Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-11-18, n. 201405671

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-11-18, n. 201405671
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201405671
Data del deposito : 18 novembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05952/2013 REG.RIC.

N. 05671/2014REG.PROV.COLL.

N. 05952/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 5952 del 2013, proposto da
L S;
G C, in proprio e quale erede di G B;
D B, J B e S B, quali eredi di G B;
A F;
S F;
A F;
U A, in proprio e quale erede di M D C;
M A e P A, quali eredi di M D C;
G C;
e F B, rappresentati e difesi dagli avv.ti L M M, R B e P F ed elettivamente domiciliati presso quest’ultimo in Roma, via Cola di Rienzo n. 180, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Mussolente, in persona del sindaco legale rappresentante pro tem pore, rappresentato e difeso dall’avv. Emma Bergamin, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. Salvatore Di Mattia in Roma, via F. Confalonieri n. 5, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, n. 165 del 6 febbraio 2013, resa tra le parti e concernente l’approvazione di un piano di lottizzazione con cessione gratuita di aree al Comune.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Mussolente;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 5952 del 2013, i ricorrenti (L S;
G C, in proprio e quale erede di G B;
D B, J B e S B, quali eredi di G B;
A F;
S F;
A F;
U A, in proprio e quale erede di M D C;
M A e P A, quali eredi di M D C;
G C;
e F B) propongono appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, n. 165 del 6 febbraio 2013 con la quale è stato accolto il ricorso proposto dal Comune di Mussolente contro gli attuali appellanti ed altri (Giulio Bordignon;
Irene Facchinello, in proprio e quale erede di Tarciso Zordan;
Agnese, Daniela, Silvana e Mara Zordan, quali eredi di Zordan Tarciso;
Rina Pasinato, quale erede di Alfredo Bizzotto;
Vittorio Trivellin;
Facchinello Don Mario Luigi;
Maria Benato, quale usufruttuaria di Sante Zanchetta;
Cesare e Aldo Zanchetta, quali eredi di Sante Zanchetta, non presenti nel grado di appello) per la dichiarazione: a) dell’obbligo degli intimati di trasferire gratuitamente al Comune di Mussolente la loro quota di proprietà delle aree individuate dai mappali n.i 696-697-698-701-704-269-710-711-726-71-694-729-728-606 del foglio V, sez. U del Catasto Terreni del Comune di Mussolente, con sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c.;
b) e, conseguentemente, del trasferimento al Comune di Mussolente delle predette aree, con ordine all’Ufficio del Territorio competente di trascrivere la sentenza nei pubblici registri immobiliari, con esonero da ogni responsabilità.

La vicenda in esame ha origini da una serie di distinti atti di citazione con cui il Comune di Mussolente - premesso che nel 1970 aveva approvato un piano di lottizzazione che prevedeva, tra l’altro, la cessione gratuita al Comune di alcune aree destinate a spazi pubblici, obbligo questo che, posto a carico dei lottizzanti, veniva espressamente indicato negli atti di compravendita dei singoli lotti (stipulati direttamente tra venditore privato e acquirenti lottizzanti, sì da evitare le formalità conseguenti alla stipulazione della convenzione edilizia) - conveniva avanti al Tribunale di Bassano del Grappa i resistenti di prime cure (ossia gli odierni appellanti e gli altri soggetti sopra ricordati) che si erano rifiutati di trasferire al Comune le aree predeterminate per ottenere, previo accertamento del relativo obbligo in capo a ciascuno, una sentenza ex art. 2932 c.c. produttiva degli effetti dei contratti non conclusi relativamente alle predette aree.

Le domande venivano accolte dal Tribunale di Bassano con sentenza n. 333/94, confermata dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza n. 1167/98, ma cassata dalla suprema Corte (SS.UU. n. 168/01) per difetto di giurisdizione, vertendosi in materia di cui all’art. 11, V comma della l. n. 241/90.

Il Comune ha conseguentemente riproposto le domande avanti al T.A.R. del Veneto.

La causa, in assenza di costituzione degli intimati nonostante la ritualità delle notifiche, veniva discussa all’udienza del 17 gennaio 2013 e decisa con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva fondata la domanda proposta, accogliendo la richiesta del Comune, per cui, ritenuto esistente l’obbligo di trasferire la quota detenuta in proprietà delle aree individuate dai mappali n.i 696-697-698-701-704-269-710-711-726-71-694-729-728-606 del foglio V, sez. U del Catasto Terreni del Comune di Mussolente, disponeva, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento gratuito in favore del Comune di Mussolente della proprietà delle predette aree, ordinando al competente Conservatore dei registri immobiliari di procedere alle relative trascrizioni, con esonero da ogni sua responsabilità al riguardo.

Contestando le statuizioni del primo giudice, le parti appellanti evidenziano l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, in relazione alla vantata nullità della delibera comunale a monte.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Mussolente, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 24 settembre 2013, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 3766/2013.

Alla pubblica udienza del 7 ottobre 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto nel merito, tralasciando le pur interessanti questioni processuali evidenziate dal Comune, al fine di pervenire alla definitiva risoluzione della vicenda sostanziale.

2. - In via preliminare, per dare un inquadramento sistematico ai temi proposti dall’appello, va evidenziato come i motivi di gravame siano tutti concentrati sulla dimostrazione della nullità, e non dell’annullabilità, degli atti amministrativi e negoziali che a monte avevano conformato la proprietà ora in discussione, ossia la delibera comunale n. 2 del 1973, con la quale veniva individuato il meccanismo per l’acquisizione e il successivo trasferimento in favore del Comune delle aree destinate a standard, e del contratto di compravendita del 17 novembre 1973, per atto notar Busnardo, dove si sarebbe riverberata la nullità delle clausole della delibera a monte.

La strategia difensiva è del tutto coerente con i principi valevoli in materia, atteso che, discendendo l’intera vicenda da un atto amministrativo esistente, valido, efficace e, si aggiunga, lesivo sin dal 1973, la strada dell’impugnazione per annullabilità sarebbe stata immediatamente preclusa dallo spirare dei termini decadenziali. Il ricorso alla categoria patologica della nullità diventa quindi necessario in un’ottica difensiva, situazione questa non ignota alla giurisprudenza, che ha anche avuto modo di precisare i rapporti tra le differenti azioni. Si è detto (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 3 marzo 2014 n. 9932) che, visto che la nullità inficia radicalmente l’atto (e per questo, accanto ad un azione di accertamento sottoposta a regime decadenziale dilatato, il codice del processo ha previsto che la nullità dell'atto possa sempre essere rilevata d'ufficio dal giudice), “la previsione normativa non può avere altro significato che l'attribuzione al giudice, analogamente a quanto previsto per le nullità civilistiche, di un potere di rilievo ufficioso a presidio di un interesse generale all'eliminazione dall'ordinamento di fattispecie pubblicistiche radicalmente in contrasto con lo stesso.” Con le ovvie conseguenze anche in tema di rispetto del termine per la proposizione dell’azione.

L’utilizzo della detta strategia se, da un lato, consente il superamento dello sbarramento decadenziale, dall’altro, va incontro ad un diverso profilo di criticità, dovuto alla ristrettezza dell’ambito di applicazione della nullità nelle fattispecie di diritto amministrativo. Infatti (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 agosto 2014 n. 4281), va rammentato che la norma base è quella dell'art. 21 septies, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241, secondo la quale “è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge”. Da questa discende il costante indirizzo giurisprudenziale che ritiene che la nullità del provvedimento abbia carattere eccezionale (sez. V, 16 febbraio 2012, n. 792, sottolinea come le categorie della nullità e annullabilità, quali vizi che inficiano un atto giuridico costituente manifestazione di volontà, si presentino nel diritto amministrativo in relazione invertita rispetto alle omologhe figure valevoli per i negozi giuridici di diritto privato) e che il difetto assoluto di attribuzione, quale causa di nullità del provvedimento amministrativo, evochi la cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire l'ipotesi in cui l'Amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 dicembre 2007, n. 2273;
Id., sez. V, 2 novembre 2011, n. 5843;
Id., sez. VI, 27 gennaio 2012, n. 372;
Id., sez. V, 30 agosto 2013, n. 4323;
Id., sez. VI, 31 ottobre 2013, n. 5266). A corollario di questa ricostruzione, va aggiunto come le ipotesi di nullità, incidendo sul principio per cui ogni violazione di legge di per sé comporta l'annullabilità dell'atto, abbiano hanno carattere tassativo e, come poi chiarito dall'art. 21-septies l. n. 241/1990 (avente carattere ricognitivo, per il periodo anteriore all'entrata in vigore della l. n. 15 del 2005) si verificano nei casi di nullità testuale, di difetto assoluto di attribuzione o di violazione o elusione del giudicato (Consiglio di Stato, sez. V, 15 luglio 2014 n. 3702).

3. - L’inquadramento appena svolto consente di evidenziare l’inconsistenza delle lagnanze proposte dalle parti appellanti, che possono essere quindi sinteticamente esaminate, data la loro palese infondatezza.

3.1. - Sotto un primo profilo, viene lamentata la nullità della delibera comunale n. 2 del 1973 per difetto assoluto di attribuzione. La ragione vantata evidenzia come l’atto de quo fosse in concreto una trasformazione illegittima dell’originaria pianificazione, sulla quale si era invece innestato un sistema di clausole per cui veniva imposto all’acquirente dell’area destinata all’insediamento l’obbligo di trasferirne una frazione al Comune al fine di destinarla a aree a standars pubblici, il tutto in assenza di alcuna procedura di carattere espropriativa.

Come si evince in questo caso, non si è assolutamente al cospetto di una nullità per difetto di attribuzione. Questa fattispecie (Consiglio di Stato, sez. V, 27 maggio 2014 n. 713) va circoscritta ai soli casi di incompetenza assoluta o di c.d. carenza di potere in astratto, ossia al caso in cui manchi del tutto una norma che attribuisca all'Amministrazione il potere in fatto esercitato, vicenda, questa, assolutamente residuale, tanto da aver condotto all'affermazione che, ricostruito in questi termini, il difetto assoluto di attribuzione rappresenti, in definitiva, un caso di scuola (Cons. Stato, sez. VI, n. 5266 del 2013).

Infatti, non può essere negato che il Comune abbia, in termini di conformazione della proprietà ai fini edificatori, delle attribuzioni normative tradizionali, già previste in maniera ricognitiva a livello primario dalla fondamentale legge urbanistica n. 1150 del 1942 e rafforzatesi con l’attuale formulazione dell’art. 114 della Costituzione.

L’esistenza di una carenza assoluta di attribuzioni in termini appare quindi del tutto insostenibile. Peraltro, quello che afferma la difesa, ossia la necessità di procedere tramite altri strumenti, quali quello espropriativo (che, sia detto per incidens , è anch’esso comunque attribuito alla potestà comunale), lungi dal consolidare il tema della nullità, rafforza l’idea che il vizio in esame potesse essere unicamente di legittimità, come tale censurabile unicamente con l’azione di annullamento e nel rispetto dei termini decadenziali ora ampiamente spirati.

3.2. - Sotto un secondo profilo, la dedotta patologia della delibera comunale è considerata come ulteriore fonte di nullità, stavolta per illiceità della causa e frode alla legge, del successivo contratto di compravendita del 17 novembre 1973, stipulato tra le parti e comprendente appunto l’obbligo di trasferimento dei fondi al Comune.

Venuta meno la questione dell’illiceità in forma derivata, stante l’infondatezza della prima ragione di doglianza, occorre parimenti rilevare come non sussista neppure l’illeceità funzionale, riferita al negozio di diritto privato.

Al contrario di quanto affermato dai ricorrenti, il sistema congegnato dal Comune risponde alla logica di semplificare le procedure amministrative, atteso che il rilascio dei titoli edilizi è vicenda comunque successiva e subordinata all’urbanizzazione dell’area, i cui costi sono comunque sostenuti dai destinatari del provvedimento abilitativo. La circostanza che il sistema sia stato attuato tramite uno strumento negoziale, e quindi con il consenso degli attuali appellanti, rende maggiormente evidente l’equilibrio tra le prestazioni delle parti, rendendo evanescente la ricostruzione lesiva finora sostenuta.

4. - L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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