Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-21, n. 202404526

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-05-21, n. 202404526
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404526
Data del deposito : 21 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/05/2024

N. 04526/2024REG.PROV.COLL.

N. 08641/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 8641 del 2023, proposto dalla Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R P e R S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

la Federazione C.I.S.L. Università - Provincia di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R M e G M P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

nei confronti

dell’Università degli Studi della Campania L V – Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione sesta, n. 4424 del 24 luglio 2023, resa tra le parti, concernente la delibera della Giunta regionale della Campania del 17 marzo 2020, n. 139, di approvazione del Piano Triennale del Fabbisogno di Personale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Vanvitelli, per il triennio 2019-2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione C.I.S.L. Università - Provincia di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’istanza di passaggio in decisione della parte appellata;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2024, il consigliere Nicola D’Angelo e udita per l’appellante l’avvocato R S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Federazione C.I.S.L. Università – Provincia di Caserta (di seguito CISL) ha impugnato al Tar di Napoli la delibera della Giunta Regionale della Campania del 17 marzo 2020, n. 139, con cui è stato approvato il Piano triennale del fabbisogno di personale (di seguito PTFP) dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Vanvitelli, per il triennio 2019-2021.

1.1. In particolare, la delibera è stata impugnata nella parte in cui ha individuato, quale comparto applicabile per la disciplina dei rapporti di lavoro del personale assunto con l’approvazione del medesimo Piano, il Comparto Sanità, in luogo del Comparto Istruzione e Ricerca.

1.2. Il Tar, con la sentenza indicata in epigrafe (n. 4424 del 2023), ha accolto il ricorso (condannando la Regione alle spese di giudizio), dopo avere affermato preliminarmente la giurisdizione del giudice amministrativo (in ragione del rilievo dell’atto di macro-organizzazione).

1.3. Lo stesso Tribunale ha infatti condiviso in merito le considerazioni svolte in un precedente del giudice ordinario. Più nel dettaglio, la CISL aveva impugnato il decreto del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro sanitario della Regione Campania n. 10/2019, con cui era stato approvato il precedente PTFP, nella parte in cui, recando la previsione dell’inquadramento del personale nei profili professionali previsti dal CCNL del Comparto Sanità, avrebbe leso le prerogative sindacali.

1.4. Il relativo contenzioso si era articolato in una prima sentenza del Tar di Napoli, n. 1087 del 2021, che aveva declinato la giurisdizione in merito all’asserita condotta antisindacale, ed in un giudizio, in sede di riassunzione, innanzi al Tribunale ordinario di Napoli, che con la sentenza n. 6091 del 2022 aveva accolto il ricorso proposto.

1.5. Il Tar, nella sentenza oggetto del presente appello, ha dunque aderito, in ordine al tema del comparto applicabile, alle conclusioni del giudice ordinario secondo il quale:

- la formulazione dell’art. 40, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 (testo unico del pubblico impiego) prevede quattro comparti di applicazione dei contratti nazionali: funzioni centrali, funzioni locali, istruzione e ricerca, sanità;

- al centro del sistema contrattuale nel settore pubblico si pone il contratto collettivo nazionale di comparto, che esplica la sua funzione normativa nel fornire la regolamentazione generale dei rapporti di lavoro instaurati dalle p.a. del comparto cui il contratto si riferisce;

- l’Azienda Ospedaliera Universitaria L V è una delle varie aziende ospedaliere di cui all’art. 2, comma 2, lettera a ), del d.lgs. n. 517 del 1999 esistenti sul territorio nazionale in seguito alla trasformazione dei policlinici a gestione diretta (essa è stata costituita dalla Università della Campania L V);

- il d.lgs. n. 517 del 1999, nel dettare la disciplina giuridica di detta tipologia di Aziende, costituite dalle Università con autonoma personalità giuridica e denominate Aziende Ospedaliere Universitarie integrate con il Servizio Sanitario Nazionale, ha stabilito, per rispondere alle esigenze funzionali degli ex policlinici annessi alle facoltà di medicina e chirurgia, che il rapporto di lavoro del personale di dette aziende fosse instaurato dall’università e disciplinato dalla contrattazione collettiva nazionale del settore Università;

- il Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale (2016-2018), sottoscritto in data 13 luglio 2016 dall’ARAN e dalle Confederazioni Sindacali, nel dare concretizzazione alla previsione dell’art. 40, secondo comma, del d.lgs. n. 165 del 2001, ha previsto che il personale dell’Azienda Ospedaliera Universitaria integrata con il Servizio Sanitario Regionale, debba essere inquadrato nei profili professionali contemplati dal CCNL nel Comparto Istruzione e Ricerca.

2. Contro la suddetta sentenza ha quindi proposto appello la Regione Campania sostenendo l’erroneità della decisione del Tar sulla illegittimità del PTFP per avere applicato all’Azienda Ospedaliero Universitaria il comparto sanità invece che quello dell’università.

2.1. Secondo l’Amministrazione appellante, l’inquadramento nel CCNL sanità disposto dal Piano Triennale del Fabbisogno per il Triennio 2019/2021 riguardava esclusivamente il personale destinato al servizio sanitario regionale e non quello universitario nella sola percentuale pari al 25% della dotazione organica complessivamente determinata, così come stabilito dal decreto del Commissario ad acta per l’attuazione del piano di rientro sanitario della Regione Campania n. 67/2016 che nell’allegato “ Provvedimento di definizione del fabbisogno di personale delle Aziende Sanitarie della Regione Campania ” al punto n. 5 avrebbe stabilito che con riferimento al personale afferente alle Aziende Ospedaliere Universitarie (L V e F I) si sarebbe tenuto conto, per la determinazione del personale a cui si applica il CCNL sanità, di una percentuale pari al 25% della dotazione organica complessivamente determinata.

2.2. Il d.lgs. n. 517 del 1999, di disciplina dei rapporti tra il servizio sanitario nazionale e le università, prenderebbe a riferimento (art. 5) esclusivamente i professori e i ricercatori e solo per ragioni di garanzia dei livelli essenziali di assistenza la Regione appellante avrebbe poi consentito un reclutamento autonomo nei limiti della spesa generale previsti per il personale dell’area sanità.

2.3. Parte appellante evidenzia, inoltre, che con la legge regionale n. 18 del 2022 si sarebbe definito un modello aziendale unico per gli ospedali universitari fondato sui provvedimenti commissariali e della Giunta in precedenza intervenuti e l’erroneità della condanna alle spese del giudizio di primo grado solo in capo all’Amministrazione regionale.

3. La CISL si è costituita in giudizio il 6 novembre 2023, chiedendo il rigetto dell’appello, ed ha depositato un’ulteriore memoria il 24 novembre 2023 e documenti il 29 novembre 2023.

4. Nella camera di consiglio del 30 novembre 2024 l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, è stata abbinata al merito.

5. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 14 marzo 2024 senza che le parti abbiano insistito per la trattazione della domanda cautelare.

6. L’appello non è fondato.

7. Merita infatti conferma l’avviso del primo giudice secondo cui la Regione non poteva prevedere in un proprio atto di macro-organizzazione che al personale di un’Azienda Ospedaliero Universitaria, ovvero a parte di esso, si applicasse la contrattazione collettiva relativa al Comparto Sanità in luogo di quella relativa al Comparto Istruzione e Ricerca, come stabilito dall’Accordo Quadro sottoscritto dall’ARAN con le associazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego.

7.1. Al riguardo, decisivo è il richiamo all’articolo 40, comma 4, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, il quale sancisce l’obbligo delle amministrazioni pubbliche di conformarsi a quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali e integrativi (ivi compresi, ovviamente, quelli sottoscritti dall’ARAN nella sua funzione di rappresentanza legale di tutte le amministrazioni pubbliche ex articolo 46, comma 1, del medesimo decreto).

7.2. Quest’ultima disposizione, secondo la Corte costituzionale, giustifica l’efficacia cogente dei predetti contratti nei confronti di tutte le amministrazioni pubbliche senza tuttavia arrivare ad assumerne l’efficacia erga omnes, la quale non sarebbe in linea con il precetto di cui all’articolo 39 Cost., a mente del quale una tale efficacia potrebbe conseguire solo alla registrazione (mai verificatasi nella pratica) dell’organizzazione sindacale che sottoscrive il contratto (cfr. Corte cost., sent. 16 ottobre 1997, n. 309).

8. In questo quadro, non è predicabile una differenziazione nell’ambito del personale delle A.O.U., come vorrebbe la Regione odierna appellante, tra quello addetto ad attività didattica e di ricerca (cui si applicherebbe la contrattazione collettiva relativa al Comparto Istruzione e Ricerca) e quello addetto a mansioni assistenziali (cui sarebbe invece legittimo applicare il regime del Comparto sanità). E ciò non perché tale distinzione sia vietata da una qualche norma di legge che in astratto la precluda, ma semplicemente perché non è consentita dal suindicato Accordo Quadro, il quale, evidentemente muovendo dal dato normativo della stretta integrazione che nell’organizzazione delle A.O.U. (e, quindi, anche nell’attività del personale tutto) vi è tra le funzioni didattiche e di ricerca e le funzioni assistenziali, ai sensi dell’articolo 3 del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, ha ritenuto più ragionevole che il personale tutto delle ridette Aziende sia assoggettato a un medesimo regime, individuato in quello del Comparto Istruzione e Ricerca.

9. A fronte di ciò, non sono convincenti gli argomenti in contrario addotti dall’Amministrazione appellante, basati sul richiamo o al dato che le Aziende de quibus sempre più sono chiamate a concorrere alla realizzazione degli obiettivi del SSN (ma ciò, che peraltro era previsto già nella versione originaria del d.lgs. n. 517 del 1999, è questione diversa, afferente alle funzioni istituzionali svolte dalle Aziende, rispetto a quella del trattamento giuridico ed economico del loro personale) ovvero a provvedimenti amministrativi precedenti (rispetto ai quali, in disparte la loro inidoneità ad autorizzare l’inosservanza di una norma di legge quale è il ricordato articolo 40, comma 4, del d.lgs. n. 165/2001, parte appellata rappresenta che in nessuna parte di essi vi è aggancio alla censurata diversità di trattamento del personale) o ancora alla sopravvenuta legge regionale n. 18 del 2022 (la quale però pacificamente non è applicabile ratione temporis alla vicenda per cui è causa, il che esonera anche dall’approfondire le ventilate censure di incostituzionalità cui secondo parte appellata sarebbe esposta).

10. Pertanto, deve ritenersi condivisibile anche il richiamo alla precedente sentenza del Tribunale ordinario di Napoli, su cui il Tar ha fondato la propria decisione e che, contrariamente all’assunto della Regione appellante (che cerca di esaltare la diversità delle fattispecie concrete esaminate), ha effettivamente esaminato la medesima quaestio juris attorno alla quale ruota il presente giudizio.

11. Quanto alla contestata condanna alle spese disposta nel giudizio di primo grado solo con riguardo alla Regione, va rilevato che l’atto impugnato in via prevalente e pregiudiziale è stato il PTFP (il gravame si è poi esteso agli atti conseguenti adottati dall’Azienda Ospedaliera Universitaria). Sotto questo punto di vista, non appare quindi irragionevole la statuizione sulle spese operata dal Tar che con la sua decisione ha annullato il suddetto Piano regionale nella parte in ci ha individuato il comparto sanità.

11.1. Va, peraltro, sottolineato che, a prescindere dalla pur presente motivazione della compensazione delle spese in favore dell’Azienda Universitaria, nel processo amministrativo la sindacabilità in appello della condanna alle spese giudiziali comminata in primo grado, in quanto espressiva della discrezionalità di cui dispone il giudice in ogni fase del processo, è limitata solo all’ipotesi in cui venga modificata la decisione principale, salvo la manifesta abnormità (cfr. ex multis , Consiglio di Stato, sez. V, 23 febbraio 2024, n.1816).

12. Per le ragioni sopra indicate, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.

13. Tenuto conto della natura interpretativa della controversia, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.

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