Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-03-10, n. 201401144

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-03-10, n. 201401144
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401144
Data del deposito : 10 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07087/2013 REG.RIC.

N. 01144/2014REG.PROV.COLL.

N. 07087/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7087 del 2013, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Sicop srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G D P, con domicilio eletto presso il medesimo difensore in Roma, piazza del Popolo, 18;
Regione Molise, in persona del Presidente della Giunta e legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato C A, con domicilio eletto presso la delegazione della Regione Molise in Roma, in Roma via del Pozzetto, 117;
Comune di Tufara, in persona del sindaco e legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Mariano Prencipe, con domicilio eletto presso la segreteria della sesta sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MOLISE - CAMPOBASSO: SEZIONE I n. 397/2013, resa tra le parti, concernente diniego realizzazione impianto eolico in area sottoposta a tutela paesaggistica


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Sicop s.r.l., della Regione Molise e del Comune di Tufara;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2014, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Di Pardo, l’avvocato Angelini e l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Il Ministero per i beni e le attività culturali impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Molise 4 giugno 2013 n. 397 che ha accolto in parte il ricorso proposto dalla società Sicop srl avverso il decreto di inibizione allo svolgimento dei lavori adottato il 24 ottobre 2012 dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise ed ha respinto il ricorso incidentale proposto dall’ appellante avverso i provvedimenti recanti l’autorizzazione unica rilasciata dalla Regione Molise per l’installazione di un aerogeneratore nel territorio del Comune di Tufara.

L’amministrazione appellante si duole della erroneità della impugnata sentenza e ne chiede la riforma rilevando come, a seguito del dissenso espresso dall’autorità preposta alla tutela vincolo in seno alla prima conferenza di servizi, l’atto autorizzatorio regionale avrebbe dovuto considerarsi nullo o comunque tamquam non esset , ai sensi dell’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990 nella interpretazione che di tale disposizione ha dato la più recente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato;
sempre nella prospettazione dell’amministrazione appellante, privo di effetti avrebbe dovuto ritenersi a fortiori il secondo titolo autorizzatorio rilasciato dalla Regione Molise sul progetto in variante, tanto più che il giorno precedente quello fissato per la conferenza di servizi la competente Soprintendenza per i beni paesaggistici del Molise aveva espresso nuovamente il motivato dissenso all’intervento, ordinando a titolo cautelare la interdizione di qualsivoglia intervento.

Conclude l’appellante per l’accoglimento, con l’appello, del ricorso incidentale di primo grado, con consequenziale annullamento delle autorizzazioni regionali rilasciate in favore di Sicop s.r.l. e con la reiezione del ricorso da quest’ultima proposto avverso il suindicato decreto di interdizione al compimento dei lavori.

Si è costituita in giudizio la Regione Molise, il Comune di Tufara e la società Sicop srl per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

Con ordinanza cautelare 30 ottobre 2013 n. 4281 la sezione ha sospeso l’esecutività dell’impugnata sentenza, in attesa della definizione del ricorso nel merito.

Le parti hanno depositato memorie illustrative in vista dell’udienza di discussione del ricorso.

All’udienza pubblica del 4 febbraio 2014 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

2.- Il ricorso in appello è fondato nei sensi e limiti di cui appresso.

3.- Va premesso, in fatto, che:

- con una prima autorizzazione del 12 luglio 2012, rilasciata ai sensi dell’art. 12 del d.lgs 387 del 2003 ( recante attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), la Regione Molise aveva autorizzato la società Sicop alla installazione di una pala eolica nel Comune di Tufara;

- tale autorizzazione era stata adottata nonostante il motivato dissenso espresso dalla Soprintendenza per i beni paesaggistici del Molise nella conferenza di servizi del 21 giugno 2012, convocata su impulso della Regione Molise per il rilascio del titolo abilitativo ( ai sensi del richiamato art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003);

- successivamente, la società Sicop, uniformandosi – nonostante il titolo abilitativo ottenuto - ai rilievi della Soprintendenza posti a base del riferito dissenso, aveva presentato altro progetto in variante, che prevedeva l’allocazione dell’aerogeneratore, di altezza complessiva inferiore a quella di cui al precedente progetto, ad una maggiore distanza dall’area boschiva situata a pochi metri dal sito prescelto per l’allocazione dell’impianto;

- la Regione Molise convocava una nuova conferenza di servizi per l’esame del nuovo progetto per il giorno 25 ottobre 2012, alla quale non partecipava la competente Soprintendenza;

- tuttavia,il giorno precedente a tale data, la suddetta Soprintendenza del Molise adottava un decreto col quale inibiva, ai sensi dell’art. 150 del d.lgs. n.42 del 2004 ( recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio), l’avvio dei lavori ed esprimeva rinnovato dissenso alla allocazione della pala eolica nel luogo di cui al progetto di variante;

- nonostante tale ulteriore dissenso dell’autorità soprintendentizia, la Regione Molise con determinazione n. 125 del 6 novembre 2012 rilasciava nuova autorizzazione unica alla installazione della torre eolica, sul rilievo che il dissenso manifestato dalla Soprintendenza sul progetto in variante presentato da Sicop srl non fosse stato ritualmente reso in sede di conferenza, e quindi fosse da considerare tamquam non esset .

4.- Il Tar, con la impugnata sentenza:

a) ha accolto in parte il ricorso della società privata avverso il decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali del 24 ottobre 2012 recante l’interdizione al compimento dei lavori, sul rilievo che la Soprintendenza, se avesse voluto effettivamente impedire il compimento dell’opera, avrebbe dovuto partecipare alla conferenza di servizi del 25 ottobre 2012;

b) respinto il ricorso incidentale, previa sua riqualificazione quale ricorso autonomo, dell’odierno Ministero appellante avverso l’autorizzazione regionale unica del 6 novembre 2012 ( ritenendo inammissibile l’impugnazione avverso la precedente autorizzazione, ormai priva di efficacia) sull’assunto della piena legittimità di detto titolo autorizzatorio, non risultando validamente espresso il dissenso da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico e non risultando inficiato il secondo titolo ( stante la piena autonomia dei due distinti procedimenti autorizzatori) dal precedente dissenso manifestato dalla Soprintendenza per i beni paesaggistici in occasione della precedente conferenza di servizi.

5.- Con il primo motivo di appello, l’Amministrazione appellante si duole della erroneità del capo decisorio della impugnata sentenza col quale il Tar ha dichiarato la inammissibilità del ricorso incidentale di primo grado ( qualificato dal giudice di primo grado quale ricorso autonomo) per avere la stessa ad oggetto un atto – l’autorizzazione regionale n.83 del 2012 – ormai privo di effetti, e quindi non più pregiudizievole per le ragioni della ricorrente incidentale.

Deduce al contrario l’amministrazione appellante che, stante il nesso evidente tra i procedimenti ( entrambi relativi alla stesso aerogeneratore), la nullità della prima autorizzazione, emessa nonostante il parere contrario dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, avrebbe inficiato anche la seconda autorizzazione unica rilasciata dalla Regione;
avrebbe quindi errato il primo giudice a ritenere legittima detto secondo titolo autorizzatorio senza cogliere il nesso di continuità procedimentale che lega tra loro atti autorizzatori relativi ad un’unica iniziativa imprenditoriale. Pertanto, anche la seconda autorizzazione avrebbe dovuto essere ritenuta senz’altro viziata, per illegittima derivata dal primo titolo.

6. Con un secondo motivo, l’Amministrazione appellante censura il capo decisorio della impugnata sentenza recante l’accoglimento del ricorso di primo grado di Sicop s.r.l. avverso l’ordine di inibizione dei lavori adottato dalla Soprintendenza ai beni paesaggistici, ai sensi dell’art. 150 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Ribadita la nullità del primo titolo autorizzatorio regionale, rilasciato nonostante il qualificato dissenso dell’autorità soprintendentizia, l’amministrazione appellante assume che nessun altro strumento giuridico avrebbe potuto utilizzare, se non appunto quello riveniente dal citato art. 150, per inibire lo svolgimento di lavori privi di idoneo titolo legittimante. Di qui la ritenuta piena legittimità dell’ordine di inibizione dei lavori, adottato peraltro in data antecedente allo svolgimento della seconda conferenza di servizi convocata per il rilascio della nuova autorizzazione sul progetto in variante.

7. Con distinto motivo, l’appellante amministrazione censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa avrebbe posto in dubbio, nella fattispecie in esame, la sussistenza del potere della Soprintendenza di prescrivere – ai sensi dell’art. 152 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 - misure, distanze e varianti ai progetti ricadenti in aree contermini a quelle specificamente vincolate, non ricadendo l’intervento nelle aree o sugli immobili indicati dall’art. 136, comma 1, lett. a), b) c) e d) e non essendo la disposizione applicabile alle aree contermini a quelle sottoposte a vincolo ex lege ai sensi dell’art. 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.

8.- Da ultimo, l’Amministrazione appellante censura quella parte della sentenza con la quale è stato respinto il ricorso di primo grado di essa deducente avverso l’autorizzazione unica n. 125 del 2012 avendo il giudice di primo grado per un verso ritenuto insussistente la invalidità della seconda determinazione in via derivata dalla prima autorizzazione e, per altro verso, non avendo ritenuto esaurito, come dedotto dall’Amministrazione qui appellante, il termine di centottanta giorni previsto dall’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 per l’adozione del provvedimento conclusivo.

9.- I suindicati motivi di appello risultano solo parzialmente fondati e vanno accolti nei sensi e limiti di cui appresso.

10.- Anzitutto giova ricordare che in materia di impianti destinati alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili il legislatore nazionale, nel dare attuazione alla direttiva comunitaria 2001/77/CE del 27 settembre 2001 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), ha previsto una disciplina legislativa speciale finalizzata a disciplinare uniformemente e ad incentivare tali forme di produzione di energia, anche a mezzo della semplificazione dei procedimenti autorizza tori. Il procedimento autorizzatorio culmina nel rilascio (o nel diniego) della c.d. autorizzazione unica regionale alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto (ivi comprese le opere di connessione alla rete elettrica ed ogni altro intervento necessario allo scopo).

La disciplina procedimentale è definita dal richiamato art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.

Il tratto peculiare di tale disposizione, frutto delle suindicate finalità di semplificazione e di concentrazione del procedimento, consiste nel fatto che la stessa ha individuato nella conferenza di servizi il modulo procedimentale ordinario essenziale alla formazione del successivo titolo abilitativo funzionale alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Questa disciplina – incentrata sulla concentrazione procedimentale in ragione del confronto richiesto dall’approvvigionamento energetico mediante tecnologie che non immettano in atmosfera sostanze nocive, e sul valore aggiunto intrinseco allo stesso confronto dialettico delle amministrazioni interessate – presenta, ratione materiae , un carattere speciale (proprio a causa di quel modulo procedimentale, che altrimenti sarebbe attenuato) anche per ciò che riguarda le valutazioni dell’impatto paesaggistico e ambientale, rispetto a quelle ordinarie: di guisa che il modello procedimentale e provvedimentale legittimante l'installazione di siffatti impianti è esclusivamente quello dell’autorizzazione unica regionale, tipizzato espressamente dal richiamato art. 12 d.lgs. n. 387/2003 (e secondo le previsioni ivi stabilite).

Pertanto, l'organo competente al rilascio dell'autorizzazione unica compie la valutazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti, tenendo conto delle eventuali posizioni di dissenso espresse dai partecipanti alla conferenza di servizi.

Stante il rinvio operato dall’art. 12 d.lgs. n. 387 del 2003, alla legge n. 241 del 1990 in tema di conferenza di servizi, ne consegue che, ai sensi dell’art. 14- quater legge n. 241 del 1990, le amministrazioni convocate devono esprimere il proprio eventuale dissenso, a pena di inammissibilità, motivatamente e all’interno della conferenza di servizi. Ove, poi, il dissenso sia espresso, tra l’altro, da amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, sono previste specifiche norme procedurali per il superamento del dissenso. In particolare, è previsto che ove venga espresso motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell'articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall'amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri, che si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un'amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali. Se l'intesa non è raggiunta entro trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei Ministri può essere comunque adottata. Se il motivato dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, ai fini del raggiungimento dell'intesa, entro trenta giorni dalla data di rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, viene indetta una riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la partecipazione della Regione o della Provincia autonoma, degli enti locali e delle amministrazioni interessate, attraverso un unico rappresentante legittimato, dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione sulle decisioni di competenza.

11.- Ciò premesso sul piano del quadro normativo, va aggiunto che secondo la più recente giurisprudenza di questa sezione (formatasi a partire da Cons. St., Sez. VI, 23 maggio 2012, n. 3039) è ravvisabile un’ipotesi di nullità dell’autorizzazione unica regionale (per difetto assoluto di attribuzione o rispettivamente per difetto dell’elemento essenziale dell’assenza di dissensi qualificati nella previa conferenza di servizi), nel caso di sostanziale e radicale pretermissione delle prerogative delle amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica e ambientale, e cioè nel caso di mancata applicazione del modulo previsto dall’art. 14- quater della legge n. 241 del 1990 per il superamento del motivato dissenso dell’amministrazione preposta alla tutela degli interessi sensibili ivi indicati.

12.- Il caso qui all’esame si presenta tuttavia in parte diverso da quelli che hanno generato il richiamato filone giurisprudenziale in quanto, nella fattispecie in esame, la competente Soprintendenza è stata convocata a partecipare ai lavori della seconda conferenza di servizi del 25 ottobre 2012, ma si è astenuta dal parteciparvi, manifestando il proprio dissenso in modo irrituale il giorno prima della data fissata per l’adunanza della conferenza.

A parere del Collegio, l’effetto devolutivo di cui all’art. 14 quater della legge n. 241 del 1990 ( e cioè il trasferimento del potere decisorio dalla sede della conferenza di servizi al livello superiore del Consiglio dei Ministri) può ravvisarsi solo in presenza di un dissenso ritualmente manifestato in sede di conferenza di servizi da un’amministrazione titolare della cura di un interesse ritenuto dal legislatore giuridicamente sensibile.

Ove invece, come nel caso in esame, quel dissenso sia irrituale nelle forme, non appare logico e coerente alla ratio legis riconnettervi la devoluzione della decisione al superiore livello di governo.

Nondimeno, il dissenso manifestato da un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile non può essere, per altro verso, completamente ritenuto in non cale, sol perché non ritualmente manifestato in sede di conferenza.

In una recente decisione (resa sul ricorso in appello n. 757/2013, proposto dall’Autorità di Bacino del Fiume Sarno avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania n. 4259/2012) questa sezione ha ribadito come dal comma 1 dell’articolo 14-quater della legge 241 del 1990 si desuma il duplice principio della necessaria acquisizione del dissenso in conferenza, nonché del c.d. ‘dissenso costruttivo’ (secondo la disposizione in esame, infatti,“il dissenso di uno o più rappresentanti delle amministrazioni ivi comprese quelle preposte alla tutela ambientale, (…) paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, regolarmente convocate alla conferenza di servizi, a pena di inammissibilità, deve essere manifestato nella conferenza di servizi, deve essere congruamente motivato, non può riferirsi a questioni connesse che non costituiscono oggetto della conferenza medesima e deve recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso”)

Inoltre si è ritenuta condivisibile l’affermazione secondo cui dal combinato disposto dei commi 6 e 7 dell’articolo 14-ter della legge sul procedimento si desume il principio secondo cui la partecipazione personale alle sedute della conferenza rappresenta uno dei presupposti necessari per fare sì che la conferenza si configuri in modo effettivo quale modulo di partecipazione procedimentale che consente, nella piena contestualità e in base al principio della leale collaborazione istituzionale, di procedere all’esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti dal procedimento;
e ciò sul rilievo che la giurisprudenza di questo Consiglio ha chiarito che anche le amministrazioni preposte alla cura di valori e interessi sensibili hanno l’onere di esprimere all’interno della conferenza di servizi il proprio eventuale dissenso, non potendosi riconoscere a tali amministrazioni una sorta di indistinto ‘statuto differenziato’ per ciò che attiene la rappresentazione della propria posizione ostativa. Nondimeno si è ritenuto che del dissenso comunque manifestato dall’autorità preposta alla tutela di un interesse paesaggistico debba pur tenersi conto nell’ambito di rapporti incentrati al principio della cooperazione istituzionale e della leale collaborazione tra enti pubblici.

13.- Tirando le conclusioni ed applicando al caso di specie i suindicati principi normativi, nella interpretazione fornita dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, il Collegio osserva quanto segue.

14.- La prima autorizzazione unica, rilasciata dalla Regione Molise il 12 luglio 2012, deve essere considerata, sul piano giuridico, tamquam non esset, in quanto il dissenso qualificato espresso in sede di conferenza di servizi dalla Soprintendenza per i beni paesaggistici del Molise ha fatto venir meno, ai sensi del ricordato art. 14 quater della legge n. 241 del 1990, lo stesso potere della Regione Molise di assumere le determinazioni conclusive sull’assentibilità dell’intervento ( in termini, Cons. St., VI, n.3039 del 2012 ).

Tuttavia, ai limitati fini processuali, il Collegio rileva che la presentazione del progetto in variante da parte della società Sicop s.r.l. e l’avvio di un nuovo procedimento autorizzatorio ha determinato il venir meno dell’interesse in capo all’odierna amministrazione appellante a coltivare il gravame avverso tale originario provvedimento autorizzatorio.

Non sussistono, infatti, le condizioni, a fronte di una nuova istanza di autorizzazione di Sicop s.r.l., di un nuovo progetto in variante e di una diversa valutazione da compiersi da parte delle autorità nuovamente convocate in conferenza di servizi per ritenere, come sostenuto dall’amministrazione dei beni culturali, la unicità del procedimento autorizzatorio e la riferibilità di eventuali vizi occorsi nel primo procedimento anche al secondo.

Pertanto le suindicate cause di invalidità che, come si è detto, inficiano l’autorizzazione unica del 12 luglio 2012 non si trasmettono al nuovo procedimento ed alla nuova autorizzazione.

Per tali ragioni va, quindi, disattesa la censura d’appello avverso il capo della impugnata sentenza declaratorio della inammissibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, dell’originaria impugnazione proposta dal Ministero dei beni e delle attività culturali per l’annullamento dell’autorizzazione n. 83 del 2012 .

15.- Meritano per converso accoglimento le censure d’appello rivolte avverso quelle parti della impugnata sentenza con le quali sono state disattese le censure di primo grado dell’odierna amministrazione appellante avverso il decreto di inibizione dei lavori nonché avverso la seconda autorizzazione unica n. 125 del 2012.

Quanto al primo profilo, va osservato che il potere inibitorio di cui all’art. 150 del Codice dei beni culturali e del paesaggio risulta nella specie correttamente esercitato dall’autorità soprintendentizia in quanto, come detto, il primo provvedimento autorizzatorio della Regione doveva ritenersi affetto da difetto di attribuzioni ed incapace pertanto di costituire legittimo titolo per l’installazione dell’aerogeneratore.

Per conseguenza, non illegittimamente l’autorità preposta alla tutela del vincolo, valutato negativamente anche il progetto in variante, ha adottato, a titolo cautelare, il provvedimento inibitorio impugnato in primo grado, al fine di scongiurare il pericolo di una modifica, a mezzo dell’avvio dei lavori, dello stato dei luoghi, nelle more del perfezionamento del nuovo procedimento conducente all’adozione del nuovo titolo abilitativo.

Per questa parte, la impugnata sentenza va dunque riformata, in via consequenziale all’accoglimento dell’appello ed alla reiezione, nei sensi anzidetti, del ricorso di primo grado di Sicop s.r.l.

Alle stesse conclusioni deve pervenirsi in ordine a quella parte dell’appello che investe la decisione di primo grado con cui è stato respinto il ricorso ( incidentale, ma – come detto - riqualificato come autonomo) del Ministero dei beni e le attività culturali avverso la nuova autorizzazione unica rilasciata dalla Regione Molise ( si tratta, come detto, dell’autorizzazione n. 125 del 6 novembre 2012).

Sul punto il Collegio ritiene di non poter condividere quanto osservato dal giudice di primo grado a proposito della integrale ininfluenza del dissenso manifestato dall’autorità preposta alla tutela del vincolo fuori dalla sede competente della conferenza di servizi.

Ed invero, premesso che la conferenza di servizi è il luogo, fisico e giuridico, dove devono confluire, per le evidenziate finalità di concentrazione perseguite dal legislatore nella materia, tutte le manifestazioni di volontà delle autorità coinvolte nel procedimento funzionale all’adozione, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, dell’autorizzazione unica, nondimeno non appare corretto concludere che sia in ogni caso tamquam non esset una manifestazione di dissenso espressa in forma irrituale ( e cioè fuori dalla sede conferenziale) da parte di un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile.

Il principio di leale collaborazione impone indubbiamente alle parti pubbliche di cooperare in vista del perseguimento dell’interesse di cui ciascuna risulti attributaria e di rispettare anzitutto le forme previste dalla legge per la manifestazione della volontà di ciascun soggetto coinvolto nel procedimento. Ciò comporta che la Soprintendenza del Molise avrebbe dovuto partecipare, a mezzo del proprio rappresentante, ai lavori della conferenza indetta dalla Regione Molise e avrebbe dovuto in quella sede far valere le proprie valutazioni in ordine al progetto in variante prodotto da Sicop s.r.l..

Il Collegio ritiene che al dissenso dalla stessa Soprintendenza manifestato con provvedimento autonomo ed unilaterale, adottato il giorno prima della data fissata per la conferenza di servizi, non possa riconnettersi ( proprio perché espresso in forma irrituale) l’effetto devolutivo proprio del meccanismo decisorio di cui al più volte richiamato art. 14 quater della legge n. 241 del 1990;
tuttavia quel dissenso non avrebbe potuto essere completamente obliterato, come inammissibilmente è accaduto nel caso in esame.

Al proposito il Collegio non può fare a meno di rilevare che, nel caso in esame, la Soprintendenza per i beni paesaggistici del Molise aveva già espresso ritualmente un proprio dissenso sul progetto di implementazione della pala eolica da parte della Sicop s.r.l., e cionondimeno la Regione aveva illegittimamente rilasciato l’autorizzazione unica.

Senonchè, nel procedimento successivo, avviato a seguito della nuova iniziativa progettuale della società privata (che aveva inteso uniformarsi alle indicazioni conformative provenienti dall’autorità paesaggistica), la Soprintendenza non ha inteso partecipare ai lavori della conferenza di servizi, ritenendo che il proprio dissenso, previamente manifestato nella sede opportuna, avesse espropriato l’ente regionale della titolarità del procedimento e delle determinazioni conclusive sulla base del ricordato modulo procedimentale di cui all’art. 14 quater cit..

Per quanto tale conclusione non fosse – per quanto detto- formalmente corretta, nondimeno non par dubbio che la stessa abbia condizionato il comportamento successivo assunto nello specifico dall’autorità soprintendentizia, con il risultato che al Collegio pare corretto ritenere che la Regione Molise, a fronte del rinnovato ( sia pur irrituale) dissenso manifestato da un’autorità preposta alla tutela di un interesse sensibile ( quale appunto il paesaggio), si sarebbe dovuta astenere dal rilasciare l’autorizzazione unica, disponendo la convocazione di altra riunione della conferenza di servizi per assumere le determinazioni conclusive.

Ciò che, in definitiva, la Regione Molise dovrà fare adesso, in esecuzione della presente sentenza.

Anche per questa parte va dunque accolto, nei sensi anzidetti, l’appello della Amministrazione dei beni culturali, con assorbimento dell’ulteriore censura relativa alla dedotta violazione del termine di conclusione del procedimento.

16.- Da ultimo ( ma solo per ordine di trattazione, in rapporto ai motivi di appello) va affrontato il tema del titolo giuridico di intervento, nella vicenda in esame, dell’autorità preposta alla tutela del paesaggio.

In una parte della impugnata sentenza, peraltro sviluppata soltanto per completezza di trattazione, il giudice di primo grado ha posto in dubbio che l’autorità paesaggistica avesse titolo ad intervenire in conferenza di servizi per dettare prescrizioni conformative, ai sensi dell’art.152 del d.lgs. n.42 del 2004, in relazione ad un progetto ricadente in un’area soltanto vicina a due ampi complessi boschivi (si tratta, in particolare, del Bosco Lago Pinciuso, in agro di Tufara e del Bosco Chiusano, in agro di Gambatesa).

A parere del giudice di primo grado, il potere conformativo di cui al richiamato art. 152 sussisterebbe in capo all’autorità paesaggistica soltanto limitatamente ai beni ed alle aree indicate all’art. 136, comma 1, lett. a), b) c) e d) del d.lgs n. 42 del 2004.

La tesi non appare tuttavia meritevole di condivisione.

Va premesso che questa sezione ha già avuto modo di osservare che quando vengono in rilievo opere infrastrutturali di grande impatto visivo ( cfr., sia pure in relazione alla procedura di v.i.a. la sentenza di questa sezione 26 marzo 2013 n. 1674) il paesaggio, quale bene potenzialmente pregiudicato dalla realizzazione di opere di rilevante impatto ambientale, si manifesta in una proiezione spaziale più ampia di quella riveniente dalla sua semplice perimetrazione fisica consentita dalle indicazioni contenute nel decreto di vincolo. In altri termini, il paesaggio si manifesta in tali casi quale componente qualificata ed essenziale dell’ambiente, nella lata accezione che di tale bene giuridico ha fornito l’evoluzione giurisprudenziale, anche di matrice costituzionale (tra le tante, Corte Cost. 14 novembre 2007, n. 378).

Già nell’ordinanza n.416 del 2013, resa nell’ambito di questo giudizio in sede di appello cautelare, questo Consiglio aveva sinteticamente richiamato il particolare effetto di “irradiamento” del regime vincolistico che assiste i beni paesaggistici allorquando, come nella specie, vengono in rilievo opere infrastrutturali di rilevante impatto sul paesaggio.

In ogni caso, nella controversia in esame, non appare neppure necessario, ai fini del decidere, far richiamo a tale lata accezione che deve riconnettersi al bene paesaggio in occasione della valutazione di progetti aventi grande impatto visivo.

Portata dirimente, infatti, assumono al proposito i contenuti delle Linee-guida nazionali ( approvate con d.m. 10 settembre 2010) e regionali ( approvate con delibera di Giunta della Regione Molise n. 621 del 4 agosto 2011) per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, peraltro pienamente conformi tra loro quanto alle prescrizioni sul punto dettate ( cfr., in entrambi i testi, parte III, punto 14.9, lettera c) ). In base alle previsioni di dette linee-guida il soprintendente, chiamato a partecipare al procedimento funzionale all’adozione dell’autorizzazione unica, ha facoltà di esercitare i poteri previsti dall’art. 152 del Codice dei beni culturali e del paesaggio anche quando l’intervento ricada in aree contermini ( da calcolarsi secondo specifiche modalità, qui pienamente rispettate) a quelle espressamente vincolate ex lege ai sensi dell’art. 142 del Codice .

Né infine appaiono condivisibili i rilievi del primo giudice in ordine alla illegittimità delle predette linee-guida nazionali e regionali ( che pertanto, secondo il Tar, andrebbero disapplicate), in quanto adottate in carenza di una disposizione legislativa che autorizzi, a monte, l’esercizio da parte del soprintendente dei poteri di cui all’art. 152 cit. nei procedimenti che riguardino le aree contermini ai boschi.

In realtà, tale ultima disposizione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che reca nel titolo interventi soggetti a particolari autorizzazioni , attribuisce al soprintendente la possibilità di dettare prescrizioni di tutela idonee “ad assicurare la conservazione dei valori espressi dai beni protetti ai sensi del presente titolo”, con ciò rendendo palese il riferimento

D’altra parte sarebbe illogico che tale sistema di ulteriore protezione ( indiretta) dei beni paesaggistici assistesse unicamente quelli sottoposti a dichiarazione di notevole interesse pubblico ( le cui categorie sono contemplate dall’art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) e non invece i beni paesaggistici previsti dalla legge ( art. 142), in cui il valore paesaggistico compendiato nel vincolo ex lege che li assiste è una qualità correlata originariamente al bene, non suscettibile di una protezione giuridica di minore intensità.

Anche in ordine a tale parte, pertanto, la sentenza impugnata va riformata, sussistendo nella specie un titolo giuridico che legittimi la partecipazione al procedimento autorizzatorio dell’autorità preposta alla tutela paesaggistica.

17.- In definitiva, l’appello va accolto nei sensi e limiti di cui in motivazione.

In parziale riforma della impugnata sentenza, va respinto il ricorso di primo grado della società Sicop s.r.l. e va accolto, nei limiti di cui innanzi, il ricorso del Ministero dei beni e delle attività culturali.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, in considerazione della particolarità della vicenda trattata.

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