Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-02, n. 202400064
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Pubblicato il 02/01/2024
N. 00064/2024REG.PROV.COLL.
N. 03669/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3669 del 2023, proposto da
A.G.E.A. - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, A.D.E.R. - Agenzia delle Entrate Riscossione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Azienda Agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;
per la riforma
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Azienda Agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2023 il Cons. G G e udito per la parte appellata l’avv. Vittorio Chierroni in sostituzione dell'avv. P B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso notificato l’1 dicembre 2021 e depositato lo stesso giorno l’azienda agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista ha impugnato dinanzi al T.A.R. per la Lombardia – sede distaccata di Brescia, chiedendone l’annullamento, l’intimazione di pagamento 019 2021 90003166 34/000 emessa da A.G.E.A., con la quale le è stato chiesto il pagamento della somma di € 94.210,80 relativa alla presupposta cartella di pagamento n. 30020180000012428000, notificata il 11 novembre 2018, a titolo di prelievo supplementare e interessi (cd. “quota latte”) per le campagne lattiero casearie 2003-2004.
1.1 A sostegno del ricorso di primo grado ha dedotto le censure così rubricate:
1) Prescrizione del credito ;
2) Contrasto tra normativa interna e quella comunitaria in relazione all’intero meccanismo di determinazione del prelievo supplementare ;
3) Carenza di istruttoria conseguenziale al mancato accertamento del presupposto per poter applicare il prelievo supplementare ai produttori che avrebbero concorso a determinare il presunto esubero rispetto alla quota nazionale e consistente nella determinazione dell’effettiva produzione nazionale di latte nel periodo di riferimento (v. ordinanza del GIP di Roma del 5 giugno 2019 nel procedimento n. 96592/2016 RG-NR e n. 101551/2016 RG-GIP) ;
4) Carenza di motivazione dell’intimazione di pagamento e della presupposta cartella di pagamento, dovendosi ritenere “nulle le cartelle esattoriali che contengono solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza l'indicazione del procedimento di calcolo degli stessi e delle singole aliquote prese a base delle varie annualità” ;
5) Inesistenza ovvero nullità insanabile della notifica avendo il notificante utilizza un indirizzo di posta elettronica certificata non risultante da pubblichi elenchi .
2. Ad esito del relativo giudizio, con la sentenza indicata in epigrafe, il T.A.R. per la Lombardia – sede distaccata di Brescia, in accoglimento del primo motivo di ricorso, ha dichiarato “il credito di AGEA prescritto”. In particolare, il giudice di prime cure ha osservato che dal momento (nel 2005) della definizione dei procedimenti impositivi indicati da A.G.E.A. “a quello di avvenuta notifica dell’atto presupposto a quello impugnato, avvenuta in data 11 novembre 2018, come risulta evidenziato nell’intimazione di pagamento, non sono intervenuti atti interruttivi, motivo per cui l’eccezione di intervenuta prescrizione del credito azionato deve ritenersi fondata;non può ritenersi, infatti, che la notifica della cartella di pagamento, essendo intervenuta a prescrizione maturata, possa avere rilievo nel giudizio di accertamento intorno all’intervenuto decorso del termine prescrizionale”.
3. Con ricorso notificato il 21 aprile 2023 e depositato il 26 aprile 2023 A.G.E.A. ha proposto appello avverso la suddetta decisione chiedendone la riforma previa sospensione in via cautelare ex art. 98 c.p.a. dell’esecutività.
3.1 A sostegno dell’appello ha dedotto i motivi così rubricati:
1) erroneità in diritto della sentenza di prime cure per avere il tar ritenuto che la questione di prescrizione maturata prima della notifica della cartella (notificata nell’anno 2018), atto non impugnato, possa essere fatta valere impugnando l’atto successivo alla cartella, id est l’intimazione oggetto del presente processo, notificata nell’anno 2021 ;
2) erroneità in diritto della sentenza di prime cure per avere il tar ritenuto che la pronuncia 4132/2010 T.A.R. Brescia – dichiarativa di perenzione su ricorso avverso atto a monte rispetto a quello oggetto del presente processo – non osti a che il tar possa entrare nuovamente nel merito della pretesa nel presente giudizio, dedicato all’atto a valle – mezzo di appello incidentale condizionato, quanto all’interesse, alle difese che parte appellata dovesse articolare .
4. In data 3 maggio 2023 si è costituita in giudizio per resistere all’appello l’azienda agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista.
4.1 La predetta ha, altresì, depositato, in data 15 maggio 2023, memorie difensive chiedendo la reiezione dell’appello e riproponendo i motivi di ricorso assorbiti o non esaminati in primo grado.
In particolare ha riproposto i seguenti motivi:
I) Prescrizione del credito (limitatamente alla parte in cui non sono state accolte le censure relative all’applicazione del termine quadriennale di prescrizione) ;
II) Il contrasto tra normativa interna e quella comunitaria in relazione all’intero meccanismo di determinazione del prelievo supplementare ;
IV) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione sotto molteplici profili. Violazione di legge in relazione agli artt. 8-ter e 8-quinquies del decreto legge 10.2.2009 n. 5, convertito in legge 9.4.2009 n. 33 ed ai principi di buon andamento e trasparenza della P.A. di cui all’art. 97 Cost. Violazione di legge in relazione agli artt. 3 e 10 della legge 7.8.1990 n. 241;
V) Violazione dell’art. 7 della legge 27.7.2000, n. 212 e dell’art. 3 della legge 7.8.1990 n. 241. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione .
VI) Violazione di legge in relazione agli artt. art. 3-bis, 6, 6-ter del d.lgs. 7.3.2005 n. 82;all’art. 16-ter del d.l. 18.10.2012 n. 179 ed all’art. 3-bis della legge 21.1.1994 n. 53: nullità della cartella impugnata per inesistenza ovvero nullità insanabile della notifica .
5. Ad esito dell’udienza in camera di consiglio del 18 maggio 2023 questa Sezione, con ordinanza cautelare n. 2024 del 2023, “Ritenuto che le ragioni delle appellanti, come pure manifestato dall’Avvocatura erariale a mezzo delle note di udienza del 16 maggio 2023, siano tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, sede nella quale potrà essere approfondita anche la questione della prova dell’intervenuta notifica della cartella di pagamento emessa nell’anno 2018”, ha fissato – ai sensi dell’art. 55 comma 10 c.p.a. - la discussione di merito della causa alla pubblica udienza del 21 dicembre 2023.
6. In data 10 novembre 2023 la difesa erariale ha provveduto al deposito di copia sottoscritta digitalmente della cartella di pagamento A.G.E.A. n. 30020180000012428/000 e la prova della relativa notifica a mezzo PEC della stessa l’11 dicembre 2018.
7. Il 20 novembre 2023 l’azienda agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista ha depositato una memoria difensiva ex art. 73 c.p.a. eccependo l’inammissibilità della suddetta documentazione per violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a..
8. In data 28 novembre 2023 la difesa erariale ha depositato memorie in replica insistendo per l’accoglimento dell’appello.
9. Con nota depositata il 20 dicembre 2023 la difesa dell’Azienda Agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista ha chiesto “un rinvio dell’udienza di merito tenuto conto della disciplina introdotta con l’art. 10 bis d.l. n. 69/2023, finalizzato a recepire le sentenze della Corte di Giustizia sui criteri di calcolo del prelievo supplementare, e ciò proprio al fine di verificare se l’Amministrazione procederà a tale ricalcolo”.
10. All’udienza pubblica del 21 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato e merita accoglimento.
2. Preliminarmente deve essere respinta l’istanza di rinvio formulata da parte appellata con nota del 20 dicembre 2023.
L’istante ha, infatti, mancato di documentare (e, invero, neppure ha specificatamente allegato) l’intervenuta presentazione a proprie cure di istanza di ricalcolo ai sensi del combinato disposto dei commi 6 e 7 dell’art. 10 bis del d.l n. 69 del 2023. Sicchè non ricorre alcun caso eccezionale ex art. 73, comma 1-bis, c.p.a. che giustifichi il rinvio della trattazione della causa ad altra udienza.
2.1 Sempre in limine va, poi, disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale avverso la documentazione prodotta dalla difesa erariale il 10 novembre 2023.
Non sussiste, infatti, la lamentata violazione dell’art. 104, comma 2, c.p.a..
E invero, tale norma, a differenza del gemello del codice civile, permette l’ingresso nel grado di appello anche di documenti che non siano nuovi in senso stretto (perché materialmente sopravvenuti), e anche al di là del caso in cui la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile purché si tratti di documenti “indispensabili ai fini della decisione della causa”.
Non v’è, peraltro, dubbio che la documentazione de qua sia indispensabile ai fini della definizione della controversia che occupa, come del resto già segnalato da questo giudice con l’ordinanza cautelare n. 2024 del 2023 in cui il thema probandum dell’intervenuta notifica della cartella di pagamento A.G.E.A. n. 30020180000012428/000 è stato espressamente sottoposto alle parti.
In questo senso depone la giurisprudenza anche di questa Sezione proprio in materia di contenzioso sulle cd. “quote latte” secondo cui “va affermata l’ammissibilità, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., della produzione documentale in questo grado di giudizio essendo essa indispensabile ai fini della decisione della causa che, avendo ad oggetto provviste finanziarie di derivazione eurounionale, impegna direttamente lo Stato nei confronti dell’Unione al recupero dell’indebito” (Cons. St., sez. VI, n. 5761 del 2023).
2.1 Inoltre, va comunque rilevato che l’appellata azienda agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista non ha proposto appello incidentale avverso la sentenza di prime cure nella parte in cui essa ha dato atto dell’avvenuta notificazione della cartella del 2018 sicchè tale profilo, ormai coperto dal giudicato, non è più controvertibile in questa sede.
3. È, quindi, possibile procedere allo scrutinio nel merito dell’appello proposto da A.G.E.A..
Con il primo motivo si denuncia l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha accolto il ricorso di primo grado ritenendo fondato il suo primo motivo a mezzo del quale è stata dedotta la prescrizione del credito azionato a mezzo dell’impugnata intimazione di pagamento.
Osserva parte appellante che, come espressamente riconosciuto in sentenza dal T.A.R., l’intimazione oggetto del presente processo, notificata nell’ottobre 2021, sarebbe stata preceduta da una cartella di pagamento, notificata nell’anno 2018 e mai impugnata da parte appellata. Il giudice di prime cure avrebbe, quindi, errato nell’affermare che “la notifica della cartella di pagamento, essendo intervenuta a prescrizione maturata, possa avere rilievo nel giudizio di accertamento intorno all’intervenuto decorso del termine prescrizionale”.
Secondo la difesa erariale, infatti, la parte appellata avrebbe dovuto far valere la prescrizione maturata prima della cartella di pagamento impugnando tempestivamente la medesima, così impedendo che la stessa si consolidasse nei suoi effetti impositivi.
3.1. Con il secondo motivo di appello si denuncia, sotto altro profilo diverso dal precedente, l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha accolto il ricorso di primo grado ritenendo fondato il suo primo motivo a mezzo del quale è stata dedotta la prescrizione del credito azionato a mezzo dell’impugnata intimazione di pagamento.
Osserva parte appellante che, come espressamente riconosciuto in sentenza dal T.A.R., l’appellata azienda agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista:
- nell’anno 2004, ha impugnato il provvedimento A.G.E.A. con cui si determinava il quantum da lei dovuto a titolo di compensazione esuberi per l’anno 2003/2004;
-con decreto n. 4132/2010 del 23 ottobre 2010, il T.A.R. per la Lombardia, sede distaccata di Brescia ha dichiarato l’estinzione, per perenzione del ricorso, del giudizio, così facendo consolidare nei suoi effetti il gravato provvedimento A.G.E.A. del 2004.
Da ciò discenderebbe, secondo parte appellante, che la prescrizione non sarebbe, nel caso di specie, in ogni caso maturata in quanto, da un lato, troverebbe applicazione la regola di cui all’art. 2945, comma 2 c.c. e, dall’altro, tra il 2010 (anno di estinzione del sopra citato giudizio di impugnazione) ed il 2018 (anno di notifica della cartella di pagamento rimasta inoppugnata) risulterebbero trascorsi meno di dieci anni.
3.2 Sotto altro profilo si denuncia, sempre a mezzo del secondo motivo di appello, l’erroneità della sentenza impugnata nella parte la stessa, esaminando l’eccezione di inammissibilità del gravame sollevata da A.G.E.A. in relazione alla circostanza che tra le medesime parti è intervenuta la sentenza n. 4132/2010 con la quale il T.A.R. per la Lombardia – sede distaccata di Brescia ha dato atto della perenzione del ricorso proposto avverso il provvedimento A.G.E.A. con cui si determinava il quantum dovuto a titolo di compensazione esuberi per l’anno 2003/2004, ha statuito che “sotto il profilo del lamentato contrasto con il diritto unionale le pronunce in rito non assumono rilievo e, pertanto, non hanno l’effetto di consolidare il debito delle aziende agricole a titolo di prelievo supplementare;solamente un accertamento di merito passata in giudicato è sufficiente a determinare una certezza giuridica di natura giurisdizionale in grado di contrapporsi alle sentenze della Corte di Giustizia (Ad. Plen. n. 18/2021)”.
Secondo parte appellante il richiamo operato dal T.A.R. alla sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio n. 18 del 2021 sarebbe totalmente fuori fuoco in quanto, per consolidata giurisprudenza amministrativa, qualsiasi vizio (fosse anche una violazione del diritto U.E. o un provvedimento incostituzionale) sarebbe da ricondurre alla categoria della annullabilità e non a quella della nullità con tutto ciò che ne consegue anche in punto di perentorietà del termine per farla valere.
4. Le suddette doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente stante l’intima connessione che le avvince, sono fondate e meritano accoglimento nei sensi appresso precisati.
Deve escludersi che il credito azionato a mezzo dell’intimazione di pagamento 019 2021 90003166 34/000 gravata in prime cure fosse, al momento dell’emanazione di tale atto (11 novembre 2018), già estinto per intervenuta prescrizione.
Dalla documentazione prodotta in primo grado dalla difesa erariale (produzione allegata alla memoria difensiva dell1 settembre 2022) è, infatti, emerso che l’appellata azienda agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista ha impugnato, nell’anno 2004, dinanzi al T.A.R. per la Lombardia - sede distaccata di Brescia, il provvedimento A.G.E.A. con cui si determinava il quantum dalla stessa dovuto a titolo di compensazione esuberi proprio per l’annualità 2003/2004 e che il giudizio così intrapreso è stato successivamente dichiarato estinto per perenzione con decreto n. 4132/2010 del 23 ottobre 2010.
Dette circostanze, rimaste incontestate tra le parti, portano a ritenere che il decorso del termine di prescrizione ordinario decennale si sia interrotto per effetto della intrapresa del suddetto giudizio di impugnazione da parte dell’azienda agricola Valimberti Fiorangelo e Gianbattista e sia rimasto sospeso sino alla definizione del medesimo giudizio. Ne discende, pertanto, che il termine ex art. 2946 c.c. ha ricominciato ex novo a decorrere solo dal 24 ottobre 2010 e non poteva, per l’effetto, ritenersi maturato all’atto della notifica dell’intimazione di pagamento gravata in prime cure (che ha avuto luogo l’11 novembre 2018).
È sufficiente sul punto fare applicazione dell’orientamento di questa Sezione espresso da ultimo con le sentenze Cons. Stato, sez. VI, 7 agosto 2023 n. 7609 e 29 novembre 2023, n. 10303 (che riprende le indicazioni della giurisprudenza di Cassazione in materia lavoristica - Cass. civ., sez. lav., 29 luglio 2021, n.21799) secondo cui il combinato disposto ex artt. 2943, comma 1 c.c. (ai sensi del quale “La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo”) e 2945, commi 1 e 2 c.c. (a mente dei quali, rispettivamente, “Per effetto dell'interruzione s'inizia un nuovo periodo di prescrizione” e “Se l'interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dell'articolo 2943, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio”) trova applicazione anche ove l’iniziativa giudiziale sia stata assunta dal debitore (odierno appellato) ed il giudizio abbia assunto forma impugnatoria (come quello di impugnazione dell’originaria cartella di pagamento). Tale lettura pare, invero, confortata sia dal dato letterale dello stesso art. 2943, comma 1 c.c. (che ricollega l'interruzione della prescrizione alla sola notificazione dell'atto introduttivo del giudizio senza indicare il soggetto che deve iniziare lo stesso) sia la ratio della previsione che è quella di mettere in quiescenza il meccanismo prescrizionale fintanto che l’accertamento dell’an o quantum della pretesa creditoria risulta ancora sub judice. Inoltre, detta lettura sembra meglio sposarsi con l’esigenza di conciliare il dettato codicistico “comune” con la struttura impugnatoria del giudizio amministrativo che ha ad oggetto un provvedimento con il quale l’amministrazione ha in precedenza esercitato il suo potere secondo lo schema del diritto potestativo stragiudiziale (senza dimenticare che, peraltro, nella materia de qua, si ha una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo adito con cognizione naturalmente estesa all’intero rapporto controverso).
Va, peraltro, escluso, sempre sulla scorta del su menzionato orientamento, che debba trovare, nel caso di specie, applicazione, il comma 3 del già citato art. 2945 cc. (secondo cui “Se il processo si estingue, rimane fermo l'effetto interruttivo e il nuovo periodo di prescrizione comincia dalla data dell'atto interruttivo”). Se, infatti, appare fuori di dubbio che la perenzione sia equiparabile all’estinzione del giudizio (come ritenuto da ultimo da Cass. civ., Sez. Un., 31 maggio 2022, n. 17619) l’effetto solo immediatamente interruttivo della prescrizione disegnato dalla disposizione in parola (con esclusione dell’effetto sospensivo fino alla definizione del giudizio) non opera nell’ipotesi in cui la vicenda estintiva dipenda dall’inerzia di una parte (in questo caso la parte appellata già ricorrente nel giudizio conclusosi con il decreto di perenzione) che non ha interesse a conservare l’effetto interruttivo permanente della prescrizione in danno dell’amministrazione convenuta. Ciò sulla scorta della considerazione che la perdita dell’effetto interruttivo permanente (con il conseguente rischio di vedere estinto per prescrizione il diritto di credito) costituisce, in realtà, una sanzione per il creditore che abbia agito in giudizio senza poi svolgere idonea attività processuale;sanzione che, pertanto, non potrebbe essere applicata per analogia quando il creditore sia invece l’amministrazione convenuta, la quale abbia chiesto la reiezione del ricorso con una domanda implicita di accertamento positivo del credito e intenda procedere, una volta estintosi il giudizio, alla riscossione coattiva sulla base della cartella di pagamento o dell’intimazione di pagamento oggetto di impugnazione. Dette considerazioni paiono, peraltro, da confermare anche alla luce della concreta operatività dell’istituto della perenzione del processo amministrativo ex art. 81 e ss. c.p.a.. Infatti, quest’ultimo, per come disegnato, prevede che solo il ricorrente possa dichiarare, a seguito di comunicazione di avviso di perenzione quinquennale, di avere interesse alla decisione (art. 82, comma 2 c.p.a.) con la conseguenza che la parte resistente, anche se ne avesse un concreto interesse, non sarebbe in condizione di opporsi alla perenzione e, quindi, di impedire che con l’estinzione del processo amministrativo venga meno anche l’effetto interruttivo-sospensivo ex art. 2945 comma 2 c.c..
È, quindi da escludere, in conclusione, che il credito azionato da A.G.E.A. a mezzo dell’atto impugnato in prime cure sia prescritto.
5. Per le ragioni sopra esposte l’appello proposto da A.G.E.A. è fondato e va accolto.
6. Deve quindi procedersi all’esame dei motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal giudice di prime cure e qui riproposti da parte appellata ex art. 101, comma 2 c.p.a..
Nessuno di essi coglie nel segno.
7. Nel dettaglio con il primo dei motivi riproposti da parte appellata ex art. 101, comma 2, c.p.a. si deduce, sulla scorta di altra ragione, la prescrizione del credito azionato a mezzo dell’atto gravato in prime cure. In particolare, si lamenta il mancato accoglimento delle censure del ricorso di primo grado relative all’applicazione del termine quadriennale di prescrizione.
Si osserva, in proposito, che il Regolamento CE 2988/95, si riferisce a tutti gli atti amministrativi delle autorità nazionali o comunitarie che perseguono irregolarità relative al diritto comunitario, siano esse sanzioni amministrative in senso stretto o misure di revoca di un vantaggio indebitamente ottenuto e che prevede al suo art. 3, comma 1, un termine di prescrizione quadriennale. Tale termine sarebbe, ad avvio di parte appellata, direttamente applicabile alle autorità nazionali in tutti i settori contemplati dalle politiche comunitarie (nei quali rientra appunto, quello delle c.d. quote latte), incluso quello degli aiuti comunitari nel settore dell’agricoltura, salvo che, a differenza di quanto accade nella materia in esame, una normativa preveda un termine più breve, ma non inferiore ai tre anni, o una normativa statale, anche anteriore, preveda un termine più lungo.
7.1 La doglianza in parola è priva di giuridico pregio.
La Sezione, infatti, non intende discostarsi dall’orientamento assolutamente maggioritario che ritiene applicabile in subiecta materia il termine prescrizionale ordinario decennale (ex multis Cons. Stato, sez. III, 7 novembre 2022 n. 9706;Cons. Stato sez. III, nn. 2730 del 2022;secondo cui “gli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare e i relativi interessi non sono debiti da pagarsi periodicamente, ma misure a carattere patrimoniale imposte per salvaguardare il sistema delle quote latte, e applicate sul presupposto dello sforamento delle quote individuali, talché la prescrizione rilevante è quella decennale”).
E tanto anche in considerazione anche del fatto che, da un lato, non può essere invocata la prescrizione quinquennale ex art. 2948 cod. civ. (Cons. Stato, Sez. II 28 dicembre 2021 n. 8659) e, dall’altro, non è neppure applicabile il termine prescrizionale breve ex art. 3, comma 1, Regolamento CE 2988/95 venendo in rilievo nella fattispecie in esame crediti derivanti da norme eurounionali regolatrici del mercato, o meglio, di misure a carattere patrimoniale imposte per salvaguardare il sistema delle quote latte, applicate sul presupposto dello sforamento delle quote individuali. Con riguardo a tale secondo aspetto pare, in particolare, che vada confermato l’orientamento di merito (tra cui segnatamente T.A.R. Lombardia, sez. II, 28 agosto 2023 n. 685;in termini anche T.A.R. Lazio, sez. V, 13 giugno 2023 n. 10057) che ha evidenziato come il presupposto dell'applicazione del suddetto termine sia un'irregolarità idonea a incidere sul bilancio dell'Unione (come espressamente specificato dall'art. 1 par. 2 del Reg. CE 2988/95 secondo cui “Costituisce irregolarità qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un'azione o un'omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale delle Comunità o ai bilanci da queste gestite, attraverso la diminuzione o la soppressione di entrate provenienti da risorse proprie percepite direttamente per conto delle Comunità, ovvero una spesa indebita”) nel mentre, nel caso delle quote latte, non vi è un simile rischio, in quanto la tutela del bilancio dell'Unione è assicurata direttamente dagli Stati attraverso la reintegrazione del fondo (restando a carico delle autorità statali il recupero del prelievo supplementare dai produttori che hanno contribuito allo sforamento della quota nazionale).
8. Con il secondo dei motivi riproposti da parte appellata ex art. 101, comma 2, c.p.a. si deduce un contrasto tra normativa interna e comunitaria in relazione alle operazioni di c.d. “compensazione - restituzione” in materia di quote latte.
In particolare, si chiede la disapplicazione dell’art. 9 del d.l. n. 49 del 2003 sia per la campagna 2003-2004 che per le campagne dal 2004-2005 al 2007- 2008, con conseguente necessità di ripetere i calcoli del prelievo supplementare. Ciò in forza della pronuncia della Corte di giustizia UE Sez. II 11 settembre 2019 C-46/18, San Rocco (punti 34, 38, 39) la quale ha affermato che l’art. 2 par. 4 del Reg. CEE 3950/92, come interpretato dall’art. 9 par. 1 del Reg. CE 9 luglio 2001 n. 1392/2001, fissa dei criteri di ripartizione tassativi, tra cui non rientra la condizione di essere in regola con i versamenti.
Osserva parte appellata che la predetta pronuncia si ferma alla campagna 2003- 2004, disciplinata ancora dal Reg. CEE 3950/92, ma il contrasto tra l’art. 9 del d.l. n. 49/2003 e il diritto unionale si ripresenterebbe anche con la disciplina contenuta nel subentrante Reg. CE 29 settembre 2003 n. 1788/2003. In proposito si deduce che l’art. 13 par.