Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-01, n. 202301133

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-01, n. 202301133
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301133
Data del deposito : 1 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/02/2023

N. 01133/2023REG.PROV.COLL.

N. 03393/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3393 del 2022, proposto dall’Università di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Prof. E F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Follieri &
Associati, in Roma, piazza Cavour 17;

contro

M A D N, D C, A C, C P, rappresentati e difesi dagli avvocati Luigi D'Ambrosio, E P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) n.464/2022, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di M A D N e di D C e di A C e di C P;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2022 il Cons. Sergio Zeuli e uditi per le parti gli avvocati E F, Luigi D'Ambrosio ed Ermenegilda Pastore;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La parte appellante deduce le seguenti circostanze a sostegno del gravame:

- i quattro docenti, oggi appellati, professori M A D N, ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari SSDAGR/15, D C, ordinario di Chimica Analitica SSD CHIM/01, dottoresse A C, ricercatore a tempo indeterminato di scienze e Tecnologie Alimentari SSD AGR/15, e C P, ricercatore a tempo indeterminato di Chimica Analitica SSD CHIM/01, svolgevano attività didattica e di ricerca presso il Dipartimento di “Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente” (SAFE) dell’Università di Foggia.

A seguito della costituzione del nuovo Dipartimento di “Scienze Agrarie, Alimenti, Risorse Naturali e Ingegneria” (DAFNE), su iniziativa di 56 dei 60 docenti originariamente appartenenti al SAFE, i quattro appellati chiedevano di afferirvi, con istanza del 12 novembre 2020, che veniva tuttavia respinta dalla deliberazione del Senato Accademico del 10 febbraio 2021 n. 73 (verbale n. 6/2021).

I quattro docenti ricorrevano al TAR Puglia, Bari, per l’annullamento, previa sospensione, della detta delibera, chiedendo, altresì, il risarcimento dei danni, per “ lesione dell’immagine professionale ” e per non poter più disporre delle strumentazioni e dei luoghi per continuare l’attività di ricerca e quella didattica in seno al Dipartimento di Agraria.

In seguito gravavano con motivi aggiunti la delibera del Senato Accademico dell’Università di Foggia del 14 aprile 2021, con cui erano stati assegnati ad altri Dipartimenti, non da loro opzionati.

Con l’ordinanza cautelare del 12 maggio 2021 il TAR sospendeva i provvedimenti impugnati, ritenendo che ai ricorrenti, in violazione dell’art. 84, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 11.7.1980, non fosse stata garantita la possibilità di opzione fra più dipartimenti o Istituti.

Il 25 giugno 2021 il Consiglio di Stato, su appello dell’Università, con l’ordinanza n. 3457, in riforma del provvedimento del TAR, rigettava l’istanza cautelare proposta in primo grado, non ravvisando la suddetta illegittimità.

Gli appellati, con nota del 14 maggio 2021, chiedevano al Rettore di essere convocati per l’avvio di una interlocuzione volta a definire la controversia in atto, in esecuzione dell’ordinanza del TAR n. 164/2021, non ancora riformata dal Consiglio di Stato.

Il Rettore convocava gli appellati per il 7 luglio 2021. Il 6 luglio 2021, (dopo la sopra ricordata ordinanza del Consiglio di Stato) C, C e P presentavano un’istanza nella quale chiedevano di afferire al Dipartimento di Economia, Management e territorio (DEMET), al quale, nel frattempo, era stato già assegnato D N.

A seguito di questa domanda, il Rettore avviava il procedimento descritto dall’art. 30, comma 10, dello Statuto dell’Università di Foggia e acquisiva i pareri favorevoli dei Dipartimenti di attuale afferenza degli interessati. Tuttavia, il DEMET, con delibera del Consiglio di Dipartimento del 15 novembre 2021, verbale n. 19/2021, esprimeva parere. Di conseguenza il Senato Accademico, con le delibere nn. 371 e 374/2021, si esprimeva sfavorevolmente alla richiesta di afferenza al DEMET dei tre appellati.

Con la sentenza impugnata il TAR rigettava le richieste dell’Università per la definizione sul piano processuale della controversia, annullava gli atti impugnati e condannava l’Università al pagamento delle spese di causa, oltre accessori.

Tanto premesso, la soccombente Università di Foggia deduce avverso la pronuncia del TAR i seguenti motivi di appello:

1. TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI IN FATTO ED ERRONEA INTERPRETAZIONE APPLICAZIONE DELLE NORME DELLO STATUTO DELL’UNIVERSITA’ DI FOGGIA.

2. MAL GOVERNO DEI POTERI DECISORI E DEI PRINCIPI SULLE PRONUNCE GIURISDIZIONALI. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 34 E 35 C.P.A.

3. ERROR IN JUDICANDO: IRRICEVIBILITA’, INAMMISSIBILITÀ E INFONDATEZZA DEL PRIMO MOTIVO DI RICORSO RELATIVO ALLA MANCATA ACQUISIZIONE DEL PARERE. VIOLAZIONE ARTT. 41 C.P.A., 44 STATUTO UNIVERSITA’ E 16, II COMMA, L.

7.8.1990 N. 241.

4. ERROR IN JUDICANDO: INAMMISSIBILITÀ E INFONDATEZZA DEL SECONDO MOTIVO DI RICORSO. ERRORE NEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO. VIOLAZIONE ART. 84 D.P.R. 11.7.1980 N. 382, E DEI PRINCIPI SULL’ESERCIZIO DEL POTERE DISCREZIONALE. VIOLAZIONE DEL D.LGS.

5. ERROR IN JUDICANDO: PERPLESSITÀ E MANCANZA DI MOTIVAZIONE DELLA SENTENZA. INAMMISSIBILITA’ E INFONDATEZZA DEI MOTIVI AGGIUNTI AUTONOMI. VIOLAZIONE ART. 84 D.P.R. 11.7.1980 N. 382, E DEI PRINCIPI SULL’ESERCIZIO DEL POTERE DISCREZIONALE. VIOLAZIONE DEL D.LGS. N. 81/2008.

2. I docenti appellati si sono costituiti in giudizio, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

DIRITTO

3. Per ragioni logiche e metodologiche conviene partire dall’analisi del secondo motivo di appello, con cui l’appellante ripropone l’eccezione, già sollevata in primo grado, secondo la quale si sarebbe determinato il sopravvenuto difetto di interesse al ricorso di primo grado per tre dei quattro appellati, e la cessazione della materia del contendere in relazione al professor D N.

Tale deduzione si fonda per quanto riguarda i primi tre, sull’avere gli stessi presentato il 6 luglio del 2021 un’istanza all’Università con la quale chiedevano di essere trasferiti al Dipartimento DEMET. E, per quanto riguarda il professore D N, sul fatto che la sua assegnazione a codesto ultimo Dipartimento sarebbe stata definitivamente accettata.

Secondo l’Università, dette circostanze renderebbero del tutto evidente che i docenti non hanno più interesse a contestare il diniego di afferenza al Dipartimento DAFNE, avendo manifestato altre diverse e incompatibili opzioni.

Il motivo è infondato, perché l’istanza del 6 luglio del 2021, lungi dal manifestare una carenza di interesse in capo ai richiedenti a coltivare l’impugnativa del diniego di trasferimento al DAFNE, rappresentava, come precisato anche in giudizio dagli appellati, solo un tentativo di trovare una soluzione condivisa, che peraltro non andò a buon fine per il parere contrario espresso dal DEMET.

In altri termini, la richiesta di afferenza al DEMET non implicava affatto il definitivo abbandono dell’interesse al trasferimento presso il DAFNE, poiché tale evenienza avrebbe potuto configurarsi solo nel caso di effettivo trasferimento presso il Dipartimento DEMET.

Per quanto concerne il professor D N, poi, quest’ultimo aveva espressamente subordinato il suo trasferimento presso il DEMET ad una precisa serie di condizioni che non si realizzarono, fra cui quella dell’assegnazione al medesimo ente, degli altri appellati.

Dunque non può fondatamente sostenersi che quelle scelte rappresentino un’acquiescenza prestata dagli appellati ai provvedimenti impugnati, e di converso, una sopravvenuta carenza di interesse rispetto all’oggetto della presente controversia

3.1. Va parimenti disattesa l’eccezione formulata dalla parte appellante, con la memoria del 7 ottobre del 2022, che deduce il sopravvenuto difetto di interesse in capo ad A C, divenuta nel frattempo professoressa associata per il S.S.D. AGR/15 Università di Foggia, ed assegnata al Dipartimento di Studi umanistici, Lettere, Beni culturali e Scienze della formazione.

La circostanza della successiva assegnazione ad altro dipartimento non può infatti, di per sé sola, incidere sull’attualità della pretesa al trasferimento presso il DAFNE, che è stata negata sulla base di circostanze che lei ha contestato, e che risultano tuttora lesive delle sue aspirazioni professionali e delle sue prerogative di carriera, anche in considerazione della maggiore attinenza di quel contesto dipartimentale con il settore disciplinare di sua afferenza.

4. Proseguendo nelle eccezioni preliminari, col terzo motivo di appello l’Università contesta alla sentenza impugnata di avere rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo, per l’intempestiva impugnazione della nota del 2 febbraio 2021 prot. n.6599, con la quale il Rettore aveva comunicato che intendeva prescindere dall’acquisizione del parere del DAFNE, per provvedere sulla richiesta di trasferimento avanzata dagli appellati.

Neppure questa eccezione è accoglibile, dal momento che quella nota, oltre a rappresentare un atto endo-procedimentale non autonomamente impugnabile, a tutto voler concedere aveva, a quel momento, valenza neutra, perché evidentemente gli interessati non potevano sapere che l’atto conclusivo avrebbe avuto contenuto negativo.

5. Venendo al merito delle questioni sollevate, va ricordato che la controversia ha ad oggetto il diniego opposto agli appellati di afferire al dipartimento DAFNE. Dunque in questo ambito va circoscritta l’analisi del gravame, non potendo estendersi, in particolare, alle ragioni che hanno condotto all’istituzione di un nuovo dipartimento (il DAFNE), né tanto meno a quelle che hanno condotto alla soppressione del vecchio dipartimento (il SAFE).

La presente controversia si origina dopo l’istituzione, presso l’Università di Foggia, con la delibera del Consiglio d’Amministrazione del 30 settembre del 2020, del Dipartimento di “Scienze Agrarie, Alimenti, Risorse Naturali e Ingegneria” (“DAFNE”). A quest’ultimo aderirono 56 degli originari 60 docenti appartenenti al Dipartimento di Scienze, Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente (SAFE).

In pratica, i soli quattro docenti ricorrenti in primo grado, oggi appellati, non aderirono inizialmente, al nuovo Dipartimento. Tuttavia, gli stessi docenti, in data 12 novembre del 2020, decisero di presentare domanda per afferire al DAFNE.

Con la deliberazione del Senato Accademico del 10 febbraio del 2021 –impugnata con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi al TAR - la domanda venne respinta.

Il diniego è stato motivato con riferimento alla presenza di una situazione conflittuale venutasi a creare nel Dipartimento SAFE, addebitata proprio ai comportamenti asseritamente ostruzionistici e provocatori dei quattro appellati, e, dunque sulla necessità di garantire il diritto alla salute di tutti i dipendenti, docenti e personale amministrativo, sottoposti ad un grave stress lavorativo nel corso della pregressa esperienza.

Nell’atto di appello l’Università ha inteso ritornare, precisandola, su tale situazione. Ha all’uopo rappresentato che il nuovo Dipartimento DAFNE era composto sia da persone nei cui confronti gli appellati, quando lavoravano insieme nel SAFE, avevano presentato denunce penali, risultate poi infondate, sia da dipendenti amministrativi ai quali sempre gli appellanti avevano rivolto continue richieste di accesso documentale, accompagnate da prospettate responsabilità erariali.

In una direttiva complementare, l’Università contesta anche che sussista una sostanziale sovrapponibilità fra le discipline re-inglobate nel DAFNE e quelle originariamente assegnate al SAFE.

Altra circostanza di fatto dedotta nell’appello a supporto del diniego è l’osservazione che, nel precedente organo dipartimentale, la paura di essere oggetto di esposti e denunce aveva limitato la libertà di espressione dei componenti degli organi deliberativi, oltre tutto perché costretti ad astenersi, per evitare ipotizzabili conflitti di interesse (e successive denunce), tutte le volte in cui venivano in decisione questioni riguardanti gli stessi appellati.

L’appello contesta anche (terzo motivo) l’illegittimità – ritenuta dal TAR - della mancata acquisizione del parere del DAFNE, dipartimento “ ad quem”; in particolare, l’Università censura la decisione impugnata, per avere omesso di considerare che dallo stesso, alla luce di quanto previsto dall’art.44 dello Statuto dell’Università di Foggia, si poteva legittimamente prescindere.

5.1. Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato e vada pertanto accolto.

5.1.1. Converrà, per esigenze metodologiche, partire dall’analisi del terzo motivo di appello, che, come ricordato, contesta la decisione gravata nella parte in cui ha ritenuta illegittima la mancata acquisizione del parere del DAFNE, prima di esprimere il diniego opposto agli appellati.

In proposito va premesso che il trasferimento al nuovo Dipartimento DAFNE di 56 dei 60 docenti assegnati originariamente al Dipartimento SAFE, imponeva, ai sensi del comma 5 dell’art. 30 dello Statuto, l’avvio del procedimento di disattivazione del Dipartimento, di competenza del Senato accademico, al quale spettava gestire la fase transitoria.

Or bene, in attuazione della disciplina statutaria, il Senato accademico, con atto in data 11 novembre del 2020 dispose che le competenze del Direttore del Dipartimento SAFE, in quel momento privo di titolarità, sarebbero state esercitate dal Rettore dell’Università e che le competenze della Giunta del Dipartimento e del Consiglio di Dipartimento del SAFE, anch’essi vacanti, sarebbero state esercitate dal Senato accademico.

I quattro appellati presentarono domanda di afferenza al DAFNE, ai sensi del comma 10 dell’articolo 30 dello Statuto, che prevede la competenza a deliberare in merito del Senato accademico, previo parere del Dipartimento cui aspirano i richiedenti .

Il prescritto parere non è stato mai formulato né, per conseguenza, acquisito, perché, come comunicato dal Direttore del Consiglio di Dipartimento DAFNE, nella riunione fissata il 21 gennaio del 2021 per la sua espressione, non era stato raggiunto il numero legale necessario per la validità delle deliberazioni, a causa di 47 assenze giustificate.

Di conseguenza, il Rettore con nota del 2 febbraio 2021, ha demandato direttamente la decisione finale sulla richiesta al Senato Accademico, stabilendo di prescindere dal parere del DAFNE.

5.1.2. Osserva il Collegio che – diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure - l’autorità procedente ha rispettato quanto previsto dall’articolo 44 dello Statuto, a norma del quale, decorso inutilmente il termine di trenta giorni dalla richiesta, si può legittimamente prescindere dall’intervento del Dipartimento “ ad quem ”.

D’altro canto, a conferma che questa fosse l’evenienza verificatasi nell’occorso, vi è la lettera del 21 gennaio del 2021 con cui il Direttore del DAFNE aveva tempestivamente rappresentato che il Consiglio di Dipartimento non sarebbe stato ulteriormente convocato per esprimere il detto parere.

Dunque la scelta dal Rettore di non attendere il parere tecnico del Dipartimento DAFNE si deve ritenere immune dai vizi indicati nell’originario ricorso.

6. Come anticipato, quale elemento che pervade l’intera impugnazione – si può dire, l’elemento centrale di essa - l’Università di Foggia nel primo, ma anche nel quarto motivo di appello, sostiene che la dimensione conflittuale imputabile al gruppo dei quattro appellati aveva generato nel precedente dipartimento SAFE un clima caratterizzato da mancanza di serenità che aveva, a sua volta, turbato il regolare svolgimento di tutte le attività, quella didattica, quella scientifica e la stessa attività amministrativa quotidiana. E che questo rappresenterebbe un motivo adeguato e sufficiente a sorreggere la scelta reiettiva.

Il dato è confortato dalla lettera sottoscritta dai docenti del DAFNE che hanno effettivamente dato atto del pregresso clima di conflittualità, manifestando la loro contrarietà alla confluenza dei quattro docenti nel nuovo dipartimento

6.1. Ritiene il Collegio che questo elemento rappresenti un supporto motivazionale adeguato, posto a presidio dell’efficienza e del buon andamento dell’attività accademica, che giustifica l’esercizio del potere organizzatorio nelle forme in cui si è espresso nel caso di specie, ossia negando l’ingresso nel nuovo dipartimento agli appellati.

In effetti l’Università ha ritenuto di adottare questo provvedimento, dopo aver preso atto del fallimento delle iniziative di conciliazione e di rasserenamento degli animi, come pure di una possibile ricollocazione dei medesimi appellati presso altri dipartimenti. Evidentemente, avendo in radice escluso di ricorrere, nel passato, a misure disciplinari e/o sanzionatorie, l’ente appellante è giunta alla conclusione di non avere alternative, per evitare il riproporsi delle problematiche avutesi in passato, che negare agli appellati l’ingresso nel nuovo dipartimento. In quest’ultimo invero – ed è circostanza trasparentemente espressa nel provvedimento – erano infatti confluiti funzionari amministrativi e docenti che avevano manifestato un significativo disagio a collaborare con gli appellati, dunque sarebbe stato illogico e contrario al principio di buon andamento, consentire che si riproponessero le condizioni che avevano generato detta conflittualità.

Questa scelta – ripetesi – a valenza esclusivamente organizzatoria, tenendo conto del petitum sostanziale e nei limiti di sindacato consentiti in questa sede di legittimità, appare immune dai vizi denunciati, anche tenendo conto dei doveri incombenti sugli organi accademici di garantire il sereno svolgimento delle funzioni amministrative e didattiche dell’Ateneo, e più in generale, la salute di coloro che prestano la loro attività lavorativa all’interno di esso.

Tanto a maggior ragione laddove si consideri che agli appellati era stato concesso di continuare ad usare gli spazi e gli uffici del SAFE ed i laboratori di cui avevano la responsabilità, nonché di proseguire nella conduzione dei progetti di ricerca, che già in precedenza, in costanza del SAFE, coordinavano. Il che conferma la mancanza negli organi di Ateneo di una volontà emulativa in danno dei medesimi, così come esclude che esistesse un malcelato disegno espulsivo.

Sotto altro versante, la suddetta messa a disposizione in favore degli appellati dei mezzi necessari per proseguire le loro attività, dimostra che la legittima valutazione discrezionale, che li ha ritenuti non compatibili con il contesto lavorativo del Dipartimento DAFNE, non ha inficiato il giudizio positivo sulla loro attività professionale e di ricerca.

6.Le considerazioni appena esposte fanno ritenere, di poi, assorbita, o comunque poco utile, l’analisi del quarto motivo di appello con cui l’Università appellante contesta che vi fosse una esatta corrispondenza tra le discipline raggruppate nel DAFNE rispetto a quelle che facevano capo al SAFE, allegando anche per questa via, la legittimità del diniego opposto alla domanda di assegnazione degli appellati, che sarebbe altresì fondato sulla non afferenza dei rispettivi SSD.

Invero, la ricostruzione dei (legittimi) motivi posti a fondamento del diniego di trasferimento degli appellati presso il nuovo dipartimento, priva di concreta significatività il relativo motivo.

7. Così come assorbiti – in ragione dell’accoglimento del primo e del terzo motivo di appello – sono gli ulteriori motivi sollevati.

8. Questi motivi inducono all’accoglimento dell’appello, e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, al rigetto del ricorso di primo grado. Le alterne vicende che, anche a causa dell’avvicendarsi dei provvedimenti cautelari, hanno caratterizzato la presente vicenda, ed anche l’auspicio che si giunga ad una soluzione concordata della controversia, giustificano la compensazione integrale delle spese dei due gradi di giudizio.

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