Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-07-26, n. 201804587
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Pubblicato il 26/07/2018
N. 04587/2018REG.PROV.COLL.
N. 07064/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7064 del 2015, proposto da
Gestione Management Sanitario S.p.A. (Gms S.p.A.), in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati F G L G e F R, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;
contro
- Regione Puglia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avv. M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Regione Puglia via Barberini, 36;
- Azienda Sanitaria Locale di Bari, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Filippo Panizzolo, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria n. 2;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) n. 592/2015, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia e di Azienda Sanitaria Locale di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2018 il Cons. Giorgio Calderoni e uditi per le parti gli avvocati F R, Luigi Fedeli Barbantini su delega di Filippo Panizzolo e M G;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 . Nella premessa dell’atto di appello all’esame, depositato il 6 agosto 2015, si espone che:
* la società Gestione Management Sanitario S.p.A. (Gms S.p.A.), corrente in Capurso (Bari) gestisce il “Presidio Padre Pio”, struttura che eroga prestazioni sanitarie in regime di accreditamento residenziali (60 posti letto), semiresidenziali (30 pazienti al giorno) e ambulatoriali (35 pazienti al giorno);
* il "Presidio Padre Pio" è stato dapprima autorizzato a svolgere le anzidette prestazioni residenziali, semiresidenziali e ambulatoriali giusta Determina regionale del 26/6/2003 e successivamente accreditato (Determina Dirigenziale n. 272 del 19/5/2005) dall'Assessorato competente ai sensi del Regolamento Regionale n. 15/2005 e della legge quadro n. 502/1992;
* in forza dell'accreditamento ottenuto, il "Presidio Padre Pio" ha stipulato con l'A.S.L. Bari, per ciascun anno (dal 2005 al 2013), il cosiddetto "contratto per adesione";
* tuttavia, la determinazione, in via autoritativa, del tetto di spesa sarebbe quasi sempre stata inferiore alle potenzialità (accreditate) del "Presidio Padre Pio", con la conseguenza che quasi mai le prestazioni di quest'ultimo hanno trovato completa copertura finanziaria;né sarebbe stato possibile assumere iniziative gestionali volte a ridurre i costi di esercizio della struttura (prevalentemente da forza lavoro), anche tramite riduzione dei livelli occupazionali, attesa la necessità di rispettare i requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi specificamente imposti dal Regolamento Regionale n. 3/2005;e neppure sarebbe stata consentita l'erogazione a pagamento delle prestazioni in eccedenza, con possibilità di porre i relativi costi a carico degli assistiti;
* il "Presidio Padre Pio" ha - pertanto, ma senza successo - sollecitato più volte la Regione Puglia
a esercitare il potere di indirizzo nei confronti dell'ASL, la quale ha sempre negato il rilascio dell'autorizzazione a svolgere attività in favore di soggetti privati;e ad adottare uno specifico intervento integrativo ex art. 13 D. Lgs. n. 502/1992, ovvero, in alternativa, procedere alla revoca parziale dell'accreditamento (ai sensi dello stesso Decreto, art. 8 quate r, comma 8), permettendo di ridurre, contestualmente, i costi di esercizio del Presidio in ragione del conseguente ridimensionamento dei requisiti organizzativi di cui al Regolamento Regionale n. 3/2005;
* anche a fronte dell'atto di significazione e costituzione in mora, notificato dal presidio il 29/11/2013, sia la Regione, sia la A.S.L. hanno omesso qualsivoglia intervento atto a consentire alla Società di ripristinare il proprio equilibrio finanziario (con deliberazione n. 496 del 20/3/2014, infatti, il Direttore Generale della A.S.L. ha riconosciuto al Presidio la massima capacità erogativa solo per il 2014);
* per tali motivi, G.M.S. S.p.A. ha adito il Giudice Amministrativo di primo grado, domandando:
- l'accertamento delle ripetute violazioni perpetrate nella determinazione autoritativa dei corrispettivi da destinare al Presidio per le prestazioni sanitarie accreditate e dell'illegittimità del silenzio serbato in ordine agli obblighi sanciti dagli artt.8- quater ss. del D. Lgs. n. 502/1992;
- nonché la condanna al risarcimento del danno, per la somma complessiva di Euro 11.521.963,22, di cui Euro 8.173.996,00 quale importo totale dei disavanzi registrati anno per anno nel periodo 1/6/2005 - 30/6/2013;ed Euro 3.347.940,22 per oneri finanziari sopportati per interessi passivi e commissioni varie, corrisposti agli istituti di credito nel medesimo periodo.
2 . Sull’anzidetto ricorso, il T.A.R. Bari si è pronunciato con la sentenza appellata, la cui parte in diritto si articola nei seguenti, principali passaggi argomentativi:
a) alla Pubblica Udienza del 20.11.2014, il difensore di parte ricorrente ha dichiarato a verbale di circoscrivere le domande proposte al solo anno 2013, essendo intervenuti diversi atti di transazione con le Amministrazioni per gli anni precedenti;del che la sentenza dichiara di prendere atto, dichiarando conseguentemente improcedibile il ricorso “per la parte relativa alla pretesa per gli anni 2005-2012”;
b) così “ridefinito l’oggetto della pretesa al solo anno 2013”, la sentenza ha, dapprima, disatteso l’eccezione, sollevata dalla Regione Puglia, per mancata impugnazione, da parte di GMS, degli atti di programmazione e determinazione dei tetti di spesa, adottati dalle Amministrazioni nel corso degli anni interessati: e ciò in quanto in quanto GMS stessa ha tempestivamente provveduto a contestare in sede giurisdizionale la maggior parte dei relativi provvedimenti e, soprattutto, risulta tuttora pendente innanzi a questo TAR il ricorso avverso la determinazione relativa ai tetti di spesa per l’anno 2013 (RG. 932/2013), alla quale annualità sarebbe ormai circoscritta la controversia;
c) viceversa, la sentenza ha ritenuto condivisibile l’ulteriore eccezione, formulata dall’ASL di Bari, di tardività dell’azione di condanna al risarcimento dei danni che, ai sensi dell’art. 30 c.p.a., va proposta entro 120 giorni decorrenti dal giorno in cui il fatto si è verificato: e poiché nella specie i danni lamentati dalla società si sono presumibilmente concretizzati con la determinazione e ripartizione dei relativi tetti di spesa avvenuta con Deliberazione n. 503 del 26.3.2013 (essendo quello il momento in cui la parte ha potuto avere contezza del disavanzo dovuto alla mancata copertura dei costi fino ad allora sostenuti), la proposizione del ricorso solo nell’aprile 2014 sarebbe intempestiva;
d) ha dichiarato, comunque, il ricorso infondato nel merito, non ritenendo “sussistente una necessaria coincidenza e corrispondenza tra la capacità erogativa accreditata e la quantità di prestazioni da acquistare”, giusta la previsione dell’art. 8 - quater , co. 2;con conseguente insussistenza anche di un obbligo motivazionale in capo all’Amministrazione;
e) né ha condiviso <l’altra censura relativa alla mancata attivazione dei “correttivi”, previsti dal legislatore per il caso di capacità produttiva in eccesso, nel più volte citato art. 8 quater , co. 8>, in quanto:
- <il principio generale stabilito dalla legislazione statale, della riduzione delle domande di accreditamento in eccesso in caso di superamento dei limiti di volume di attività prevista dalla programmazione sanitaria nazionale, da effettuarsi in misura proporzionale tra strutture pubbliche, private non lucrative e private lucrative, non va circoscritto (…) alla capacità produttiva della singola struttura, bensì a quella di tutte le strutture sanitarie coinvolte, pubbliche e private, in relazione al fabbisogno determinato in base ai criteri di cui al comma 3 lett. b).
Tanto è vero che la revoca dell’accreditamento della capacità produttiva in eccesso coinvolge, e così non potrebbe non essere, tutte le strutture, dovendo avvenire in misura proporzionale al concorso a tale superamento apportato da queste>;
- sarebbe, così, evidente <che il provvedimento invocato dalla ricorrente, non è vincolato né automatico, in quanto presuppone un’ampia e complessa valutazione discrezionale>per procedere alla revoca dell’accreditamento in eccesso, valutazione da effettuarsi con le modalità di cui all’art. 28, comma 9, della l. 448/1998, ovvero quelle previste per il risanamento del disavanzo finanziario fissate dal Patto di Stabilità Interno;
f) ne deriverebbe l’insussistenza di un obbligo in capo alla Regione di attivarsi nei termini richiesti dalla parte, e la conseguente in configurabilità di un “silenzio illegittimo” da parte dell’Amministrazione stessa;
g) <l’infondatezza del “diritto” della struttura e l’insussistenza di un obbligo in capo alle Amministrazioni” escluderebbero, infine, <l’illegittimità della condotta di queste ultime e quindi il presupposto perché possa configurarsi una loro responsabilità aquiliana, anche a prescindere dalla considerazione di un’eventuale responsabilità ex 1223 cc. della struttura stessa che avrebbe potuto tempestivamente attivarsi in altro modo, al fine di ridurre i danni subiti, attraverso ad esempio la richiesta alla Regione di revocare i posti letto accreditati, per poter metterli a disposizione dei pazienti paganti, non assistiti dal SSN>;
h) viene, infine, richiamata l’ordinanza n. 3604/2013 di questa Sezione che <proprio con riferimento al budget assegnato alla ricorrente per l’anno 2013 ha sottolineato che “la ricorrente ha incrementato la propria capacità erogativa ed i correlati costi di gestione in base ad autonome scelte imprenditoriali in contrasto con i provvedimenti di contenimento della spesa sanitaria di livello regionale ed aziendale”>.
3 . In contrario, l’appellante deduce i seguenti motivi di appello:
I) errore nel presupposto , in riferimento alla declaratoria di parziale improcedibilità del ricorso di primo grado, sostenendosi che il verbale di udienza non recherebbe menzione di quanto affermato dal primo Giudice e che nella memoria 20.10.2014 la G.M.S. avrebbe rinunciato alla domanda risarcitoria relativamente ai soli anni dal 2005 al 2008;
II) circa l’asserita tardività delle domande proposte , “la domanda principale avanzata dall'odierna appellante” sarebbe “finalizzata all'accertamento della sussistenza dell'obbligo”, in capo alle Amministrazioni appellate, “di procedere alla revoca dell'accreditamento della capacità produttiva in eccesso”, a seguito della determinazione dei tetti di spesa, onde garantire la libertà di iniziativa economica e la correlata possibilità, per le strutture private, di operare in un contesto di equilibrio economico.
Pertanto, il presente giudizio avrebbe natura autonoma rispetto alle domande avanzate in sede di legittimità, finalizzate alla mera contestazione del loro ammontare: e precisamente intenderebbe “ tutelare un diritto soggettivo - quello all'iniziativa economica privata e alla leale concorrenza tra le strutture accreditate operanti nel settore sanitario - a fronte della illegittimità dell'azione amministrativa, che ha applicato solo parzialmente (e, quindi, violato), il sistema di adempimenti previsti dal legislatore nazionale a tutela di tale diritto, cagionando in tal modo un ingente danno (…) del quale si chiede il ristoro”.
La tesi di fondo è che - nell'ipotesi in cui le risorse disponibili siano insufficienti a remunerare un volume di prestazioni corrispondenti alla capacità erogativa complessivamente accreditata - il tenore della norma ("si procede" e non "si può procedere") imporrebbe “di revocare, in misura proporzionale per ciascuna struttura, l'accreditamento in eccesso, con l'evidente obiettivo di ripristinare il funzionamento della macchina concorrenziale e l'economicità dell'attività svolta dai privati”.
L’appellante non chiede, quindi, “la remunerazione di prestazioni erogate al di fuori dei tetti di spesa, ma la copertura dei costi che la Società ha dovuto fronteggiare (ricorrendo al credito bancario) per mantenere i requisiti prescritti, i quali sono correlati ai posti accreditati, ancorché in esubero rispetto al reale fabbisogno ed alle risorse disponibili.
La Società appellante non intende neppure contestare il principio per cui il diritto soggettivo alla remunerazione delle prestazioni erogate sorge solo con la stipula del contratto-adesione tra le parti;tuttavia, il diritto di natura patrimoniale derivante dalla sottoscrizione del contratto non incide sull'obbligo, parallelamente imposto all'Amministrazione, di tutelare - o, quantomeno, di non pregiudicare - la "convenienza" dell'iniziativa economica privata, a fronte del quale la Società ricorrente vanta un diritto soggettivo, differente da quello riveniente dal contratto.
A fronte di tale obbligo, le strutture privatistiche sono titolari di un diritto soggettivo (inaffievolibile, peraltro, in virtù del suo rango costituzionale), sicché la domanda di accertamento e quella risarcitoria sono soggette al termine di prescrizione quinquennale, che risulta regolarmente rispettato per le domande relative agli anni dal 2009 al 2013 (quelle relative agli anni precedenti, invece, sono state oggetto di rinuncia nel giudizio di primo grado)”;
III) quanto alla fondatezza di tale domanda, si insiste ulteriormente sul dato testuale dell'art. 8 quater , comma 8, D. Lgs. n. 502/1992, per inferirne che “la revoca proporzionale dell'accreditamento della capacità produttiva in eccesso costituisce l'unica misura atta a ripristinare il funzionamento della macchina concorrenziale”, senza che sul privato ricada alcun onere di richiedere la revoca dell'accreditamento della capacità produttiva in eccesso.
Infine, si chiede espressamente “nella denegata ipotesi in cui il Collegio aderisca, invece, all'interpretazione del D. Lgs. n. 502/1992 esposta nella sentenza gravata, di valutare la sussistenza degli elementi per la rimessione della questione di legittimità costituzionale innanzi alla Corte Costituzionale”.
Conclusivamente, si formula al capo IV il seguente petitum espresso:
“Si chiede l'accoglimento del ricorso in appello e, per l'effetto:
- l'accertamento dell'illegittimità del comportamento dell'A.S.L. di Bari, nonché della condotta - commissiva ed omissiva - della Regione Puglia;
- la condanna delle stesse alla corresponsione delle somme quantificate in epigrafe”.
4 . Costituendosi in giudizio il 23 dicembre 2015, l’ASL di Bari ha sostenuto fondamentalmente che la posizione soggettiva del privato accreditato all’interno del SSN non può definirsi di diritto soggettivo rispetto alla programmazione sanitaria, bensì di interesse legittimo al corretto esercizio dell’attività programmatoria;il che conduce ad escludere “in radice qualsiasi pretesa risarcitoria”.
La tardività della domanda risarcitoria costituisce il principale argomento difensivo anche della successiva memoria, depositata dall’ASL il 19 marzo 2018 in vista dell’odierna udienza pubblica;in tale memoria finale, si sostiene, altresì, che:
- il comma 3 lett. b) dell’art. 8 quater consente espressamente alle Regioni di accreditare quantità di prestazioni in eccesso rispetto a quelle programmate nel rispetto dei limiti prefissati;
- il comma 8 dell’art. 8 quater prevede, poi, la possibilità di addivenire alla revoca della capacità produttiva in eccesso solo laddove questa superi i limiti stabiliti in base ai criteri di cui al comma 3 lett. b) ed in assenza di interventi integrativi previsti dall’art.13;
- in capo alla Regione non sussisterebbe, pertanto, alcun obbligo di provvedere alla revoca degli accreditamenti, tanto più che GMS non ha neppure provato il complessivo esubero della capacità produttiva accreditata e la effettiva sussistenza dei presupposti per la riduzione dell’offerta.
5 . Costituendosi, a sua volta il 19 marzo 2018, la Regione Puglia:
- deduce preliminarmente, che “la prospettazione della domanda che la G.M.S. S.p.A. rappresenta oggi in sede di appello è ben diversa dalla domanda avanzata nel ricorso di primo grado, esaminato e deciso in senso favorevole alla Regione”, con conseguente inammissibilità del gravame “atteso che mentre la domanda iniziale verteva su una richiesta di risarcimento dei danni subiti, l’odierno giudizio si fonda principalmente sulla mancata revoca da parte dell’Ente Regione della capacità erogativa in eccesso”;
- evidenzia che “la revoca prevista dal comma 8 dell’art. 8 quater D. Lgs 502/92 è, comunque, un provvedimento di natura autoritativa della Regione, rispetto al quale la G.M.S. non può vantare un diritto soggettivo, bensì la stessa avrebbe, eventualmente, un mero interesse legittimo”;
- evidenzia, altresì, che il ricorso di GMS avverso la determinazione del tetto di spesa 2013 è stato rigettato dal Tar Bari, con sentenza n. 286/2017 non appellata e, pertanto, passata in giudicato;
- riporta, per completezza, il contenuto della propria memoria difensiva prodotta in primo grado.
6 . Lo stesso 19 marzo 2018, anche GMS ha depositato memoria conclusionale in cui:
- fornisce “il prospetto delle prestazioni extratetto non pagate” dal 2007 al 2013, per un totale di € 7.982.900,57 e l’ulteriore prospetto delle “differenze tra tetto assegnato e massima potenzialità della struttura”, pari a € 6.804.703,05;
- rappresenta che in data 26 ottobre 2017 la Società ha depositato richiesta di concordato preventivo, attualmente pendente innanzi al Tribunale di Bari-Sezione Fallimentare;
- sostiene che ASL e Regione sono “tenute a risarcire” GMS “per aver impedito di raggiungere la massima potenzialità nonostante la domanda di prestazioni”, vietando “alla struttura di effettuare prestazioni in favore di pazienti paganti sui posti accreditati istituzionalmente una volta esauriti i tetti di spesa assegnati”.
7. Ciascuna parte ha, quindi, depositato rispettive memorie di replica.
In particolare:
* secondo l’ASL (26 marzo 2018), GMS avrebbe ulteriormente e irritualmente ampliato la causa petendi nella sua memoria conclusionale, trascurando di aver sottoscritto senza riserve tutti i contratti di erogazione relativi agli anni 2007-2013, contratti non contenenti la clausola di divieto per l'erogatore, una volta raggiunto il limite massimo di remunerazione invalicabile assegnato, di utilizzare i posti letto accreditati in regime di attività libero professionale, con oneri a carico dei pazienti;
* anche secondo la Regione Puglia (29 marzo 2018, ore 12:49), “G.M.S., in assenza di specifica clausola (come nel caso di specie) avrebbe potuto occupare i posti accreditati e non contrattualizzati con pazienti solventi e non già a carico del SSR”;
* infine, GMS (29 marzo 2018, ore 19:23), ha precisato:
- come, anche dalla lettura dell’atto di appello, “GMS spa richieda il diritto al risarcimento dei danni in conseguenza della violazione dell’obbligo di de-accreditamento previsto dall’art. 8 quater D. Lgs 502/92 e smi”;
- che, essendosi nella specie in presenza di una concessione di servizi che presenta le stesse caratteristiche di un appalto di servizi, “il diritto fatto valere nel presente ricorso dalla GMS spa che ha stipulato nel periodo dal 2009 al 2013 una serie di contratti di appalto di servizi ovvero di concessione di servizio pubblico con la Regione Puglia tramite la ASL BA è quello al risarcimento dei danni derivanti dalla violazione dell’obbligo di correttezza e buona fede e di norme di organizzazione e segnatamente dalla violazione dell’art. 8 quater D. Lgs 502/92”;
- che “a fronte del riconoscimento della massima potenzialità erogativa da parte della Regione Puglia la Asl Bari ha comprato un quantitativo di prestazioni sanitarie inferiore alla massima potenzialità” e che dalla Regione Puglia sarebbe stato “imposto il divieto di effettuare sui posti accreditati prestazioni in favore di pazienti paganti”: sarebbe, dunque, “questo il fatto illecito generatore di danno”, cioè che “sono stati sottoscritti contratti - tetti - inferiori alla massima potenzialità ma non si sono de-accreditati i posti che di conseguenza sono rimasti a disposizione del SSN”.
8 . Indi, all’odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.
9 . Ai fini della quale decisione, la prima operazione da compiere consiste nella esatta individuazione dell’oggetto della decisione stessa, stante il continuo aggiustamento del contenuto della propria domanda effettuato dalla parte attrice lungo i due gradi di giudizio e attraverso i vari scritti difensivi depositati in questa sede di appello.
9.1 . Orbene, di seguito si fornisce il quadro della mutevole qualificazione della propria domanda, risultante dalle successive prospettazioni offerte dalla stessa GMS nel corso del presente giudizio di appello:
i) come in parte già riportato al capo 1 della presente esposizione, nella premessa in fatto dell’atto di appello, GMS rappresenta:
- a pag. 3, di aver formulato alla Regione sollecitazioni volte a rimarcare, tra l’altro, < la facoltà di adottare uno specifico intervento integrativo ex art. 13 del D. Lgs. n. 502/1992, ovvero, in alternativa, l'obbligo di procedere alla revoca parziale dell'accreditamento (ai sensi dello stesso Decreto, art. 8 quater, comma 8) permettendo di ridurre, contestualmente, i costi di esercizio del Presidio in ragione del conseguente ridimensionamento dei requisiti organizzativi di cui al Regolamento Regionale n. 3/2005 ”);
- a pag. 4, di aver notificato il 29/11/2013, a Regione ed ASL, un "atto di significazione e costituzione in mora", rispetto al quale le stesse hanno omesso qualsivoglia intervento:
ii) ed è espressamente “per tali motivi” che alla stessa pag. 4 GMS afferma di aver proposto al Giudice amministrativo di primo grado una domanda che la stessa Società autodefinisce per:
< l’accertamento delle ripetute violazioni perpetrate nella determinazione autoritativa dei corrispettivi da destinare al Presidio per le prestazioni sanitarie accreditate e dell'illegittimità del silenzio serbato in ordine agli obblighi sanciti dagli artt.