Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-09-01, n. 201603781
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Pubblicato il 01/09/2016
N. 03781/2016REG.PROV.COLL.
N. 07551/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7551 del 2015, proposto da:
P P, A P, G P, A P, A S, rappresentati e difesi dall'avvocato Andrea Abbamonte C.F. BBMNDR62D18F839S, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via degli Avignonesi, 5;
contro
Consorzio Per L'Area dello Sviluppo Industriale della Provincia di Benevento non costituito in giudizio;
nei confronti di
Comune di Amorosi, Comune di Puglianello non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE V n. 02503/2015, resa tra le parti, concernente riapprovazione progetto esecutivo cantierabile che prevede espropriazione delle aree incluse nel piano attuativo di aggiornamento amorosi/puglianiello
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 giugno 2016 il Cons. S M R e uditi per le parti gli avvocati Andrea Abbamonte;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – I sigg. Placido, Augusto, Giuseppina ed A P e dalla sig. A S assumono d’esser tutti proprietari di alcuni immobili siti in Amorosi (BN), per una superficie complessiva di ca. mq 30.000 e con destinazione agricola di PUC.
Con decreto n. 23 del 29 luglio 2004, il Presidente della Provincia di Benevento approvò il piano regolatore territoriale d’area – PRTA del locale Consorzio ASI, nonché i PRT degli agglomerati dei diversi agglomerati produttivi, tra cui quelli siti nei territori comunali di Amorosi e Puglianello.
Nell’ambito del PRT inerente a questi ultimi, intervenne la determina n. 16 del 16 febbraio 2007, con la quale il Commissario di tale Consorzio approvò il progetto esecutivo per realizzare le opere di infrastruttura primaria, relativa al II lotto. Con determina commissariale n. 26/2011, il Consorzio riapprovò tal progetto, adeguando i prezzi di riferimento e le indennità d’esproprio. Con delibera n. 12 del 29 gennaio 2014, il Comitato direttivo del Consorzio ha riapprovato il progetto stesso, ai fini dell’ammissione di questo al finanziamento a valere sul POR Campania 2007/13. Il progetto de quo , migliorato dall’impresa aggiudicataria dei relativi lavori, è stato poi validato ed inserito, con atto del RUP in pari data, tra le opere finanziabili con i predetti fondi.
Tanto, a detta del sig. Parente e consorti, nonostante dal 2004 in poi la zona industriale di Amorosi / Puglianello non fosse stata mai attivata, né fossero state compiute le relative espropriazioni, pur se da ultimo disposte con la delibera n. 8 del 29 gennaio 2014.
2. – Dopo tali adempimenti procedurali, il Consorzio ha emanato le nota n. 220 e n. 223 del 19 febbraio successivo, con cui, essendo divenuta efficace la delibera consortile n. 11/2014, ha reso noto al sig. Parente e consorti dell’inizio del procedimento per l’esproprio dell’area di mq 20.000 distinta al NCT, fg. 3, part. 1 e, rispettivamente, di quella di mq 4.044,73 distinta al fg. 3, part. 61.
Avverso tali atti e le delibere nn. 8/2014 e 11/2014, il sig. Parente e consorti si son gravati avanti al TAR Napoli, con il ricorso n. 2250/2014 RG, deducendo: 1) – l’omessa approvazione del PRTA da parte dei Comuni interessati ai sensi degli artt. 5 e 6 della l. 17 agosto 1942 n. 1150, essendo questo assimilabile ai piani territoriali di coordinamento, donde l’assenza d’un vincolo sui terreni attorei preordinato all’esproprio;2) – la violazione delle garanzie ex art. 10 del DPR 8 giugno 2001 n. 327 con riguardo alla approvazione del progetto dell’opera de qua;3) – la violazione del giusto procedimento, giacché il Consorzio non avrebbe mai potuto occupare dette aree, espropriarle e realizzarvi l’opera entro il termine decennale (luglio 2014) d’efficacia della dichiarazione di p.u.;4) – la reiterazione indebita del vincolo espropriativo, ove la dichiarazione di p.u. fosse scollegata dall’approvazione del progetto dell’opera;5) – l’omessa copertura finanziaria di quest’ultima;6) – l’incoerenza di tal progetto con gli obiettivi del POR, trattandosi della realizzazione di un’opera stradale su aree a destinazione agricola;7) – la mancata soggezione del PRTA consortile a VAS, visto che ha comportato variante ai PUC dei Comuni coinvolti.
3. – L’adito TAR, con la sentenza n. 2503 del 6 maggio 2015, ha respinto la pretesa attorea, punto per punto. Dal che il presente appello, di cui al ricorso in epigrafe, con cui il sig. Parente e consorti contestano in modo articolato l’erroneità di tal decisione per tutti i motivi proposti, i quali, son ribaditi in questa sede. Tutte le altre parti, pur se qui ritualmente intimate, non si sono costituite nel presente giudizio.
Alla pubblica udienza del 23 giugno 2016, su conforme richiesta del patrono degli appellanti, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.
4. – L’appello non può esser condiviso, per le ragioni qui di seguito indicate.
In ordine al primo mezzo d’appello, il TAR ha dapprima ricostruito le vicende sull’approvazione del PRTA del Consorzio ASI di Benevento, nonché, tra gli altri, del PTR per i Comuni di Amorosi e di Puglianello. All’uopo, ha precisato che essi son «… stati approvati in via definitiva (sulla base delle osservazioni pervenute) e all'unanimità, ai sensi dell'art. 10 l.r. della Campania 13 agosto 1998 n. 16 in sede di Conferenza dei servizi da parte degli Enti interessati …». Sicché, per il TAR, si applica «… nel caso di specie… l'art. 10 comma 4 l.r. … n. 16… a norma del quale "L'accordo unanime, raggiunto in sede di conferenza, … comporta, ave necessario, l'automatica variazione dei piani territoriali urbanistici dei Comuni interessati" …». Da ciò discende allora che il PRTA ed il PRT in questione, così approvati in via «… definitiva e all'unanimità, in sede di conferenza dei servizi,… abbia, da un lato comportato l'automatico adeguamento dei piani urbanistici facenti parte del Consorzio, dall'altro, … determinato il sorgere del vincolo espropriativo sulle aree interessate dagli interventi previsti nei predetti piani …».
Sebbene gli appellanti lo contestino recisamente, il TAR ha invece fatto buon governo delle norme applicabili alla fattispecie in esame. Infatti, l’art. 51 del DPR 6 marzo 1978 n. 218 prevede sì che i PRTA dei Consorzi ASI siano redatti seguendo, in quanto applicabili, criteri e direttive ex art. 5, II c. della l. 1150/1942 (I c.) e che i piani così approvati producano gli stessi effetti del PTC (VI c.). Ma il successivo VIII c. precisa che «… le norme di cui ai precedenti commi si applicano fino all'emanazione delle apposite leggi regionali in materia …». Il significato è chiaro: il legislatore statale, nei predetti limiti inderogabili di cui ai commi I e VI, non ha inteso imporre l’assoluta identità tra PRTA e PTC, anche perché la giurisprudenza costituzionale reputa che l’uno, seppure assimilabile all’altro sotto il profilo tipologico, incide direttamente sulle proprietà interessate e le espone al procedimento espropriativo. La norma – cornice piuttosto lascia alla competenza concorrente regionale la facoltà, in base ad un suo prudente apprezzamento su tutti gli interessi ed i compiti dei livelli di governo coinvolti, di poter imprimere assetti autonomi alla materia.
È appunto ciò che ha stabilito il testé citato art. 10, c. 4 della l.r. 16/1998, anche per prevenire ogni eventuale ostruzionismo degli enti locali verso i piani consortili già unanimemente approvati, tra l’altro, dagli stessi enti competenti ad approvare i PTC. I piani consortili, ben lo dice l’art. 65 del DPR 217/1978, sono vocati essenzialmente alla sistemazione ed alla gestione delle zone e delle aree industriali attrezzate e per realizzare infrastrutture per nuovi insediamenti industriali da allocare in quell’ambito. Essi non esautorano i poteri comunali di governo del territorio;piuttosto ed in quanto settoriali, si dedicano a tal specifico obiettivo e, quindi, abbisognano d’una regolazione dedicata e di tempi certi d’attuazione. Questi aspetti, come disciplinati dal medesimo art. 10, c. 4 e ribaditi tal quali oggi dall’art. 8, c. 4 della l.r. 6 dicembre 2013 n. 19, ben lungi dal vulnerare le autonomie locali in sé, ne prevengono, grazie alla loro partecipazione e al consenso prestato a priori all’interno del modulo procedimentale della conferenza di servizi, qualsiasi defatigante duplicazione sottesa al “recepimento” negli strumenti urbanistici comunali di quanto così già deciso in quella sede.
È, questa, dunque una delle possibili declinazioni della sussidiarietà verticale ex art. 118, I c., Cost., in virtù della quale si deroga, pure per singoli settori funzionali, alla competenza amministrativa generale dei Comuni, riallocando la funzione al livello di governo, in genere sovracomunale, più adatto a gestirla efficacemente.
Scolorano così le questioni poste dagli appellanti contro l’interpretazione resa sul punto dal TAR (e che il Collegio condivide), i quali non a caso (cfr. pagg. 7/8 del ricorso in epigrafe) non riportano la norma di chiusura recata dall’art. 51, VII c. del DPR 218/1978, e ne fermano la citazione solo al comma precedente, quello, cioè, per cui «… i piani approvati producono gli stessi effetti giuridici del piano territoriale di coordinamento di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150 …», ma non si avvedono che la norma parla degli effetti e non della struttura, né della procedura d’approvazione dei PTC. Ma, pure a seguire la tesi attorea, se è prescritto dall'art. 6, II c. della l. 1150/1942 che i Comuni, «… il cui territorio sia compreso in tutto o in parte nell'ambito di un piano territoriale di coordinamento, sono tenuti ad uniformare a questo il rispettivo piano regolatore comunale …», la norma regionale, all’uopo abilitata dalla legge – cornice e basandosi sul consenso unanime di tutti gli attori istituzionali, non fa che prestare attuazione alla legge statale. Sicché non s’appalesa utile agli appellanti il richiamo ad un arresto non recente della Sezione (cfr. Cons. St., IV, 20 marzo 2000 n. 1493), peraltro reso su fattispecie formatasi sotto il previgente ordinamento costituzionale delle autonomie. Infatti, è ben vero ciò che disse la Sezione nel precisare che «… il governo del territorio è… articolato su una pluralità di poteri, di sicura valenza politica, insediati nelle rispettive comunità di riferimento e caratterizzati, peraltro, dal principio di sussidiarietà (art. 4 c. 3, lettera a della legge 15 marzo 1997, n. 59) che stabilisce la sostanziale riconducibilità dell'intero complesso di scelte e di compiti relativi a una dimensione territoriale all'ente esponenziale della relativa comunità …». Tal assunto non è certo derogato o, peggio, stravolto dall’art. 10, c. 4 della l.r. 16/1998, poiché anche nella specie la norma ha dato conto proprio della pluralità di poteri insediati presso i diversi, ma concorrenti livelli di governo coinvolti. Così anche i Comuni interessati poterono esprimere i loro interessi di gestione del proprio territorio e la relativa disciplina fu allocata al livello di governo più acconcio, senza che né i Comuni, né la Regione, né la Provincia coartassero gli uni con gli altri o rinunciassero alle rispettive funzioni in materia urbanistica.
Donde la non necessità d’un ulteriore intervento da parte dei Comuni di Amorosi e di Puglianello, al fine di “adeguare” i propri PUC dopo l’approvazione del PRTA e dei rispettivi PRT, essendo al riguardo bastato l’unanime loro consenso sul relativo contenuto.
È appena da soggiungere che il ripetuto art. 10, c. 4 non ha preso partito su qual tipo o struttura di conferenza di servizi sarebbe dovuta occorrere, onde si applicano le norme ex art. 14 e ss. della l. 7 agosto 1990 n. 241. Soccorre in particolare l’art. 14-ter, c. 6 (nel testo vigente ratione temporis , vale a dire prima della novella del 2005), in virtù del quale ciascuna «… amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa …». Non può dunque trovare applicazione l’invocata disposizione dell’art. 10 del DPR 327/2001, stante la completezza della testé citata disciplina a regolare la fattispecie.
Ed è altresì da precisare che l'inclusione di un'area nel PRTA ed il suo conseguente assoggettamento a vincolo per la realizzazione di un insediamento ASI comportano ex lege la dichiarazione di p.u. delle opere ivi previste. Sicché non v’è bisogno che quest’ultima, perlomeno non nell’assetto dato in Campania, sia indicata da una scelta dello strumento urbanistico dei singoli Comuni, in quanto la titolarità in ordine al procedimento espropriativo spetta solo al Consorzio ASI (cfr. Cons, St., VI, 14 settembre 2005 n. 4736). E ciò anzitutto in considerazione delle rilevanti funzioni pubblicistiche ad esso attribuite nelle fasi della pianificazione, dell'apposizione del vincolo e della dichiarazione di p.u. E poi perché l'equiparazione ex art. 51, VIII c. del DPR 218/1978 tra PRTA e PTC implica che l’uno assume, nei confronti dei PUC, la stessa posizione sovraordinata che l’altro ha per legge nella gerarchia degli strumenti urbanistici.
Pertanto, il decorso del termine decennale di efficacia comporta solo il venir meno degli effetti di tal dichiarazione, ma il PRTA resta valido ed efficace con riferimento a tutte le destinazioni urbanistiche, come s’evince dal combinato disposto dell'art. 50 del DPR 218/1978 e dell'art. 6 della l. 1150/1942 anche su tal precipuo aspetto (cfr. Cons. St., IV, 5 marzo 2008 n. 930).
5. – Non a diversa conclusione reputa il Collegio di pervenire circa il secondo mezzo di gravame.
Può convenirsi con gli appellanti che, se nessuna indicazione è giunta dal Consorzio ASI sulla part. 61, al più potrà dirsi tal vicenda opponibile all’espropriazione. Ciò, com’è noto, implica tutte le conseguenze del caso, a seconda che la dichiarazione di p.u. sia, o no tuttora efficace. È solo da far presente, però, che la part. 61 ha formato oggetto della nota n. 223/2014, resa ai sensi dell’art. 17, c. 2 del DPR 327/2001, onde sul punto nulla quaestio .
Per il resto, però ed in disparte la tempestività delle note n. 220 e 222 del 19 febbraio 2014 e della citata nota n. 223 di pari data rispetto al vincolo preordinato all’esproprio di cui al PTR Amorosi / Puglianello, consta in atti che le prime due note son state rivolte al sig. P P e la terza alla sig. A S, nelle rispettive loro qualità di proprietari intestatari in catasto dei terreni così indicati. Consta altresì che, per quanto concerne la posizione del sig. P P, questi è stato notiziato della procedura espropriativa fin dal 1° agosto 2011 e, nel rispondere il successivo 16 settembre sul merito dei beni espropriandi e dei relativi valori, ha prestato acquiescenza alla legittimità della procedura stessa, come d’altronde ben ha indicato il TAR. Quest’ultimo precisa, altrettanto correttamente, che nessuno degli appellanti fece a suo tempo e ha fatto ora emergere l’illegittima apposizione del vincolo ablatorio ex lege , sicché anche su tal dato non possono oggi dolersi.
Giova solo far presente per completezza e senza deflettere da quanto fin qui detto, che relativamente agli altri sigg. Galante, i quali predicano d’esser eredi della sig. S, tanto gli avvisi ex art. 11, quanto quelli ex art. 17, c. 2 del DPR 327/2001, in base al fermo avviso della giurisprudenza, vanno rivolti ai soggetti che sono indicati in catasto titolari dei beni espropriandi, né sussiste obbligo in capo alla P.A. di ricercare coloro che eventualmente vi siano sì subentrati, ma senza indicarlo.
6. – Infondato è anche il terzo motivo d’appello.
Anche in questo caso, è ben noto al Collegio che non vi possa esser più l’automatica proroga (in realtà, la reviviscenza) della dichiarazione di p.u. ai sensi dell'art. 10, c. 9, II per. della l.r. 16/1998, come interpretata autenticamente dall'art. 77, c. 2 della l.r. 11 agosto 2001 n. 10, nella parte in cui prorogava per un triennio i PRTA già scaduti dei Consorzi ASI. Invero, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 327 del 20 luglio 2007, dichiarò l’illegittimità dell’art. 10, c. 9, II per., a causa di siffatta interpretazione “autentica” (in realtà, una legge-provvedimento). In realtà, fermo sempre il principio ex art. 39, c. 1 del DPR 327/2001 (indennizzo della reiterazione dei vincoli espropriativi), la «… proroga di vincoli ancora in corso, attraverso un provvedimento generale (art. 10, comma 9, della legge regionale n. 16 del 1998), connesso ad un intervento normativo che regola l'intera materia dei consorzi a.s.i. ai fini dell'incremento e dello sviluppo delle iniziative industriali nel territorio regionale, appare giustificata, purché assistita dalla corresponsione di un indennizzo, a conclusioni diverse induce la constatazione dell'intento di far rivivere, secondo l'interpretazione autentica…, vincoli ormai scaduti, indipendentemente dal periodo della loro pregressa efficacia …». Tanto perché siffatta “proroga” generalizzata, tale da incidere direttamente sulle proprietà interessate esponendole al procedimento espropriativo cui è prodromica la dichiarazione di p.u., non avrebbe consentito il bilanciamento dell'interesse pubblico con quelli dei proprietari destinatari del vincolo così rinnovato.
Sfugge però al Collegio che cosa c’entri tal sentenza con il testo e l’effettivo significato dell’art. 10, c. 9, II per., ai quali ben si riferisce il TAR, e ciò per un duplice ordine di ragioni.
Da un lato, gli appellanti ipotizzano, ma non offrono un serio principio di prova che il Consorzio abbia veramente trascurato di prorogare la dichiarazione di p.u. Dall’altro, la sentenza n. 327/2007 non colpì l’intero corpo dell’art. 10, c. 9, II per., sicché non è adesso inibito, purché siano rispettati i parametri indicati dalla Corte e testé rammentati, all’art. 8, c. 8 della l.r. 19/2013 di disporre la proroga di tale dichiarazione senza incorrere in alcun vizio di legittimità costituzionale perché fuori dal regime ex art. 13, c. 5 del DPR 327/2001. In entrambi i casi, allo stato non è dimostrata, a cura degli appellanti, l’attualità della lesione, tant’è che la relativa censura è stata, pur tuttavia senza pregio, proposta in via cautelativa.
7. – Da respingere è pure il quarto (erroneamente rubricato come quinto) motivo di gravame, sulla mancanza di risorse adeguate che, a detta degli appellanti, si traduce nel difetto d’attualità e di concretezza di tutta la realizzazione dell’area industriale in questione. Che, nella specie, sussista l’interesse azionato a contestare la procedura ablatoria per questa ragione non si può concedere, in quanto si tratta d’una mera petizione di principio, se non una doglianza di merito. Gli appellanti al più possono dolersi dell’effettiva mancanza di fondi per indennizzare l’ablazione dei propri fondi, non certo per affermare che l’intero PRT di area sia in sé sovradimensionato, né per dire che al più la procedura che li riguarda ne copra una minima frazione. Rettamente il TAR sottolinea l’assenza, in capo ad essi, d’una posizione tutelata a censurare l’ampiezza del piano (non si vede rispetto a che cosa), né tampoco la capienza del finanziamento per tutto il PRT, poiché son vicende, queste, che trascendono il rapporto giuridico tra le parti.
Infine, gli appellanti contestano il rigetto della loro censura sul mancato assoggettamento dei piani de quibus a VAS, in quanto recanti varianti agli strumenti urbanistici dei due Comuni coinvolti, ma anche tal doglianza è infondata ed il TAR l’ha spiegato.
Ora, le procedure ablatorie inerenti ai terreni attorei sono atti meramente esecutivi del PRTA e del piano d’area Amorosi / Puglianello, i quali, essendo stati approvati con il decreto del 29 luglio, sono coevi del termine (21 luglio 2004) per il recepimento della dir. n. 2001/42/CE in tema di VAS. Ma è jus receptum (cfr. Cons. St., IV, 4 dicembre 2009 n. 7651;id., 14 aprile 2010 n. 2097;id., V, 6 giugno 2012 n. 3345;id., 24 gennaio 2013 n. 446) che è legittima l'approvazione, pure senza previo esperimento della VAS, di un piano la cui procedura ha avuto avvio anteriormente alla ricezione nell'ordinamento interno della dir. n. 2001/42/CE. Infatti, ne va esclusa la natura self executing , non potendo considerarsi tali le direttive comunitarie le quali introducono, seppur in modo dettagliato, un nuovo istituto nell'ordinamento interno degli Stati membri. Un istituto così nuovo dev’essere necessariamente recepito e disciplinato dal legislatore interno.
Vengono meno quindi tutte le questioni in ordine alla necessità della valutazione d’incidenza su tutti i pregressi piani in varia guisa richiamati o coordinati con il nuovo PTC di Benevento, trattandosi di una direttiva di massima della Regione Campania, non dell’applicazione retroattiva del regime della VAS a piani formatisi sotto il previgente sistema.
8. – In definitiva, l’appello è da rigettare, ma nulla si dispone sulle spese del presente giudizio, visto che nessuna delle parti intimate vi s’è costituita.