Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-04-26, n. 201902689
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 26/04/2019
N. 02689/2019REG.PROV.COLL.
N. 00853/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 853 del 2013, proposto dalla signora C P, rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato C P in Roma, via Albalonga, n. 7;
contro
la Regione Molise, la Regione Molise - Direzione Generale III Assessorato Agricoltura e Foreste e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise, non costituiti in giudizio;
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
la Società "Paglione Italo e Figlio Claudio Società in Nome Collettivo", rappresentata e difesa dall'avvocato Nicola Mancini, con domicilio eletto presso la sezione terza del Consiglio in Roma, piazza Capo di Ferro, n. 13;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise n. 594 del 2012, concernente concessione suolo tratturale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Società "Paglione Italo e Figlio Claudio Società in Nome Collettivo";
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 16 aprile 2019 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati S S, Nicola Mancini e l'Avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con l’atto n. 168 del 3 giugno 2010, l’Assessorato agricoltura e foreste della Regione Molise ha rilasciato alla società controinteressata in primo grado una concessione quinquennale per l’utilizzo di 5.250 mq del suolo del tratturo Cortile Maltese, sito nel territorio del Comune di Campobasso.
2. Col ricorso di primo grado n. 402 del 2010, proposto dinanzi al Tar Molise, l’odierna appellante:
- ha rilevato di essere titolare di una concessione del medesimo suolo tratturale;
- ha impugnato la concessione n. 168 del 2010, nonché gli atti presupposti, lamentando molteplici profili di violazione di legge e di eccesso di potere.
3. L’adito Tar Molise, con la sentenza n. 594 del 2012, ha respinto il ricorso ed ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.
4. Con l’appello in esame l’interessata ha impugnato la sentenza del Tar ed ha chiesto che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto.
5. Si sono costituite nel corso del giudizio d’appello le Amministrazioni che hanno impugnato gli atti impugnati in primo grado, nonché la società che ha ottenuto la contestata concessione.
6. All’udienza pubblica del 16 aprile 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Ritiene la Sezione che l’appello nel suo complesso risulta infondato e va respinto, poiché va integralmente condivisa l’articolata motivazione della impugnata sentenza del TAR.
Dopo aver ricostruito i fatti che hanno condotto alla presente fase del giudizio (v. pp 1-5 dell’atto d’appello), l’interessata ha formulato cinque motivi d’appello, riproduttivi delle censure già proposte in primo grado.
2. Con il primo motivo, è dedotta la violazione del regolamento regionale di esecuzione della l. reg. Molise n. 9 del 1997, concernente la gestione dei suoli tratturali.
L’appellante ha dedotto che la normativa regolamentare, per il rilascio del titolo, ha previsto la necessità che vi sia un fondo intercluso, mentre nella specie la società controinteressata, ora appellata, può accedere al proprio fondo dalla strada statale n. 87, antistante la sua proprietà, attraverso il cancello posto al suo ingresso.
Il Tar ha respinto la censura, rilevando che il regolamento indicato nel ricorso introduttivo, approvato con l’atto n. 1 dell’8 gennaio 2003, è stato sostituito da un altro regolamento e, inoltre, che il provvedimento n. 168 del 2010 non ha previsto la modifica dello stato dei luoghi, avendo unicamente consentito il passaggio.
L’appellante, con le sue censure contenute nell’atto d’appello, ha dedotto che anche il nuovo regolamento regionale n. 15 del 2007, approvato con la delibera della giunta n. 752 del 2006, ha previsto che “le concessioni possono essere assentite per … passaggio e transito per il raggiungimento dei fondi interclusi”.
Osserva al riguardo il Collegio che la censura di violazione del regolamento comunale n. 15 del 2007, in quanto non proposta in primo grado, non può rilevare in questa sede.
Una analoga considerazione è già contenuta nella sentenza impugnata, la quale ha rilevato come non fosse sussistente la violazione del regolamento del 2003, proprio perché questo era stato sostituito con l’altro regolamento, prima della emanazione della concessione n. 168 del 2010.
Peraltro, va confermata l’ulteriore statuizione con cui il TAR ha esaminato sotto il profilo sostanziale la censura di primo grado, pur se riferita al regolamento sopravvenuto, non menzionato nel ricorso originario.
Con adeguata motivazione, la sentenza impugnata ha evidenziato che la contestata concessione ha riguardato un suolo tratturale che in precedenza è già stato oggetto di una analoga concessione, rilasciata alla stessa appellante.
Tale circostanza comporta l’irrilevanza del richiamo, nel regolamento, alla interclusione del fondo.
L’art. 5, comma 4, del nuovo regolamento, così come l’art. 13, comma 2, lett. a), del regolamento precedente, si è riferito al caso in cui vi sia il rilascio di una concessione di un tratto per il quale nessuna concessione rilasciata in precedenza sia efficace.
Infatti, può essere consentito un utilizzo particolare – in favore di un singolo utente – quando vi sia uno specifico interesse pubblico, tra cui quello di accedere ad un fondo, in precedenza intercluso.
Allorquando però già vi sia stata una concessione per un utilizzo particolare, tale comparazione tra l’interesse pubblico deve tenere conto di tale precedente rilascio: se il tratturo è già utilizzato per l’accesso ad un fondo, si può consentire l’utilizzazione per accedere anche ad un altro fondo, sia pure non intercluso.
Nella specie, come ha rilevato il TAR, la concessione impugnata non ha consentito alcuna modifica dello stato dei luoghi, senza incidere sul passaggio carrabile dalla strada demaniale.
Non rilevando l’aspetto della interclusione, diventa irrilevante la nota trasmessa alla Soprintendenza in data 13 aprile 2010, con cui si segnalava la relativa circostanza.
3. Con il secondo motivo, è riproposta la censura di disparità di trattamento, rispetto alle determinazioni che in precedenza hanno riguardato un altro richiedente (il signor Aure. Ioff.).
Al riguardo, il Tar ha evidenziato la diversità delle situazioni, sottolineando che la concessione impugnata non ha consentito la modifica dello stato dei luoghi.
Ad avviso dell’appellante, tale considerazione sarebbe errata, poiché nella stessa istanza – poi accolta con l’atto impugnato – la società controinteressata in primo grado ha evidenziato l’intendimento futuro di realizzare ‘un ampio fabbricato antisismico a risparmio energetico’.
Ritiene al riguardo il Collegio che in linea di principio, il profilo di eccesso di potere per disparità di trattamento può essere formulato dal ricorrente per far rilevare come la propria posizione sia stata trattata diversamente rispetto a casi identici o comunque assimilabili, ma non anche per evidenziare come un atto discrezionale favorevole al controinteressato non sia coerente con altre determinazioni riguardanti soggetti terzi, le cui posizioni non siano oggetto del giudizio.
Peraltro, anche a voler considerare ammissibile la deduzione, la censura risulta infondata, poiché l’intendimento rimarcato dalla ricorrente (concernente la realizzazione in futuro di un manufatto) non riguarda di per sé l’area tratturale in questione e comunque, nel corso del procedimento che sarà eventualmente attivato dalla controinteressata, non potrà che rilevare la situazione di fatto in cui si trova la strada, destinata a tratturo in assenza di opere e manufatti e che tale deve continuare ad essere, dopo il rilascio della contestata concessione.
4. Con il terzo motivo, è lamentato che si è rilasciata una ulteriore concessione avente per oggetto il medesimo suolo tratturale già oggetto della concessione rilasciata in data 10 aprile 2006 all’appellante e, inoltre, che la concessione di data 3 giugno 2010 non avrebbe determinato la superficie che ne è oggetto.
Ad avviso dell’appellante, il medesimo suolo tratturale non potrebbe comunque essere oggetto di due concessioni, rilasciate a soggetti doversi, e vi sarebbe una contraddittorietà tra gli atti.
Ritiene il Collegio che tali censure risultano infondate e vanno respinte.
Innanzitutto, la contestata concessione ha un oggetto ben determinato, perché già l’originaria istanza della società controinteressata ha fatto riferimento alla ‘estensione territoriale di circa mq 5.250’ e ad una allegata planimetria catastale.
La stessa istanza ha poi fatto anche espresso riferimento alla concessione rilasciata al 10 aprile 2006 alla attuale appellante.
Pertanto, nel corso del procedimento, si è tenuto conto di un’area ben determinata, per di più proprio col richiamo alla precedente rilasciata concessione.
Circa la questione di principio sul se si possa rilasciare una concessione demaniale che sia stata oggetto di una precedente concessione, si deve rilevare come la soluzione dipenda dall’intrinseco oggetto della concessione già rilasciata.
Se questa ha previsto un uso esclusivo ed il possesso esclusivo del concessionario, risulta effettivamente contraddittoria una successiva concessione che consenta un ulteriore uso a favore individuale.
Tuttavia, nel caso di specie la concessione del 10 aprile 2006 ha riguardato l’accesso, oltre che il deposito di materiale, dunque consentendo – doverosamente – l’utilizzazione del suolo tratturale anche ai terzi: non è dunque contraddittorio l’ulteriore provvedimento che ha consentito il passaggio anche alla società controinteressata in primo grado.
5. Con il quarto motivo è dedotto che il Tar avrebbe incongruamente richiamato in motivazione una circostanza di per sé irrilevante, e cioè che l’appellante sarebbe stata diffidata dalla Regione Molise a rimuovere una sbarra, indebitamente posta sul suolo tratturale.
Inoltre, è dedotto che il Tar non avrebbe esaminato le censure di disparità di trattamento e non avrebbe considerato che la stessa appellante si è attivata per tutelare l’area tratturale, segnalando alla Regione e alla Soprintendenza che vi è stato un indebito taglio di vegetazione, con l’accumulo di immondizia.
Infine, nel narrare ancora i fatti accaduti, l’appellante ha dedotto ancora che la società controinteressata potrebbe accedere agevolmente al proprio fondo dalla strada statale n. 87.
Osserva al riguardo il Collegio che tutte le circostanze richiamate con tale censura non siano rilevanti per la definizione del giudizio.
Quanto al richiamo nella sentenza del Tar alla sbarra, la relativa considerazione non ha inteso ravvisare responsabilità, ma unicamente rilevare come il tratto in questione possa essere legittimamente utilizzato da più soggetti, in base alle concessioni rilasciate dalla Regione.
Quanto ai richiami all’indebito taglio della vegetazione e all’accumulo di materiali, si tratta di circostanze che non attengono ai procedimenti rilevanti nel giudizio e che, se del caso, giustificano l’esercizio dei relativi poteri repressivi.
Infine, l’ulteriore riferimento alla posizione del signor Aure. Ioff. nulla aggiunge a quanto dedotto col secondo motivo, già sopra respinto al § 8, mentre la deduzione dell’accesso al fondo dalla strada statale n. 87 è ripetitiva di quanto già lamentato col primo motivo, respinto al precedente § 7 ss.
6. Con il quinto motivo, è stata dedotta la erroneità della statuizione con cui il TAR ha posto a carico dell’appellante le spese del primo grado del giudizio.
Tale censura va respinta.
Per la pacifica giurisprudenza, che il Collegio condivide e fa propria anche nell’attuale quadro normativo, il Tar ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. St., A.P., 24 maggio 2007, n. 8).
Il Tar ha il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (Cons. St., sez. III, 9 novembre 2016, 4655;sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012;sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891;sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471;sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798), ma senz’altro può porre a carico del soccombente le spese del giudizio.
7. Per le ragioni che precedono, l’appello in esame va respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.