Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-06-05, n. 202405062
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Pubblicato il 05/06/2024
N. 05062/2024REG.PROV.COLL.
N. 03121/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3121 del 2022, proposto dal Ministero della Salute, in persona del Ministro
pro tempore
, rappresentato e difeso
ex lege
dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
contro
il sig. -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato S L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sezione Terza, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del sig. -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 23 maggio 2024, il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Il sig. -OMISSIS-, affetto da thalassemia major e da HCV, contratte a causa di trasfusioni di sangue non adeguatamente controllato, in data 9 dicembre 2005 ha citato innanzi al Tribunale Civile di Roma il Ministero della Salute per il risarcimento del danno da trasfusioni di sangue infetto.
Il medesimo, in data 15 novembre 2009, ai sensi dell’art. 33 della legge 22 novembre 2007, n. 222, nonché dell’art. 2, commi 361-365, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, ha manifestato al Ministero il proprio interesse ad aderire alla transazione dell’azione giudiziaria.
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 19054 del 29 settembre 2014, respinta l’eccezione preliminare di prescrizione del diritto, ha riconosciuto la responsabilità del Ministero della Salute per l’avvenuto contagio del ricorrente ed accertato il suo diritto al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio.
Il giudizio di appello instaurato dall’Amministrazione avverso la predetta sentenza risulta tutt’oggi pendente.
Soltanto in data 15 febbraio 2021, l’Amministrazione ha posto fine al silenzio serbato in relazione alla suddetta istanza – stigmatizzato anche dal T.A.R. Lazio con la sentenza n. 1682/2012 – ed inviato al ricorrente la comunicazione prot. n. -OMISSIS--RIDAB- MDS-P, avente ad oggetto “ Transazioni di cui alle Leggi 29 novembre 2007, n.222 e 24 dicembre 2007, n.244 - PREAVVISO DI RIGETTO – -OMISSIS- - RIDAB n. -OMISSIS- ”, con la quale ha informato l’istante che “ con riferimento alla procedura transattiva indicata in oggetto…la domanda di adesione presentata…non può essere accolta dal momento che l’atto di citazione è stato notificato in data 09/12/2005 e, pertanto, tardivamente rispetto al termine perentorio di 5 anni dalla richiesta di indennizzo ex l. 210/1992 (presentata in data 24/02/1995), di cui all’art. 5, c.1, lett.a) del D.M. 04 maggio 2012 ”.
Al suddetto preavviso ha fatto seguito la comunicazione prot. n. -OMISSIS--RIDAB-MDS-P, avente ad oggetto “ Transazioni di cui alle Leggi 29 novembre 2007, n.222 e 24 dicembre 2007, n.244 - -OMISSIS- - RIDAB n.-OMISSIS- - rigetto definitivo ”, con la quale l’istante veniva informato che “ in relazione alla domanda di adesione alla procedura transattiva indicata in oggetto, si fa seguito alla nota ministeriale prot. RIDAB n.-OMISSIS- e, preso atto che le controdeduzioni, di cui al prot. n.-OMISSIS-del 15 marzo 2021, non presentano elementi nuovi,…non si darà ulteriore corso alla transazione in parola ”.
2. Le suddette comunicazioni, aventi valenza conclusiva, in senso reiettivo, del procedimento attivato dal sig. -OMISSIS-con la predetta istanza del 15 novembre 2009, costituiscono oggetto della domanda di annullamento proposta dal medesimo innanzi al T.A.R. per il Lazio, al quale il ricorrente ha altresì richiesto l’accertamento del suo diritto di addivenire alla stipula della transazione ex leges n. 222/2007 e n. 244/2007, nonché la condanna dell’Amministrazione a corrispondergli a tale titolo l’importo di € 464.811,21.
Il ricorso è stato accolto – limitatamente alla domanda caducatoria - dal T.A.R. per il Lazio con l’appellata sentenza in forma semplificata n. 3642 del 30 marzo 2022.
In sede motivazionale il T.A.R., inquadrato normativamente il tema oggetto di giudizio e richiamati i precedenti giurisprudenziali in materia, dopo aver affermato il convincimento che “ anche nel caso qui in rilievo trovino spazio, a differenza di quanto affermato dal Ministero, la logica fondamentale e i principi ispiratori che reggono la normativa speciale sopra passata in rassegna e che incentiva il metodo transattivo in presenza di situazioni controverse e dubbie, con necessità quindi di un interesse plausibile alla loro definizione transattiva anche sotto il profilo della non manifesta avvenuta prescrizione del diritto azionato (cfr. in tal senso anche Cons. St., Sez. I, parere n. 1741/2019) ”, ha evidenziato quanto segue: “ risulta in atti che il sig. -OMISSIS-è stato uno degli attori nel giudizio introdotto innanzi al Tribunale civile di Roma con atto di citazione notificato in data 09.12.2005 e che l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero nei confronti dei soli attori è stata respinta con la sentenza n. -OMISSIS-;il ricorrente è titolare di una decisione esecutiva (essendo stata rigettata la richiesta di sospensione della esecutività della sentenza del Tribunale civile in sede di appello della stessa) che ha respinto l’eccezione di prescrizione e che ha riconosciuto il suo diritto al risarcimento dei danni;la domanda di accesso alla transazione presuppone la pendenza del giudizio risarcitorio ed è preclusa dalla sola adozione di una sentenza che ha dichiarato l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento, situazione che non ricorre nel caso di specie;il sistema delle transazioni pare concepito in funzione risolutiva del contenzioso risarcitorio pendente (v. art. 1 D.M. 28 aprile 2009, n. 132) che è allo stato favorevole al ricorrente, sicché ad esso e ai sottesi principi civilistici vengono parametrate le condizioni di ammissibilità e di tempestività delle domande transattive ”.
Conclusivamente, quindi, il T.A.R. ha accolto “ la domanda caducatoria proposta dal ricorrente ” e “ per l’effetto…annullato il diniego all’ammissione del ricorrente alla transazione ”, statuendo che “ conseguentemente, in attuazione dell’obbligo conformativo scaturente dalla presente sentenza, la P.A. dovrà ammettere parte ricorrente alla stipula della transazione (non essendo stati dedotti dalla difesa erariale ulteriori motivi in tal senso ostativi) ”.
Il giudice di primo grado ha invece ritenuto di non accogliere “ la domanda di condanna del Ministero al pagamento della somma di € 464.811,21, in quanto, a prescindere dall’esattezza o meno della cifra richiesta dal ricorrente, la corresponsione della somma prevista dai diversi moduli transattivi non spetta al ricorrente ex se, ma solo all’esito della sottoscrizione dell’atto transattivo medesimo e della rinuncia alle azioni proposte avverso la P.A. ”.
3. La sentenza suindicata costituisce oggetto dell’appello proposto dal Ministero della Salute.
Esso contesta in primo luogo i principali capisaldi argomentativi della sentenza appellata, deducendone la difformità rispetto ai pertinenti principi di diritto, così come anche da ultimo declinati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 16/2021.
L’Amministrazione appellante deduce, in sintesi: che essa non ha mai opposto, né in sede provvedimentale né nel presente giudizio, la maturata prescrizione del diritto risarcitorio, ma la decadenza dalla possibilità di accesso alla transazione;la natura decadenziale e non prescrizionale del termine di cui all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012, così come del resto indicato nella nota impugnata, anche alla luce dei principi affermati dalla Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la citata sentenza n. 16/2021;che in ogni caso, anche a voler attribuire natura prescrizionale al suddetto termine, la sentenza appellata, nel sostenere che, ove il Ministero sia decaduto, nell’ambito della causa risarcitoria, dall’eccezione di prescrizione, non potrebbe avvalersi della stessa nemmeno in sede stragiudiziale, si scontra con i principi generali dell’ordinamento, che non consentono di far discendere conseguenze giuridiche di sorta, tantomeno di carattere sanzionatorio, dall’inerzia del convenuto e dalle conseguenti preclusioni maturate in sede processuale (quale sarebbe l’impedimento ad avvalersi della prescrizione in sede extra-giudiziale);che è conseguentemente errata la decisione del T.A.R. di disapplicazione della disposizione citata in quanto non avrebbe contemplato dei limiti alla propria operatività legati agli artt. 2938 c.c. e 167 c.p.c.;che il carattere etico del contenzioso non consente di obliterare che la finalità legislativa è quella di contenere l’imponente e finanziariamente oneroso contenzioso risarcitorio, con la conseguente inconfigurabilità di alcun obbligo della P.A. di addivenire alla stipula della transazione;che la sentenza appellata non lascia margini di discrezionalità all’Amministrazione nella determinazione del quantum da riconoscere al ricorrente in sede transattiva;che il T.A.R. si è sostituito al giudice civile nel vagliare la intempestività dell’eccezione di prescrizione sollevata in sede civile.
Si è costituito nel giudizio di appello, al fine di resistere allo stesso e proporre ricorso incidentale, l’originario ricorrente.
Mediante il gravame incidentale, quest’ultimo, in considerazione dell’eventuale accoglimento dell’appello principale, ripropone in primo luogo i motivi formulati con il ricorso introduttivo del giudizio non espressamente esaminati dal T.A.R., graduandoli attraverso l’anteposizione di quelli di carattere sostanziale e la postergazione di quelli di ordine formale.
Da questo punto di vista, egli deduce in particolare: l’assenza di discrezionalità dell’Amministrazione in ordine alla decisione di aderire alla proposta transattiva del danneggiato, in presenza di una sentenza di primo grado ad esso favorevole del G.O.;la disparità di trattamento inficiante il provvedimento impugnato in primo grado, avendo l’Amministrazione proceduto alla stipula di atti transattivi con soggetti thalassemici che si trovavano in una situazione sostanziale e processuale sovrapponibile a quella del ricorrente;che la tesi secondo cui il termine di cui all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012 avrebbe natura decadenziale, per cui i danneggiati avrebbero dovuto avviare azione risarcitoria al più tardi il 21 marzo 2000 e avere ancora causa pendente dopo il 13 luglio 2012, comporterebbe la preclusione per la quasi totalità degli interessati ad avere accesso alla procedura transattiva, con la conseguente necessità di disapplicazione della suddetta previsione siccome in contrasto con le leggi nn. 222/2007 e 244/07;che il provvedimento impugnato in primo grado, non esplicitando le ragioni della inaccoglibilità delle osservazioni procedimentali del ricorrente, è affetto da difetto di motivazione.
Quindi, l’appellante incidentale formula ulteriori censure l’interesse al cui accoglimento sussiste anche nell’ipotesi di reiezione dell’appello principale, deducendo che il giudice di appello, a fronte dell’eventuale prevedibile inerzia dell’Amministrazione dopo la stipula dell’atto transattivo, deve consentire al danneggiato di ottenere un risultato equipollente, ovvero l’erogazione dell’importo previsto dal D.M. 4 maggio 2012 in favore di soggetto thalassemico vivente, e che l’importo da corrispondere all’appellato per effetto della transazione o di provvedimento equipollente, pari ad € 464.811,21, deve essere maggiorato di rivalutazione monetaria ed interessi dalla presentazione della domanda di transazione o, in via subordinata, dal 31 dicembre 2017, termine ultimo entro cui la transazione avrebbe dovuto essere stipulata.
Con ordinanza n. 2669 del 13 giugno 2022, la Sezione ha accolto la domanda cautelare del Ministero appellante, ritenendo che “ nella comparazione dei contrapposti interessi, assuma rilievo preminente quello dell’Amministrazione ad evitare l’esborso di somme di cui potrebbe rivelarsi aleatorio il recupero nell’ipotesi di definizione, in senso per essa favorevole, del giudizio di merito ”.
Nell’imminenza dell’udienza pubblica del 29 febbraio 2024, l’Avvocatura Generale dello Stato ne ha chiesto il rinvio rappresentando che, alla luce delle sentenze n. 9308/2023 e n.1059/2024 di questo Consiglio di Stato, “ l’Amministrazione sta valutando di procedere alla stipula con l’appellato della transazione contemplata dalle leggi L. 222/2007 e 244/2007 ”.
Anche la parte appellata ha chiesto il rinvio dell’udienza, rappresentando aver ricevuto dal Ministero appellante la bozza di transazione.
La trattazione del ricorso è stata quindi rinviata all’odierna udienza, in vista della quale l’appellato ha rappresentato che, nonostante l’invio da parte dello stesso di tutta la documentazione necessaria al perfezionamento della transazione, nessuna comunicazione in proposito è pervenuta dall’Amministrazione, concludendo per la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse dell’appello principale e per l’accoglimento di quello incidentale da esso proposto.
L’Avvocatura Generale dello Stato, a sua volta, ha rappresentato che “ l’Amministrazione ha ritenuto prevalente l’interesse alla decisione del gravame auspicando in un mutamento dell’orientamento espresso nei suddetti arresti ” e, negando la sussistenza dei presupposti per la declaratoria della improcedibilità del suo appello, ne ha chiesto l’accoglimento, eccependo invece l’inammissibilità di quello incidentale.
All’esito dell’odierna udienza, quindi, sia l’appello principale che quello incidentale sono stati trattenuti dal Collegio per la decisione di merito.
4. Venendo alle valutazioni del Collegio, deve preliminarmente rilevarsi che non sussistono i presupposti per la declaratoria della improcedibilità dell’appello ministeriale in ragione della ipotetica sopravvenuta carenza dell’interesse sotteso alla sua proposizione, non avendo l’Amministrazione dato corso alla bozza transattiva inviata all’appellato ma piuttosto, in vista dell’odierna udienza, insistito per l’accoglimento del gravame.
5. Quanto al merito della controversia, deve premettersi che questa ha ad oggetto le condizioni di ammissione alla procedura transattiva disciplinata dalla l. 29 novembre 2007, n. 222, e dalla successiva l. 31 dicembre 2007, n. 244, di soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusione con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti che abbiano instaurato azioni di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. nei confronti dello Stato e, per esso, del Ministero della Salute.
In particolare, il D.M. 28 aprile 2009, n. 132, all’art. 2, comma 1, ha individuato come presupposti per la stipula delle transazioni:
a ) l’esistenza di un danno ascrivibile alle categorie di cui alla Tabella A annessa al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, accertato dalla competente Commissione Medico Ospedaliera o dall’Ufficio medico legale del Ministero della salute, o da una sentenza;
b ) l’esistenza del nesso causale tra il danno e la trasfusione con sangue infetto o la somministrazione di emoderivati infetti, accertata dalla competente Commissione o dall’Ufficio Medico Legale o da una sentenza.
Il medesimo D.M. n. 132/2009, all’art. 2, comma 2, ha poi stabilito che per la stipula delle transazioni si tiene conto dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione del diritto.
L’art. 5 del suddetto D.M. n. 132/2009 ha invece previsto che, per la definizione dei “ moduli ” transattivi, ovvero degli importi da riconoscere secondo un piano di rateizzazione, si provvede con decreto di natura non regolamentare del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, adottato sulla scorta del lavoro istruttorio della Commissione tecnica interministeriale e sentita l’Avvocatura Generale dello Stato: tale disposizione ha ricevuto attuazione con il decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del 4 maggio 2012 (cd. “ decreto moduli ”).
L’art. 5, comma 1, di tale D.M. 4 maggio 2012 prevede in particolare che i moduli transattivi sono applicabili ai soggetti che abbiano presentato istanza di adesione alla procedura transattiva per i quali:
a ) non siano decorsi più di cinque anni tra la data di presentazione della domanda per l’indennizzo di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, e la data di notifica dell’atto di citazione, da parte dei danneggiati viventi;
b ) non siano decorsi più di dieci anni tra la data del decesso e la data di notifica dell’atto di citazione da parte degli eredi dei danneggiati deceduti;
c ) non sia già intervenuta una sentenza dichiarativa della prescrizione.
6. Così delineato il quadro normativo di riferimento, va subito evidenziato che la controversia ruota essenzialmente intorno alla interpretazione ed applicazione della disposizione di cui al citato art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012, avendo l’Amministrazione opposto all’originario ricorrente, il quale in data 15 novembre 2009 ha manifestato il suo interesse alla transazione della lite intentata dinanzi al giudice civile ai fini del risarcimento dei danni subiti a seguito delle trasfusioni di sangue infetto somministrategli, la sussistenza della causa ostativa rappresentata dalla avvenuta notifica dell’atto di citazione in data 9 dicembre 2005, ovvero “ tardivamente rispetto al termine perentorio di 5 anni dalla richiesta di indennizzo ex l. 210/1992 (presentata in data 24/02/1995), di cui all’art. 5, c.1, lett.a) del D.M. 04 maggio 2012 ”.
Il T.A.R., con la sentenza appellata, ha ritenuto di superare l’ostacolo oggettivamente determinato dalla suddetta disposizione – essendone incontestati i presupposti applicativi fattuali, così come indicati nell’atto impugnato – all’accoglimento della domanda del sig. -OMISSIS-facendo leva, da un lato, sul carattere regolamentare della stessa (profilo questo, va detto per inciso, non censurato dalla parte appellante principale e la cui rilevanza si apprezzerà infra ) e sulla sua conseguente disapplicabilità, dall’altro lato, e quale presupposto per la sua disapplicazione, conseguentemente dichiarata in concreto dal giudice di primo grado, sul contrasto in cui la stessa si porrebbe rispetto alla disciplina codicistica – civile e processual-civilistica – dell’istituto della prescrizione, con particolare riferimento alle disposizioni (di cui agli artt. 2938 c.c. e 167 c.p.c.) che, per un verso, impediscono la rilevabilità ex officio da parte del giudice della stessa, per l’altro, fissano, a pena di decadenza, i termini e le modalità che devono essere rispettati dal convenuto per eccepirla nel giudizio instaurato dal titolare del diritto, la cui inosservanza, ad avviso del T.A.R., non potrebbe rimanere priva di effetti ai fini dell’accesso e dell’esito dello speciale procedimento transattivo, così come disciplinato dalle citate disposizioni.
Va altresì evidenziato che un ulteriore, quanto fondamentale, tassello del mosaico interpretativo – la cui complessità ricostruttiva discende anche dalla natura particolarmente delicata degli interessi coinvolti e dall’articolato contenzioso cui la mancata tempestiva composizione di quegli interessi, in sede risarcitoria, ha dato luogo – avente ad oggetto lo speciale istituto transattivo di cui si tratta è rappresentato, alla luce dello sviluppo argomentativo della sentenza appellata e di quelle, di primo e di secondo grado, che l’hanno preceduta ed alle quali essa espressamente si richiama, dalla istituzione, sul piano sistematico, di un “ parallelismo ” tra l’azione giudiziaria di risarcimento del danno e la risoluzione transattiva della controversia risarcitoria, tale per cui, ad avviso del giudice di prima istanza, il soggetto pubblico non potrebbe negare l’accesso al rimedio extra-giudiziale di definizione della lite facendo leva su circostanze di fatto, e sui relativi effetti giuridici, non (più) opponibili nella sede del giudizio risarcitorio: “ parallelismo ” che discenderebbe sia dalla necessità di interpretazione delle norme pertinenti secondo canoni di unità e sistematicità ordinamentale, sia dalla complessiva finalità sottesa alle norme in tema di transazione nella speciale materia di cui si tratta, siccome protese a definire il complesso e nutrito contenzioso generato dal verificarsi di danni alla salute in conseguenza dell’omissione di adeguati controlli anti-infettivi sugli emoderivati trasfusi ai soggetti danneggiati.
7. Ciò premesso, deve in primo luogo osservarsi che la sentenza appellata, pur fondata su un rigoroso percorso argomentativo accreditato da una copiosa pregressa produzione giurisprudenziale anche di questa Sezione, non tiene conto che sulla questione (affine) relativa alla natura del termine di cui all’art. 5, comma 1, lett. b ), D.M. 4 maggio 2012 si è registrato il pronunciamento dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato di cui alla sentenza n. 16 del 5 novembre 2021, che ha chiarito l’estraneità della previsione ad ogni finalità regolatrice – legittima o meno – del termine prescrizionale del diritto risarcitorio: le considerazioni formulate dall’Adunanza Plenaria, pur se direttamente funzionali alla interpretazione ed applicazione del termine di cui alla lett. b ) (relativo all’ipotesi in cui la transazione sia richiesta dall’erede del danneggiato per i danni subiti iure hereditatis ), concernono testualmente anche il diverso termine, rilevante ai fini della presente controversia, di cui alla lett. a ) (relativa all’ipotesi in cui il danno sia invece richiesto iure proprio dai danneggiati viventi).
Quelli di seguito testualmente riportati sono i passaggi motivazionali pertinenti estrapolabili dalla citata sentenza n. 16/2021 (parr. 5 – 6.3.):
“ 5. Né il regolamento di cui al DM 28 aprile 2009, n. 132, né il “DM moduli” a cui il primo ha demandato la fissazione di alcuni profili meramente attuativi della fattispecie avrebbero potuto prevedere alcunché di innovativo in materia di prescrizione, non avendo forza di legge (cfr. art. 2946 cc e seguenti). Trattasi di fonti e atti generali applicativi, il cui unico compito è piuttosto quello di dettare criteri e modalità operative per la definizione transattiva delle liti pendenti, alla luce dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione del diritto fissati dal codice civile.
6. L’amministrazione, nell’adempiere a tale compito a mezzo del “DM moduli”, ha ritenuto di individuare quale criterio primario, idoneo a scremare l’area della materia contenziosa suscettibile di speciale transazione, quello dell’insussistenza di una sentenza dichiarativa della prescrizione (lett. c). Questa è invero l’unica previsione che deve ritenersi direttamente collegata all’effettivo decorso dei termini prescrizionali: essa è declinata nel senso che se la prescrizione è stata oggetto di accertamento giurisdizionale, seppur non coperto da giudicato, l’accesso al modulo transattivo è da ritenersi precluso.
6.1. Le altre due coordinate selettive, riferite rispettivamente ai “danneggiati viventi” (lett. a) e agli “eredi dei danneggiati deceduti” (lett. b) si limitano, ferma la condizione del mancato intervento di una sentenza accertativa della prescrizione, a definire un arco temporale entro il quale la domanda di adesione alla procedura transattiva può essere presentata. Ciò fanno, è da ritenere, sulla base di motivazioni che non attengono al presunto maturarsi della prescrizione alla luce delle previsioni codicistiche, ma a ragioni di carattere gestionale correlate alla limitatezza delle risorse messe a disposizione, e, probabilmente, al grado di interesse e bisogno del danneggiato presuntivamente evincibile dai tempi di attivazione del giudizio. Del resto, se così non fosse, e se viceversa si ritenesse che il quinquennio indicato in seno alla lett. a) nonché il decennio di cui alla lett b) fossero in qualche modo correlati al decorso del termine prescrizionale, sarebbe agevole osservare che tali termini sono suscettibili di interruzione anche a mezzo di atto stragiudiziale, e sarebbe pertanto errato presumere il maturarsi della prescrizione senza estendere l’indagine e le valutazioni anche al rapporto preprocessuale.
6.2. L’indicata soluzione esegetica, che sgancia il disposto applicativo dalle disposizioni codicistiche in tema di prescrizione, deriva, oltre che dal tenore testuale delle disposizioni, anche dai criteri ermeneutici di carattere sistematico e teleologico. Il procedimento transattivo del quale si discorre è certamente procedimento di carattere speciale che non esclude la percorribilità della transazione ordinaria fra le parti ove ne ricorrano i presupposti generali di cui all’art. 1965 c.c..
Esso ha la duplice finalità di incidere sul vasto contenzioso che la vicenda ha generato nonché di offrire in tempi rapidi (purtroppo solo auspicati) ai danneggiati o ai loro eredi un ristoro, sì da evitare che, specialmente nelle fasce di popolazione a basso reddito, al danno si associno ulteriori disagi sociali ed economici.
6.3. La soluzione interpretativa è anche l’unica coerente con il topos ermeneutico dell’interpretazione “conforme”, atteso che è l’unica, alla luce della formulazione testuale della disposizione, ad assicurare la conformità dell’impianto attuativo con le superiori regole in materia di prescrizione, così come chiarite dalla Corte di Cassazione, a mente delle quali in caso di decesso del danneggiato a causa del contagio, la prescrizione rimane quinquennale per il danno subito da quel soggetto in vita, del quale il congiunto chieda il risarcimento iure hereditatis “trattandosi pur sempre di un danno da lesione colposa, e dunque di un reato a prescrizione quinquennale” (da ultimo, Cass. civ., n. 5964/2016 cit.) ”.
L’Adunanza plenaria, alla luce delle tracciate coordinate interpretative, ha quindi formulato al giudice remittente il seguente principio di diritto:
“ il termine decennale contemplato dal citato art. 5, comma 1, lettera b), non è riferibile alla presunta prescrizione ma si limita a segnare l’ambito temporale entro il quale la pendenza del giudizio costituisce il necessario presupposto per l’ammissione alla transazione ”.
8. Come si è detto, i surriportati chiarimenti interpretativi, pur se principalmente riferiti al termine decennale di cui alla lett. b ) del comma 1 dell’art. 5, D.M. 4 maggio 2012 (assumendo quindi, per i restanti aspetti normativi, rilievo meramente incidentale), non possono restare privi di influenza ai fini del dipanamento delle analoghe questioni interpretative sollevate dal termine quinquennale di cui alla lett. a ), non consentendo, in ossequio ad imprescindibili esigenze di carattere nomofilattico oltre che per la intrinseca persuasività delle conclusioni raggiunte, di sostenere ulteriormente - se non in una prospettiva di carattere defatigante, tanto più deleteria alla luce dell’annosità del presente contenzioso, sia nella sua complessità che in relazione allo specifico presente episodio processuale - la tesi della natura prescrizionale del termine suddetto, anche per fondarvi eventuali ricadute, se del caso di carattere disapplicativo, in punto di illegittimità della relativa previsione regolamentare.
Peraltro, non può non osservarsi che il provvedimento impugnato in primo grado non reca accenno alcuno al tema prescrizionale, fondandosi esclusivamente, come si è detto, sul mancato rispetto del termine di cui all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012 e sulla sua espressa qualificazione come “ perentorio ”, con la conseguente confermata irrilevanza ai fini della decisione, anche da questo punto di vista, di ogni valutazione sia in ordine alla legittimità della disposizione invocata, ove intesa come riferita al regime della prescrizione del diritto risarcitorio, sia circa l’effettivo verificarsi in concreto della suddetta fattispecie estintiva.
Ritiene nondimeno il Collegio che, pur non potendo attribuirsi all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012 il valore di norma regolatrice (in modo autonomo o ripetitivo della corrispondente disciplina codicistica) della prescrizione del diritto al risarcimento del danno del soggetto che ha subito conseguenze psico-fisiche lesive per effetto delle emotrasfusioni con sangue infetto, la correlazione tra il termine medesimo e la disciplina - sostanziale e processuale - in tema di prescrizione recata dalle pertinenti disposizioni codicistiche continui ad assumere rilievo, ai fini della decisione della controversia, in quanto direttamente connessa alla ratio della citata disposizione ministeriale.
9. Milita in tale direzione, in primo luogo, la più immediata affinità, rispetto all’ipotesi di cui alla lett. b ), tra la fattispecie ostativa (all’accesso alla soluzione transattiva) descritta dall’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012 e quella delineata dalle disposizioni generali in tema di prescrizione, nel significato prescrittivo desumibile dalla pertinente elaborazione giurisprudenziale.
Basti considerare che, incentrandosi la prima sul decorso di cinque anni tra la data di presentazione della domanda per l’indennizzo di cui alla l. 25 febbraio 1992, n. 210, e la data di notifica dell’atto di citazione dinanzi al giudice civile, ed assumendo la presentazione della domanda di indennizzo ai sensi della legge citata valore rivelatore della consapevolezza acquisita dal danneggiato circa la correlazione causale tra l’infermità contratta e le emotrasfusioni somministrategli (ai sensi dell’art. 1, comma 3, l. n. 210/1992, infatti, “ i benefici di cui alla presente legge spettano altresì a coloro che presentino danni irreversibili da epatiti post-trasfusionali ”), la citata previsione ministeriale si coordina coerentemente con il principio giurisprudenziale secondo cui “ il termine di prescrizione del diritto al risarcimento da parte di chi assume di avere contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo non decorre dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può essere percepita quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche ” (cfr., di recente, Cassazione civile, Sez. lav., n. 17709 del 25 agosto 2020).
Concorre altresì, nella medesima direzione interpretativa, il rilievo secondo cui, a differenza che per l’ipotesi di cui all’art. 5, comma 1, lett. b ), D.M. 4 maggio 2012, caratterizzata dalla durata decennale del termine perentorio per la proposizione della domanda transattiva (decorrente dalla data del decesso fino a quella di notifica dell’atto di citazione da parte degli eredi dei danneggiati deceduti), di cui l’Adunanza plenaria ha evidenziato lo scollamento rispetto al termine prescrizionale quinquennale previsto dalle norme codicistiche, nell’ipotesi di cui alla lett. a ) sussiste piena armonia, in punto di durata, rispetto al corrispondente termine prescrizionale dell’azione risarcitoria.
10. In tale prospettiva, la previsione suindicata, nel quadro della procedimentalizzazione della speciale transazione de qua , risponde all’obiettivo di ancorare la definizione dei procedimenti transattivi a presupposti univocamente determinati ed obiettivamente accertabili, esonerando l’Amministrazione da complesse ed autonome valutazioni in ordine alla eventuale estinzione per prescrizione del diritto risarcitorio: valutazioni che, oltre ad essere sovente oggetto del parallelo giudizio civile (con il conseguente sconfinamento dell’Amministrazione nella relativa sfera di sindacato), sconterebbero il prevedibile pericolo di esiti non uniformi, a discapito dell’esigenza di parità di trattamento tra i danneggiati, tanto più avvertita laddove all’Amministrazione sia affidato il compito di porre rimedio alla lesione di diritti fondamentali causata dall’azione imprudente di organi dello Stato.
Deve quindi ritenersi, alla luce dei rilievi che precedono, che la funzione di “ scrematura ” delle controversie risarcitorie meritevoli di definizione transattiva ai sensi delle ll. n. 222/2007 e n. 244/2007 sia affidata dall’ordinamento - non ad una disposizione in tema di prescrizione, derogatoria o meno del generale istituto codicistico, demandata alla non sempre uniforme applicazione da parte dell’Amministrazione, ma - alla verifica circa la sussistenza delle condizioni, tipizzate dall’ordinamento e la cui emersione non può che avvenire nell’ambito dell’istruttoria propedeutica all’accoglimento della domanda transattiva, le quali consentano ragionevolmente di ritenere che il diritto al risarcimento del danno sia ancora “ esigibile ” (in quanto, tra l’altro, non interessato dalla suddetta fattispecie estintiva, sebbene destinata coerentemente ad essere rilevata nella sede - giurisdizionale - sua propria).
Deve infatti osservarsi che la finalità “ etica ” ed equitativa sottesa alla previsione dello speciale procedimento transattivo de quo (Consiglio di Stato, Sez. III, 11 maggio 2021, n. 3698) non consente di obliterare in modo assoluto, in pari tempo, la funzione deflattiva cui lo stesso è preordinato, nonché quella, strettamente connessa, di convogliare le pretese risarcitorie entro un quadro regolatorio compatibile con la prevedibilità degli oneri risarcitori e con la possibilità di programmazione delle risorse da destinare allo scopo, con il vantaggio aggiuntivo di sottrarre l’Amministrazione all’alea di un frammentario quanto disomogeneo esito, in punto di an e quantum della condanna risarcitoria, dei molteplici e risalenti giudizi pendenti: funzione che sarebbe evidentemente dissonante rispetto all’eventuale ammissione alla procedura transattiva di coloro che vantino una pretesa risarcitoria oggettivamente destinata ad essere delusa all’esito della causa civile.
Quella proposta, peraltro, risulta la soluzione ermeneutica atta meglio ad armonizzare l’interpretazione dell’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012 con la fonte regolamentare (D.M. n. 132 del 28 aprile 2009) che ne ha previsto l’adozione, laddove (art. 2, comma 2, D.M. cit.) si dispone che “ per la stipula delle transazioni si tiene conto dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione del diritto ”: assumendo la disposizione in esame appunto, in chiave attuativa del citato disposto normativo, il valore di criterio orientativo dell’attività amministrativa di selezione delle domande transattive ammissibili, siccome collegate a cause risarcitorie instaurate, pendenti e aventi ad oggetto pretese creditorie di cui non debba prevedersi, sul piano processuale, l’esito infausto (anche perché interessate da fattispecie estintive già perfezionatesi, in primis di ordine prescrizionale).
11. Dai rilievi che precedono discende che il “ collegamento ” tra la vicenda civilistica del diritto al risarcimento del danno e quella amministrativo-transattiva non è configurabile, come ritenuto dal T.A.R. anche sulla base della pregressa giurisprudenza della Sezione (la quale tuttavia, come si è detto, non ha potuto tenere conto delle indicazioni interpretative della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 16/2021), nei termini del necessario e pedissequo “ parallelismo ” tra meccanismo estintivo prescrizionale rilevante in sede processuale (quanto a modalità e condizioni per formulare la relativa eccezione in sede di giudizio, possibilità concreta di rilevare la fattispecie estintiva nel giudizio risarcitorio instaurato dal ricorrente e statuizioni già rese sul punto dal giudice civile) e ambito del potere spettante all’Amministrazione in sede di esame della domanda transattiva (parallelismo cui resterebbe subordinata la possibilità di negare l’accesso alla procedura transattiva sulla base dell’avvenuto superamento del termine di cui all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012, inteso e qualificato come termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno), ma nel senso che la procedura transattiva è esperibile, coerentemente con la ratio complessiva del relativo sistema normativo, solo laddove essa sia idonea a perseguire in concreto la finalità di definizione alternativa e stragiudiziale di una controversia che non risulti, anche alla luce del concreto andamento processuale, destinata ad esito infausto per l’attore: concetto che il giudice di primo grado, alla luce della pregressa giurisprudenza anche di questa Sezione, ha espresso richiamando “ la logica fondamentale e i principi ispiratori che reggono la normativa speciale sopra passata in rassegna e che incentiva il metodo transattivo in presenza di situazioni controverse e dubbie, con necessità quindi di un interesse plausibile alla loro definizione transattiva anche sotto il profilo della non manifesta avvenuta prescrizione del diritto azionato ”.
12. La conclusione qui recepita è del resto l’unica a conciliare le due “ anime ” dell’istituto de quo : quella civilistica, che lo finalizza alla risoluzione bonaria di una controversia dall’esito, quanto all’ an o quantomeno al quantum della pretesa azionata, incerto, e quella pubblicistica, che, tenuto conto del fatto che è investito l’impiego di pubbliche risorse, richiede l’accertamento da parte dell’Amministrazione dell’esistenza di un concreto interesse pubblico al ricorso alla suddetta modalità alternativa di risoluzione della controversia, quale evidentemente non si avrebbe se quest’ultima fosse destinata – o sussistessero ragionevoli elementi per ritenere che fosse destinata – ad una conclusione negativa per il suo promotore, anche alla luce della maturata prescrizione del relativo diritto.
Deve invero ritenersi che, attraverso l’introduzione e la disciplina dell’istituto transattivo in esame, il legislatore non abbia perseguito l’indiscriminato riconoscimento del relativo beneficio economico a favore di tutti i danneggiati (finalità in vista della quale risulta maggiormente appropriato il riferimento all’istituto indennitario di cui alla richiamata l. n. 102/1992), ma subordinato lo stesso alla sussistenza di specifiche condizioni applicative, intese essenzialmente a garantirne la strumentalità rispetto alla suddetta finalità transattiva, ulteriormente colorata dall’interesse pubblico sotteso all’assetto regolativo della materia (condizioni relative essenzialmente alla pendenza del giudizio risarcitorio, alla mancata pronuncia di una sentenza dichiarativa della prescrizione, all’onere di rinunciare al giudizio risarcitorio quale condizione per il conseguimento del beneficio in questione nonché, sulla base del ragionamento qui sviluppato, al mancato decorso del termine di cinque anni dalla data di presentazione dell’istanza di indennizzo a quella di instaurazione della causa di risarcimento, quale indice oggettivo del verificarsi della fattispecie estintiva prescrizionale).
13. Devono adesso focalizzarsi le concrete implicazioni del ragionamento qui condotto ai fini della soluzione della presente controversia.
In primo luogo, la negazione che l’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012 persegua una finalità regolatrice della prescrizione non comporta necessariamente che esso rivesta carattere decadenziale, nel senso che il mancato rispetto del termine da esso contemplato produca l’effetto di far perdere all’interessato la possibilità di accesso al beneficio transattivo.
Se da un lato, infatti, il termine decadenziale deve direttamente riferirsi alla presentazione dell’istanza tesa al conseguimento dell’utilità di cui si tratti (laddove nella specie il termine quinquennale previsto dalla disposizione citata ha riguardo all’atto di citazione finalizzato alla instaurazione della causa risarcitoria), dall’altro lato non può non apparire distonica, rispetto alla qualificazione decadenziale del termine in questione, la sua introduzione (ad opera del citato D.M.) in epoca successiva al perfezionamento dell’ipotetica decadenza.
Deve quindi ritenersi che la disposizione suindicata, più che alla disciplina dei presupposti temporali per l’accesso alla procedura transattiva (presidiati dalla decadenza in caso di mancato rispetto), sia votata alla regolamentazione dei criteri cui l’Amministrazione deve attenersi, nella prospettiva teleologica innanzi illustrata, ai fini dell’ammissione delle istanze transattive.
In secondo luogo, la affermata (dal giudice di primo grado) natura regolamentare del D.M. 4 maggio 2012 consente di fare riferimento ai principi giurisprudenziali in tema di disapplicazione, essendosi evidenziato che, sia quando il provvedimento impugnato sia contrastante con il regolamento, sia quando sia conforme al presupposto atto normativo, “ il fondamento del potere di disapplicazione risiede nella natura normativa e non semplicemente amministrativa del regolamento e nella necessità per il giudice di garantire piena applicazione al principio di gerarchia delle fonti e di accordare, pertanto, primazia a quella di rango superiore (cfr. ex multis, Cons. Stato, sez. III, 30 gennaio 2017, n. 367;Id., sez. V, 28 settembre 2016, n. 4009;Id., 3 febbraio 2015, n. 515;Id., 20 maggio 2008, n. 2343;Id., 10 gennaio 2003, n. 35). Nel contrasto tra una norma di legge ed una norma regolamentare, il giudice deve quindi fare applicazione soltanto della prima, disapplicando la seconda anche se non fatta oggetto di espressa impugnativa giurisdizionale. È questa la ragione per cui il potere di disapplicazione non può attingere atti amministrativi privi di valenza normativa, dei quali il giudice amministrativo può conoscere soltanto se ritualmente impugnati nel termine di decadenza previsto dalla legge ” (Consiglio di Stato, Sez. I, parere n. 1224 del 25 giugno 2020).
In particolare, l’illegittimità, in funzione della sua disapplicazione ai fini della presente controversia, dell’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012 va affermata nella parte in cui esso legittima l’Amministrazione a negare l’accesso alla procedura transattiva laddove sia decorso il termine quinquennale da esso indicato, e tuttavia nella sede giudiziaria civile sia precluso l’accertamento dell’eventuale effetto estintivo conseguente alla maturazione del termine di prescrizione o lo stesso sia stato espressamente disconosciuto dal giudice competente (sebbene con sentenza non definitiva), con la conseguente permanenza dell’interesse pubblico, preso in considerazione delle leggi n. 222/2007 e n. 244/2007, a riconoscere un ristoro a favore dei danneggiati da emotrasfusioni che abbiano agito in sede giudiziaria ai fini dell’ottenimento del risarcimento del danno da essi subito.
Peraltro, la conclusione esposta discende anche da esigenze di simmetria normativa, essendo evidente che se l’art. 5, comma 1, lett. c ), D.M. 4 maggio 2012 subordina l’accesso alla procedura transattiva alla condizione che “ non sia già intervenuta una sentenza dichiarativa della prescrizione ”, allo stesso modo, la pronuncia di una sentenza che abbia espressamente respinto l’eccezione di prescrizione dell’Amministrazione, come nella specie la sentenza del Tribunale di Roma n. 19054 del 29 settembre 2014 (peraltro confermata, come si evince dalla recentissima sentenza di questa Sezione n. 9308 del 30 ottobre 2023, con sentenza della Corte d’appello di Roma n. 5406 del 28 luglio 2023), non può non precludere l’opponibilità di una clausola ostativa, come quella di cui alla citata disposizione, che rinviene la sua ratio nel presunto verificarsi della suddetta fattispecie estintiva: ciò tanto più laddove, come nella specie, nessuna concreta deduzione sia stata formulata dall’Amministrazione appellante al fine di confutare i passaggi della sentenza appellata intesi ad evidenziare l’inutile esperimento, nella sede giudiziaria civile, dell’eccezione di prescrizione, anche sulla base della relativa statuizione reiettiva recata sul punto dal giudice civile di primo grado, essendosi la difesa erariale limitata a contestare che le preclusioni sostanziali e processuali inerenti al rapporto civilistico siano idonee a paralizzare le analoghe difese esperibili nel procedimento amministrativo.
Tuttavia, come si è detto, lo speciale procedimento transattivo de quo è funzionale, come è proprio della sua natura, a risolvere in sede stragiudiziale le controversie che presentino un margine significativo di possibilità di esito favorevole alla parte attrice, mentre la tesi dell’Amministrazione appellante - nel contestare, in modo come si è detto non implausibile, l’assunto del necessario “ parallelismo ” tra azione giudiziaria ordinaria e procedimento amministrativo transattivo, agli effetti applicativi dell’istituto della prescrizione - incorre nel vizio opposto, di leggere i presupposti di accesso alla procedura transattiva in modo del tutto autonomo, ovvero senza alcuna correlazione funzionale con il giudizio in corso, in contrasto con la natura transattiva del procedimento di cui si tratta.
14. A chiusura del discorso fin qui condotto, non può non osservarsi che le conclusioni raggiunte si pongono in linea con il consolidato indirizzo della Sezione, espresso tra le altre dalla sentenza n. 3698 dell’11 maggio 2021, resa su una fattispecie pressoché identica - sia per quanto concerne il motivo del diniego, sia con riferimento alla sottostante vicenda processuale - a quella qui esaminata.
Si è infatti in quella sede affermato, sebbene a valle della qualificazione prescrizionale del termine di cui all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012, da cui in questa sede si è ritenuto di dissentire, che “ l’avvenuta rappresentazione in sede procedimentale di tali elementi ” - relativi, cioè, alla irrituale formulazione in sede giudiziale dell’eccezione di prescrizione, cui fanno riferimento anche le osservazioni procedimentali dell’odierno appellato: cfr. all. 17 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado – “ non consentiva all’Amministrazione di trincerarsi dietro al mero richiamo della norma del D.M. del 4 maggio 2012, art. 5, comma 1 lett. a), ma le imponeva di approfondire la problematica rappresentata dalla parte danneggiata, indicando compiutamente le ragioni giuridiche per le quali, a fronte di una decisione esecutiva di primo grado, che aveva rigettato l’eccezione di prescrizione e che aveva riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, l’Amministrazione aveva nondimeno negato l’accesso alla procedura transattiva (introdotta dal legislatore a scopo deflattivo del contenzioso risarcitorio) sulla base di un presupposto (quello dell’intervenuta prescrizione del diritto), ritenuto insussistente dal giudice ”.
Meritevole di menzione, ai presenti fini decisori, è anche il passaggio motivazionale della sentenza citata, con il quale si evidenzia che “ La Corte di Cassazione (Cass. Sez. VI n. 17403 del 30 luglio 2014) ed il Consiglio di Stato in sede consultiva (parere 13/2015 del 5 gennaio 2015) hanno precisato che non sussiste un diritto del danneggiato e un correlato obbligo per l’amministrazione di stipulare la transazione ex L. 222/07 e 244/07;in particolare, la Sez. VI civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17403 del 30 luglio 2014, ha escluso l’obbligatorietà della transazione per ciascuna delle parti: ha ritenuto, infatti, che sussiste sempre una discrezionalità in capo ad entrambi i potenziali paciscenti, sia in ordine all’an che in ordine al quantum delle concessioni reciproche proprie dell’istituto della transazione, e ciò sussiste in particolare per la parte pubblica, in quanto le concessioni sono a carico del pubblico erario e sono soggette a particolari condizioni di rito e di merito ”.
Tale orientamento giurisprudenziale, va aggiunto, è stato confermato e rinverdito, anche alla luce del più recente intervento dell’Adunanza plenaria di cui all’ordinanza n. 14 del 26 aprile 2023, con la già citata recentissima pronuncia della Sezione n. 9308 del 30 ottobre 2023, con la quale è stato affermato che “ non è consentito all’Amministrazione motivare il diniego di accesso alla definizione transattiva della controversia, come avvenuto nel caso di specie (e indipendentemente dall’improprio riferimento alla prescrizione del diritto al risarcimento), con il mancato rispetto del termine di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a), del d.m. 4 maggio 2012 ”, altresì evidenziando che “ in definitiva, può considerarsi acclarato che le statuizioni rese dall’Adunanza plenaria nella sentenza n. 16/2021 in ordine alla natura e alla qualificazione dei termini stabiliti dal citato d.m. per la presentazione dell’istanza transattiva in nulla incidono sul pregresso indirizzo della Sezione, secondo cui nel determinarsi sull’istanza de qua il Ministero della salute è tenuto a compiere una valutazione discrezionale, con riguardo alla specifica vicenda ed alle esigenze del danneggiato, che non può esaurirsi nel mero rilievo del mancato rispetto di un termine procedimentale ”: affermazioni cui, sul piano conformativo, fa riscontro il “ dovere del Ministero della salute di rideterminarsi sull’istanza di transazione a suo tempo avanzata dall’originario ricorrente ”, tenendo conto, “ oltre che delle proprie esigenze patrimoniali ”, “ anche delle sopravvenienze costituite dalla definizione medio tempore del giudizio civile nei primi due gradi di giudizio con sentenza di condanna generica della stessa Amministrazione, nonché dell’interesse del danneggiato a chiudere immediatamente il contenzioso piuttosto che sobbarcarsi un ulteriore giudizio per la quantificazione del danno da risarcire ”.
Criteri, questi ultimi, che non possono non valere anche ai fini orientativi dell’attività che l’Amministrazione dovrà porre in essere in esecuzione della presente sentenza.
15. Non è meritevole di accoglimento nemmeno il motivo di appello inteso a censurare la sentenza appellata laddove non ha accolto la domanda di condanna del Ministero al pagamento della somma di € 464.811,21 perché “ a prescindere dall’esattezza o meno della cifra richiesta dal ricorrente, la corresponsione della somma prevista dai diversi moduli transattivi non spetta al ricorrente ex se, ma solo all’esito della sottoscrizione dell’atto transattivo medesimo e della rinuncia alle azioni proposte avverso la P.A. ”: lamenta in proposito la parte appellante che la pronuncia non sembra lasciare margini di discrezionalità all’Amministrazione nella determinazione del quantum , ed evidenzia che, come si evince da altri giudizi in cui, a differenza dell’odierno appellato, gli interessati si sono rivolti al giudice ordinario anche ai fini della quantificazione del danno, l’importo riconoscibile in sede giudiziale potrebbe risultare molto inferiore a quello reclamato in sede transattiva.
Deve osservarsi, in senso contrario, che la sentenza appellata, in parte qua , non reca alcun contenuto dispositivo e/o accertativo lesivo per l’Amministrazione, essendosi il giudice di primo grado espressamente astenuto da ogni indicazione in ordine all’importo spettante al ricorrente, la cui concreta determinazione ha demandato integralmente alle valutazioni della stessa, la quale dovrà procedervi in applicazione dei cd. moduli transattivi approvati con il D.M. 4 maggio 2012.
16. Infine, deduce la parte appellante che, nell’affermare che, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., dovrebbe “ essere affrontata anche innanzi al TAR la questione della decadenza del Ministero dalla proposizione dell’eccezione di prescrizione ”, il giudice di primo grado si sarebbe sostituito al giudice civile nel vagliare la intempestività dell’eccezione di prescrizione sollevata in sede civile.
Nemmeno tale ultima doglianza è meritevole di accoglimento, sebbene il suo esame costituisce una utile occasione per completare il ragionamento innanzi svolto, in ordine al rapporto tra procedura transattiva e giudizio risarcitorio.
Deve premettersi che, nella fattispecie in esame, il T.A.R. non ha compiuto alcuna valutazione “ sostitutiva ” nei confronti del giudice ordinario quanto alla ritualità e fondatezza dell’eccezione di prescrizione che, come da esso riconosciuto, l’Amministrazione ha formulato nel giudizio risarcitorio: da questo punto di vista, i richiami alle preclusioni che sarebbero maturate in sede civile, ai sensi dell’art. 167 c.p.a., afferiscono alla parte della sentenza meramente ricognitiva della pregressa giurisprudenza, senza alcun diretto addentellato con la fattispecie concretamente esaminata.
Maggiormente aderenti a quest’ultima sono invece i rilievi del giudice di primo grado intesi a sottolineare che, nel giudizio risarcitorio, il giudice adito ha respinto, con sentenza di primo grado la cui immediata esecutività non è stata sospesa (nonostante la pendenza dell’appello avverso la stessa, ormai definito con la citata sentenza della Corte di Appello di Roma n. 5406 del 28 luglio 2023), l’eccezione di prescrizione formulata dall’Amministrazione: rilievo, quest’ultimo, che non potrebbe non incidere sul procedimento transattivo e sulle valutazioni spettanti all’Amministrazione nell’ambito dello stesso.
Ebbene, come si è detto, la parte appellante non formula alcuna specifica deduzione al fine di corroborare la fondatezza dell’eccezione di prescrizione formulata in sede civile e respinta in prima istanza dal Tribunale di Roma, con sentenza confermata dal giudice di appello, senza considerare che il provvedimento impugnato, irrigidito nell’opposizione della clausola ostativa di cui all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012, non costituisce motivata espressione del potere di diniego che spetta secondo l’interpretazione qui recepita, nella mancanza di un obbligo dell’Amministrazione (ma anche di una facoltà decisionale illimitata ed incontrollata) di addivenire alla transazione, al Ministero della Salute.
Invero, proprio l’autonomia tra il giudizio risarcitorio civile e la procedura transattiva, sulla quale fa leva a più riprese l’Amministrazione appellante, nonché l’evidenziato collegamento “ funzionale ” tra transazione e giudizio risarcitorio, avrebbero onerato l’Amministrazione di esporre gli argomenti in forza dei quali l’invocata prescrizione avrebbe avuto concrete chances di essere accertata nella sede giudiziaria, attesa la già evidenziata insufficienza della causa ostativa di cui all’art. 5, comma 1, lett. a ), D.M. 4 maggio 2012, meritevole come già detto di disapplicazione in relazione alla specifica controversia in esame, nella misura in cui preclude all’Amministrazione il compimento di quelle valutazioni.
17. L’appello principale, in conclusione, deve essere complessivamente respinto.
18. Improcedibili, conseguentemente, devono essere dichiarati i motivi dell’appello incidentale espressamente formulati in via subordinata all’accoglimento dell’appello ministeriale, nella misura in cui non hanno concorso, secondo il ragionamento innanzi svolto, alla conferma, con diversa motivazione, della sentenza appellata.
19. Deve invece essere esaminato, per la sua dichiarata autonomia rispetto all’esito del gravame principale, il motivo dell’appello incidentale col quale la sentenza appellata viene censurata nella parte in cui ha respinto “ la domanda di condanna del Ministero al pagamento della somma di € 464.811,21, in quanto, a prescindere dall’esattezza o meno della cifra richiesta dal ricorrente, la corresponsione della somma prevista dai diversi moduli transattivi non spetta al ricorrente ex se, ma solo all’esito della sottoscrizione dell’atto transattivo medesimo e della rinuncia alle azioni proposte avverso la P.A. ”.
La suindicata statuizione viene censurata allegando che, a fronte “ dell’eventuale prevedibile inerzia dell’Amministrazione ”, occorre che il giudice di appello “ disponga una soluzione alternativa che, a fronte dell’eventuale prevedibile inerzia dell’Amministrazione, consenta al danneggiato di ottenere un risultato equipollente, e cioè l’erogazione dell’importo previsto dal DM 04.05.2012… ”.
Il motivo deve essere dichiarato inammissibile, sia perché è formulato sul presupposto di un evento del tutto ipotetico (ed anzi auspicabilmente non destinato a realizzarsi, atteso anche l’effetto conformativo discendente dalla sentenza appellata e qui confermata), quale quello relativo alla “ perdurante inerzia della P.A. ”, sia perché non chiarisce l’oggetto del petitum (ulteriore rispetto a quello strettamente caducatorio, ovvero l’unico compatibile con la natura di giurisdizione generale di legittimità spettante in subiecta materia al giudice amministrativo) (cfr. l’analoga decisione sul punto resa con sentenza di questa Sezione n. 5191 del 7 luglio 2021).
20. Con l’ultimo motivo di appello incidentale, l’originario ricorrente chiede che l’importo che deve essergli corrisposto per effetto della transazione, pari ad € 464.811,21, sia maggiorato di rivalutazione monetaria ed interessi dalla presentazione della domanda di transazione o, in via subordinata, dal 31 dicembre 2017, termine ultimo entro cui la transazione avrebbe dovuto essere stipulata.
Anche tale motivo deve essere dichiarato inammissibile, essendo funzionale al riconoscimento al ricorrente degli accessori della somma capitale e presupponendo quindi, sul piano processuale, che questa costituisca oggetto di una espressa statuizione di condanna che nella specie tuttavia, per le ragioni illustrate, non può essere adottata.
21. Infine, il Ministero appellante deve essere condannato alla refusione delle spese di giudizio a favore della parte appellata, nella complessiva misura di € 3.000,00, oltre oneri di legge, con attribuzione al difensore antistatario.