Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-03-17, n. 202001918

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2020-03-17, n. 202001918
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001918
Data del deposito : 17 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/03/2020

N. 01918/2020REG.PROV.COLL.

N. 07217/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7217 del 2019, proposto da
M S.r.l. Manutenzioni Generali Autostrade in proprio e quale Capogruppo del Rti con Gruppo Sei S.r.l., mandante, in persona del legale rappresentante pro tempore , entrambe rappresentate e difese dagli avvocati S F, A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

A S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Monzambano, 10;
Cec Consorzio Stabile Europeo Costruttori Soc. cons. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 7673 del 2019, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A S.p.a. e di Cec Consorzio Stabile Europeo Costruttori Soc. cons. a r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 febbraio 2020 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Fidanzia, Gigliola, Clarizia, Masini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A S.p.a. indiceva una procedura aperta per l’affidamento di un “ Accordo Quadro, della durata di tre anni, per l’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria per il risanamento strutturale di opere d’arte ”, suddiviso in otto lotti, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Con specifico riferimento al lotto 3-Centro, di importo pari a 18.000.000,00 euro comprensivi di 2.340.000,00 euro per oneri relativi alla sicurezza, l’articolo II.

2.5 del bando prevedeva la suddivisione dei lavori nelle seguenti categorie: “ Categoria prevalente OG3 importo € 16.200.000,00 Classifica VII a qualificazione obbligatoria subappaltabile;
ulteriori categorie OS10 importo € 180.000,00 Classifica I a qualificazione obbligatoria interamente subappaltabile;
ulteriori categorie SIOSS OS11 importo € 1.080.000,00 Classifica III-bis a qualificazione obbligatoria interamente subappaltabile, OS12-A importo € 540.000,00 Classifica III a qualificazione obbligatoria interamente subappaltabile
”.

M S.r.l. Manutenzioni Generali Autostrade, nella qualità di capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo con la società Gruppo Sei S.r.l., mandante, si classificava al primo posto (con un punteggio complessivo di 75,302 punti, di cui 51,053 per l’offerta tecnica e 24,20 per l’offerta economica), seguito dal costituendo Rti composto da Cec Consorzio Stabile Europeo Costruttori Soc. cons. a r.l., nella qualità di mandatario, e dalle società C9 Costruzioni S.r.l. e Pernice Impianti S.r.l., nella qualità di mandanti (con un punteggio complessivo di 68,255 punti, di cui 39,503 per l’offerta tecnica e 28,752 per l’offerta economica).

Successivamente il Rti M - in ragione dell’intervenuta perdita dell’attestazione SOA per la categoria di lavori OS10 (segnaletica stradale non luminosa) da parte della mandante, che si era impegnata ad eseguirla al 100% avendone il possesso al momento della presentazione della domanda di partecipazione e di formulazione dell’offerta - formulava istanza alla stazione appaltante di ridistribuzione delle quote di esecuzione nella misura del 66,67% per la mandataria (pari all’importo di 120.000,00 euro) e del 33,33% per la mandante (pari all’importo di 60.000,00 euro).

Il 28 settembre 2018 il Rti M inviava una memoria, corredata da una perizia tecnica e da ulteriori documenti atti a comprovare di aver svolto lavori analoghi a quelli di cui alla categoria OS10 ai sensi di quanto previsto dall’articolo 90, comma 1, del d.P.R. n. 207 del 2010.

Di conseguenza, con nota del 22 ottobre 2018, A confermava l’aggiudicazione al Rti M, ritenendo che la documentazione prodotta fosse idonea a dimostrare il possesso dei requisiti di qualificazione nella categoria OS10 e, con determina del 31 ottobre 2018, autorizzava “ la variazione delle quote di partecipazione/esecuzione delle imprese componenti il raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario dell’accordo quadro in parola ” e disponeva “ la prosecuzione alle medesime condizioni del rapporto di appalto in parola con il R.T.I. M.G.A. S.R.L. MANUTENZIONI GENERALI AUTOSTRADE (mandataria) - GRUPPO S.E.I. S.R.L. (mandante), il quale è in possesso dei requisiti di qualificazione prescritti per l’esecuzione dei lavori in appalto ”.

Con successivo atto del 20 novembre 2018 veniva confermata la piena efficacia del provvedimento di aggiudicazione del 12 luglio 2018 “ a seguito della positiva verifica sulla documentazione acquisita a comprova dei requisiti dichiarati in sede di gara nei confronti dei soggetti componenti codesto Raggruppamento così come risultanti dalla modifica autorizzata ”.

Il Rti Cec impugnava la predetta nota di A del 22 ottobre 2018 sostenendo che il Rti M dovesse essere escluso dalla gara per aver perso i requisiti di qualificazione.

Il Rti M proponeva ricorso incidentale, deducendo l’illegittimità dell’omessa esclusione del Rti Cec dalla gara.

Con sentenza n. 7673 del 2019 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio respingeva il ricorso incidentale di M e accoglieva il ricorso principale di Cec, annullando l’aggiudicazione disposta in favore di M e la nota di A del 22 ottobre 2018.

M ha proposto appello contro la suddetta sentenza, affidandolo ai seguenti motivi di diritto:

I) sull’erroneità della sentenza di primo grado per aver rigettato il primo motivo di ricorso incidentale del Rti M (violazione e falsa applicazione del punto VI.3, lettera b), del bando di gara;
violazione e falsa applicazione dei punti A.

2-bis, B e D.2 del disciplinare di gara;
eccesso di potere per difetto d’istruttoria e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per non aver escluso il Rti Cec nonostante non avesse sottoscritto digitalmente gli allegati all’offerta tecnica);

II) sull’erroneità della sentenza di primo grado per aver rigettato il secondo motivo di ricorso incidentale del Rti M (violazione degli articoli 95, comma 10, e 97, comma 5, lettera c), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;
violazione dell’articolo 32, comma 2, lettera b), del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207;
violazione delle Linee Guida di ITACA recanti “ Verifica di congruità degli oneri aziendali della sicurezza nei contratti di lavori pubblici: aggiornamento delle prime indicazioni operative ”;
eccesso di potere per difetto d’istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto, illogicità manifesta, per non aver escluso il Rti Cec nonostante avesse dichiarato, nella propria offerta economica, un importo per gli oneri aziendali della sicurezza talmente basso da essere equiparabile ad una dichiarazione pari a zero);

III) sull’erroneità della sentenza di primo grado per aver accolto il ricorso principale proposto dal Rti Cec (violazione e falsa applicazione degli artt. 60, 63, 70, 76 e 90 del d.P.R. n. 207 del 2010;
violazione del principio di continuità nel possesso dei requisiti di certificazione e qualificazione;
difetto, insufficienza della motivazione;
difetto di istruttoria;
violazione del principio della par condicio tra i concorrenti;
eccesso di potere per disparità di trattamento, ingiustizia manifesta).

Si sono costituiti per resistere all’appello A S.p.a. e Cec Consorzio Stabile Europeo Costruttori Soc. cons. a r.l.;

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 27 febbraio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Giunge in decisione l’appello proposto dal Rti M contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 13545 del 2018, che ha respinto il ricorso incidentale di M e accolto quello principale di Cec per l’annullamento dell’aggiudicazione a M della gara per l’affidamento di un “ Accordo Quadro, della durata di tre anni, per l’esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria per il risanamento strutturale di opere d’arte ”, lotto 3-Centro.

L’appellante, con il primo motivo, ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado per aver rigettato il primo motivo del ricorso incidentale dallo stesso proposto, concernente l’assunta illegittimità dell’omessa esclusione dalla gara del Rti Cec nonostante lo stesso non avesse sottoscritto digitalmente gli allegati all’offerta tecnica. Invero, dalla documentazione prodotta nel giudizio di prime cure da A non sarebbe affatto risultato che “ i files allegati all’offerta tecnica di Cec … erano tutti muniti di firma digitale ” e, di conseguenza, non potrebbe dirsi affatto “ accertato che Cec ha regolarmente sottoscritto, in conformità alle indicazioni della lex specialis di gara, la propria offerta tecnica ed i relativi allegati ”.

La censura non coglie nel segno.

Il disciplinare di gara (punto “B”) stabiliva che la documentazione di gara dovesse necessariamente essere in formato “CADES” o “PADES” e che non era consentito firmare digitalmente una cartella compressa.

Dalla documentazione versata in atti e, in particolare, dalla documentazione e dalla relazione di chiarimenti di A depositata nel giudizio di prime cure in seguito all’ordinanza istruttoria collegiale n. 4628/2019 del 9 aprile 2019, risulta che: “ Con riferimento all’offerta del fornitore CEC, nella busta tecnica (vedi allegato1) erano presenti due allegati la cui firma digitale è stata regolarmente verificata dal Seggio al momento dell’apertura delle buste:

• il primo allegato inserito con riferimento al parametro 2.1.1 è un PDF firmato con firma digitale di tipo CADES, regolarmente e automaticamente verificato dalla Piattaforma (è presente il “baffo” verde che sintetizza la regolarità tecnica della firma – allegato 2);

• il secondo allegato, inserito con riferimento al parametro 2.1.2 è un file ZIP realizzato mediante sistema WETRANSFER e firmato con firma digitale di tipo CADES che la Piattaforma non riesce a verificare automaticamente anche a causa dell’eccessiva dimensione del file (è, infatti, presente un allert rosso con il seguente messaggio “Firma Non Verificata in quanto la dimensione massima consentita del file è stata superata”- allegato 3). Il messaggio in questione non indica irregolarità della firma digitale ma semplicemente che il portale non verifica di default la firma digitale. In questo, come in altri casi simili, il Seggio al fine di verificare la corretta apposizione delle firme digitali sui documenti d’offerta, ha proceduto alle seguenti operazioni: Salvataggio della cartella, decompressione con estrazione del contenuto e verifica e lettura di ciascuno dei files rinvenuti nella cartella con il programma Dike. All’esito delle operazioni di cui sopra, come documentato dalla verifica di firma digitale operata attraverso il programma Dike (vedasi report di verifica della firma in allegato) è emerso che i documenti contenuti nella cartella di che trattasi risultano tutti regolarmente sottoscritti con firma digitale valida da parte degli aventi titolo.

Tale operazione di verifica è stata condotta dal Seggio in data 08/02/2018 ma non essendo emerse irregolarità non sono stati archiviati i file prodotti in esito alla verifica. In ogni caso si evidenzia che la firma digitale così come i documenti caricati a portale si cristallizzano definitivamente nel modo e nello stato in cui sono caricati e non sono modificabili. Di conseguenza, una verifica relativa alla firma digitale effettuata anche in un momento successivo è in ogni caso idonea a dimostrare la validità della medesima (allegato 4) ” (cfr. relazione di chiarimenti dell’A del 17 aprile 2019).

Risulta, dunque, confermato che i documenti depositati da Cec erano tutti firmati digitalmente, secondo le prescrizioni della legge di gara.

Con il secondo motivo l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado per aver rigettato il secondo motivo del ricorso incidentale dallo stesso proposto, concernente l’assunta illegittimità dell’omessa esclusione dalla gara del Rti Cec nonostante lo stesso avesse dichiarato, nella propria offerta economica, un importo per gli oneri aziendali della sicurezza talmente basso da essere equiparabile ad una dichiarazione pari a zero. Infatti, risulterebbe erronea l’affermazione contenuta nella sentenza appellata secondo cui la presentazione di oneri aziendali manifestamente bassi non determinerebbe l’automatica esclusione del partecipante, ma solo l’attivazione del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, atteso che gli oneri dichiarati erano nettamente al di sotto del range di congruità previsto dalle Linee Guida ITACA.

Anche il secondo motivo è infondato, atteso che non è stato provato in alcun modo che l’offerta di Cec fosse incongrua;
né la stessa doveva essere esclusa solo per avere dichiarato bassi oneri di sicurezza. Invero, tale conseguenza non consegue né dalle prescrizioni dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui: “ Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell'aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all'articolo 97, comma 5, lettera d) ”, né dai principi affermati dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea nella sentenza del 2 maggio 2019, causa C-309/18, secondo cui: “ I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un'offerta economica presentata nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l'esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell'ipotesi in cui l'obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d'appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d'appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall'amministrazione aggiudicatrice ”.

Non può, dunque, in alcun modo ricavarsi la comminazione dell’esclusione dalla gara per l’assunta irrisorietà degli oneri della sicurezza indicati nell’offerta, atteso che la sanzione espulsiva può conseguire solo dall’assoluta mancata indicazione nell’offerta degli stessi costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, o dall’incongruità dell’offerta verificata dalla stazione appaltante, ipotesi che non ricorrono nella fattispecie in questione.

Con la terza doglianza l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado per aver accolto il ricorso principale proposto dal Rti Cec, atteso che risulterebbe, invece, pienamente legittimo l’operato di A che, a valle di una specifica istanza in tal senso da parte del Rti aggiudicatario per la perdita, successivamente alla presentazione dell’offerta, dell’attestazione SOA della mandante per la categoria OS10, importo € 180.000,00 Classifica I a qualificazione obbligatoria, ha consentito alle imprese raggruppate di dimostrare di essere in ogni caso in possesso dei requisiti richiesti dalla lex specialis di gara per l’esecuzione dei lavori oggetto dell’accordo quadro e, dopo aver verificato la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti, ha autorizzato la rimodulazione delle quote di partecipazione/esecuzione della mandataria e della mandante al raggruppamento medesimo.

Invero, per l’appellante, un’applicazione del principio di diritto enunciato dal Consiglio di Stato con la decisione resa in Adunanza Plenaria (n. 6 del 2019) non circoscritta allo specifico caso, ossia quello di un’offerta ab origine priva di requisiti di qualificazione delle imprese raggruppate in misura corrispondente alle quote di lavori che si sono impegnate ad eseguire, ma estesa anche all’ipotesi di perdita dei requisiti di qualificazione successiva alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara, sarebbe illegittima, sia in violazione del diritto eurounitario che di quello interno.

Quanto, poi, alla questione della dimostrazione del possesso dei requisiti di qualificazione, per l’appellante non potrebbe escludersi nella specie, al contrario di quanto statuito dalla sentenza appellata, l’applicabilità dell’articolo 90, comma 1, del d.P.R. n. 207 del 2010, atteso che, nel caso di categorie scorporabili, proprio per la possibilità di individuare e suddividere la quota di lavori di ogni impresa del costituendo Rti, rileverebbe, ai fini della comprova dei requisiti di capacità tecnico-professionale, l’importo dei lavori pro quota affidati a ciascuna di esse, e, nella specie, tale quota si manterrebbe al di sotto di 150.000 euro, dunque non sarebbe soggetta all’obbligo di SOA.

Non dovrebbe, dunque, farsi riferimento, come invece ritenuto dalla sentenza appellata in accoglimento delle censure dedotte da Cec, all’importo della categoria unitariamente considerata, che, nella specie, contempla lavori per complessivi 180.000 euro.

L’appellante chiede, ove occorra, il « deferimento del ricorso all’Adunanza Plenaria dell’Ecc.mo Consiglio di Stato ovvero rimessione in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea delle seguenti questioni interpretative ai sensi dell’articolo 267 TFUE “Se il diritto dell’Unione Europea e segnatamente i principi di proporzionalità, di parità di trattamento, di non discriminazione, di massima partecipazione alle pubbliche gare d’appalto, di tutela della concorrenza nelle pubbliche gare d’appalto e del legittimo affidamento ostino ad una disciplina nazionale, quale quella di cui all’articolo 92, comma 2, ultimo alinea, del dPR 5 ottobre 2010, n. 207, che, nel caso di partecipazione di imprese in raggruppamento, non ammette la modifica delle quote di partecipazione al raggruppamento e di esecuzione dei lavori, indicate in sede di offerta in modo compatibile con i requisiti di qualificazione da ciascuna di esse posseduti, qualora una di tali imprese raggruppate perda, in modo non preventivabile successivamente alla presentazione dell’offerta, uno dei requisiti di qualificazione dichiarato nella stessa offerta ma le imprese raggruppate siano comunque in possesso dei requisiti di qualificazione necessari all’esecuzione dei lavori” e “Se il diritto dell’Unione Europea e segnatamente i principi di libera circolazione, di libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e di massima partecipazione alle pubbliche gare d’appalto, quest’ultimo declinato dalla Direttiva del 26 febbraio 2014, n. 2014/24/UE anche nel senso di facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese, ostino ad una disciplina nazionale, quale quella di cui all’articolo 90, comma 1, del dPR 5 ottobre 2010, n. 207, che, nel caso di partecipazione di imprese raggruppate, esclude la prova del possesso dei requisiti di capacità tecnico-professionale con l’attestazione SOA per categorie scorporabili di lavori, complessivamente considerate, di importo pari o inferiore a 150.000,00 euro, anziché per le quote di lavori, singolarmente affidate a ciascuna impresa raggruppata, di importo pari o inferiore a 150.000,00 euro ».

Deve premettersi che, come già illustrato in fatto, la mandante di M Gruppo Sei ha perso la qualifica SOA dopo che il Rti aveva presentato l’offerta e, dunque, come accertato dalla stazione appaltante, il medesimo Rti non aveva più il requisito di qualificazione richiesto dalla legge di gara (SOA per OS10 importo € 180.000,00 Classifica I a qualificazione obbligatoria- interamente subappaltabile).

Il TAR ha ritenuto illegittimo l’operato di ANAS “ che ha consentito al raggruppamento MGA di modificare, ex post, le quote di esecuzione dei lavori, rispetto a quelle dichiarate al momento della presentazione dell’offerta, al fine di dimostrare il mantenimento del possesso dei requisiti di qualificazione ”. Inoltre “ anche a seguito della rimodulazione delle quote … il raggruppamento MGA nel suo insieme continuava a rimanere privo del possesso del requisito di qualificazione della SOA per la categoria prevista dal bando di gara ”, atteso che “ la dimostrazione da parte del raggruppamento del possesso del requisito richiesto doveva essere riferita all’importo complessivo dei lavori e non poteva ammettersi un suo “spacchettamento”, in modo da consentire comunque alle imprese raggruppate di eseguire i lavori ”.

Il Collegio condivide le statuizioni del giudice di prime cure.

Deve, innanzitutto, ricordarsi che, per pacifico orientamento della giurisprudenza amministrativa: “ Nelle gare di appalto per l’aggiudicazione di contratti pubblici i requisiti generali e speciali devono essere posseduti dai candidati non solo alla data di scadenza del termine per la presentazione della richiesta di partecipazione alla procedura di affidamento, ma anche per tutta la durata della procedura stessa fino all’aggiudicazione definitiva ed alla stipula del contratto, nonché per tutto il periodo dell’esecuzione dello stesso, senza soluzione di continuità ” (Cons. Stato, Ad. Plen., 20 luglio 2015, n. 8;
sez. V, 17 giugno 2019, n. 4046;
12 marzo 2018, n. 1543).

Come risulta dalla nota dell’A del 18 settembre 2018, versata in atti: “ Accertato, per quanto sopra, che l’impresa mandante ha perduto, successivamente al termine di scadenza per la presentazione delle offerte, il requisito di qualificazione SOA nella categoria di lavori OS 10, e che la mandataria non possiede alcuna qualificazione SOA in tale categoria di lavori, la stazione appaltante anche al fine di non limitare la concorrenza ha subordinato l’accoglimento della richiesta di rimodulazione delle quote di partecipazione delle imprese del raggruppamento, alla positiva verifica del possesso dei requisiti di qualificazione secondo la disciplina prescritta per lavori di importo inferiore a € 150.000,00. La comprova del requisito di qualificazione mediante differente ripartizione delle quote di esecuzione appare infatti idonea a garantire il possesso del requisito da parte del RTI M.G.A. ”.

L’operato della stazione appaltante è affetto da evidente illegittimità.

Invero, le chiare prescrizioni di gara richiedevano la SOA per OS10 importo € 180.000,00 Classifica I a qualificazione obbligatoria.

M ha dichiarato nell’offerta di possedere tale qualificazione tramite la mandante Gruppo Sei, come effettivamente risultava, ma successivamente alla presentazione dell’offerta tale qualificazione è stata persa.

Alla luce del succitato orientamento giurisprudenziale, M doveva essere esclusa dalla gara.

Né era possibile, come invece fatto dalla stazione appaltante, far ricorso all’applicazione dell’art. 90 del d.P.R. n. 207 del 2010, atteso che tale disposto normativo concerne: “ Requisiti per lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro ” e non può trovare applicazione nel caso di specie, per lavori di importo pari a € 180.000,00.

Per i lavori di importo superiore ai 150.000 euro, è richiesta, ai sensi dell’art. 92, comma 2, del d.P.R. 207 del 2010, l’attestazione di qualificazione SOA in capo all’esecutore, condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei necessari requisiti di capacità tecnica e finanziaria.

Né era possibile, come ha fatto A, autorizzare una suddivisione della cifra di lavori in capo alla mandante (120.000,00) ed alla mandataria (60.000), in palese violazione della normativa relativa al sistema di qualificazione per i lavori pubblici, la cui ratio consiste nel garantire che la gara venga aggiudicata a soggetti che hanno la capacità e l’esperienza per la realizzazione dei lavori richiesti, secondo il valore degli stessi. Dunque, non è ammissibile che la certificazione SOA per specifici lavori e determinati importi possa essere sostituita dalla presentazione di documentazione attestante l’effettuazione di più lavori analoghi fino alla concorrenza dell’importo richiesto, ai sensi dell’art. 90 del d.P.R. n. 207 del 2010.

Trovano applicazione nella fattispecie in questione i principi elaborati dal Consiglio di Stato nella decisione resa in Adunanza plenaria (n. 6/2019), secondo cui: “ In applicazione dell’art. 92, co. 2, DPR 5 ottobre 2010 n. 207, la mancanza del requisito di qualificazione in misura corrispondente alla quota dei lavori, cui si è impegnata una delle imprese costituenti il raggruppamento temporaneo in sede di presentazione dell’offerta, è causa di esclusione dell’intero raggruppamento, anche se lo scostamento sia minimo ed anche nel caso in cui il raggruppamento nel suo insieme (ovvero un’altra delle imprese del medesimo) sia in possesso del requisito di qualificazione sufficiente all’esecuzione dell’intera quota di lavori ”.

Nella fattispecie all’esame del Collegio, come visto, il Rti M aveva perso il requisito di qualificazione richiesto dalla lex specialis per la SOA in categoria OS10, non potendo ammettersi alcun frazionamento del requisito di qualificazione medesimo proprio a tutela della par condicio fra gli aspiranti alla realizzazione dei lavori, che hanno tutti confidato nell’applicazione delle regole predisposte dalla stazione appaltante nella lex specialis di gara, tra le quali vi sono anche quelle relative alla qualificazione per le varie categorie di lavori richieste in relazione ai rispettivi importi.

L'obbligatorietà ed esclusività dell'attestazione SOA nel sistema di qualificazione nelle pubbliche gare non è contestabile, desumendosi essa chiaramente dalla disciplina normativa ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame.

Anzitutto l'art. 40 del d.lgs. n. 163 del 2006 dispone che "il sistema di qualificazione è attuato da organismi di diritto privato di attestazione, appositamente autorizzati dall'Autorità. (...) Le SOA nell'esercizio dell'attività di attestazione per gli esecutori di lavori pubblici svolgono funzioni di natura pubblicistica, anche agli effetti dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20. In caso di false attestazioni dalle stesse rilasciate si applicano gli articoli 476 e 479 del codice penale. Prima del rilascio delle attestazioni, le SOA verificano tutti i requisiti dell'impresa richiedente".

La valenza certificativa, con carattere di obbligatorietà ed esclusività, delle attestazioni SOA è altresì inequivocabilmente affermata dall'art. 60 del d.P.R. 207 del 2010, che, dopo aver disposto al comma 1 che "l'attestazione di qualificazione è obbligatoria per chiunque esegue lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro", al successivo comma 3 stabilisce che "l'attestazione di qualificazione rilasciata a norma del presente titolo costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini dell'affidamento dei lavori pubblici".

Anche l'Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici ha avuto modo di precisare (parere n. 89 del 30 maggio 2012,

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