Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-31, n. 202406884

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-31, n. 202406884
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406884
Data del deposito : 31 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/07/2024

N. 06884/2024REG.PROV.COLL.

N. 06310/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6310 del 2020, proposto da L D, rappresentata e difesa dall'avvocato A C M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Pier Ludovico Patriarca in Roma, via del Tempio di Giove 21

nei confronti

B E, G M, D A B, S M E, D C C, P D, non costituiti in giudizio;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione seconda) n. 7342/2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 giugno 2024 il Cons. Sergio Zeuli

Viste le conclusioni di parte appellante come in atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento degli atti amministrativi coi quali il Comune di Roma, nel corso della relativa procedura, ha disposto la decurtazione di otto punti dal punteggio nella graduatoria per l'assegnazione di licenze taxi, non riconoscendo l’equipollenza del diploma di istruzione secondaria di secondo grado da lei posseduto, in quanto rilasciato al termine di un percorso triennale (e non quinquennale) di studi, come il bando implicitamente richiedeva.

Avverso la decisione la parte ha dedotto i seguenti motivi d’appello:

A) erronea applicazione del bando di concorso. Errata valutazione degli elementi probatori sul titolo di studio posseduto dalla ricorrente”;
B) omessa pronuncia sui denunciati vizi di omessa motivazione, illogicità, disparità di trattamento, difetto di presupposti”;
C) omessa rilevazione del vizio di ingiustizia manifesta”

2. Si è costituito in giudizio il Comune di Roma Capitale, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto dell’appello.

3. In diritto si osserva che la ricorrente ha partecipato a un concorso pubblico per l'assegnazione di 150 licenze taxi, bandito dal Comune di Roma.

All’esito della valutazione dei titoli, la parte appellata ha ridotto il punteggio, originariamente attribuito alla ricorrente in base alla documentazione da lei presentata, da punti 52 a punti 44.

Gli otto punti sono stati detratti, avendo l’amministrazione ritenuto che il diploma triennale in possesso della parte appellante, non fosse equiparabile al Diploma di secondo grado, che il bando, letto in conformità alla normativa vigente, individuava esclusivamente in quel titolo rilasciato dopo un percorso scolastico di scuola superiore avente durata di cinque anni.

Il primo giudice, confermando questa interpretazione, ha ritenuto che solo quest’ultimo, in quanto titolo che dà accesso all’università o all’esercizio ad una professione, è quello suscettibile di valutazione come titolo e che dunque dà un punteggio valido per i concorsi pubblici. Di conseguenza ha ritenuto legittima la decurtazione contestata.

4. Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del gravame, opposta dalla parte appellata, per la mancata impugnativa della clausola di bando che prevedeva, fra i titoli di valutazione, per l’appunto il possesso del Diploma di Istruzione Secondaria di Secondo grado.

La parte appellante, infatti, non si duole, in sé, dell’illegittimità di quest’ultima, ma solo dell’applicazione/interpretazione che di essa ha dato la parte appellata. Di conseguenza, non aveva, e non ha tuttora, l’interesse a gravare autonomamente la suddetta previsione, proprio perché, come detto, ne contesta l’interpretazione. Come dimostra il fatto che, se la clausola fosse letta nella maniera da lei proposta, la parte avrebbe interesse alla sua conservazione, piuttosto che alla sua caducazione.

5. Il primo motivo d’appello contesta alla sentenza gravata di avere erroneamente interpretato il bando di concorso.

La parte appellante evidenzia che né la disciplina generale né tanto meno la lex generalis prevedono l’attribuzione di otto punti per il possesso di diploma di istruzione secondaria solo a condizione che quest’ultimo attestato sia stato rilasciato al diplomato all’esito di un corso di studi quinquennale.

Al titolo dunque andrebbe attribuito il significato nominale indicato nel bando, atto a ricomprendere tutti i diplomi che gli Istituti di Istruzione secondaria sono abilitati a rilasciare, compreso quello esibito dalla parte.

Del resto – aggiunge quest’ultima - avendo provato di aver frequentato, dopo aver sostenuto gli esami di terza media, l’Istituto I.P.S.S.C.T.S.P. “Stendhal” di Roma sito in Via Cassia, 726, ossia un istituto superiore cui si può accedere solo dopo il conseguimento della licenza di scuola media, senz’altro le spetterebbe il suddetto punteggio, invece ingiustamente decurtato dall’amministrazione. Il Diploma di Scuola Superiore reca il prescritto titolo, senza ulteriori specificazioni, il che ne confermerebbe la rispondenza con il requisito indicato nel bando.

5.1. Il motivo è infondato.

5.1.1. Alla terminologia utilizzata negli atti pubblici, anche in attuazione dei principi di buona fede ed affidamento che presidiano l’azione della Pubblica Amministrazione nei confronti dei privati, va attribuito il significato comunemente utilizzato nei testi normativi e/o comunque ufficiali. Questa regola vale, a maggior ragione, per i bandi di concorso, che devono assicurare che la procedura si svolga in modo imparziale per rispettare la par condicio fra i concorrenti e, per-condizione per questa, è l’univocità e la chiarezza del linguaggio utilizzato (il cd. clare loqui ).

Nel caso di specie, la clausola del bando riconosceva il punteggio di otto punti al candidato in possesso di un “Diploma di istruzione secondaria di secondo grado”.

Questa definizione deve essere declinata con riferimento alla corrispondente nozione contenuta nel d. lgs. n.297 del 1994 (Cd. “Testo Unico della Scuola”).

Dal combinato disposto degli artt.191 e 195 del d. lgs. n.297 citato emerge che può essere definito tale, ossia titolo valido da spendere nei pubblici concorsi, il solo diploma che consente l’accesso agli studi universitari o che abilita ad una professione, e cioè quello rilasciato al termine di un percorso di studi quinquennale.

Diversamente da quest’ultimo, il comma 2 dell’art.195 d. lgs. 297/94 a proposito del diploma rilasciato da un istituto professionale, al termine di un corso di durata triennale, definito dalla norma “diploma di qualifica”, cioè quello in possesso dell’appellante prevede che esso debba essere “ riconosciuto nei limiti che, in relazione ai vari profili professionali, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.” E per quanto riguarda i concorsi pubblici che “ … dà diritto a particolare valutazione nei concorsi per soli titoli e per titoli ed esami per l'assunzione in ruoli di carattere tecnico ai quali si accede con il possesso di licenza di scuola secondaria di primo grado”.

Ossia quest’ultimo risulta nel testo di legge un diploma chiaramente differenziato rispetto al primo, sia nel nomen iuris che nelle prospettive di utilizzo per futuri percorsi professionali e concorsuali.

Correttamente pertanto la parte appellata ha ritenuto che il punteggio aggiuntivo spettasse solo ai possessori del primo, e non a quelli che, come la parte appellante, avevano conseguito il secondo, che corrisponde ad un titolo di studio tutt’affatto differente che è spendibile in modo diverso.

Del resto, sul punto la giurisprudenza, non solo di questo consesso, è unanime.

Vedasi, ad es. Cassazione civile sez. lav., 13/04/2023, n.9821

“L'equivalenza affermata dalla l. n. 508 del 1999, art. 4, comma 3-bis, richiede espressamente che i titoli in questione siano conseguiti da coloro che siano in possesso del diploma di istruzione di secondo grado, tale non potendosi reputare - ai fini che qui rilevano - il diploma di maestro d'arte, considerato che l'interpretazione complessiva della D.Lgs. n. 297, art. 191 del 1994 conduce ad una chiara distinzione fra la generica inclusione degli istituti d'arte fra gli istituti di istruzione secondaria superiore (ai sensi del comma 2, sopra riportato) e l'individuazione dei titoli abilitanti all'accesso agli studi universitari, come precisato nei successivi commi 5 e 6.”

O, ex plurimis Consiglio di Stato sez. VI, 18/10/2016, n.4360

“Ai sensi del combinato disposto degli artt. 191 e 195, d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, ai fini dell'ammissione ai concorsi a posti di pubblico impiego, il diploma rilasciato da un istituto professionale di durata triennale (o anche biennale) non può essere inteso quale diploma di istruzione secondaria superiore, in quanto esso ha valore legale nei limiti previsti, in particolare, dall'art. 195, comma 2 cit., tant'è che dà diritto a particolare valutazione nei concorsi, per soli titoli e per titoli ed esami, per l'assunzione nei ruoli di carattere tecnico ai quali si accede con il possesso di licenza di scuola secondaria di primo grado, ma non è assimilabile in alcun caso al diploma di maturità quale esame di Stato conclusivo del corso di studio d'istruzione secondaria superiore da sostenere al termine dei corsi integrativi previsti dall'art. 191, comma 6, d.lgs. n. 297/1994 cit..”

6. Il secondo motivo di appello contesta che i provvedimenti e le valutazioni impugnate sarebbero viziati da una motivazione carente e/o insufficiente, oltre ad essere forieri di una disparità di trattamento in suo danno.

Il terzo motivo d’appello – che può essere trattato congiuntamente al precedente – evidenzia l’ingiustizia manifesta che sarebbe derivata, in danno dell’appellante, dall’operato dell’amministrazione che, neppure al momento dello scorrimento della graduatoria di concorso, malgrado la proposizione del gravame le fosse nota, aveva riconosciuto il diritto al suddetto punteggio.

Secondo la parte appellante il Comune, così agendo, avrebbe ingiustificatamente “punito” la ricorrente, perché se le fossero stati attributi gli otto punti che le spettavano, costei avrebbe ottenuto un posto in graduatoria idoneo a consentirle l’ottenimento della licenza a cui aspirava.

Negando questa possibilità, la parte appellata, secondo la doglianza in esame, avrebbe altresì violato i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’Amministrazione.

6.1. Entrambi i motivi sono infondati alla luce delle osservazioni contenute nel paragrafo che precede.

Alla definizione contenuta nel bando è stato attribuito, dall’amministrazione, il significato ad essa inequivocamente riconosciuto dalla normativa vigente, come appena visto.

Al contrario, laddove l’amministrazione avesse disatteso detta interpretazione, riconoscendo alla parte appellante il diritto al relativo punteggio, avrebbe compiuto una discriminazione in danno di quei concorrenti, che, diversamente da costei, erano in possesso di un Diploma di scuola superiore ottenuto all’esito di un corso di studi quinquennale che, per quello che si diceva, è l’unico titolo che può essere denominato Diploma di Istruzione Secondaria di Secondo Grado.

6.2. Infine la motivazione che sorregge il provvedimento impugnato, ancorché sintetica, esprime chiaramente il criterio su cui si è basata la valutazione contestata, dunque dà conto e ragione dell’attribuzione del relativo punteggio, ivi compresi i motivi della decurtazione degli otto punti, che risiedono nel significato inequivocamente attribuibile a detto sintagma.

Il dato era chiaramente percepibile e comprensibile dall’interessata, con conseguente dequotazione della doglianza che lamenta il difetto di motivazione.

7. Questi motivi inducono al rigetto del gravame.

La particolarità della questione rappresenta una giustificata ragione per compensare le spese di giudizio.

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