetria poi incorporata nel permesso di costruire n. 10/2006. Al riguardo è appena il caso di osservare che nessuna indicazione contraria può trarsi dalla generica affermazione del tecnico comunale (arch. G) in ordine alla “ presenza di una quercia preesistente ” (pag. 3 della relazione).

A prescindere da quanto sopra giova rilevare che la riscontrata traslazione risulta, comunque, comprovata dal confronto tra l’elaborato grafico raffigurante la situazione in loco e la planimetria allegata al permesso di costruire n. 10/2006, da cui emerge chiaramente che il fabbricato è stato realizzato in posizione diversa da quella in cui si sarebbe dovuto trovare in base al suddetto permesso di costruire n. 10/2006.

Infondata risulta anche l’ulteriore doglianza con cui si deduce che in ogni caso la pretesa del pagamento di una somma a titolo di oblazione sarebbe ingiustificata in quanto non collegata ad alcuna richiesta di sanatoria.

Ed invero, l’appellante ha domandato il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria (pratica edilizia n. 17/2009, prot. 7370 del 4/12/2009) e a tale richiesta fa riferimento l’impugnato provvedimento n. 3677 del 2010 nel quantificare l’oblazione ai sensi dell’art. 17 della L.R. 21/10/2004, n. 23.

Col secondo motivo si denuncia l’errore commesso dal T.A.R. nel respingere la censura con cui l’odierna appellante aveva dedotto che il Comune, sul presupposto di un aumento della superficie utile rispetto a quella autorizzata, in realtà insussistente, avrebbe illegittimamente irrogato la sanzione pecuniaria di cui all’art. 15 della citata L.R. n. 23/2004.

Ed invero, il giudice di prime cure ha motivato la reiezione rilevando che l’intervento realizzato presentava variazioni essenziali rispetto a quanto approvato e che ciò giustificava l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 23, lett. b) e c), della L.R. 25/11/2002 n. 31.

Così facendo avrebbe, però operato una non consentita modifica dei presupposti in base ai quali l’amministrazione comunale ha agito.

La doglianza è fondata.

Dal provvedimento impugnato in primo grado emerge chiaramente che il Comune ha inteso sanzionare un aumento di superficie utile, in realtà risultato insussistente e non altre difformità, per cui al Tribunale era precluso modificare i presupposti su cui fondava la determinazione amministrativa assunta, al fine di giustificarne l’adozione.

Col terzo motivo si deduce che il TAR avrebbe errato a ritenere giustificata la sanzione di € 5.250,95 applicata in relazione all’asserito ritardo nel pagamento del contributo di costruzione dovuto per i permessi di costruire nn. 35/2003 e 10/2006.

Infatti, l’applicazione della penalità di mora presuppone che il Comune abbia previamente liquidato l’importo del contributo dovuto, che ne abbia richiesto il pagamento e che il privato abbia tardivamente adempiuto, presupposti questi nella specie assenti.

Il motivo è fondato.

L’art. 27, comma 2, della L.R. 31/2002 (applicabile ratione temporis ) disponeva per quanto qui rileva che: “ Il contributo di costruzione è quantificato dal Comune per gli interventi da realizzare attraverso il permesso di costruire … ”.

Pertanto sino a quando il Comune non provveda a determinare l’entità del contributo dovuto non può essere ipotizzato un ritardo nel relativo versamento e conseguentemente non può essere applicata la penalità di mora prevista dall’art. 20, comma 1, della L. R. n. 34/2004.

L’appello in definitiva va accolto in parte.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione di spese e onorari di giudizio.

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