Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-01-10, n. 201700045

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-01-10, n. 201700045
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201700045
Data del deposito : 10 gennaio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/01/2017

N. 00045/2017REG.PROV.COLL.

N. 04554/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4554 del 2016, proposto dalla Ecoambiente Salerno S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato E A, con domicilio eletto presso lo Studio Alfredo e Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, 2

contro

Comune di Capaccio, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato E G, con domicilio eletto presso Oreste Carracino in Roma, via Sommacampagna, 9

nei confronti di

Ati Helios S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Armenante, con domicilio eletto presso Annalisa Di Giovanni in Roma, via di S. Basilio, 61

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania - Sezione staccata di Salerno, Sezione I, n. 859/2016


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Capaccio e della ATI Helios S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il Cons. Claudio Contessa e udito l’avvocato Verderosa per delega dell’avvocato Angelone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al TAR della Campania – Sezione staccata di Salerno e recante il n. 2775/2015 l’odierna appellante Ecoambiente Salerno s.p.a. invocava la declaratoria di nullità degli atti con cui il Comune di Capaccio aveva aggiudicato, in via definitiva, la gara avente ad oggetto “ il servizio di conferimento dei rifiuti solidi urbani e la gestione dei rifiuti prodotti dall’impianto di depurazione comunale ”.

Premetteva l’odierna appellante di essere società ‘ in house ’ dell’amministrazione provinciale di Salerno, costituita ai sensi dell’art. 11, comma 2 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 – convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26 -, secondo cui, a far data dal giorno 1 ottobre 2009, le Province subentrano in tutte le attività di raccolta, trasporto, trattamento, smaltimento, ovvero di recupero dei rifiuti (indifferenziati).

La ricorrente tratteggiava, quindi, il quadro normativo in subiecta materia , evidenziando che – ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, e dell’articolo 2, comma 186- bis , della legge 23 dicembre 2009, n. 181 – è stata trasferita ai Comuni la competenza a gestire l’intero ciclo integrato dei rifiuti affidando alla Regioni il compito di procedere alla perimetrazione degli Ambiti Territoriali Ottimali a mezzo di proprio provvedimento legislativo, ai fini dell’esercizio in forma associata delle relative funzioni.

E’ intervenuta, quindi, la legge della Regione Campania n. 5 del 24 gennaio 2014, il cui articolo 5 avrebbe appunto stabilito che lo svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani è svolto dai Comuni in forma “obbligatoriamente associata”, concludendo quindi il ricorrente nel senso che, sino alla data del 31 dicembre 2015 (salvo ulteriori proroghe) i Comuni sarebbero tenuti allo svolgimento delle sole attività di raccolta, trasporto e spazzamento dei RR.SS.UU. (rifiuti indifferenziati) e di raccolta e smaltimento dei rifiuti indifferenziati, mentre le Province sarebbero invece obbligate, attraverso le proprie società, alle attività di smaltimento dei rifiuti indifferenziati (codice CER 20.03.01).

Dal giorno 1 gennaio 2016 (salvo ulteriori differimenti), l’intera gestione del ciclo integrato dei rifiuti sarebbe, infine, attribuita agli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.), previa approvazione del Piano d’Ambito dalle prescrizioni coerenti con quelle del Piano Regionale sulla Gestione dei Rifiuti Urbani.

La ricorrente, evidenziato che, in base al regime transitorio introdotto dall’articolo 11 della legge Regione Campania n. 5 del 2014, “ dalla data di entrata in vigore della presente legge i Comuni non possono indire nuove procedure di affidamento dei servizi ”, chiedeva quindi l’annullamento degli atti inditivi della procedura lamentandone sotto diversi profili l’illegittimità.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla Ecoambiente Salerno la quale ne ha chiesto la riforma articolando un unico complesso motivo.

Si è costituito in giudizio il Comune di Capaccio il quale ha concluso nel senso dell’inammissibilità e, nel merito, per l’infondatezza dell’appello.

Si è altresì costituita in giudizio la Helios s.r.l. (risultata aggiudicataria all’esito della gara per cui è causa) la quale ha a propria volta concluso nel senso dell’inammissibilità e/o dell’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del 15 dicembre 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore dei servizi ambientali avverso la sentenza del T.A.R. della Campania – Sezione staccata di Salerno con cui è stato respinto il ricorso dalla stessa proposto avverso gli atti con cui il Comune di Capaccio ha indetto una procedura avente ad oggetto il servizio di conferimento dei rifiuti solidi urbani e la gestione dei rifiuti prodotti dall’impianto di depurazione comunale.

2. Il ricorso in appello dovendosi rilevare l’inammissibilità prima ancora che l’infondatezza del primo ricorso.

3. In particolare, è infondata la tesi dell’appellante volta a sentir dichiarare la nullità degli atti impugnati in primo grado ai sensi dell’articolo 21- septies della l. 241 del 1990.

La censura di nullità (verosimilmente sollevata nella consapevolezza della tardività del primo ricorso e nel tentativo di evitare la conseguente declaratoria di irricevibilità) deve essere dichiarata infondata, non vertendosi in alcuna delle ipotesi tassative contemplate dal richiamato articolo 21-septies (circa il carattere tassativo delle richiamate ipotesi di nullità, v. Cons. Stato, IV, 18 novembre 2014, n. 5671; id ., IV, 12 febbraio 2014, n. 673).

Certamente deve escludersi che gli atti impugnati in primo grado siano nulli per carenza dei necessari elementi essenziali, per violazione o elusione del giudicato ovvero per contrasto con puntuali disposizioni di legge la cui violazione di legge sia assistita dalla sanzione della nullità.

L’appellante sembra quindi concentrare il proprio sforzo argomentativo sulla tesi della nullità per avere il Comune operato in ipotesi di difetto assoluto di attribuzione, trattandosi in realtà di competenza demandata ex lege all’amministrazione provinciale e alle sue articolazioni.

Il motivo non può in alcun modo trovare accoglimento in quanto, se pure dovesse concludersi nel senso che il Comune abbia adottato atti eccedenti la propria sfera di attribuzioni (il che, peraltro, non è), gli atti in questione potrebbero al più essere dichiarati illegittimi per incompetenza relativa, ma non certo radicalmente nulli.

Al riguardo non si può che richiamare il consolidato orientamento volto a delimitare in modo assai rilevante l’ambito di esplicazione della richiamata ipotesi di nullità.

3.1. Questo Consiglio ha in numerose occasioni affermato che il difetto assoluto di attribuzione, quale causa di nullità del provvedimento amministrativo, evochi la cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire l'ipotesi in cui l'Amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma attribuisce (in tal senso: Cons. Stato, IV, 19 dicembre 2007, n. 2273; id ., V, 2 novembre 2011, n. 5843; id ., VI, 27 gennaio 2012, n. 372; id ., V, 30 agosto 2013, n. 4323; id ., VI, 31 ottobre 2013, n. 5266).

Si tratta di un’ipotesi che evidentemente non sussiste nel caso in esame atteso che il complesso delle disposizioni statali e regionali richiamate dalla stessa appellante attribuisce certamente il potere di adottare gli atti della cui validità qui si discute, con la conseguenza che le questioni inerenti l’attribuzione all’uno piuttosto che all’altro livello di governo delle relative competenze non coinvolgano la categoria della nullità, bensì quella dell’incompetenza (relativa).

La giurisprudenza di questo Consiglio ha altresì chiarito che attraverso l’articolo 21-septies della l. 241 del 1990 il legislatore, nell'introdurre in via generale la categoria normativa della nullità del provvedimento amministrativo, ha ricondotto a tale radicale patologia il solo difetto assoluto di attribuzione, che evoca la c. d. ‘carenza in astratto del potere’, cioè l’assenza in astratto di qualsivoglia norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo, con ciò facendo implicitamente rientrare nell'area della annullabilità i casi della c.d. ‘carenza di potere in concreto’, ossia del potere pur astrattamente sussistente) esercitato senza i presupposti di legge pur astrattamente sussistente) esercitato senza i presupposti di legge (in tal senso: Cons. Stato, V, 30 agosto 2013, n. 4323).

E il sostanziale superamento normativo della pregressa teorica della carenza di potere di concreto è idoneo, appunto, a superare le incertezze applicative di una figura di incerta collocazione sistematica attraverso cui si annetteva la più grave delle forme patologiche dell’atto ad ipotesi (quali quelle della mancanza dei presupposti e delle condizioni per il legittimo esercizio del potere) tipicamente riconducibili alla categoria dell’illegittimità per incompetenza o violazione di legge.

3.2. Ma se non può essere condivisa la tesi della nullità degli atti impugnati in primo grado, ne deriva la tardività del ricorso di primo grado in quanto notificato ben oltre il termine decadenziale di sessanta giorni dalla pubblicazione degli atti stessi (articolo 29 del cod. proc. amm.).

Ed infatti, risulta in atti:

- che il provvedimento inditivo della procedura sia stato pubblicato nell’Albo pretorio del Comune di Capaccio dal 3 al 18 giugno 2015, nonché – per estratto – sul bollettino ufficiale della Regione Campania il 24 agosto 2015, sulla Gazzetta ufficiale nazionale il 19 giugno 2015 e sul supplemento alla Gazzetta Ufficiale dell’UE (GUCE) il 20 giugno 2015;

- che il ricorso di primo grado sia stato invece notificato soltanto in data 9 dicembre 2015.

Il ricorso di primo grado era quindi irrimediabilmente tardivo.

4. Fermo restando il carattere dirimente ai fini del decidere di quanto appena osservato il Collegio osserva comunque che le tesi dell’appellante risultano altresì infondate.

4.1. Al riguardo il Collegio ritiene di richiamare (non rinvenendosi ragioni per discostarsene) quanto già statuito da questa Sezione con la sentenza 28 luglio 2015, n. 3719.

Nell’occasione questo Consiglio ha stabilito:

- che, a seguito della cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, la pertinente normativa statale ha optato per soluzioni organizzative volte a demandare alle province la gestione dei servizio di raccolta dei rifiuti urbani, ma confermando tuttavia – nelle more del completamento della fase post-emergenziale – l’ordinaria competenza dei Comuni (in tal senso, i commi 1 e 2- ter dell’articolo 11 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195);

- che, in particolare, nelle more della piena attuazione delle previsioni di cui all’articolo 198 del decreto legislativo n. 152 del 2006, la competenza in via ordinaria nella materia della gestione dei rifiuti urbani ed assimilati è stata demandata ai Comuni, con il compito di curare la relativa gestione fino al concreto avvio del servizio da parte del soggetto aggiudicatario della procedura ad evidenza pubblica di cui all’articolo 202 del medesimo decreto legislativo;

- che la richiamata disciplina statale, in quanto vertente in materia di potestà legislativa esclusiva dello Stato (articolo 117, primo comma, lettera s), Cost.), non può essere derogata da difformi disposizioni di fonte regionale;

- che, in ogni caso, la pertinente normativa adottata dalla Regione Campania risulta sostanzialmente conforme con le richiamate disposizioni di fonte statale. In particolare, il comma 4 dell’articolo 11 della legge regionale 24 gennaio 2014, n. 5 (recante ‘ Riordino del servizio di gestione rifiuti urbani e assimilati in Campania ’), nel disciplinare la fase transitoria connessa con l’entrata in funzione delle autorità d’ambito, ha confermato la competenza comunale già in precedenza devoluta dalla previgente legislazione regionale (ai sensi della disposizione da ultimo richiamata, infatti, “ nella fase transitoria prevista dall'articolo 11, comma 2-ter del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195 (…) le sole attività di raccolta, di spazzamento e di trasporto dei rifiuti e di smaltimento o recupero inerenti alla raccolta differenziata continuano ad essere gestite dai Comuni, secondo le modalità e le forme procedimentali previste dal medesimo articolo 11, comma 2-ter ”).

4.2. Nel deriva l’infondatezza dei motivi di ricorso (già articolati in primo grado e puntualmente riproposti nella presente sede di appello) con i quali l’appellante ha lamentato la presunta incompetenza del Comune di Capaccio alla gestione dei servizi dell’origine dei fatti di causa e all’indizione della gara per il relativo affidamento.

5. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ritiene comunque che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

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