Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-04-15, n. 202403417

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-04-15, n. 202403417
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202403417
Data del deposito : 15 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

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Pubblicato il 15/04/2024

N. 03417/2024REG.PROV.COLL.

N. 07103/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7103 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G G e D G, con domicilio con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Santa Margherita Ligure, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato S Q, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Santa Margherita Ligure;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2024 il Cons. S F;

Uditi per le parti gli avvocati D G e Gianluca Gariboldi in delega dell'avv. S Q;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata il TAR ha rigettato il ricorso con cui il sig. signor -OMISSIS- aveva impugnato:

- il provvedimento del Comune di Santa Margherita Ligure, in data 4 agosto 2022, recante l’annullamento d'ufficio, ex art. 21 nonies L. n. 241/1990, dell’autorizzazione paesaggistica 25.11.2021 prot. 3818 e della SCIA edilizia n. 21-1011 relative alla realizzazione di un balcone al secondo piano della facciata dell’immobile sito in piazza Fratelli Bandiera n. 10-4;

- il provvedimento del medesimo Comune di Santa Margherita Ligure in data 9 agosto 2022, prot. n. 27159, recante ingiunzione di ripristino dello stato dei luoghi (mediante la rimozione del balcone suddetto).

1.1. Il primo giudice ha giudicato infondati i motivi di ricorso con i quali si lamentava:

- A) Con riguardo al provvedimento di annullamento d'ufficio 4 agosto 2022, la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 e dell'art. 21-nonies L. 241/1990 e dell'art. 19 della medesima L. 241/1990;
l’eccesso di potere per travisamento della situazione di fatto e di diritto;
lo sviamento e il difetto ed illogicità della motivazione;
in particolare si lamentava che: l’annullamento d’ufficio non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento;
che il ricorrente non aveva falsamente rappresentato le dimensioni e le finiture degli altri (già esistenti) balconi, ma si era limitato a dichiarare di voler realizzare un balcone uguale a quelli esistenti, sicché eventuali difformità esecutive avrebbero dovuto semmai essere sanzionate, ma senza l’annullamento dei titoli;
che l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica e della S.C.I.A. era stato disposto, pur a fronte di un'opera ultimata, senza alcuna motivazione sull'interesse pubblico e senza comparazione con il contrapposto interesse del privato.

B) Con riguardo all'ingiunzione di demolizione 9 agosto 2022, l’illegittimità derivata nonché la violazione e falsa applicazione dell'art. 38 D.P.R. n. 380/2001 oltre alla violazione del principio di proporzionalità, avendo il Comune disposto l’integrale demolizione del balcone piuttosto che ordinarne la riduzione alle dimensioni ed alle finiture degli altri;
inoltre, quand’anche fosse applicabile l'art. 38 T.U.E., avrebbe dovuto essere applicata la sola sanzione pecuniaria, tenuto conto della pochezza e della irrilevanza anche paesaggistica della contestata difformità.

1.2. A sostegno della pronuncia di rigetto, il TAR ha posto le seguenti considerazioni:

- come premessa, ha ricordato che il -OMISSIS-, nella domanda di autorizzazione paesaggistica semplificata del 17.6.2021, aveva così descritto l’intervento e le caratteristiche dell’opera: “ L’intervento […] prevede la costruzione di un balcone e la modifica del serramento verticale originario sulla facciata principale (da finestra a portafinestra). Il balcone, largo 290 cm e profondo 110 cm, ha le medesime dimensioni degli altri già presenti in facciata ”;
dunque, erano state fatte due precise affermazioni: l’una circa le dimensioni del realizzando balconcino (cm 290 × 110), l’altra circa la loro corrispondenza a quelle degli altri quattro balconi esistenti. Poi, nella S.C.I.A. del 26.11.2021, il -OMISSIS- si era limitato a richiamare l’autorizzazione paesaggistica prot. 22338 del 17.6.2021 nel frattempo rilasciata, rappresentando il balcone, nelle sezioni sullo stato in progetto, con lo stesso apparente ingombro di quelli già esistenti, ma – significativamente – senza quotarlo. In considerazione di ciò, doveva ritenersi evidente che il -OMISSIS- avesse, per un verso (istanza di autorizzazione paesaggistica), falsamente dichiarato le dimensioni degli altri balconi esistenti (cm 290× 10, anziché 265×85) e, per altro verso, omesso di quotare il balcone nelle tavole di progetto allegate alla S.C.I.A. del 26.11.2021, rappresentandolo graficamente con il medesimo ingombro degli altri già presenti sulla facciata, con ciò inducendo in errore l’Amministrazione comunale;
la circostanza che poi il ricorrente avesse effettivamente realizzato il nuovo balcone con dimensioni maggiori di quelli pre-esistenti, induceva a ritenere che la omessa quotazione del balcone nella S.C.I.A. fosse stata intenzionale.

- Sulla base di tali premesse, il ricorso risultava infondato in quanto la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio era stata sostituita da quella, di analogo contenuto sostanziale, di accertamento di abuso edilizio;
in ogni caso, ostava il disposto degli artt. 21 octies comma 2 e 21 nonies, legge n. 241/1990 in quanto, in presenza di una infedele rappresentazione dolosa o colposa della realtà, l’annullamento d’ufficio era doveroso e il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, fermo restando che l’interesse pubblico all'eliminazione di un titolo abilitativo è in re ipsa, non potendo neppure l'interessato vantare alcun legittimo affidamento nella persistenza di un titolo ottenuto attraverso l'induzione in errore dell'amministrazione procedente.

- Parimenti, l’ingiunzione di riduzione in pristino risultava essere un atto plurimotivato, sia con riferimento alla normativa paesaggistica (artt. 167 e 181 D. Lgs. n. 42/2004), sia a quella edilizia (art. 37 D.P.R. n. 380/2001), entrambe richiamate nel provvedimento. E, stante la preminenza del valore costituzionale del paesaggio (art. 9 comma 2 Cost.), non poteva ritenersi prescritta alcuna comparazione – in termini di proporzionalità - con l’interesse privato, come previsto in caso di difformità dall'autorizzazione paesaggistica (art. 167 D. Lgs. n. 42/2004). Né poteva ipotizzarsi una sanabilità dell’abuso ex art. 167 comma 4, D. Lgs. n. 42 del 2004, atteso che, in ambito paesaggistico, la nozione di ‘ superficie utile ’ di cui all'art. 167 del D. Lgs. n. 42 del 2004 deve essere intesa in senso ampio, come idoneità della nuova superficie, a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio (qualunque opera edilizia calpestabile o comunque utilizzabile).

- in presenza di intervento eseguito in base ad un titolo annullato, la violazione del principio di proporzionalità non è del resto predicabile neppure in forza della normativa edilizia, in quanto è noto che, ex art. 38 D.P.R. n. 380/2001, la rimozione dei vizi alternativa alla riduzione in pristino riguarda soltanto quelli formali, non già quelli sostanziali (cfr. Cons. di St., Ad. Plen., 7.9.2020, n. 17).

2. Avverso tale decisione l’odierno appellante ha proposto appello, affidandolo ai seguenti motivi:

2.1. in via preliminare, travisamento dei fatti;
omessa e contraddittoria motivazione;
invero nella specie ricorre un errore incolpevole del -OMISSIS- circa le dimensioni indicate nel progetto de quo , desunte da provvedimenti della medesima Amministrazione: le dimensioni del balcone indicate in progetto (m. 2,90 x1,10) sono al lordo e sono tratte dalla relazione istruttoria svolta dal funzionario e dal capo ripartizione del Comune di Santa Margherita Ligure in data 24 febbraio 1992 nell’ambito di una pratica edilizia dell’anno 1992, definita con provvedimento di diniego del Comune di Santa Margherita Ligure, prot. n. 1335 in data 3 marzo 1992;
il -OMISSIS-, divenuto proprietario dell’immobile sito in Santa Margherita Ligure, Piazza Fratelli Bandiera, n. 10/4 (per averne fatto acquisto con atto pubblico del 3.8.2021), non potendo accedere agli immobili di proprietà di terzi al precipuo fine di accertare l’effettiva dimensione degli altri balconi presenti in facciata, ha effettuato un accesso documentale agli atti presenti in Comune e ha poi preso a riferimento, quanto alle dimensioni dei balconcini pre-esistenti, l’ultimo provvedimento amministrativo pertinente, reperibile agli atti comunali (e, in particolare, il diniego prot. n. 1335 in data 3 marzo 1992, reso su una risalente pratica edilizia avente ad oggetto la realizzazione, presso il medesimo stabile, di un nuovo balcone). Comunque: le caratteristiche tipologiche e materiali del balcone realizzato dall’appellante (che, come dimostrato da ctp prodotta, ha dimensione effettive della soletta pari a mt. 2,63x1,04 e ingombro totale di mt. 2,75x1,10) replicano pedissequamente quelli dei balconi esistenti;
la differenza dimensionale di pochi centimetri è impercettibile a occhio;
l’Amministrazione non ha svolto alcuna precisa istruttoria sul punto, non avendo effettuato alcuna misurazione dei balconi pre-esistenti.

2.2. Omessa individuazione della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 19 e 21 nonies della L. n. 241/1990 e s.m.i.;
non si è in presenza di attività vincolata della P.A.;
difetta la comunicazione di avvio del procedimento;
l’Amministrazione non ha dimostrato la reale dimensione dei balconi pre-esistenti.

2.3. Omessa individuazione della violazione e falsa applicazione dell’art. 167 del D. Lgs. n. 42/2004 e s.m.i. nonché degli artt. 34 bis, 37 e 38 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.;
il modesto incremento dimensionale del nuovo balcone rispetto ai pre-esistenti, quand’anche sussistente, non comporta nessuna automatica violazione dei valori paesistici dell’area;
vizio della motivazione quanto all’asserito vulnus paesistico;
il concetto paesaggistico di “superficie utile” non può avere significato difforme da quello che ha a fini urbanistici;
violazione del principio di proporzionalità, laddove si ordina la demolizione dell’intero nuovo balcone e non della sola porzione eccedente le dimensioni degli altri.

2.4. In considerazione dell’entità del pregiudizio che deriverebbe dall’esecuzione della sentenza di primo grado, l’appellante ne ha chiesto la sospensione cautelare.

3. Si è costituito anche nel presente grado il Comune appellato contrastando analiticamente il gravame.

4. Con ordinanza cautelare resa all’esito della camera di consiglio del 19.9.2023, questo Consiglio, impregiudicata ogni valutazione sul fumus boni iuris e considerata l’entità del danno prospettato dall’appellante, ha ravvisato l’esigenza di conservare la res adhuc integra, sospendendo l'esecutività della sentenza impugnata e fissando l’udienza pubblica per la discussione del merito al 26.3.2024.

5. Sono state successivamente depositate dalle parti memorie difensive e di replica con le quali hanno insistito sulle rispettive deduzioni.

6. Sulle difese e conclusioni in atti, la controversia è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 26.3.2024.

DIRITTO

7. L’appello è infondato.

8. Giova premettere, in principalità, che, secondo la condivisa giurisprudenza amministrativa, in capo al privato che aspira a provvedimenti amministrativi ampliativi della propria sfera giuridica, incombono obblighi di correttezza - specificati attraverso il richiamo alla clausola generale della buona fede, della solidarietà e dell’auto responsabilità - rivenienti il fondamento sostanziale negli artt. 2 e 97 Cost., che impongono che quest’ultimo sia chiamato ad assolvere oneri minimi di cooperazione: si pensi al dovere di fornire informazioni veritiere, non reticenti e complete, di compilare moduli, di presentare documenti, ecc. (si veda, per i principi, Consiglio di Stato, Ad. Plen., 29 novembre 2021, n. 20).

Soccorre al riguardo anche il principio di autoresponsabilità, di matrice privatistica, che si connette al principio generale secondo cui ciascuno è responsabile delle proprie azioni ed omissioni.

Principio che, per giunta, risulta del tutto funzionale e coerente con i principi ispiratori degli interventi normativi di semplificazione procedimentale (tra i quali possono ascriversi anche l’autorizzazione paesaggistica semplificata e la SCIA) che, da una parte, consentono al privato di conseguire più agevolmente il titolo abilitativo a cui aspira e, dall’altro, impongono al medesimo l’assunzione di una effettiva autoresponsabilità fondata sull’obbligo di fornire all’Amministrazione informazioni corrette, veritiere e complete.

8.1. Nella specie, con riferimento al primo motivo di appello, risulta al Collegio evidente che le informazioni offerte all’Amministrazione dal privato richiedente, nella domanda di autorizzazione paesaggistica semplificata del 17.6.2021 (secondo le quali il balcone da costruire avrebbe avuto una larghezza di 290 cm e una profondità di 110 cm, così da avere “le medesime dimensioni degli altri già presenti in facciata”), siano state, quanto meno, né complete né veritiere.

Infatti, quanto alla discrasia che la nuova opera ha comportato rispetto al pre-esistente, dall’ordine di sospensione dei lavori del 4.7.2022 emergono i seguenti dati: “… in seguito agli accertamenti sul posto, il balcone, di forma rettangolare, misura 275 cm. di larghezza x 110 cm. di profondità (misurato al filo esterno delle piane in ardesia, che sporgono di circa 5/6 cm. per parte), mentre a progetto risulta 290 cm. di larghezza x 110 cm. di profondità (misure dichiarate sulla pianta piano secondo della tavola grafica allegata alla SCIA e all’Autorizzazione Paesaggistica). Inoltre le misure dichiarate sulle tavole di progetto risultano altresì diverse se misurate con scalimetro, ovvero: 290 cm. di larghezza al lordo delle piane a sporgere (270 cm al netto) e 120 cm. di profondità al lordo della piana a sporgere (110 cm. al netto).

Invece, dalla documentazione agli atti e dai rilevamenti sul posto, è stato verificato che i terrazzini pre-esistenti sulla facciata del condominio sito in Piazza Fratelli Bandiera 10, misurano 85 cm. di profondità e 265 cm. di larghezza, contrariamente a quanto realizzato, ovvero 110 cm. di profondità e 275 cm. di larghezza ”. Dati precisi, come si vede, contenuti in un atto proveniente dall’Amministrazione e dotato di fede privilegiata, sicchè non può condividersi quanto dedotto dell’appellante circa l’assenza di misurazioni puntuali da parte del Comune.

Il provvedimento di annullamento in autotutela del 4.8.2022 precisa poi che l’Amministrazione, in data 10.6.2022, ha effettuato la “ verifica dello stato dei luoghi ” ad opera, congiuntamente, dello Sportello Unico per l’Edilizia e del Comando di Polizia Locale del Comune di Santa Margherita Ligure, con rilevazioni “ effettuate alla presenza del Geom. -OMISSIS- Dario, comproprietario e tecnico incaricato alla progettazione e direzione lavori ”.

Infine, a ulteriore suffragio della rilevata ed esistente discrasia, percepibile anche otticamente, tra le dimensioni del nuovo balcone e quella dei pre-esistenti, il Comune ha anche prodotto documentazione fotografica illustrativa, dalla quale emerge con evidenza la visibile disarmonia dimensionale tra i balconi presenti in facciata;
mentre, dall’ultima foto allegata alla ctp dell’arch. Fanutza, emerge nettamente anche la differenza di colore del pavimento di rivestimento perimetrale in sporgenza (elemento, quest’ultimo, ulteriormente contrastante le previsione dell’autorizzazione paesaggistica).

Non può dunque ragionevolmente dubitarsi del fatto che il nuovo balcone, contrariamente a quanto sostenuto anche in questa sede dall’appellante, sia stato realizzato con dimensioni maggiori e materiali parzialmente difformi rispetto ai balconi pre-esistenti, nonostante che nelle pratiche ambientali ed edilizie fosse stata dichiarata, richiesta e assentita una realizzazione del tutto conforme agli altri aggetti presenti nella facciata dell’edificio di causa (inserito nel delicato e pregevole contesto urbano di Santa Margherita Ligure);
e, da tale disarmonia, è conseguita la realizzazione di un nuovo balcone le cui difformità sono anche otticamente percepibili dalle fotografie prodotte dall’Amministrazione.

Né la perizia di parte appellante ha contrastato la discrasia dimensionale rilevata dal Comune, limitandosi ad affermare, quanto al nuovo balcone, che “ … le dimensioni del poggiolo, comprensive della copertina perimetrale, sono pari a cm 110 x 275;… ”, mentre nulla di divergente introduce in merito alle dimensioni dei balconi preesistenti per come accertate dal Comune (cm. 85 x 265).

8.2. Neppure può ritenersi, quand’anche rilevante (profilo, quello della rilevanza, che il Collegio neppure ravvisa, come meglio precisato in seguito), che l’erronea affermazione di parte, contenuta nella domanda di autorizzazione paesaggistica semplificata 17.6.2021 e richiamata nella S.C.I.A. 26.11.2021, a proposito delle dimensioni dei balconi preesistenti (indicate in cm 290×110), costituisca l’effetto diretto della induzione in errore determinata da atti dell’Amministrazione appellata (e, in particolare, dal citato provvedimento comunale di diniego -prot. n. 1335 in data 3 marzo 1992- reso su una risalente pratica edilizia avente ad oggetto la realizzazione presso lo stesso immobile di un nuovo balcone, nel cui carteggio è contenuta una relazione istruttoria, svolta dal funzionario e dal capo ripartizione del Comune di Santa Margherita Ligure in data 24 febbraio 1992, laddove è testualmente affermato che “ detto poggiolo […] avrà dimensioni di m 2,70x1,10 e verrà realizzato uniformandosi a quelli già esistenti nel fabbricato su detto lato, rispettandone le caratteristiche e le dimensioni ”).

Invero, proprio dall’esame analitico di tale documentazione, emerge che nulla autorizza ad affermare che quelle misure costituiscano il frutto di accertamenti istruttori svolti dall’Amministrazione comunale, risultando piuttosto del tutto verosimile che costituiscano la mera citazione di quanto indicato nel progetto di parte allegato a quella domanda di permesso edilizio (progetto nel quale effettivamente si indicava che il balcone avrebbe avuto dimensioni di m 2,70 x 1,10 e che sarebbe stato realizzato in maniera uniforme a quelli già esistenti nel fabbricato, rispettandone le caratteristiche e le dimensioni).

E dunque, anche a non voler considerare, nella presente sede, che la richiesta di autorizzazione paesaggistica presentata dal -OMISSIS- abbia poi (ulteriormente) “esteso” le dimensioni del balcone da assentire (e, implicitamente, quelle attribuite ai balconi preesistenti) a cm. 290x110 (profilo sul quale l’appellante articola un ragionamento, che al Collegio non risulta affatto chiaro, secondo cui la misura di 270x110 -contenuta nella richiamata pratica del 1992- sarebbe indicativa di un “… netto … considerando esclusivamente la superficie calpestabile e quindi m 2,90x1,10 al lordo e considerando anche la superficie non calpestabile… ” - cfr. pag. 7 dell’atto di appello-), pare del tutto evidente che il -OMISSIS-, allorchè ha presentato la pratica ambientale ed edilizia, non abbia, quanto meno, utilizzato la diligenza necessaria per acquisire prima e dichiarare poi le dimensioni e le caratteristiche esatte dei balconi pre-esistenti, così da poter conformare ad esse la nuova realizzazione a cui aspirava.

Invero, quanto alle misure tratte dalla pratica del 1992, che l’appellante cerca di valorizzare, le stesse rappresentano null’altro che una citazione, nell’ambito dell’atto istruttorio comunale, di elementi offerti da una parte privata nel contesto di una determinata pratica edilizia;
nulla autorizza a sostenere il contrario, e cioè che si tratti del frutto di un accertamento dell’Amministrazione, atteso che di quest’ultima circostanza non vi è traccia nella documentazione reperita né costituisce passaggio necessario di una pratica autorizzatoria edilizia;
profili, questi, che è del tutto ragionevole ritenersi conoscibili dal -OMISSIS-, quale persona dotata di specifica competenza tecnica (essendo anche il progettista dell’opera).

E dunque, richiamando quanto già esposto al superiore punto 8 a proposito del principio di diligenza e autoresponsabilità del privato, nonché del dovere della parte istante di fornire all’Amministrazione informazioni veritiere, non reticenti e complete, risulta al Collegio evidente che il -OMISSIS-, nella specie, non si sia, quanto meno, comportato con diligenza né che abbia correttamente rilevato e rappresentato al Comune le dimensioni delle strutture alle quali intendeva conformare la nuova opera.

Così facendo, è venuto meno al dovere di correttezza e diligenza, omettendo di effettuare autonomamente una adeguata rilevazione e misurazione dei materiali costruttivi e delle dimensioni dei balconi preesistenti (aspetti ai quali, invece, ha dichiarato di volersi conformare, ai fini del benestare paesaggistico, per evidenti ragioni di armonia del prospetto del palazzo);
rilievi che non era certo impossibile effettuare, come invece vorrebbe far intendere l’appellante, atteso che, quand’anche non avesse davvero ottenuto il permesso di accedere ai balconi in essere (e sul punto difetta qualsiasi prova), sarebbe stato sufficiente utilizzare un comune ponteggio o cestello mobile oppure uno dei più moderni strumenti di misurazione (metri laser, laser scanner, droni, ecc. ) che notoriamente vengono utilizzati per i rilievi e le misurazioni sulle facciate degli edifici.

Il primo motivo di appello è dunque del tutto infondato.

9. Quanto al secondo motivo, non possono non condividersi gli esaurienti rilievi già espressi dal TAR al riguardo.

Invero, seppure risulta evidente (dal tenore letterale) che la comunicazione di avvio del procedimento facesse riferimento alla rilevazione di un abuso edilizio (preannunciandosi un procedimento ex art. 37 DPR 380/2001) piuttosto che ad un annullamento d’ufficio, deve parimenti considerarsi che l’atto conteneva l’illustrazione di tutte le contestazioni sostanziali che sono poi state poste a base dell’annullamento d’ufficio (consentendo così alla parte privata di esercitare le prerogative difensive al riguardo).

Ma comunque, come evidenziato dall’amministrazione nel provvedimento di annullamento d’ufficio, nella specie viene in evidenza una ipotesi di “falsa rappresentazione dei fatti”, per la quale la giurisprudenza si è già pronunciata stigmatizzando in generale la condotta reticente del soggetto proponente, per cui, allorquando un titolo abilitativo sia stato ottenuto dall'interessato in base ad una falsa o, comunque, erronea rappresentazione della realtà, è consentito all'Amministrazione di esercitare il proprio potere di autotutela, senza alcun limite temporale, e «ritirando l'atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa » (cfr. Cons. Stato, IV, 19 marzo 2019, n. 1795).

Deve infatti ritenersi che l’interesse pubblico all'eliminazione, ai sensi dell'art. 21nonies, l. n. 241 del 1990, di un titolo abilitativo illegittimo è in re ipsa , a fronte di falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione, dolosa o colposa, della realtà da parte dell'interessato, risultata rilevante o decisiva ai fini del provvedimento ampliativo, perché l'interessato non può vantare il proprio legittimo affidamento nella persistenza di un titolo ottenuto attraverso l'induzione in errore dell'Amministrazione procedente. In tal senso la giurisprudenza amministrativa ha già affermato che “la non veritiera prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento dell'atto illegittimo a lui favorevole non consente di configurare in capo a lui una posizione di affidamento legittimo, per cui l'onere motivazionale gravante sull'amministrazione potrà dirsi soddisfatto attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte” (così Consiglio di Stato, Ad. Plen., 17 ottobre 2017 n. 8).

Né un legittimo affidamento poteva ravvisarsi in relazione al tempo intercorso tra rilascio dei titoli abilitativi e autotutela, attesa la celerità con la quale quest’ultima è intervenuta.

In definitiva, nel caso (quale quello in esame) di infedele rappresentazione dolosa o colposa della realtà che costituisce il sostrato dell'atto ampliativo assunto, l’annullamento d’ufficio ai sensi dell'art. 21nonies L. n. 241/1990 assume caratteri sostanzialmente doverosi;
dunque, il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, con la conseguenza che, come già affermato dal primo giudice, nella specie opera la previsione di cui all’art. 21octies comma 2 L. 241/1990.

10. Quanto al terzo motivo di appello, pare in principalità corretto ribadire che l’annullamento dei titoli posti a base dell’intervento edilizio assorbe il profilo della percentuale di scostamento tra quanto assentito e quanto realizzato (art. 34 bis del D.P.R. n. 380/2001).

Deve poi considerarsi che il provvedimento di annullamento d’ufficio dell’autorizzazione paesaggistica, immune -per quanto detto- dalle censure di cui al punto che precede, contiene comunque una giustificazione adeguata delle ragioni (discrezionali) che pure lo sorreggono, richiamandosi in esso sia le difformità dimensionali e di fattura (dei margini esterni) del nuovo balcone (foriere di quella rottura dell’armonia della facciata che, invece, costituiva il presupposto in base al quale l’autorizzazione paesaggistica era stata richiesta e concessa), sia il profilo della collocazione dell’immobile in zona “particolarmente sensibile”, perché ubicato nelle vicinanze della passeggiata a mare e su un edificio a matrice storica.

10.1. Né coglie nel segno l’argomento che contesta la legittimità dell’ingiunzione a demolire sotto il profilo della sanabilità dell’abuso. Invero, quest’ultimo atto risulta plurimotivato, in quanto trova giustificazione sia nella normativa paesaggistica (artt. 167 e 181 D. Lgs. n. 42/2004), sia in quella edilizia (art. 37 D.P.R. n. 380/2001), entrambe richiamate nel provvedimento.

Ebbene, quanto alla preclusione circa l’accertamento di compatibilità paesaggistica, ex art. 167, comma 4, D. Lgs. n. 42/2004, pare al Collegio evidente che, al di là delle oscillazioni giurisprudenziali in relazione al concetto di superficie utile, nella specie si controverte della realizzazione ex novo di un balcone precedentemente inesistente, opera indubbiamente capace di alterare stabilmente e in maniera significativa l’aspetto esteriore dell’edificio, realizzando una superficie che in precedenza non esisteva affatto, per giunta in maniera difforme dagli altri aggetti pre-esistenti ai quali doveva conformarsi in base al titolo annullato, sicchè, sotto il profilo specificamente paesaggistico (ovvero della forma visibile del territorio), non pare al Collegio dubitabile la ricorrenza di una “nuova” superficie calpestabile, idonea all’uso proprio e a modificare stabilmente la vincolata conformazione originaria del territorio;
dunque, in tali sensi, “utile”.

Quanto poi al concorrente profilo di violazione della normativa edilizia, trattandosi di intervento eseguito in base ad un titolo annullato, la violazione del principio di proporzionalità non può essere invocata sia in considerazione (per le ragioni sopra esposte) della mancanza di un legittimo affidamento da tutelare sia in considerazione dei limiti posti dall’art. 38 D.P.R. n. 380/2001, secondo cui la rimozione dei vizi alternativa alla riduzione in pristino riguarda soltanto quelli formali, non già quelli sostanziali (cfr. Cons. di St., Ad. Plen., 7.9.2020, n. 17).

11. In definitiva, l’appello deve essere rigettato.

12. Ricorrono tuttavia giusti motivi, ad avviso del Collegio, per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

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