Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-06-13, n. 201903991

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-06-13, n. 201903991
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201903991
Data del deposito : 13 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/06/2019

N. 03991/2019REG.PROV.COLL.

N. 04434/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4434 del 2010, proposto dal Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G T, A P, F M F e B C, con domicilio eletto presso l’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18,

contro

il signor C R, rappresentato e difeso dagli avvocati A D A e Gianfranco D’Angelo, con domicilio eletto presso l’avv. I C in Roma, via dei Gandolfi, 6,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 563 del 2010, resa tra le parti, concernente il provvedimento del Comune di Napoli del 20 marzo 2009 di diniego di concessione edilizia in sanatoria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor C R;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 maggio 2019 il Cons. C A e uditi per le parti gli avvocati Gabriele Pafundi su delega di B C e Paola Conticiani su delega di A D A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con provvedimento del 18 giugno 2007 il Comune di Napoli ingiungeva all’odierno appellato la demolizione delle seguenti opere eseguite in Napoli alla via San Giacomo di Capri n. 125, senza il prescritto permesso di costruire (come da verbale di sopralluogo della Polizia Municipale n. 35373/ 13278/ 7869/ED del 26 settembre 2006, ivi richiamato): “ tettoia a struttura in legno, ubicata sul terrazzo di copertura, di mq. 45,00 provvista di copertura in pannelli coibentati ed impermeabilizzazione ”. Risultava precedentemente presentata una DIA, il 28 aprile 2006, per un pergolato senza copertura, dichiarata comunque improcedibile con provvedimento del 3 novembre 2006.

Avverso il provvedimento di demolizione è stato proposto ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli.

Nel corso del giudizio il signor Russo presentava domanda di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 380.

Con provvedimento n. 125 del 20 marzo 2009 la istanza di sanatoria è stata respinta, in quanto “ la tettoia non è su struttura autonoma come previsto dall’articolo 2 del regolamento edilizio ma è addossata al torrino scala del fabbricato ”, sulla base dei pareri in tal senso espressi dalla Commissione Edilizia il 17 gennaio 2008 e il 29 maggio 2008 (riconvocata a seguito delle osservazioni presentate dall’interessato nella memoria ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990);
è stato altresì nuovamente disposto il ripristino dello stato dei luoghi.

Avverso il provvedimento di diniego di sanatoria sono stati proposti nel giudizio di primo grado motivi aggiunti, lamentando la violazione di legge in relazione all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, alla disciplina urbanistica del Comune di Napoli, all’art. 2 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli, nonché l’eccesso di potere sotto vari profili, in particolare per la carenza di istruttoria, dei presupposti di fatto e di diritto;
inoltre, la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 per difetto di motivazione;
e la violazione degli articoli 7 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, in relazione alla istanza di autotutela successivamente presentata e non esaminata.

Con la sentenza di primo grado il ricorso introduttivo del giudizio è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;
sono stati accolti i motivi aggiunti, ritenendo la tettoia realizzata compresa nella definizione dell’art. 2 del Regolamento edilizio, in quanto il vano di accesso al terrazzo, su cui la tettoia poggia per un lato, “ non può non essere considerato, ai fini in esame, come struttura autonoma e quindi la copertura realizzata, essendo una struttura orizzontale su struttura autonoma (su tutti e quattro i lati), ed avendo pacificamente funzione di copertura pertinenziale di una parte del terrazzo, rientra perfettamente nella definizione di tettoia fornita dalla richiamata disposizione regolamentare ”. È stato quindi annullato il diniego di sanatoria “ fermo restando il potere-dovere dell’amministrazione comunale di pronunciarsi sull’istanza ex art. 36 presentata dal ricorrente e quindi di valutare la compatibilità urbanistica della tettoia dal medesimo realizzata alla luce della normativa applicabile ”.

Avverso tale sentenza, con atto inviato alla notifica l’11 maggio 2010 e depositato il 20 maggio 2010, il Comune di Napoli ha proposto appello, deducendone l’erroneità, in quanto la tettoia concretamente realizzata, oltre ad essere estranea alla definizione dell’art. 2 del Regolamento edilizio, in quanto non poggiante su struttura autonoma, e sotto tale profilo erroneamente confusa dal giudice di primo grado con le pensiline, avrebbe dovuto comunque essere oggetto del permesso di costruire, essendo una opera con carattere di stabilità e di ampie dimensioni (45 metri quadri).

Il 2 marzo 2017 si è costituito in giudizio il signor Russo che ha riproposto le censure dei motivi aggiunti non esaminate dal giudice di primo grado.

Nella memoria depositata in giudizio il 4 aprile 2019, in vista dell’udienza pubblica, la difesa comunale ha contestato la fondatezza delle censure riproposte dall’appellato;
ha ulteriormente contestato la qualificazione da parte del giudice di primo grado della opera come tettoia, introducendo, altresì, il riferimento all’art 3 del Regolamento edilizio che limita la copertura al 30% della superficie del terrazzo;
ha, comunque, concluso per la necessità del permesso di costruire.

La difesa appellata ha presentato memoria, eccependo la inammissibilità per genericità dei motivi di appello proposti dal Comune di Napoli e comunque contestandone la fondatezza sia in ordine alla definizione di tettoia che alla necessità del permesso di costruire, trattandosi proprio del titolo richiesto in sanatoria;
ha altresì depositato memoria di replica, in cui ha eccepito la inammissibilità della introduzione di ulteriori profili motivazionali del provvedimento, mai prima dedotti, quale il riferimento al limite di copertura del 30% del terrazzo di cui all’art. 3 del Regolamento edilizio.

All’udienza pubblica del 7 maggio 2019, il giudizio è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare si deve evidenziare che non sono oggetto del giudizio le censure non esaminate dal giudice di primo grado e riproposte dall’appellato con la costituzione in giudizio, in quanto l’atto di costituzione è stato depositato solo il 2 marzo 2017, quindi tardivamente rispetto al termine di trenta giorni indicato dall’art. 37 del T.U. n. 1054 del 1924, applicabile al presente giudizio di appello.

Infatti, trattandosi di atto di appello depositato il 20 maggio 2010, prima della entrata in vigore del codice del processo amministrativo, il 16 settembre 2010, in forza della disciplina transitoria dell’art. 3 dell’allegato 3 del codice, per cui l’art. 101, comma 2, c.p.a. (che prevede il termine della costituzione in giudizio per la riproposizione delle domande ed eccezioni non esaminate per le parti diverse dall’appellante) non si applica agli appelli depositati prima della sua entrata in vigore, non è applicabile il termine di sessanta giorni previsto dall’art. 46 c.p.a. (applicabile al giudizio di appello in forza del richiamo di cui all’art. 38 del codice e che, peraltro, condurrebbe ad analoga valutazione di tardività).

Peraltro, la giurisprudenza, sotto vigenza del Testo unico delle leggi del Consiglio di Stato, era consolidata nel ritenere che le censure non esaminate potessero essere riproposte con memoria e non con appello incidentale, ma che la memoria dovesse essere depositata nel termine di trenta giorni dalla notifica dell’appello, ai sensi dell’art. 37 del Testo unico (Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2011, n. 4766;
id., 6 dicembre 2013, n. 5822;
id., 1 agosto 2018, n. 4734).

Si può invece prescindere dall’esame della questione relativa alla genericità dell’appello del Comune di Napoli per la evidente infondatezza dello stesso.

Nei pur scarni argomenti critici dell’atto di appello, la difesa comunale sostiene che la tettoia concretamente realizzata, non rientrando nella previsione dell’art. 2 del Regolamento edilizio, avrebbe dovuto essere assentita con il permesso di costruire.

Tale argomentazione dell’atto di appello è del tutto irrilevante rispetto al caso di specie.

Si deve, infatti, rilevare che il provvedimento oggetto della decisione di annullamento del giudice di primo grado (che ha dichiarato improcedibile il ricorso introduttivo proposto avverso l’ordine di demolizione) è il diniego opposto alla domanda di sanatoria presentata ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che, nel testo vigente al momento di adozione del provvedimento impugnato, riguardava gli interventi realizzati “ in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività ” nelle ipotesi di DIA cd. alternativa di cui all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa.

Inoltre, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380, gli interventi realizzati in assenza del permesso di costruire o della DIA nei casi indicati possono ottenere il permesso in sanatoria “ se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda ”.

Pertanto, le argomentazioni dell’atto di appello, per cui la tettoia concretamente realizzata necessitava del permesso di costruire, sono del tutto fuori obiettivo rispetto al presente giudizio che ha ad oggetto richiesta di un permesso di costruire in sanatoria, la cui presentazione da parte dell’odierno appellato, presuppone proprio la necessità di tale titolo edilizio per il tipo di intervento realizzato.

In base alla disciplina dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, correttamente, pertanto, il giudice di primo grado ha ritenuto la illegittimità del diniego e il potere-dovere dell’Amministrazione di pronunciarsi sulla domanda di accertamento di conformità in base alla sussistenza della conformità urbanistica dell’immobile.

Sostiene poi il Comune che la struttura realizzata non rientrerebbe nella definizione della tettoia, di cui all’art. 2 del Regolamento edilizio comunale, che considera la tettoia come “ struttura orizzontale su struttura autonoma ”.

Al riguardo, si deve, in primo luogo evidenziare che ad una “ tettoia ” hanno fatto riferimento sia il verbale di sopralluogo del 26 settembre 2006 che il provvedimento di demolizione del 18 giugno 2007.

Inoltre, la definizione di tettoia contenuta nel Regolamento, nella parte relativa alla indicazione di una “ struttura orizzontale su struttura autonoma ”, determinante ai fini della motivazione del provvedimento di diniego di sanatoria, ha un contenuto meramente descrittivo, proprio al fine di distinguerla dalla pensilina ( indicata come “ struttura orizzontale a sbalzo ”), diversamente dal riferimento alla natura pertinenziale della copertura e alla disciplina di cui all’art. 3 del detto Regolamento, che indica il limite della superficie coperta con riferimento al calcolo della eventuale superficie residenziale (citata, peraltro, dal Comune solo nella memoria per l’udienza pubblica).

La descrizione della tettoia contenuta nell’art. 2 del Regolamento non riguarda alcun parametro urbanistico e non può, quindi, impedire di per sé l’accoglimento di una domanda di sanatoria, per la quale occorre valutare la conformità urbanistica dell’opera.

Del resto, ai fini del permesso di costruire in sanatoria, prescindendo dalla conformità alla descrizione del Regolamento, il Comune avrebbe potuto, se del caso, anche riqualificare l’opera concretamente realizzata sotto altra definizione.

In ogni caso, nel caso di specie, dal provvedimento impugnato non risulta su quale base dall’applicazione dell’art. 2 del Regolamento sia derivato il rigetto della domanda di sanatoria, sotto il profilo della conformità urbanistica dell’opera.

Comunque, non si può ritenere erronea la qualificazione operata dal giudice di primo grado, che ha ritenuto rientrare l’opera realizzata nella definizione di “ tettoia ”, in quanto poggiante su una “ struttura autonoma ”, in questo, appunto, essendo distinta, nell’art. 2 del Regolamento, dalla pensilina.

Ritiene, infatti, il Collegio, sotto tale profilo di richiamare l’orientamento giurisprudenziale consolidato, per cui la tettoia è una struttura aperta su tre lati (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 16 aprile 2018, n. 2248;
id., 29 novembre 2018, n. 6798, rispetto ad immobili siti nel Comune di Napoli;
id., 27 febbraio 2018, n. 1156), con la conseguenza, quindi, che, sul quarto lato, possa poggiare anche su una struttura del fabbricato.

In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto con conferma della sentenza impugnata, anche relativamente al riesercizio del potere da parte dell’Amministrazione in ordine all’esame della istanza di accertamento di conformità.

In considerazione della particolarità della questione, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi