Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-12-06, n. 201605125
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Pubblicato il 06/12/2016
N. 05125/2016REG.PROV.COLL.
N. 00010/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10 del 2009, proposto da:
S F,, rappresentato e difeso dall'avvocato L A, con domicilio eletto presso B Bei Anna C/O Studio Rosati in Roma, via Ovidio, 10;
contro
Comune di Caserta, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio eletto presso Gennaro Terracciano in Roma, largo Arenula n.34;
G N, rappresentato e difeso dagli avvocati C M, G M, domiciliato ex art. 25 cpa presso Cons. di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
Regione Campania, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Edoardo Barone, domiciliata in Roma, via Poli, 29;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VIII n. 15808/2007, resa tra le parti, concernente concessione edilizia per realizzazione autolavaggio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G N;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il Cons. N R e uditi per le parti gli avvocati Adinolfi, Caianiello (per delega di Marino) e De Gennaro (per delega di Barone);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con istanza presentata presso lo Sportello Unico per le Attività Produttive del Comune di Caserta (prot. n. 42756 del 16 ottobre 2001), il sig. G N domandava il rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative volte all'installazione di un insediamento produttivo di autolavaggio sul terreno di proprietà, accatastato al N.C.T. di Caserta al fg. 45 "ex p.lla 35g, ora p.lla 5076" e intercluso dalla Via Campania, dalla Via Nazionale Appia e – in sopraelevata – dalla Variante Anas Capua-Maddaloni. Ai fini della valutazione dell'istanza, il S.U.A.P. attivava a tal punto la procedura prevista dal D.P.R. n. 447/1998.
Alla luce della destinazione urbanistica dell'area oggetto di intervento, di proprietà dell'istante e classificata dal P.R.G. comunale quale zona omogenea "F1 – Verde di rispetto stradale" e pertanto "inedificabile, destinato alla sola attività di coltivazione" e soggetta ai vincoli di distanza di rispetto stradale di cui al D.M. n. 1444/68, il Dirigente del Settore VII Urbanistica, con relazione istruttoria n. 655/2002 riteneva di rigettare il progetto presentato dal G, precisando, da un lato, che "trattandosi di intervento finalizzato all'insediamento di specifica attività produttiva e non di un complesso insediativo la verifica di conformità va riferita alla congruità del progetto specifico alle [...] normative [di cui alla L.R. Campania n. 14/1982, all'art. 5, comma 1 del D.M. n. 1444/1968 e all'art. 18 L. n. 122/1989]" e subordinando, d'altra parte, la realizzazione dell'intervento al mutamento della destinazione d'uso del suolo da "area F1 – territorio inedificabile" ad "area D – destinata alla installazione di autolavaggio".
Convocata la Conferenza di Servizi prevista ai sensi dell'art. 5 D.P.R. n. 447/1998 - cui partecipavano l'UOPC ASL CEI/1, la Regione Campania, il Responsabile dello Sportello Unico e il Dirigente dell'Ufficio Urbanistica comunale - e acquisiti i relativi pareri istruttori, sull'istanza del sig. G veniva rilasciato parere positivo, parere che pertanto assumeva la natura di proposta di variante al Piano Urbanistico comunale.
Con Delibera n. 21 dell'1 agosto 2002, il Consiglio Comunale di Caserta, alla luce delle risultanze della citata Conferenza di Servizi, approvava la Variante di P.R.G. – già precedentemente approvata da parte della Regione Campania, con Delibera di Giunta n. 0152/AC – in tal modo modificando la destinazione d'uso del suolo di proprietà del G in "Area D – Realizzazione Impianto di Autolavaggio" (senza tra l'altro specificare in quale delle sottocategorie di zone omogenee – D1, D2, D3 e D4 – la stessa dovesse più precisamente inquadrarsi).
La Delibera veniva pubblicata, ai sensi dell'art. 124 T.U.E.L., tramite affissione all'Albo Pretorio del Comune, fino alla data del 22 agosto 2002.
In base alle modifiche di Piano derivanti dalla richiamata Delibera di Consiglio Comunale, il sig. G vedeva così rilasciarsi sia, in data 16 ottobre 2002, la concessione edilizia n. 241/2002, per la realizzazione dell'impianto già oggetto dell'istanza presentata il 16 ottobre 2001, sia, il 7 ottobre 2002, l'autorizzazione SUAP necessaria per il concreto esercizio dell'attività produttiva di autolavaggio.
In data 13 novembre 2002 il sig. G dava così avvio ai lavori, domandando e ottenendo dal proprietario frontista dei terreni, il sig. S F, la fornitura dell'apporto idrico necessario per la realizzazione delle operazioni di cantiere.
Successivamente all'inizio dei lavori, il S – come detto, proprietario frontista del G – presentava, in data 18 febbraio 2003, istanza di accesso agli atti al Comune di Caserta, in esito alla quale lo stesso prendeva visione dei vari passaggi procedimentali che avevano consentito l'attività edilizia del sig. G.
Con ricorso notificato in data 10 marzo 2003, pertanto, il sig. S impugnava dinanzi al Tar per la Campania, sede di Napoli (R.G. n. 3038/2003), sia la concessione edilizia n. 214/2002, che le Delibere di Consiglio Comunale n. 21/02 e di Giunta Regionale della Campania n. 152/02, chiedendo l’annullamento dei citati provvedimenti e deducendo l’illegittimità dell'attività edilizia, ancora in corso d'opera.
In particolare, il S affidava la propria impugnazione a quattro motivi, tutti nella sostanza volti ad evidenziare l'illegittimità della Variante al P.R.G. Comunale di Caserta e la derivata illegittimità della concessione edilizia rilasciata in favore del G, controinteressato nel relativo giudizio, nonché l'abusività delle opere dallo stesso realizzate in forza dei citati titoli abilitativi.
All'esito del giudizio di primo grado, il Tar campano, con sentenza n. 15808 del 6 dicembre 2007, dichiarava il proposto ricorso irricevibile per tardività.
Il giudice di prime cure, difatti, evidenziava che il ricorso, orientato a dichiarare l'illegittimità della Variante al P.R.G. di Caserta, approvata con Delibera di Consiglio Comunale dell'1 agosto 2002 – atto che, qualora effettivamente illegittimo e già direttamente lesivo degli interessi del ricorrente, avrebbe dovuto formare oggetto di impugnazione entro il termine di 60 giorni decorrente dalla data ultima di pubblicazione tramite affissione all'Albo Pretorio del Comune e pertanto non oltre il 14 novembre 2002 – e già prima con Delibera di Giunta Regionale della Campania del 24 aprile 2002 – la quale, comunque, rivestendo natura di atto endoprocedimentale, non avrebbe potuto formare oggetto di impugnazione – era nella sostanza indirizzato ad affermare l'incompatibilità urbanistica di qualsiasi tipo di intervento edilizio, stante il vincolo di rispetto stradale sussistente sullo stesso, e quindi l'inedificabilità del suolo di proprietà del sig. G.
Ne derivava che l'azione si sarebbe dovuta proporre entro il termine di 60 giorni decorrenti dall'effettiva conoscenza della lesività dell'intervento, ovvero, nel caso di specie, fin dal momento dell'inizio dei lavori, autorizzati con i provvedimenti oggetto di impugnazione.
Giacché, infatti, il ricorrente si doleva del fatto che, a suo dire, la destinazione d'uso del terreno di proprietà del G fosse stato solo illegittimamente mutato in "zona D", e che pertanto il suolo dovesse pur sempre intendersi vincolato, per fascia di rispetto delle limitrofe sedi stradali - e come tale, inedificabile - l'inizio di qualsiasi attività edilizia aveva la capacità di rendere pienamente cosciente il ricorrente della lesività del provvedimento concessorio, che pertanto poteva (e doveva) essere immediatamente impugnato.
Dovendosi, come già specificato, individuare la data di avvio lavori al 13 novembre 2002, i termini di legge per la proposizione del ricorso giurisdizionale risultavano abbondantemente scaduti, con relativa decadenza del sig. S dall'azione annullatoria e conseguente irricevibilità del ricorso dallo stesso presentato.
Con atto di appello depositato in data 2 gennaio 2009, il sig. S impugna la citata sentenza n. 15808/2007, domandandone l'annullamento per erroneità della dichiarazione di irricevibilità del ricorso di primo grado e l'integrale riforma, con accoglimento dei motivi evidenziati nell'atto di ricorso di primo grado, cui lo stesso interamente rinvia e si rimette.
Con atti di costituzione, tutti ritualmente depositati, le Amministrazioni e il controinteressato appellati chiedono la conferma della sentenza di primo grado impugnata e il conseguente rigetto del proposto appello.
Con memoria depositata in vista dell’udienza pubblica di trattazione del merito della controversia, l'appellante ha confermato le proprie posizioni e conclusioni. All’udienza pubblica del 7 luglio 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Esaminata la questione preliminare inerente l'irricevibilità del ricorso di primo grado per tardività dello stesso, questo Giudice ritiene di dover confermare la sentenza n. 15808/2007 del Tar Campania oggetto di impugnazione.
Come specificato anche nella stessa memoria di parte appellante, depositata in data 11 aprile 2016 in vista dell'udienza pubblica di trattazione del merito della controversia, il ricorso di primo grado - volto alla dichiarazione di illegittimità e all'annullamento della concessione edilizia n. 214 del 16 ottobre 2002, della Delibera di Consiglio Comunale di Caserta n. 21 dell'1 agosto 2002 e della Delibera di Giunta Regionale della Campania n. 152 del 24 aprile 2002 – risultava basato su quattro motivi, così articolati: a) illegittimità derivata della C.E. n. 241/02 per illegittimità della Del.C.C. n. 21/02, in quanto l'area di proprietà del sig. G sarebbe stata pur sempre sottoposta al vincolo di "verde di rispetto" relativo alle tre sedi viari intercludenti il citato terreno;b) illegittimità della Del.C.C. n. 21/02 per violazione dell'art. 5 D.P.R. n. 447/98, che non potrebbe comportare (a parere dell'odierno appellante) una Variante di Piano tale da incidere sulle norme in materia di circolazione pubblica;c) illegittimità della Del.C.C. citata per asserita presenza, nel territorio comunale di Caserta, di altre aree libere – tra cui alcune già rientranti in territorio ASI o ex Saint Gobain – classificate come "zone D", fatto che renderebbe illogica la Variante di Piano disposta dal Comune di Caserta;d) illegittimità della richiamata Variante di P.R.G., causa la carenza del necessario parere della Commissione consiliare, nonché per mancata specificazione della sottozona D1, D2, D3 o D4 cui il terreno del sig. G doveva essere ascritto.
Come può agevolmente evincersi da quanto testé specificato, tutti i motivi di impugnazione miravano sostanzialmente a confermare la permanenza del vincolo di rispetto stradale asseritamente sussistente sul terreno di proprietà del controinteressato, sig. G N, e la relativa inedificabilità dell'area oggetto dei provvedimenti impugnati.
Ebbene, stanti tali premesse, non può sorgere dubbio che l'odierno appellante ben poteva essere pienamente cosciente della lesività dei provvedimenti - e in particolar modo della concessione edilizia rilasciata in favore del G - a far data dall'inizio dei lavori di cantiere, che in base alle risultanze del primo grado di lite deve essere individuata nel 13 novembre 2002.
Il noto principio per cui "ai fini della decorrenza del termine per l'impugnazione di una concessione edilizia da parte di un proprietario di immobile limitrofo occorre la piena conoscenza della stessa, che si verifica con la consapevolezza del contenuto specifico della concessione o del progetto edilizio ovvero quando la costruzione realizzata rivela in modo certo e univoco le essenziali caratteristiche dell'opera" (C.G.A.R.S. Sez. I, 28 maggio 2007 n. 421;Cons. Stato Sez. V, 23 settembre 2005 n. 5033), difatti, va letto all'interno della singola controversia e alla luce dei motivi di impugnazione fatti valere dal ricorrente. Laddove lo stesso impugni un titolo edilizio sulla base dell'asserita divergenza dell'intervento realizzato (o in corso di realizzazione) con quello astrattamente autorizzabile in base alla disciplina urbanistica vigente, il termine per la proposizione del ricorso (correttamente) non potrà che decorrere dal momento - anche successivo all'avvio dell'attività di cantiere e all'apposizione dell'apposito cartello di inizio lavori - in cui il soggetto acquisisca piena coscienza e cognizione degli elementi essenziali dell'opera, in base ai quali si renda evidente l'incompatibilità della stessa con i parametri urbanistici vigenti.
Pertanto, deve essere ribadita, quale regola generale, quella secondo cui, ai fini della decorrenza dei termini per l’impugnazione di una concessione edilizia (oggi permesso di costruire), occorre che le opere rivelino, in modo certo ed univoco, le loro caratteristiche e, quindi, l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivante dal provvedimento (cfr. Cons.Stato, IV, 23-7-2009, n. 4616) e che, di conseguenza, in mancanza di altri ed inequivoci elementi probatori, il termine decorre con il completamento dei lavori, a meno che, tuttavia, non venga provata una conoscenza anticipata oppure - come nel caso di specie - si deducano censure di assoluta inedificabilità dell’area o analoghe censure, nel qual caso risulta sufficiente la conoscenza dell’iniziativa in corso (cfr. Cons.Stato, IV, 10-12-2007, n. 6342).
Dunque, nel caso in cui, come nella fattispecie, il ricorrente affermi l'inedificabilità assoluta dell'area, già la prima forma di intervento sul fondo rende lo stesso perfettamente cosciente dell'incompatibilità dell'opera con la disciplina applicabile. Ne deriva che, in quest'ultimo caso, il termine decadenziale per la proposizione dell'azione deve ritenersi decorrente dal giorno in cui il soggetto abbia conoscenza dell’attività edilizia in corso.
A tale fine, va ulteriormente specificato che, al di là di qualsiasi questione circa l'avvenuta apposizione del cartello di inizio lavori sul cantiere, il sig. S, in quanto fornitore dell'apporto idrico necessario per l'attività cantieristica e in quanto frontista del fondo del G, non poteva che essere venuto a conoscenza dell'attività edilizia fin dai primi momenti della sua realizzazione.
Ne deriva che lo stesso avrebbe potuto (e dovuto) proporre la propria domanda di annullamento entro il termine decadenziale di 60 giorni dalla data di inizio lavori (13 novembre 2002) e pertanto non oltre il 12 gennaio 2003.
Avendo il sig. S notificato il ricorso di primo grado in data 10 marzo 2003, appare evidente come lo stesso fosse oramai irrimediabilmente decaduto dalla relativa azione. B, quindi, ha fatto il Tar campano nel dichiarare il ricorso irricevibile per tardività, pronuncia che deve essere pertanto confermata anche in sede di appello.
Le considerazioni sopra svolte, tra l'altro, prescindono, per evidenti ragioni di ordine logico-giuridico, da qualsiasi valutazione circa l'inammissibilità dell'atto di appello con il quale, dopo aver puntualmente contestato l'erroneità della pronuncia di primo grado in rito di irricevibilità del ricorso di primo grado, ci si rimette in modo del tutto generico, per quanto attiene ai motivi di merito dell'impugnazione, alle doglianze già presentate in primo grado, nonostante l'insegnamento di questo Giudice, secondo cui "un rinvio indeterminato agli atti di primo grado, senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto, è inidoneo ad introdurre giudizio di appello motivi in tal modo dedotti, trattandosi di formula di stile insufficiente a soddisfare l'onere di espressa riproposizione (Cons, Stato, V, 28 dicembre 2012 n. 6684;id., 16 agosto 2010, n. 5702, e giur. ivi. cit.)" (Cons. Stato Sez. V, 1 dicembre 2014 n. 5939).
Da quanto sopra specificato, in definitiva, deriva il rigetto del proposto appello e, per l'effetto, la conferma della declaratoria di irricevibilità del ricorso di primo grado, per tardività dello stesso e della sentenza n. 15808/07 del Tar Campania, sede di Napoli, oggetto di impugnazione.
Alla luce delle peculiarità della vicenda, si rinvengono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di lite.