Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-05-09, n. 201102739
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N. 02739/2011REG.PROV.COLL.
N. 04318/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4318 del 2006, proposto da Trend s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati A P e F V, con domicilio eletto presso A P in Roma, piazza S. Salvatore in Lauro, 10;
contro
Ministero delle comunicazioni, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Rai Way s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati P M e L M, con domicilio eletto presso L M in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
Rai s.p.a. - Radio Televisione Italiana;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, SEZIONE III, n. 886/2006, resa tra le parti, concernente DISATTIVAZIONE TEMPORANEA DI IMPIANTO DI TRASMISSIONE RADIO
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle comunicazioni e l’atto di costituzione in giudizio di RAI Way s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2011 il Cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti l’avvocato Vaccaro, l'avvocato dello Stato Massarelli, l'avvocato L M e l'avvocato Mantovan;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Trend s.r.l. (ora C- Sphera s.r.l.) è una società che gestisce l’emittente radiofonica privata locale Radio Company, in quanto titolare di concessione ministeriale.
1.1. R W, società controllata dalla RAI, concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, nel giugno 2004 ha denunciato al Ministero delle comunicazioni interferenze da parte dell’emittente Radio Company, che irradia sulla frequenza 94.4 MHz, sul servizio Radio 1 RAI irradiato sulla frequenza 94.2 MHz dall’impianto R W di M. Penice.
1.2. A seguito di tale segnalazione di interferenze il Ministero delle comunicazioni – Ispettorato territoriale dell’Emilia Romagna, in data 29 settembre 2004 procedeva ad accertamento tecnico nel contraddittorio delle parti, da cui risultava la sussistenza di interferenze. In particolare l’impianto RAI di M. Penice risultava interferito dall’impianto di Radio Company di Monte Stotze – Velo Veronese (Verona), operante sulla frequenza 94.400 MHz, secondo misurazioni effettuate in località Brescello (RE), Castellucchio (MN) e Volta Mantovana (MN).
1.3. Pertanto, con provvedimento 28 dicembre 2004 n. 08800, il Ministero delle comunicazioni - Ispettorato territoriale per il Veneto, ordinava a Trend s.r.l. l’eliminazione delle interferenze entro venti giorni, con espresso avviso che in mancanza si sarebbe provveduto a disattivazione temporanea.
1.4. Seguiva l’ordinanza di disattivazione temporanea n. 411/2004 in data 22 febbraio 2005, emessa dal medesimo organo periferico del Ministero.
2. Contro la diffida del 28 dicembre 2004 e contro l’ordine di disattivazione temporanea del 22 febbraio 2005 Trend s.r.l. proponeva ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Veneto, affidato a tre motivi di ricorso;deduceva, in particolare, che:
a) l’impianto in questione era in pacifico esercizio, all’epoca del ricorso di primo grado, da oltre 15 anni senza mai essere oggetto di contestazione per interferenze;
b) difetterebbe il potere di emettere l’ordine di disattivazione temporanea, dovendo invece l’Amministrazione far compatibilizzare gli impianti nel contraddittorio delle parti;la competenza ad ordinare le necessarie modifiche competerebbe al Ministero e non all’organo periferico, l’ordine di disattivazione, in spregio al principio del pluralismo dei mezzi di comunicazione, mirerebbe a conservare una posizione di privilegio nei confronti di R W che non è concessionaria del servizio pubblico e che pertanto non avrebbe titolo a lamentarsi di interferenze (primo motivo del ricorso di primo grado);
c) incompetenza dell’organo periferico, e competenza degli organi centrali (secondo motivo del ricorso di primo grado);
d) eccesso di potere per errore sul fatto, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, ingiustizia manifesta, eccessività;l’errore sul fatto andrebbe ravvisato nella circostanza che R W non è concessionario né autorizzata;altro errore di fatto sarebbe che l’interferenza sarebbe imputata a impianti ubicati in Velo Veronese frequenza 94.200 in danno di impianto Rai in Monte Venda frequenza 94.400, ma la ricorrente non avrebbe impianti in Velo Veronese sulla frequenza 94.200 e non vi sarebbero impianti Rai in Monte Venda frequenza 94.400;la contraddittorietà risiederebbe nell’aver proceduto all’accertamento tecnico sulla base di una segnalazione contraddittoria di R W;vi sarebbe illogicità e ingiustizia manifesta perché l’amministrazione dovrebbe attuare un corretto procedimento di compatibilizzazione, e perché non viene rispettato l’affidamento del ricorrente che esercisce l’impianto da oltre quindici anni;il provvedimento sarebbe inoltre eccessivo e sproporzionato (terzo motivo del ricorso di primo grado).
3. Il Tribunale amministrativo adito, con la sentenza in epigrafe (7 aprile 2006, n. 886), ha respinto il ricorso, osservando che:
a) il segnale interferito è riferibile alla concessionaria pubblica, RAI, che legittimamente opera tramite una propria società controllata, RAI WAY;
b) la ricorrente non nega le interferenze, e il provvedimento adottato è legittimo in base al quadro normativo vigente, e anzi doveroso;
c) la misura della disattivazione non sarebbe sproporzionata, non avendo la ricorrente dimostrato la fattibilità tecnica di una disattivazione limitata al solo territorio oggetto di interferenze;
d) il principio dell’affidamento sarebbe invocato a sproposito, una volta acclarato che le interferenze sono imputabili alla ricorrente;
e) non sussiste il dedotto vizio di incompetenza dell’organo periferico.
4. Contro la sentenza, notificata in data 13 aprile 2006, la società ricorrente in primo grado ha proposto appello, spedito per la notificazione in date 11-13 maggio 2006.
5. Dopo un’esposizione in fatto (da pag. 1 a pag. 15), con il primo motivo di appello si imputa alla sentenza di non aver colto che il regime transitorio dell’art. 32, l. 6 agosto 1990, n. 233, non sarebbe cessato, e da ciò deriverebbe la necessità di compatibilizzare gli impianti anziché disattivarli, in caso di interferenze (da pag. 15 a pag. 22).
5.1. 5.1. L’appellante ha dichiarato di rinunciare a tale profilo del primo motivo di appello.
Il Collegio ne prende atto.
6. Sempre con il primo motivo di appello si imputa alla sentenza di primo grado di non aver colto lo spirito della normativa, che è quello di dare voce al pluralismo, mediante tutela degli impianti in legittimo esercizio (pagg. 22-24 dell’atto di appello).
6.1. Anche sotto tale profilo il ricorso è infondato.
Il pluralismo va infatti assicurato mediante distribuzione delle frequenze per l’esercizio degli impianti, ma non impedisce l’esercizio di poteri di controllo nel caso in cui gli impianti, sconfinando dalla frequenza assegnata, interferiscano con frequenze altrui, in tal modo ponendosi essi, per primi, in contrasto con il pluralismo, tanto più nel caso in cui, come nella specie, l’interferenza avvenga in danno del servizio pubblico impedendone il corretto espletamento.
7. Con il secondo motivo di appello (da pag. 24 a pag. 28), si assume che dalla giurisprudenza della Corte costituzionale si desumerebbe la competenza dell’Amministrazione centrale ad assegnare le frequenze e ad effettuare i relativi controlli, con conseguente incompetenza degli organi periferici a ordinare la disattivazione degli impianti.
Sia che si applichi l’art. 32, sia che si applichi l’art. 18 l. n. 223 del 1990, ad avviso dell’appellante vi sarebbe l’incompetenza dell’organo periferico.
Aggiunge l’appellante che vi sarebbe stata inosservanza da parte dell’organo periferico delle linee guida del 24 giugno 2005.
Sulla base di esse, e verificata la compatibilità dell’impianto, l’amministrazione avrebbe dovuto revocare l’ordine di disattivazione.
7.1. La censura di incompetenza non può essere condivisa.
In altri contenzioni di analogo tenore, la censura è stata già disattesa con argomenti che il Collegio condivide e perciò fa propri.
L’art. 32 l. n. 223 del 1990, sul quale poggia la tesi della ricorrente, contiene una disciplina transitoria (è infatti inserita nel Titolo V della legge, rubricato “norme transitorie e finali” ) che dispiega la propria efficacia fintanto che l’emittente privata non abbia conseguito la concessione. E nel caso in questione la ricorrente Trend s.p.a. ha ottenuto questo titolo abilitativo con decreto ministeriale 7 marzo 1994, confermato dal successivo provvedimento ministeriale 24 febbraio 2003 che ha specificato: “restano salve le disposizioni contenute nel decreto di concessione rilasciato in data 7 marzo 1994” .
Stante l’inapplicabilità alla fattispecie dell’art. 32 l. n. 223 del 1990 che individuava la competenza a disporre la disattivazione degli impianti per le violazioni dello stesso articolo in capo al Ministero, la norma regolatrice della competenza deve rinvenirsi in disposizioni di carattere generale e segnatamente nell’art. 18, comma 3, l. n. 223 del 1990, che richiama l’art. 2, comma 2, l. 8 aprile 1983, n. 110, che conferisce alla “Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni” il potere di procedere alla disattivazione d’ufficio degli impianti, qualora i titolari degli stessi non abbiano ottemperato all’ordine di “immediata eliminazione” delle interferenze.
Al fine poi di individuare l’organo (centrale o periferico) competente e disporre la disattivazione dovrà poi farsi riferimento alle norme di organizzazione del Ministero, e in particolare al d.P.R. 24 marzo 1995, n. 166 che all’art. 10, lett. m) , attribuisce ai funzionari preposti agli uffici circoscrizionali “il controllo tecnico per l’individuazione ed i conseguenti provvedimenti in materia di interferenze radioelettriche” .
E le disposizioni contenute nell’art. 10 di detto decreto sono già state ritenute decisive da questa Sezione, per affermare in fattispecie analoghe a quella in esame, che la competenza a disattivare gli impianti di radiodiffusione in caso di modifiche non autorizzate, appartiene agli organi periferici del Ministero (Cons. Stato, VI, 11 maggio 2006, n. 2644;26 luglio 2005, n. 4001;22 giugno 2004, n. 4419;7 luglio 2003, n. 4027).
A quanto precede si deve aggiungere che laddove l’art. 1, comma 5, l. 30 aprile 1998, n. 122 stabiliva che il Ministero “attraverso i propri organi periferici” autorizza le modificazioni degli impianti sia ai fini della loro compatibilizzazione, sia dell’ottimizzazione e razionalizzazione delle aree servite dagli emittenti, esso conferma il riconoscimento agli organi periferici della competenza in tema di disattivazione, dovendo ritenersi che il potere di autorizzare modifiche agli impianti comprende necessariamente anche quello di irrogare le conseguenti misure sanzionatorie (Cons. Stato, VI, n. 2644/2006;14 gennaio 2009, n. 121;20 ottobre 2010, n. 7592).
7.2. Quanto alle censure di violazione delle linee guida, in disparte la considerazione che si tratta di motivo nuovo rispetto al ricorso di primo grado, e mai dedotto in prime cure mediante motivi aggiunti, è sufficiente osservare che le linee guida sono cronologicamente successive ai provvedimenti impugnati, la cui legittimità va giudicata avuto riguardo allo stato di diritto e di fatto vigente al momento della loro adozione. Né può formare oggetto della materia del contendere nel presente giudizio un ipotetico dovere dell’Amministrazione di revocare l’ordine di disattivazione alla luce delle sopravvenute linee guida, in quanto, da un lato, l’autotutela è discrezionale e non doverosa, e in quanto dall’altro lato la questione del mancato esercizio dell’autotutela non è stata ritualmente e tempestivamente introdotta nel presente giudizio, che è perimetrato dai motivi originari del ricorso di primo grado, rispetto ai quali non sono stati successivamente articolati tempestivi motivi aggiunti.
7.3. Solo per completezza il Collegio aggiunge che le “Linee guida per la soluzione di problematiche interferenziali nel settore della radiodiffusione sonora”, adottate in data 24 giugno 2005 dal Direttore generale dei servizi di comunicazione elettronica e radiodiffusione e dal Direttore generale pianificazione e gestione spettro radioelettrico dello stesso Ministero, sono state annullate dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto, su ricorso di R W, con sentenza 1° aprile 2008 n. 808. Tale sentenza è stata confermata in appello da questa Sezione con la decisione 6 luglio 2010 n. 4301, in cui si afferma che “l’art. 42 del testo unico della radiotelevisione, approvato con il d.lgs. n. 177/2005, afferma chiaramente il principio secondo cui ciascun concessionario, pubblico o privato sia tenuto ad “assicurare che le proprie emissioni non provochino interferenze con altre emissione lecite di radio frequenze”.
La norma tutela l’emissione lecita di radio frequenze proveniente dal singolo impianto, come si ricava agevolmente dall’art. 16 della l. n. 223/1990 che, al primo comma, subordina l’ottenimento della concessione per l’esercizio della radiodiffusione da parte di soggetti diversi dalla concessionaria pubblica all’ottenimento della concessione “anche per l’installazione dei relativi impianti”, e, al secondo comma, stabilisce che nell’atto di concessione sono determinate le frequenze sulle quali gli impianti sono abilitati a trasmettere, la potenza e l’ubicazione e l’area da servire da parte dei suddetti impianti.
In base a tale normativa deve certamente escludersi che un concessionario possa appropriarsi di aree di servizio assegnate ad altri soggetti, in particolare alla concessionaria pubblica, mediante emissioni interferenti sugli impianti in esercizio a questi ultimi, occupandone le frequenze e peggiorandone la ricezione fino al livello di qualità minimo accettabile. Occorre, al contrario, che alla concessionaria pubblica l’Amministrazione assicuri sempre, anche in base agli obblighi assunti con il contratto di servizio, la piena disponibilità delle frequenze occorrenti all’espletamento del servizio ed alla copertura del territorio.
Come già rilevato dal T.a.r. Lazio con la sentenza n. 3429/2008, il passaggio dell’approccio della tutela dal singolo impianto al servizio globale, cui tendono le linee-guida, in tanto può esser legittimamente posto in essere dagli Ispettorati, in quanto le interferenze non pregiudichino il servizio pubblico, in sé prevalente rispetto all’ attività degli altri concessionari ex art. 24 d.lgs. 177/2005. Da ciò discende che i di fenomeni interferenziali, in sé illeciti, possono essere tollerati non già ogni qualvolta l’operatore interferito abbia una pluralità di impianti utilizzabili per coprire l’area interferita, solo quando la pluralità di impianti serva alla ridondanza (meramente ripetitiva) del segnale”.
Da tanto si desume, senza margine di incertezza, che le invocate linee guida sono del tutto irrilevanti nel presente contenzioso;inoltre dalle vicende successive ai fatti di causa, quali si desumono dai documenti depositati dall’appellante in vista dell’udienza odierna, si evince che vi è un diverso contenzioso tra l’odierna appellante e l’Amministrazione, in ordine alla revoca o mancata revoca dell’ordine di disattivazione oggetto del presente giudizio alla luce delle linee guida e dei successivi accertamenti.
8.Con il terzo motivo di appello (da pag. 28 a pag. 33) si lamenta che:
il soggetto interferito non sarebbe concessionario e autorizzato;
gli impianti interferente e interferito sarebbero individuati erroneamente;
la disattivazione riguarda area più estesa rispetto a quella in cui sono state rilevate le interferenze;
sarebbe erronea per disparità di trattamento con casi simili la condanna della ricorrente, da parte del Tribunale amministrativo, alle spese di lite.
9. Il motivo va respinto.
9.1. Quanto alla questione relativa alla asserita abusività dell’impianto di RayWay s.p.a., il Collegio rileva che in altro contenzioso la Sezione ha acclarato il dato storico relativo ai provvedimenti ministeriali dell’11 novembre 1999 e del 26 aprile 2000, con i quali di fatto si è consentito che la concessionaria Rai si avvalesse di RayWay s.p.a. (Cons. Stato, VI, n. 7592/2010).
L’appellata decisione ha ricostruito i legami tra Rai e Rai Way s.p.a., ed alla ricostruzione ivi fatta dal Tribunale amministrativo non ritiene il Collegio vi sia da nulla da aggiungere;in punto di fatto non è stata offerta alcuna evidenza processuale contraria al dato che Rai Way è una società controllata dalla Rai, rientrante nelle sue facoltà organizzative consentite dalla legge, e che mediante gli impianti Rai Way vengono diffusi esclusivamente i programmi della concessionaria RAI s.p.a., con la conseguenza che le emissioni provenienti da tali impianti devono disporre della tutela prevista per il servizio pubblico (Cons. Stato, VI, n. 7592/2010).
9.2. Quanto all’assunto dell’erronea individuazione dell’impianto interferente e interferito, osserva il collegio che il verbale di accertamento tecnico indica in dettaglio le interferenze riscontrate e le misurazioni effettuate, e le allegazioni di parte ricorrente sono generiche e inidonee a scalfire le risultanze dell’accertamento tecnico.
9.3. Quanto all’asserita sproporzione dell’ordine di disattivazione, il Tribunale amministrativo ha già rilevato, e parte appellante non ne dà adeguata smentita, che non risulta provata la fattibilità tecnica di un ordine di disattivazione selettivo di un impianto unitario, per limitarne gli effetti alle sole aree in cui le interferenze sono state acclarate.
9.4. Quando alla condanna alle spese, disposta dalla sentenza di primo grado, la stessa è la regola in caso di soccombenza, sicché non merita censura.
10. Per quanto esposto, l’appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in euro duemila/00 complessive in favore delle Amministrazioni statali e in euro duemila/00 in favore di Rai Way.