Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-03-11, n. 202201733

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-03-11, n. 202201733
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202201733
Data del deposito : 11 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/03/2022

N. 01733/2022REG.PROV.COLL.

N. 03571/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3571 del 2021, proposto da
B G e A Sieta' Agricola S.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Filippo Lattanzi in Roma, via G. P. Da Palestrina n.47;

contro

Comune di Chiari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M B, M C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, via Lazio M. 9;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) n. 00136/2021, resa tra le parti,

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Chiari;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2022 il Cons. Ulrike Lobis e uditi per le parti gli avvocati M B e F O;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in esame, parte ricorrente ha appellato la sentenza n. 136/2021 del TAR per la Lombardia - Sezione staccata di Brescia, concernente il rigetto del gravame proposto dalla stessa parte per ottenere l’annullamento del diniego del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 DPR 380/2001 espresso dal Comune di Chiari con provvedimento prot. P.E. 2019/02923/C dd. 20.9.2019, nonché l’annullamento della nota dd. 26.09.2019, prot. n. 35076 concernente la ripresa di efficacia dell’ordinanza di rimessione in pristino n. 9 del 6.2.2019 e di due pareri a essi prodromici.

In particolare le opere oggetto dell’istanza riguardavano un ampliamento in lato sud est a ridosso della sala mungitura e sala latte dell’edificio aziendale situato in Chiari, via Monticelli di Sopra.

Il diniego del permesso di costruire in sanatoria si basava sulla circostanza che l’intervento ricadeva “..(..) in zona di cui all’art. 35 “aree agricole produttive” delle Norme Tecniche di attuazione del Piano delle Regole del PGT vigente e si pone in contrasto con il punto 8. distanza dalle strade del medesimo. L’immobile è infatti ad una distanza di 11,5 ml anziché 20 dalla strada comunale di Monticelli, ponendosi in contrasto col il suddetto articolo, nonché con le distanze prescritte per le costruzioni al di fuori del centro abitato dal regolamento del Codice della Strada, come peraltro evidenziato dal Comando di Polizia Locale con proprio parere in data 27.08.2019.(..).”

Con il ricorso al Tar l’odierna parte appellante aveva dedotto l’illegittimità del diniego e degli altri atti sul fondamentale assunto che il Comune avrebbe applicato erroneamente l’art. 36 del d.p.r. 380/2001 in quanto avrebbe calcolato come necessaria una distanza, tra la proprietà ricorrente e la strada confinante, di venti metri anziché quella di soli dieci metri;
e ciò avrebbe fatto sul presupposto che la strada in questione fosse (di natura) comunale anziché, come sostenuto dalla parte ricorrente, (di natura) privata.

All’esito del giudizio di prime cure il Tar ha respinto la censura, qualificando la strada come “vicinale di uso pubblico” e da ciò facendo derivare la necessità che fosse assicurata una distanza di venti metri.

2. Avverso la sentenza di primo grado parte appellante ha formulato i seguenti motivi di appello:

difetto di giurisdizione – violazione degli artt. 25, 103 cost., e degli artt. 7 e 8 c.p.a. ;

contraddittorietà della pronuncia – difetto e illogicità della motivazione - violazione dell’artt. 111, comma 6, Cost., degli artt. 822, 823, 824, 834 e 922 c.c. e del principio di tipicità dei modi di acquisizione al demanio di beni di proprietà privata - violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1 prot. addiz. Cedu ;

falsa applicazione dell’art. 825 c.c. e della regola della “dicatio ad patriam” come modo di costituzione di servitù pubblica e non di acquisto della proprietà;

violazione art. 31, c. 21, l. n. 448/1998;

surrettizia violazione del principio dell’onere della prova e degli artt. 64 c.p.a. e 2967 c.c. ;

errore di fatto – errato esame dei documenti;

omesso esame di documenti prodotti dal ricorrente e decisivi ai fini della decisione;
violazione degli artt. 64, commi 2 e 4, c.p.a. e 2697 c.c.;
difetto di motivazione;

Ha inoltre riproposto, in chiave “rinnovatoria”, il primo motivo di primo grado (violazione art. 36 d.p.r. n. 380/2001 per difetto dei presupposti - violazione art. 35.8 e dell’art. 39.1. n.t.a. del comune di Chiari - violazione art. 2, art. 3.1, n. 52, e art. 16 del codice della strada (d.lgs. n. 285/1992) - violazione art. 26 regolamento di esec. e di attuaz. codice della strada (d.p.r. n. 485/1992) – eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti determinazioni della p.a. – difetto e contraddittorietà della motivazione, travisamento) e il secondo motivo di primo grado (illegittimità derivata ed effetto caducante dell’annullamento).

L’amministrazione appellata si è costituita in giudizio, con articolata memoria, chiedendo il rigetto dell’appello.

Con ordinanza cautelare n. 3580/2021 e‘ stata accolta l’istanza cautelare e sospesa l’efficacia della sentenza e degli atti impugnati in primo grado.

Alla pubblica udienza del 03.02. 2022 la causa è passata in decisione.

3. Con il primo motivo di appello viene fatto valere il difetto di giurisdizione, nonché la violazione degli artt. 25, 103 cost., e degli artt. 7 e 8 c.p.a.

3.1 La censura non ha pregio. Sussiste la giurisdizione del G.A. per il caso de quo.

3.2. L’appellante in proposito segnala che l’impugnata sentenza del TAR Lombardia-Brescia risulterebbe essere emessa in difetto di giurisdizione, dal momento che il suo contenuto decisionale consisterebbe pressoché esclusivamente in un’operazione qualificatoria della “strada in questione, al fine del rispetto delle distanze da essa nell’edificazione, come una strada pubblica comunale a prescindere dalla formale titolarità del bene ”, eseguita, però, in totale assenza di “risultanze dei contratti scritti, dei libri e registri immobiliari e delle sentenze che accertano o costituiscono diritti immobiliari”.

3.3. Il Collegio è di diverso avviso. Parte ricorrente-appellante, contestando la qualificazione della strada de qua come effettuata dal Comune di Chiari ed asserendo che sarebbe da qualificare invece quale strada vicinale extraurbana assoggettata a servitù ad uso pubblico (art 3.1, n. 52 ed art. 26.2. Reg. att. del Codice della strada), con l’impugnazione del diniego comunale espresso con riferimento alla distanza da mantenere dalla strada confinante, non ha inteso mettere in dubbio la titolarità del bene o fare valere un proprio diritto di proprietà su tale strada, bensì ha contestato l’inquadramento della strada ai fini della determinazione della distanza da mantenere.

3.4. Nel caso concreto, quindi, il petitum sostanziale della parte ricorrente-appellante consiste nell’annullamento di un diniego di una concessione in sanatoria;
tale diniego si fonda, secondo l’amministrazione comunale appellata (basandosi su un parere reso dalla Polizia locale dell’amministrazione comunale relativo alla qualificazione della strada), sulla mancanza del presupposto della distanza minima di 20 m prescritta, prescritta dal Codice della Strada e dal Regolamento attuativo per le costruzioni al di fuori del centro abitato, tra la proprietà del ricorrente e la strada confinante di tipologia F.

3.5. La domanda giudiziale, quindi, non era volta ad affermare diritti di proprietà ecc. della parte ricorrente –appellante sulla strada confinante con la sua proprietà, ma solo a contestare la qualificazione della natura della strada ai sensi del Codice della Strada con riferimento al corretto uso del potere amministrativo in relazione alla domanda di sanatoria ex art. 36 DPR 380/2001 e le modalità del suo esercizio.

3.6. Pertanto, ai fini della individuazione della giurisdizione, la causa trattata in primo grado riguardava un petitum sostanziale non estraneo alla giurisdizione amministrativa, in quanto nella causa decisa in primo grado veniva in rilievo un accertamento in via incidentale non tanto sulla proprietà o meno della strada, o sull’accertamento e la costituzione di un diritto di servitù, bensì sulla caratteristica della stessa ai fini della determinazione delle distanze da mantenere nell’edificazione sul fondo confinante della parte appellante. L’esistenza o meno di una servitù pubblica su una strada, ovvero la titolarità del bene e l’appartenenza o meno della strada al demanio pubblico rilevano solo incidenter tantum ai fini della valutazione degli atti impugnati, con la conseguenza che la qualificazione della strada in base alla natura privata o pubblica della stessa può essere conosciuta in via incidentale, con efficacia limitata al giudizio, come elemento rilevante ai fini di accertare la legittimità del provvedimento impugnato che rigetta la domanda di sanatoria, rispetto al quale la posizione lesa ha la consistenza di interesse legittimo (Cons. Stato, Sez. V, 11.03.2020 n. 1743, Sez. V. 16.10.2017, 4791),

3.7. E in tale concetto si deve anche inquadrare l’operato del giudice di prime cure il quale - ai fini della decisone sull’annullamento o meno del diniego di sanatoria e a prescindere dalla formale titolarità del bene - doveva decidere se la classificazione della strada, come impostata dalla parte appellata, era giustificata o meno, ai fini della decisone sull’annullamento o meno del diniego di sanatoria, basandosi a tale fine sui documenti in atti, sulle statuizioni contenute nei provvedimenti di cui è causa e sulle definizioni contenute nel Codice della Strada (art. 3, comma 1, n. 52) e nel Regolamento di attuazione del Codice della Strada (art. 26.2).

3.8. E proprio i seguenti diversi fatti e circostanze, individuati dal Giudice di primo grado, quali le “ ..(..) peculiarità proprie della strada (che è aperta al pubblico transito, pone in comunicazione altre vie comunali e risulta essere oggetto di manutenzione da parte del solo Comune), assenza di qualsiasi atto riconducibile a una gestione della strada imputabile al proprietario privato, compresa la mancata costituzione del consorzio di gestione obbligatorio per legge e consenso manifestato dai proprietari al fine di addivenire all’accorpamento della strada al demanio pubblico senza avanzare alcuna pretesa indennitaria ..(..) hanno formato la base per giungere alla conclusione di .”.(..) qualificare la strada in questione, al fine del rispetto delle distanze da essa nell’edificazione, come una strada pubblica comunale a prescindere dalla formale titolarità del bene”.

3.9. Tale operato non esula dalla giurisdizione (nel senso descritto tra l’altro da Cassaz. S.U. n. 1674/2010 e n. 23561/2008) e dal potere decisionale “incidenter tantum ” del Giudice Amministrativo, in quanto la conclusione alla quale giunge il Giudice di primo grado non ha alcun riflesso di natura dichiarativa e costitutiva di diritti e tantomeno alcuna incidenza sui rapporti di proprietà o di diritti reali di tale strada, i quali anche in seguito a tale conclusione, necessaria al fine di decidere sul petitum della parte ricorrente-appellante, rimangono invariati.

3.10. Sulla base di quanto chiarito sopra sull’oggetto della controversia, il quale afferisce a posizioni di interesse legittimo al corretto esercizio del potere del Comune di Chiari con riferimento alla trattazione della domanda di sanatoria rispetto ai presupposti e alle condizioni previste dalla legge, è confermata la giurisdizione del G.A.

4. Con il secondo ed il terzo motivo, parte appellante lamenta la contraddittorietà della pronuncia e censura la stessa sotto i profili del difetto e illogicità della motivazione;
violazione dell’artt. 111, comma 6, Cost., degli artt. 822, 823, 824, 834 e 922 c.c. e del principio di tipicità dei modi di acquisizione al demanio di beni di proprietà privata;
violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1 prot. addiz. Cedu;
falsa applicazione dell’art. 825 c.c. e della regola della “ dicatio ad patriam ” come modo di costituzione di servitù pubblica e non di acquisto della proprietà;
violazione art. 31, c. 21, legge n. 448/1998.

4.1. Anche il secondo ed il terzo motivo non meritano accoglimento per le seguenti ragioni.

4.2. Come statuito nel precedente punto, vi è giurisdizione del G.A. quando la natura di una strada pubblica comunale o meno rileva solo incidenter tantum ai fini della valutazione della legittimità degli atti impugnati, non sussistendo qui pregiudiziali obbligatorie di competenza del Giudice ordinario (Cons. Stato, IV, 7 settembre 2006, n. 5209).

4.3. Orbene, nella fattispecie de qua, la conclusione alla quale è giunto il Giudice di primo grado non ha natura accertativa e dichiarativa sul diritto di proprietà o su diritti reali sulla strada, bensì consiste in una qualificazione della strada in questione, ottenuta sulla base della valutazione di fatti, di circostanze, di documenti, di provvedimenti ecc., necessaria al fine della determinazione della misura della distanza da mantenere da essa nell’edificazione. Tale qualificazione, come spiegato sub 3. della presente sentenza, è stata effettuata incidenter tantu m al fine di decidere il petitum sostanziale della causa in primo grado, ossia la correttezza o meno del diniego della sanatoria dell’ampliamento in lato sud est a ridosso della sala mungitura e sala latte dell’edificio aziendale, effettuata dalla parte appellante in mancanza di titolo abilitante e oggetto di ordine di demolizione per mancato rispetto delle distanze dalla strada che confina con la proprietà della parte appellante.

4.4. Il Collegio osserva che con riferimento alle modalità di individuazione e valutazione delle caratteristiche della strada de qua, laddove il Giudice di primo grado elenca gli elementi identificati ed esaminati, quali le “ ..(..) peculiarità proprie della strada (che è aperta al pubblico transito, pone in comunicazione altre vie comunali e risulta essere oggetto di manutenzione da parte del solo Comune), assenza di qualsiasi atto riconducibile a una gestione della strada imputabile al proprietario privato, compresa la mancata costituzione del consorzio di gestione obbligatorio per legge e consenso manifestato dai proprietari al fine di addivenire all’accorpamento della strada al demanio pubblico senza avanzare alcuna pretesa indennitaria ..(..) “ e li reputa decisivi ..(..) “allo scopo di qualificare la strada in questione, al fine del rispetto delle distanze da essa nell’edificazione, come una strada pubblica comunale a prescindere dalla formale titolarità del bene.. (..) si era attenuto agli indici e condizioni richiamati nella sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1727/2019, invocata dalla stessa parte appellante.

Questo accertamento è stato effettuato dal Giudice di primo grado, come correttamente dallo stesso indicato, a prescindere dalla formale titolarità del bene in quanto, come già più volte ribadito, nel caso concreto non era di interesse sostanziale la titolarità della proprietà della strada, bensì solamente la sua qualificazione ai sensi delle diverse tipi di strade, classificate dal Codice della Strada e dal relativo regolamento.

4.5. Giustamente è stato valutato anche dal Giudice di primo grado, con effetto dirimente, il documento del 24 gennaio 2018 contenente la dichiarazione sottoscritta dalle aziende agricole Chiari e Agroenergia e dai sig.ri Betti, odierni ricorrenti, con cui hanno manifestato il proprio consenso scritto al Comune ai sensi dell’art. 31, comma 21, della legge n. 448/98, per l’accorpamento della strada in parola al demanio stradale.

4.6. A tale proposito si ritiene che il Giudice di primo grado abbia correttamente riconosciuto che i sig.ri Betti con tale sottoscrizione hanno implicitamente attestato la sussistenza dei presupposti per riconoscere a tale strada le caratteristiche proprie del demanio stradale. Anche se il Comune di Chiari non aveva ancora provveduto ad adottare il provvedimento finale in materia di revisione catastale, tale dichiarazione era comunque un documento attendibile ai fini della individuazione e valutazione delle peculiarità di fatto (già) caratterizzanti la strada in questione ai fini della qualificazione della stessa (vicinale privata o comunale di tipo F, secondo la classificazione di cui al d.p.r. 495/1992, art. 26) e di conseguenza al fine della determinazione della distanza da mantenere per le edificazioni sui fondi confinanti.

4.7. Contrariamente alle affermazioni della parte appellante, secondo le quali in nessuna parte della sentenza sarebbe individuato un titolo idoneo al trasferimento della proprietà della strada si rileva che, sempre solo ai fini di accertare incidenter tantum la qualificazione della strada, nella sentenza impugnata sono stati correttamente individuati e inquadrati a tal fine anche i provvedimenti comunali di accorpamento al demanio stradale delle porzioni di terreno utilizzate ad uso pubblico, ininterrottamente da oltre venti anni, previa acquisizione del consenso da parte degli attuali proprietari, come previsti dall’art. 31, comma 21 della legge n.448 del 23.12.1998, in quanto tali provvedimenti costituiscono titoli che rientrano tra le previsioni contenute nell’art. 922 c.c.. Per questo motivo sono infondate le asserite violazioni delle disposizioni della predetta legge n. 448/1998.

4.8. Pertanto non hanno alcun rilievo le doglianze fatte valere dalla parte appellante con riferimento alle asserite violazioni della legge n.448 del 23.12.1998 e nemmeno quelle con le quali l'appellante si duole della violazione del principio di tipicità dei modi di acquisizione al demanio di beni di proprietà privata, della violazione delle disposizioni degli artt. 822 ss e 922 del Codice civile in materia di beni appartenenti allo stato ed agli enti pubblici, in quanto trattasi solo di individuazione incidenter tantum della presenza dei requisiti ai fini della qualificazione della strada;
sono del pari del tutto inconferenti le doglianze in merito alla asserita falsa applicazione dell’art. 825 c.c. e della regola della “ dicatio ad patriam ” come modo di costituzione di servitù pubblica e non di acquisto della proprietà.

4.9. Concludendo, siccome tale qualificazione, per quanto qui di rilievo, non ha alcun riflesso sostanziale e reale sulla demanialità o meno della strada in oggetto, e tantomeno sulla costituzione o meno di una servitù pubblica, questo Collegio non ravvisa cogliere nel segno, rispettivamente essere pertinente, l’argomentazione svolta dalla parte appellante sui presupposti elaborati dalla giurisprudenza da essa richiamata sull’acquisto della proprietà della strada, in quanto quest’ultimo profilo non è oggetto del contendere.

4.10. Sono quindi destituite di fondamento le doglianze sulle asserite contraddittorietà contenute nella sentenza e sul difetto di motivazione, in quanto è perfettamente ripercorribile l’iter logico seguito dal Giudice di primo grado nello sviluppo dell’argomentazione giuridica operata con la sentenza in merito alla qualificazione della strada.

5. Con il quarto, quinto e sesto motivo, l’appellante deduce la surrettizia violazione del principio dell’onere della prova e degli artt. 64 cod. proc. amm. e 2967 c.c.;
errore di fatto – errato esame dei documenti;
omesso esame di documenti prodotti dal ricorrente e decisivi ai fini della decisione;
violazione degli artt. 64, commi 2 e 4, cod. proc. amm. e 2697 c.c.;
difetto di motivazione

5.1. Anche tali censure sono manifestamente infondate.

5.2. I Giudici di primo grado hanno formato il convincimento al quale sono giunti in merito alla classificazione della strada de qua sulla base delle circostanze non contestate e dei documenti depositati dalle parti. Mentre il Comune di Chiari - il quale sosteneva che la strada per le sue peculiarità (strada aperta al pubblico transito da tempo immemorabile, che pone in collegamento altre vie comunali e la cui manutenzione era curata dal Comune;
nessun proprietario privato ne ha mai rivendicato la proprietà, né ha preteso di limitarne il transito, istituire servitù prediali o altro) doveva essere ascritta al genus delle strade gravate da uso pubblico - aveva assolto il relativo proprio onere di prova, depositando a tal uopo tra l’altro copia della dichiarazione firmata dalla parte appellante in data 24 gennaio 2018 (contenente la dichiarazione con cui ha manifestato il proprio consenso scritto al Comune ai sensi dell’art. 31, comma 21, della legge n. 448/98, per l’accorpamento della strada in parola al demanio stradale), parte appellante non ha provato con alcun documento determinante a sostegno della sua tesi, la sussistenza degli elementi ai fini della sua classificazione come strada vicinale ad uso pubblico di cui all’art. 3, comma 1, n. 52 del Codice della Strada.

5.3. Pertanto, nella sentenza impugnata i Giudici di primo grado hanno correttamente motivato il convincimento al quale sono giunti in merito alla classificazione della strada, laddove affermano: “ Il punto 52 dell’art. 3 del regolamento di attuazione del codice della strada, infatti, definisce come strada vicinale o poderale o di bonifica la “strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico”. Tale categoria di strada è caratterizzata dalla natura privata dei proprietari della strada, i quali dovrebbero farsi carico delle spese necessarie a garantirne la fruibilità, salva la compartecipazione del Comune (in misura variabile da un quinto alla metà) in ragione dell’uso pubblico, previa costituzione dell’obbligatorio (ai sensi dell’art. 14 L. 12 febbraio 1958, n. 126, unico articolo che non risulta abrogato dal Codice della strada) consorzio privato di gestione. Nella fattispecie in esame, invece, non risulta esservi stato alcun esercizio della proprietà privata sulla strada, mentre è un incontestato l’uso pubblico, risalente ad oltre vent’anni, come dichiarato all’atto della sottoscrizione del sopra ricordato consenso all’accorpamento al demanio comunale. Uso pubblico a fronte del quale vi è stata una totale abdicazione delle facoltà dominicali e sottrazione agli oneri propri dei proprietari e ciò induce a ritenere che la strada abbia perso la propria natura vicinale, per avere, questa, acquisito caratteristiche oggettive che la rendono a tutti gli effetti riconducibile alla categoria delle strade comunali e, dunque, quanto alla sua gestione e ai conseguenti effetti, alla categoria “F” del codice della strada. Pertanto, peculiarità proprie della strada (che è aperta al pubblico transito, pone in comunicazione altre vie comunali e risulta essere oggetto di manutenzione da parte del solo Comune), assenza di qualsiasi atto riconducibile a una gestione della strada imputabile al proprietario privato, compresa la mancata costituzione del consorzio di gestione obbligatorio per legge e consenso manifestato dai proprietari al fine di addivenire all’accorpamento della strada al demanio pubblico senza avanzare alcuna pretesa indennitaria convergono allo scopo di qualificare la strada in questione, al fine del rispetto delle distanze da essa nell’edificazione, come una strada pubblica comunale a prescindere dalla formale titolarità del bene.

5.4. Infine si rammenta che anche la doglianza della parte appellante, secondo la quale la sentenza sarebbe viziata in quanto non avrebbe valutato la documentazione prodotta dalla parte appellata, ovvero ne avrebbe travisato il contenuto, è infondata.

5.5. Nella sentenza non è stato affatto omesso di valutare la documentazione prodotta dalla parte appellante, in quanto con riferimento alla non adeguatamente dimostrata affermazione, che nei confronti di altri frontisti il Comune avrebbe imposto una distanza minore, è stato invece correttamente osservato dai Giudici di primo grado che la differenza tra le fattispecie non è riconducibile alla qualificazione della strada come vicinale, ma piuttosto ad altri e diversi presupposti di legge (e, in particolare, quelli che legittimano deroghe collegate alle autorizzazioni provinciali concesse per l’edificazione).

Né a diverse conclusioni può condurre la circostanza, affermata nel ricorso, ma non dimostrata, che nei confronti di altri frontisti sia stato imposto il rispetto della minore distanza, pari a dieci metri e che ciò sia accaduto in ragione della qualificazione della strada come vicinale e non anche del ricorrere di diversi presupposti di legge (e, in particolare, quelli che legittimano deroghe collegate alle autorizzazioni provinciali concesse per l’edificazione). Tale asserzione non è stata suffragata da alcun principio di prova, anche in considerazione del fatto che, a differenza di quanto sostenuto da parte ricorrente, sul punto non può essere ritenuta rilevante la sentenza di questo Tribunale n. 116/2017 (nel ricorso proposto dalla società Agricola Chiari 2), che non contiene alcun giudicato sulla distanza da rispettare rispetto alla strada in questione”.

5.6. Il Collegio rileva a tale proposito che da una attenta lettura dei documenti in atti emerge che, ad esempio, le autorizzazioni per l’Azienda Agricola Chiari 2, alle quali allude parte appellante (doc. 14 della parte appellante, fascicolo TAR, parere Polizia locale 3.4.2017 per la soc. agricola Chiari 2), rilasciate per opere a distanza inferiore di m 20 da via Monticello, altro non possono essere che autorizzazioni rilasciate in deroga;
così, dal parere della Polizia locale dd.

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