Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-03-26, n. 202402870
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Pubblicato il 26/03/2024
N. 02870/2024REG.PROV.COLL.
N. 02060/2021 REG.RIC.
N. 02061/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2060 del 2021, proposto da
Consorzio per lo sviluppo industriale di Frosinone, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Piedimonte San Germano, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato M D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Francesco Lilli in Roma, viale di Val Fiorita n. 90;
nei confronti
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. e Ministero dell'Interno, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 2061 del 2021, proposto da
Consorzio per lo sviluppo industriale di Frosinone, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Piedimonte San Germano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M D S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio Francesco Lilli in Roma, viale di Val Fiorita n. 90;
nei confronti
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sandro Mento, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
quanto al ricorso n. 2060 del 2021:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione staccata di Latina (sezione Prima) n. 469/2020, resa tra le parti,
quanto al ricorso n. 2061 del 2021:
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio Sezione staccata di Latina (sezione Prima) n. 470/2020, resa tra le parti,
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Piedimonte San Germano e Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2024 il Cons. Sara Raffaella Molinaro e uditi per le parti gli avvocati Cuozzo in dichiarata delega di Salera, Di Sotto e Mento;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La controversia riguarda il ponte cavalca ferrovia insistente su Via Pistillo Km 129+593 del Comune di Piedimonte San Germano, realizzato dal Consorzio per lo sviluppo industriale di Frosinone (attualmente Consorzio industriale del Lazio, su cui infra , e comunque di seguito: “Consorzio”), nell’ambito dei lavori relativi al progetto denominato “PROG. SAI FR/746- Raccordo base ferroviario Agglomerato Cassino – Pontecorvo”.
2. Il Consorzio ha impugnato davanti al Tar Lazio –Latina l’ordinanza comunale contingibile e urgente n. 9 prot. 10444 del 29 ottobre 2019, con la quale il sindaco del Comune di Piedimonte San Germano ha ordinato, ai sensi degli artt. 50 e 54, il divieto di transito ai veicoli e ai pedoni sul ponte ferroviario nonché, al ricorrente in qualità di “ proprietario dell’area ” e a RFI “ in qualità di esecutore dell’opera ”, la messa in sicurezza dello stesso, censurando l’ordine, rivolto al Consorzio, di mettere in sicurezza l’opera.
3. Il Tar, con sentenza 16 dicembre 2020 n. 469, ha respinto il ricorso.
4. Il Consorzio ha appellato la sentenza con ricorso n. 2060 del 2021.
5. Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. - Gruppo Ferrovie dello Stato (di seguito: “RFI”) ha impugnato davanti al Tar Lazio – Latina la medesima ordinanza comunale contingibile e urgente n. 9 prot. 10444 del 29 ottobre 2019.
6. Il Tar, con sentenza 16 dicembre 2020 n. 470, ha accolto il ricorso, annullando in parte qua il provvedimento impugnato, cioè nella parte in cui RFI è indicata quale destinatario dell’ordine di messa in sicurezza nella qualità di “esecutore dei lavori”.
7. Il Consorzio ha appellato la sentenza con ricorso n. 2061 del 2021.
8. Nel corso del presente grado di giudizio si sono costituiti il Comune di Piedimonte San Germano, RFI e il Ministero dell’interno.
9. All’udienza dell’8 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
10. I ricorsi n. 2060 e 2061 del 2021 sono riuniti per connessione oggettiva, riguardando la controversia il medesimo provvedimento amministrativo n. 9 del 9 ottobre 2019, con specifico riguardo alla messa in sicurezza del ponte cavalca ferrovia insistente su Via Pistillo Km 129+593 del Comune di Piedimonte San Germano, peraltro proposti entrambi dal Consorzio, avverso il Comune di Piedimonte San Germano e RFI (il ricorso n. 2060 del 2021 è stato altresì notificato al Ministero dell’interno).
11. Il Collegio principia scrutinando il ricorso in appello n. 2060 del 2021.
12. Con il primo motivo l’appellante Consorzio ha dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha individuato il Consorzio quale obbligato e realizzare i lavori di messa in sicurezza del ponte in quanto proprietario dello stesso mentre dovrebbe essere prevalente il criterio funzionale, della destinazione d’uso della strada.
12.1. Il motivo è fondato.
Il Collegio osserva quanto segue.
12.2. Dal punto di vista funzionale, le strade pubbliche svolgono un rilevante servizio rispetto alla collettività di riferimento, costituendo, nella realtà attuale, un imprescindibile strumento per l’esercizio della libertà di circolazione (art. 16 Cost.).
Detta funzione è assicurata garantendo un sistema viario adeguato alle esigenze della collettività e un uso rispettoso dello stesso. Sicché l’attività amministrativa si sostanzia essenzialmente nell’attività di programmazione e gestione delle strade e nell’adozione di provvedimenti che incidano sull’uso delle stesse (concessori e autorizzativi in particolare).
Dal punto di vista della soggettività pubblica la strada costituisce pertanto essenzialmente una voce di spesa, necessaria e continua nel tempo, seppur con intervalli non sempre predeterminabili. A parte le autostrade, sono poco significative le eventuali entrate che possono derivare dall’uso delle strade (quali, ad esempio, le concessioni di suolo pubblico).
In disparte le attività di programmazione e regolazione, i compiti amministrativi connessi alle strade pubbliche (art. 7 e ss. del d. lgs. n. 285 del 1992) sono quindi essenzialmente incombenze che attengono alle procedure necessarie per spendere le risorse funzionali a detta finalità.
Sicché l’allocazione delle strade è essenzialmente un’allocazione di oneri economici.
Detta allocazione (fra gli enti pubblici) è determinata in relazione alla funzione svolta dalle strade.
L’art. 2 comma 2 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 prevede infatti la classificazione delle strade pubbliche in sei categorie “ riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali ”. A parte le caratteristiche costruttive e tecniche (specificate al comma 3 e rilevanti ad altri fini), per quanto di interesse in questa sede, l’art. 2 comma 5 individua l’amministrazione di riferimento attraverso il richiamo della relativa funzione di uso pubblico, prevedendo che “ Per le esigenze di carattere amministrativo e con riferimento all'uso e alle tipologie dei collegamenti svolti, le strade, come classificate ai sensi del comma 2, si distinguono in strade statali, regionali, provinciali, comunali ”.
Anche in precedenza le strade sono state classificate in base all’uso pubblico (legge n. 126 del 1958), a testimonianza del fatto che l’onere della relativa spesa è imposto sulla base del criterio della collettività prevalentemente interessata al relativo uso, così rispettando la corrispondenza fra beneficiari del servizio ed elettori degli organi rappresentativi negli enti che debbono assicurare lo stesso.
All’aspetto funzionale segue il profilo della titolarità, nel senso che, fra i suddetti enti pubblici, il proprietario è quello intestatario della relativa funzione, che si identifica in ragione del perimetro dell’uso pubblico.
La proprietà del suolo e degli immobili in generale da parte dello Stato e degli enti pubblici territoriali affonda e fa riferimento (in gran parte) a vicende risalenti (e non sempre connotate da un titolo scritto), sicché risulta prevalente, anche per tale motivo, il criterio funzionale.
La ripartizione dell’assetto proprietario pubblico in ragione dell’uso rispetta, del resto, la regola in base alla quale la titolarità del bene deve basarsi non su una situazione di fatto ma su una situazione di diritto: il principio di legalità che connota l’attività pubblica nel suo complesso, in quanto coinvolge l’aspetto soggettivo e l’aspetto oggettivo dell’amministrare, oltre alla relazione (intrinseca ed ineliminabile) fra detti due aspetti, rende la funzione pubblica giuridicamente rilevante, da ogni punto di vista. Detta rilevanza è tale da determinare l’intero assetto pubblicistico, organizzato al fine di esercitare le funzioni pubbliche a esso attribuite: l’organizzazione soggettiva dello stesso, la distribuzione delle risorse e la disciplina delle modalità procedimentali di esercizio della funzione sono regolamentate al fine di assicurare l’implementazione di queste ultime.
Non vale a smentire detta impostazione l’orientamento in base al quale “ non solo il diritto di proprietà, ma anche il diritto reale di servitù presuppone un titolo giuridicamente idoneo alla sua costituzione ( ex art. 825 cod. civ.), tale non essendo una situazione di mero fatto ” (Cons. St., sez. V, 2 ottobre 2018 n. 5643). L’esistenza del titolo rileva allorquando viene in evidenza la presenza di un titolo (trascritto) e quindi, di norma, la proprietà privata. In tale caso la necessità di superare un titolo che fonda quest’ultima richiede il perfezionamento della fattispecie idonea, per legge, a trasferire il diritto reale: “ Affinché un'area privata venga a far parte del demanio stradale e assuma, quindi, la natura di strada pubblica, non basta ne' che vi si esplichi di fatto il transito del pubblico (con la sua concreta, effettiva e attuale destinazione al pubblico transito e la occupazione sine titolo dell'area da parte della pubblica amministrazione), né la mera previsione programmatica della sua destinazione a strada pubblica, ne' l'intervento di atti di riconoscimento da parte dell'amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta, ma è necessario che la strada risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base a un atto o a un fatto (convenzione, espropriazione, usucapione, ecc.) idoneo a trasferire il dominio ” (così Cass. civ., sez. II, 25 gennaio 2000 n. 823, cui è conforme la giurisprudenza di legittimità successiva, fino, tra le altre, a Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2010, n. 20405 e 2 febbraio 2017, n. 2795).
Del resto, la presunzione di demanialità “ ha carattere relativo e, come tale, è destinata a cadere di fronte all'esistenza di elementi probatori idonei a dimostrare il carattere privato degli spazi medesimi, quali la produzione del titolo di proprietà ” (Cass. civ., sez. I, 15 luglio 2020 n. 15033).
Specularmente al profilo funzionale l’ordinamento ha disegnato pertanto un complessivo sistema nel quale le strade pubbliche appartengono allo Stato e agli altri enti territoriali (art. 22 della legge n. 2248 del 1865 all. F e art. 2 comma 5 ultimo periodo del d. lgs. n. 285 del 1992). In ragione di detta appartenenza, rientrano nel demanio pubblico (art. 822 e 824 c.c.). Detta ricomprensione, con le conseguenze che ne derivano, è accompagnata da una presunzione (di demanialità) basata sull’art. 22 della legge n. 2248 del 1865, all. F (Cass. civ., sez. I, 15 luglio 2020 n. 15033).
La demanialità garantisce, da un lato, il perseguimento dell’interesse pubblico alla circolazione, cui corrisponde un diritto soggettivo alla stessa, senza rischi legati a eventuali vicende che coinvolgano il bene.
Dall’altro lato la demanialità presuppone l’appartenenza allo Stato o agli altri enti territoriali delle funzioni relative alle strade.
A essi, in quanto enti necessari, con fini istituzionali stabiliti dalla legge, nei quali sono comprese dette funzioni (oltre agli artt. 2 e 14 del d. lgs. n. 285 del 1992, v. art. 118 Cost., art. 1 della legge n. 59 del 1997, art. 99 del d. lgs. n. 112 del 1998, art. 13 del d. lgs. n. 267 del 2000), devono essere assicurate corrispondenti risorse in ragione dell’obbligo costituzionale (artt. 81 comma 3 e 119 comma 4 Cost.) di assicurare la copertura delle leggi di spese, sicché l’ordinamento è organizzato in modo da assicurarne l’esercizio con l’attribuzione del principale mezzo necessario (per le ragioni già illustrate) per assolvere la funzione: la devoluzione delle risorse finanziarie.
Alla titolarità delle strade pubbliche, che si impernia sulla funzione assolta, segue l’onere di assicurarne l’uso. In base all’art. 14 del d. lgs. n. 285 del 1992 “ gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono ”, fra l’altro, alla “ manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi ” e al “ controllo tecnico dell'efficienza delle strade e relative pertinenze ” (comma 1 lett. a) e b) del d. lgs. n. 285 del 1992).
L’elemento discriminante della funzione, cioè dell’uso pubblico della strada, connota quindi ogni aspetto della stessa, dalla titolarità alle spese di mantenimento. Ciò tanto più se si considera che la strada vicinale, benché privata, in quanto funzionale all’uso pubblico, determina un correlato dovere dell’amministrazione di concorrere alle spese di manutenzione della stessa (Cons. St., sez. IV, 21 settembre 2015 n. 4398 e Cass. civ., sez. III, 29 marzo n. 8879 e sez. VI-3, ordinanza 7 febbraio 2017 n. 3216): “ l'uso pubblico giustifica, per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva, la soggezione delle aree, anche private, alle norme del codice della strada ” e infatti “ l'art. 2, comma 6, del D.Lgs. n. 285/1992 assimila le strade vicinali a quelle comunali, nonostante le prime siano per definizione di proprietà privata, in caso di destinazione ad uso pubblico ” (Cons. St., sez. V, 27 ottobre 2023 n. 9282).
In detto contesto generale l’art. 21 della legge n. 634 del 1957 ha disposto che:
- i Comuni, le Province, le Camere di commercio, industria e agricoltura e gli altri enti interessati possono costituire dei consorzi per eseguire, sviluppare e gestire le opere di attrezzatura della zona, fra i quali “ gli allacciamenti stradali e ferroviari ”;
- detti consorzi sono enti di diritto pubblico;
- i consorzi possono promuovere, con le medesime norme, la espropriazione di immobili, oltre che ai fini dell'attrezzatura della zona, anche allo scopo di rivenderli per l'impianto di nuovi stabilimenti industriali.
Nel caso de quo il Consorzio ha allegato di:
- avere realizzato “negli anni ‘80 il ponte cavalca ferrovia insistente su Via Pistillo Km 129+593 del Comune di Piedimonte San Germano”;
- essere proprietario dell’infrastruttura in ragione della trascrizione di un decreto di esproprio del 1982 degli immobili “ necessari per la realizzazione del raccordo base a servizio della zona industriale di Cassino Pontecorvo e nuova stazione Piedimonte San Germano villa Santa Lucia Progetto SAI/FR.746 ” (così dal ricorso in appello);
- non avere alcun obbligo manutentivo in quanto “ il tratto di strada oggetto di giudizio deve considerarsi, ai fini della circolazione, di proprietà del Comune di Piedimonte San Germano (art. 2 comma 5 cds) ” (così dalla memoria 2 febbraio 2024);
- avere realizzato la costruzione allo “ scopo preciso di mettere in sicurezza il percorso stradale preesistente della via comunale Pistillo, mediante la chiusura del passaggio a livello e la realizzazione del percorso sopraelevato sui binari ferroviari, con ricongiungimento dei due tratti viari della medesima strada comunale ” (così dal ricorso in appello);
- avere progettato e realizzato l’opera per la “ sostituzione di un segmento di strada comunale di via Pistillo per attraversamento a raso dei binari, con un attraversamento in ponte in quota ” (così dalla perizia di parte depositata come allegato 7 del ricorso introduttivo).
Nel contempo il Consorzio ha dedotto (nel ricorso in appello e nella perizia di parte depositata come allegato 7 del ricorso introduttivo) che il Comune di Piedimonte San Germano:
- con deliberazione di Giunta comunale n. 189 del 4 giugno 1982, ha concesso all’impresa esecutrice dei lavori “ il nulla osta alla segnaletica stradale per viabilità su cavalca ferrovia al km 129+593 ”;
- ha adottato l’ordinanza sindacale n. 46 del 5 giugno 1982, con cui ha ingiunto la deviazione del traffico di transito sul cavalca ferrovia di nuova costruzione;
- ha rilasciato, con provvedimento 30 giugno 1982 n. 2575 il permesso di agibilità del cavalca ferrovia Km 129+539;
- da detto momento “ si è sempre occupato direttamente della gestione e manutenzione del ponte cavalca ferrovia di via Pistillo Km 129+593, rimanendo il Consorzio ricorrente totalmente estraneo rispetto a tali attività ” (così dal ricorso in appello);
- ha assicurato “ la sequenza della numerazione civica delle abitazioni e attività presenti sul tratto stradale, accertando la continuità della stessa ”, con la precisazione che “ la numerazione è presente anche sui tratti realizzati a seguito di intervento SAI Fr/746 ” (così dalla perizia, pag. 21).
Nella relazione si afferma altresì, portando elementi a supporto, che “ quanto sopra riportato conferma il concetto di ricucitura di continuità stradale, a seguito di interruzione per eliminazione di passaggio a livello ” (così dalla perizia, pag. 21).
Nella sentenza del Tribunale di Cassino n. 171 del 2022 (che non fa stato nel presente giudizio ma è di ausilio per la valutazione dei presupposti di fatto della presente pronuncia), di assoluzione del direttore generale del Consorzio per il sinistro mortale che ha originato l’istruttoria prodromica al provvedimento gravato, si legge che:
- “ per ammissione del [responsabile del settore competente del Comune di Piedimonte San Germano], non solo il Comune di Piedimonte San Germano si faceva carico di gestire l’impianto di illuminazione pubblica servente il cavalcaferrovia e le rampe di accesso […], ma inoltre per disposizione interna la viabilità ovvero la segnaletica orizzontale e verticale è gestita dal Comando della Polizia Locale ” (pag. 7 punto 4.2);
- il “ Sindaco del Comune di Piedimonte San Germano dal 1990 al 2004, dichiarava che la manutenzione di Via Pistillo e del cavalcaferrovia era sempre stata affidata all’anzidetto Comune ” (pag. 9 punto 4.5.2);
- “ deve escludersi alla luce di quanto sinora osservato che il F, direttore del Consorzio ASI, fosse in condizione di sapere che quest’ultimo era titolare del cavalcaferrovia: non solo infatti si poteva ragionevolmente ritenere che il ponte, accessorio a strada comunale, fosse di proprietà del Comune di Piedimonte San Germano, ma inoltre la gestione del bene era stata sempre, di fatto, esercitata da tale ente, circostanza che avvalorava la presumibile titolarità dell’infrastruttura ” (pag. 9 punto 4.6).
Nella relazione al progetto esecutivo approvato dal Comune nel 1976 si legge a pag. 16 che “ la strada comunale Pistillo ” verrà deviata sul limite del piazzale e “ attraverserà la linea di corsa e la dorsale di raccordo in corrispondenza del nuovo sovrappasso ”.
In considerazione di quanto sopra si può affermare che la costruzione de quo è stata realizzata da un Ente pubblico strumentale, al quale era demandato anche di espropriare a tal fine le aree necessarie.
L’opera svolge la funzione di collegare due tratti di strada comunale, uniti in precedenza con un tratto viario sostituito da quello de quo . Il tracciato, rispetto al precedente, nel quale era presente un passaggio a livello, è cambiato e comprende un ponte, costruito al fine di assicurare una diversa modalità di superamento della linea ferroviaria.
Detto raccordo non trova ragion d’essere se non nell’ambito della strada comunale.
In tale prospettiva la costruzione non solo è oggetto di uso pubblico, cioè di uso esercitato iuris servitutis publicae da una collettività di persone (tipico della strada vicinale, cioè della “ strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico ” ai sensi dell’art. 3 n. 52 del d. lgs. n. 285 del 1992), che acquisisce rilevanza giuridica in ragione della dicatio ad patriam , che non necessariamente presuppone un titolo ma che comporta la costituzione di una servitù di uso pubblico (in termini compatibili con le modalità di acquisto delle servitù apparenti su beni privati), non incidendo invece sul titolo di proprietà (privata) (Cons. St., sez. VI, 30 ottobre 2023 n. 9333, in base alla quale presupposti consistono nell'uso esercitato iuris servitutis publicae da una collettività di persone, nella concreta idoneità dell'area a soddisfare esigenze d'interesse generale e in un titolo valido a costituire il diritto ovvero in un comportamento univoco del proprietario che, seppure non intenzionalmente diretto a dar vita all’uso pubblico, risulti idoneo a manifestare l'intenzione di porre il bene a disposizione della collettività).
Il raccordo controverso risulta piuttosto assolvere una funzione che non può essere che quella pubblica di congiunzione di due tratti stradali comunali, che anche in precedenza erano congiunti nell’ambito di una medesima arteria comunale.
Sicché detto tratto stradale non è divenuto di uso pubblico, essendo in precedenza destinato ad altro uso, ma sin dall’inizio e per sua stessa natura è destinato alla funzione pubblica, non potendo svolgerne altre.
La situazione funzionale del bene è tale da rivelare una natura pubblica più marcata rispetto alle strade vicinali, che comunque insistono su un bene privato, che almeno potenzialmente può soddisfare un altro interesse, e rispetto alle quali è comunque prevista la contribuzione dell’Ente territoriale di riferimento (come già visto sopra).
In disparte ogni approfondimento in ordine all’allineamento nel caso de quo fra profilo funzionale e dominicale nell’ambito del sistema sopra delineato, rispetto alla strada non può che ritenersi prevalente, in relazione alla ripartizione delle spese, il profilo funzionale (in termini sul punto Cons. St., sez. V, 2 ottobre 2018 n. 5643).
Ciò in quanto, nel sistema sopra delineato, dove la proprietà pubblica delle strade è tale in quanto assolve la funzione pubblica di cui all’art. 2 del d. lgs. n. 285 del 1992, non può essere messa a repentaglio quest’ultima in ragione di un (supposto) disallineamento fra funzione e titolarità del bene. Tanto più se si considera che la manutenzione della strada rileva in relazione a beni quali la sicurezza pubblica e l’incolumità personale, di primissimo rango nella scala dei valori.
Sicché non si tratta solo di assicurare il diritto alla circolazione ma anche di preservare beni relativi alla persona.
Detta prospettiva di tutela, unita al peso economico dell’attività manutentiva, rendono evidente la necessità di assicurare che la funzione pubblica sia svolta da uno degli enti di cui all’art. 2 del d. lgs. n. 285 del 1992, ai quali la stessa è demandata.
Ciò è anche il portato di quanto sopra rappresentato in ordine al fatto che i compiti amministrativi in relazione alle strade pubbliche vedono, dal punto di vista del soggetto pubblico, una prevalenza dei compiti amministrativi volti allo svolgimento delle procedure prodromiche all’assolvimento dell’onere economico necessario per garantire la sicurezza stradale. L’ente intestatario delle relative funzioni risulta essenzialmente un centro di spesa.
In tale prospettiva non può non rilevarsi che, ai sensi dell’art. 119 comma 4 Cost., le risorse devolute agli enti territoriali “ consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite ”. Sicché non solo le risorse finanziarie sono attribuite con criteri individuati dalla legge ma vi è una copertura costituzionale che assicura la possibilità di tali enti di assolvere le funzioni a essi intestate.
Diversamente avviene per il Consorzio de quo .
Il Consorzio per lo sviluppo industriale di Frosinone è stato incorporato per fusione nel Consorzio industriale del Lazio ai sensi dell’art. 40 della l.r. n. 17 del 2008.
A detto Consorzio si applicano, in base all’art. 40 comma 10 della l.r. n. 7 del 2018 e per quanto di interesse in questa sede e non espressamente previsto dall’articolo, le disposizioni di cui alla l.r. n. 13 del 1997, che l’elencazione dei compiti allo stesso devoluti, fra i quali non rientrano in modo espresso le strade, e della provvista finanziaria.
In particolare, in base all’art. 2 della l.r. n. 13 del 1997 i consorzi sono enti pubblici economici costituiti per la promozione dell'industrializzazione e dell'insediamento di altre attività produttive nelle aree comprese nel territorio di competenza e la finalità degli stessi è individuata dal successivo art. 5 nel compito di promuovere, nell'ambito delle aree degli agglomerati industriali, le condizioni necessarie per la creazione e lo sviluppo di attività produttive e, a detti fini, fra l’altro, possono “ acquisire le aree ed attrezzarle con le opere di urbanizzazione necessarie ” e “ realizzare e gestire infrastrutture per l'industria, porti, rustici industriali, centri internodali, anche attraverso l'acquisto di aree a ciò destinate ”.
Per dette funzioni i mezzi finanziari sono costituiti (art. 8 della l.r. n. 13 del 1997) dai conferimenti effettuati dai partecipanti, dai contributi della Regione, dello Stato, dell'Unione Europea e di qualsiasi altro ente pubblico o privato, dagli interessi sugli investimenti finanziari, dai corrispettivi percepiti in relazione all'attività svolta, da ogni altro provento comunque collegato all'attività consortile e dai finanziamenti concessi da istituti di credito, anche a medio termine.
La legge non stabilisce pertanto criteri che possano assicurare il quantum a disposizione del Consorzio, le cui scelte amministrative non possono pertanto che tenere conto di detta circostanza, essendone quindi condizionate. È a dire che, con riferimento a detti Enti, i mezzi finanziari costituiscono un prius , cui segue la programmazione dell’attività, che vede una discrezionalità nella concreta declinazione della stessa nell’ambito delle finalità definite, comunque funzionali allo sviluppo industriale.
12.4. In ragione di tutto quanto sopra considerato è il Comune a doversi occupare della manutenzione della strada de quo .
Del resto, anche a volerla considerare (in senso riduttivo) strada vicinale, il criterio di riparto del relativo onere manutentivo è basato sull’utilizzo della stessa (di talché, oltre al Comune, dovrebbero farsene carico anche i soggetti privati proprietari che la utilizzano, così Cons. St., sez. V, 23 maggio 2005 n. 2584) e nel caso di specie l’uso è esclusivamente quello pubblico, sicché non si rinviene altro soggetto (proprietario) che utilizzi la strada.
13. I rimanenti motivi, con i quali è stata dedotta la violazione dell’art. 54 del d. lgs. n. 267 del 2000 e la violazione delle regole del procedimento, sono quindi assorbiti.
14. In conclusione il ricorso in appello n. 2060 del 2021 va accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza n. 469 del 2020, va accolto il ricorso introduttivo e annullato il provvedimento impugnato nella parte in cui ordina al Consorzio la messa in sicurezza dell’opera.
15. L’accoglimento del ricorso in appello n. 2060 del 2021 determina l’improcedibilità del ricorso in appello n. 2061 del 2021, comunque teso allo stesso scopo di cui al primo, cioè all’affermazione dell’estraneità del Consorzio rispetto agli obblighi di messa in sicurezza dell’opera, peraltro relativamente a una pronuncia di accoglimento del ricorso introduttivo presentato da RFI, rispetto alla quale l’accertamento dei compiti manutentivi al Consorzio risulta incidentale, dal momento che il Tar, con la sentenza n. 470 del 2020, ha accolto il ricorso annullando il provvedimento nella parte in cui ha indicato RFI quale destinataria dell’ordine di messa in sicurezza.
16. La particolarità e la novità delle questioni giuridiche sottese alla presente controversia giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.