Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-04-08, n. 201902271
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Pubblicato il 08/04/2019
N. 02271/2019REG.PROV.COLL.
N. 04644/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4644 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
S S, rappresentato e difeso dagli avvocati F T e D G, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, largo Messico, n. 7;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente
pro tempore
, e Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, in persona del presidente
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso gli uffici della quale sono domiciliati
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Alessandro P, F P G, Stefano Baccarini e Raffaele Carboni, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione Seconda, n. 2214/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa;
Vista l’ordinanza collegiale della Sezione del 7 novembre 2018, n. 6297;
Visti i motivi aggiunti successivamente proposti dall’appellante dottor S S;
Vista la memoria depositata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa in risposta ai motivi aggiunti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 febbraio 2019 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Granara Daniele e Pietro Garofoli per l’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il presidente di Sezione del Consiglio di Stato dott. S S propone appello contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in epigrafe, con cui è stato definitivamente respinto il suo ricorso, integrato da motivi aggiunti, per l’annullamento della nomina dell’avvocato Alessandro P, all’epoca anch’egli presidente di Sezione dell’Istituto, a presidente del Consiglio di Stato (decreto del presidente della Repubblica in data 29 dicembre 2015 ed atti presupposti, tra cui il parere espresso dal Consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa, con delibera n. 177 del 18 dicembre 2015, su proposta della IV commissione consiliare espressa nel verbale n. 41 dell’11 dicembre 2015, e delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 23 dicembre 2015).
2. Con sentenza non definitiva del 24 maggio 2017, n. 6125, confermata da questa Sezione (sentenza dell’11 ottobre 2017, n. 4717), il medesimo Tribunale amministrativo aveva in precedenza respinto o dichiarato inammissibili gran parte dei motivi di impugnazione. Contestualmente il giudice di primo grado aveva disposto l’acquisizione dei fascicoli personali dei due magistrati, in relazione alle censure di difetto di istruttoria e motivazione formulate dal presidente S, il cui esame veniva riservato all’esito dell’incombente.
3. All’esito veniva pronunciata la sentenza ora oggetto di appello.
4. Con essa il giudice di primo grado, richiamando stralci della motivazione della pronuncia d’appello sulla propria sentenza non definitiva, reputava legittimo il parere dell’organo di autogoverno ai sensi dell’art. 22 della legge 27 aprile 1982, n. 186 ( Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali ), con cui, su conforme richiesta del Presidente del Consiglio dei ministri (in data 4 dicembre 2015, prot. n. 8188), ai fini della nomina era stata indicata una rosa di cinque presidenti di Sezione del Consiglio di Stato, formata dai presidenti più anziani nel ruolo organico, ma con graduazione non conforme a questo criterio, entro i quali il Governo sceglieva poi, quale presidente dell’Istituto, l’avvocato P.
6. Prima di pervenire a tale statuizione di merito il Tribunale aveva in via preliminare respinto le richieste del presidente S di rinvio della trattazione della controversia o di sospensione del processo, a causa della pendenza del ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione dallo stesso ricorrente promosso davanti alle Sezioni unite della Corte di Cassazione contro la sopra citata sentenza di questa Sezione (ricorso poi respinto dalla Suprema Corte, con sentenza del 30 luglio 2018, n. 20168);ed inoltre dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale e pregiudiziali europee nei confronti delle norme di legge interna regolatrici del procedimento di nomina del Presidente del Consiglio di Stato.
7. Nel proporre appello contro la sentenza di cui si è ora sintetizzato il contenuto il presidente S ripropone: le questioni di costituzionalità e di compatibilità con il diritto euro-unitario dichiarate inammissibili dal giudice di primo grado;ulteriori questioni di costituzionalità, anche sotto il profilo della violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e pregiudiziali europee con riguardo alla giurisdizione del giudice ammnistrativo sulle controversie relative alla nomina dei propri organi di vertice e sulla motivazione e il giusto procedimento per tale nomina;ed inoltre censure concernenti la composizione del collegio giudicante di primo grado e di quello che ha pronunciato la sentenza parziale.
8. Si sono costituiti in resistenza all’appello la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio di presidenza della Giustizia Amministrativa.
9. Con atto di motivi aggiunti il dott. S ha formulato ulteriori censure nei confronti degli atti impugnati, emerse a suo dire dagli atti del « nuovo procedimento di nomina del Presidente del Consiglio di Stato », nella persona del dott. F P G (nomina di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 25 settembre 2018, a sua volta impugnata dal dott. S, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio iscritto al n. di r.g. 12010/2018).
10. All’udienza pubblica di discussione del 28 febbraio 2019, richiesta di chiarire se per effetto della nuova nomina a presidente del Consiglio di Stato permanga l’interesse all’annullamento di quella originariamente impugnata, oggetto del presente giudizio, la difesa del dott. S ha dichiarato che residua in questo contenzioso un interesse risarcitorio. La causa è stata quindi trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Nel fare seguito alla richiesta di chiarimenti sull’interesse a coltivare l’impugnazione contro la nomina dell’avv. P a presidente del Consiglio di Stato la Sezione ritiene che malgrado la risposta fornita dalla difesa del dott. S, l’appello debba essere dichiarato improcedibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), del codice del processo amministrativo.
Infatti, il bene della vita sotteso all’azione di annullamento proposta nel presente giudizio, consistente nella nomina alla carica di vertice di questo Istituto, può essere ottenuto solo attraverso l’impugnazione della nuova nomina a favore del dott. P G, che infatti il dott. S ha proposto davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. L’eventuale accoglimento dell’azione invece proposta nei confronti della nomina a favore dell’avv. P non attribuirebbe al medesimo ricorrente alcuna utilità. Sotto questo profilo deve dunque ritenersi venuto meno in corso di causa l’interesse a ricorrere, donde la pronuncia ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), cod. proc. amm. sopra richiamato.
2. Analoga sorte dovrebbero avere i motivi aggiunti ex art. 104, comma 3, cod. proc. amm. proposti nel presente giudizio d’appello.
3. Sennonché, più in radice, tali motivi fuoriescono dal paradigma di cui alla disposizione del codice del processo ora richiamata, perché essi non si sostanziano nella deduzione di « vizi degli atti o provvedimenti amministrativi impugnati » in primo grado, ma in censure di legittimità nei confronti della nomina a presidente del Consiglio di Stato del dott. P G.
4. Infatti, secondo il dott. S, il Consiglio di presidenza della Giustizia amministrativa, in contraddizione con il proprio precedente operato, avrebbe in questa occasione ripristinato il criterio dell’anzianità, invece disapplicato in occasione della nomina dell’avv. P, con la designazione “unica” del presidente aggiunto allora in carica. Ciò con il dichiarato obiettivo di recuperare la prassi fino ad allora seguito.
Tuttavia il dott. S sostiene che l’allora presidente aggiunto, dott. P G, era stato nominato sulla base della rosa di cinque candidati illegittimamente formata in conformità all’irrituale richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri, per cui la nuova proposta così formulata per il vertice dell’istituto non avrebbe in realtà comportato un recupero della tradizione, ma, all’opposto, un consolidamento della « nuova ed illegittima via, tracciata in occasione della nomina del precedente Presidente del Consiglio di Stato e del Presidente aggiunto, oggetto del presente ricorso ».
Il dott. S aggiunge che malgrado il richiamo al criterio dell’anzianità, sempre osservato in passato, l’organo di autogoverno è incorso in un ulteriore contraddizione con l’addurre « inopinatamente » a sostegno della nuova designazione del dott. P G considerazioni legate al merito, ed in particolare a « doti di professionalità e di cultura manifestate nell’attività svolta e per le pubblicazioni e per gli studi compiuti ». Secondo l’appellante questo ordine di considerazioni non è tuttavia consentito per la nomina del presidente del Consiglio di Stato, perché in questo modo si « rende comparativa una procedura (…) che non lo è per legge », ed in particolare in base all’art. 22 della legge n. 186 del 1982.
Inoltre, per il dott. S, il Consiglio di presidenza sarebbe incorso anche nell’errore di attribuire al dott. P G una maggiore anzianità alla propria sulla base della « posizione preminente rivestita in seno all’ordine di ruolo » da quest’ultimo per effetto della qualifica di presidente aggiunto del Consiglio di Stato. In contrario il dott. S sottolinea che all’istituzione di tale qualifica con l’art. 6- bis , comma 2, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354 (recante: Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché interventi per l’amministrazione della giustizia; convertito dalla legge 26 febbraio 2004, n. 45) non è seguito l’« incremento di una unità nella dotazione organica complessiva » del ruolo del personale di magistratura della giustizia amministrativa, pur previsto dalla citata disposizione di legge.
Il dott. S conclude pertanto nel senso che la sopravvenuta nomina del dott. P G a presidente del Consiglio di Stato avrebbe fatto rivivere i vizi originari della presupposta nomina della stesso dott. P G a presidente aggiunto, per la quale già si sarebbe dovuto seguire l’unico criterio in grado di assicurare l’indipendenza dell’istituto rispetto al Governo, e cioè quello della nomina basato sul criterio dell’anzianità nel ruolo ricavabile dal citato art. 22 della legge n. 186 del 1982.
4. Dalla sintetica esposizione dei motivi aggiunti ora svolta si desume che le pretese censure “ulteriori” rispetto a quelle già svolte nel ricorso di primo grado contro gli atti con esso impugnati – come pure prospettato dalla difesa dell’appellante a fondamento della richiesta di rinvio della trattazione formulata all’udienza del 30 ottobre 2018 (poi accolta, malgrado l’opposizione delle amministrazioni resistenti, con l’ordinanza collegiale della Sezione del 7 novembre 2018, n. 6297, indicata in epigrafe) - sono in realtà “nuove”, ovvero rivolte alla nomina sopravvenuta, già impugnata nel separato contenzioso in precedenza menzionato.
5. L’appello va pertanto dichiarato improcedibile quanto alla domanda di annullamento, mentre i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili.
6. Sull’interesse risarcitorio prospettato ai sensi dell’art. 34, comma 3, cod. proc. amm. dalla difesa del dott. S in risposta alla richiesta di chiarimenti sulla procedibilità dell’appello, va premesso che esso determina un mutamento dell’azione, da annullamento in accertamento dell’illegittimità degli atti impugnati, per la quale si richiede che vi siano le relative condizioni di ammissibilità, ed in particolare l’interesse ad agire previsto dalla norma generale di cui all’art. 100 del codice di procedura civile.
7. Fatta questa precisazione va innanzitutto osservato al riguardo che le censure di legittimità nei confronti della nomina dell’avv. P riproposte in appello sono relative al difetto di istruttoria e carenza di motivazione, da cui sarebbe affetta la scelta a favore di questo controinteressato, nell’ambito della rosa di cinque presidenti di Sezione indicati dal Consiglio di presidenza su conforme richiesta del Governo.
L’eventuale accoglimento di tali censure non attribuirebbe pertanto al dott. S il bene della vita anelato, consistente come precisato sopra nella nomina alla carica di vertice del Consiglio di Stato in luogo del medesimo avv. P, ora per allora. Infatti, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (cfr. tra le più recenti pronunce: Cons. Stato, IV, 20 settembre 2018, n. 5468, 16 maggio 2018, n. 2907;V, 9 novembre 2018, nn. 6319 e 6320, 12 novembre 2018, n. 6342, 14 dicembre 2018, n. 7054, 31 ottobre 2018, n. 6184;VI, 9 novembre 2018, n. 6330;in sede nomofilattica: Cons. Stato, Ad. plen., 3 dicembre 2008, n. 13), tale esito comporterebbe la necessità che il potere amministrativo accertato come illegittimo in sede di cognizione sia riesercitato nel rispetto del vincolo conformativo derivante dal giudicato di annullamento.
8. Applicate al caso di specie le premesse ora svolte, dall’eventuale accertamento della fondatezza delle censure dedotte dal dott. S deriverebbe l’obbligo per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa di rideterminarsi nel designare il nominativo da proporre ( rectius : che avrebbe dovuto essere proposto) al Governo per la nomina a presidente del Consiglio di Stato nell’ambito della rosa dei cinque presidenti di sezione in allora formata.
Se invece, come sostiene il dott. S, in questa attività l’organo di autogoverno dovesse invece svolgere la valutazione sulla base del criterio dell’anzianità del ruolo, unico in grado di assicurare indipendenza di questo Istituto, di esso si gioverebbe pacificamente ( rectius : avrebbe dovuto giovarsi) nella rosa dei cinque formata dal Consiglio di presidenza il dott. Stefano Baccarini, per cui sotto questo profilo l’accertamento dell’eventuale illegittimità degli atti impugnati in questo giudizio non potrebbe comunque fondare una pretesa risarcitoria dell’odierno appellante.
9. In conclusione, in base ai rilievi ora svolti anche l’accertamento l’eventuale illegittimità della nomina dell’avv. P ai sensi del sopra richiamato art. 34, comma 3, cod. proc. amm. non attribuirebbe al dott. S alcuna utilità giuridica, per cui anche per questa domanda non è configurabile alcun residuo interesse di quest’ultimo. La complessità e delicatezza delle questioni controverse giustifica nondimeno la compensazione delle spese di causa.