Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-08, n. 202308217

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-09-08, n. 202308217
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308217
Data del deposito : 8 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/09/2023

N. 08217/2023REG.PROV.COLL.

N. 05865/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5865 del 2022, proposto da
La Quercia 23 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F C, A I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A I in Roma, largo Generale Gonzaga del Vodice 4;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 9782/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2023 il Cons. D C e preso atto del deposito della richiesta di passaggio in decisione senza la preventiva discussione, ai sensi del Protocollo d’intesa del 10 gennaio 2023, da parte dell'avvocato Carlini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con atto notificato in data 14 luglio 2022 e depositato il successivo 17 luglio, La Quercia 23 s.r.l. ha interposto appello avverso la sentenza 14 luglio 2022, n. 9782, con cui si è rigettato il ricorso proposto dalla medesima società avverso il provvedimento prot. CA/268/2021 del 04/02/2021, notificato il 09/02/2021, di rigetto dell'istanza di occupazione di suolo pubblico emergenziale Covid, con contestuale ordine di rimozione entro sette giorni dalla notificazione, ed i relativi atti presupposti, fra cui la nota prot. RI/28115 del 06.11.2020 della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, menzionata nel provvedimento di diniego, sebbene non comunicata alla parte.

1.1. L’atto gravato in prime cure, nonché la nota della Sovrintendenza Capitolina in esso richiamata, depositata in prime cure , sono fondati sul rilievo che lo spazio di cui alla richiesta occupazione dista meno di cinque metri dalla Chiesa di Santa Maria della Quercia, sottoposta a vincolo monumentale diretto con D.M. 23/05/1955, in violazione della prescrizione dall'Allegato 1) punti 4 e 7 della Delibera dell’Assemblea Capitolina (d’ora in poi per brevità D.A.C.) n. 81/2020

2. Con il ricorso di prime cure la società formulava le seguenti censure:

1) La comunicazione di avvio del procedimento non era stata notificata;
2) Il provvedimento era viziato nella motivazione in quanto non era stato comunicato alla ricorrente l'asserito vincolo opposto, in violazione dell'art. 3 della L. 241/1990;
3) L'art. 7 della D.A.C. 81/2020 dovrebbe considerarsi illegittimo nella parte in cui impone il rispetto della distanza dei cinque metri dai monumenti, in quanto in contrasto con la normativa statale che, per le occupazioni di suolo pubblico emergenziale, ha previsto che ci si debba esimere da pareri e vincoli inerenti i Beni Culturali;
4) In ogni caso, la Chiesa di Santa Maria della Quercia non rientrerebbe nella definizione di " monumento " e, comunque, come da perizia di parte, il criterio della distanza di cinque metri sarebbe stato rispettato.

2.1. Roma Capitale si costituiva in giudizio, instando per la reiezione del gravame.

3. Con ordinanza n. 1521/2021, il Tar capitolino ha disposto una verificazione in contraddittorio tra le parti in ordine al seguente quesito: “ Dica il verificatore quale sia la distanza in metri lineari intercorrente tra il punto più prossimo dell’edificio soggetto a vincolo (Chiesa di Santa Maria della Quercia sita in Roma, piazza della Quercia) e il corrispondente limite dell’area interessata – secondo il progetto inoltrato a Roma Capitale dalla società ricorrente dall’occupazione di suolo pubblico di cui all’art. 181, comma 3, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34 richiesta dalla società stessa ”, onerando della verificazione il Direttore del Municipio di Roma I Centro, con facoltà di delega ad un funzionario dell’ufficio.

3.1. Con successiva ordinanza cautelare n. 2260/2021, il medesimo Tar, “ Rilevato che, all’esito della detta verificazione, la distanza di cui all’ordinanza –come da documentazione in atti- è risultata pari a due metri e sessantacinque centimetri ”, ha respinto l’istanza cautelare.

3.2. La predetta ordinanza è stata, peraltro, riformata da questa Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2874/2021, in sede di appello cautelare, alla luce dei seguenti rilievi: “ Ritenuto che, prima facie, l’istanza dell’appellante appare sorretta da un adeguato profilo di periculum in mora;
Ritenuta altresì l’opportunità di un successivo approfondimento, nel merito, delle questioni di coerenza dell’art. 7 della D.A.C. n. 81 del 2020 con le previsioni dell’art. 181 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34”.

4. Con la sentenza oggetto dell’odierno appello, peraltro, il giudice di prime cure ha rigettato il ricorso, ritenendo infondate tutte le doglianze attoree.

5. Avverso tale sentenza la società ha articolato i seguenti motivi di appello:

1) Erroneità ed omessa pronuncia: illegittimità in via propria e derivata per illegittimità dell'art. 7 della D.A.C. 81/2020;
violazione dell'art. 181 del d.l. 34/2020 e dell'art. 9 ter del d.l. 137/2020;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, arbitrarietà, ingiustizia manifesta;

2) Erroneità ed omessa pronuncia: violazione dell'art. 7 della D.A.C. 81/2020;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, arbitrarietà, ingiustizia manifesta.

6. Si è costituita Roma Capitale, con memoria di mero stile e con deposito di documenti, instando per il rigetto dell’appello.

7. Con ordinanza cautelare 26 agosto 2022 n. 4051 l’istanza di sospensiva è stata accolta in considerazione della sussistenza del periculum in mora e della necessità di approfondimenti nella sede di merito delle questioni di coerenza dell’art. 7 della D.A.C. n. 81 del 2020 con le previsioni dell’art. 181 del d.l. 19 maggio 2020, n. 34.

8. Con successiva ordinanza collegiale 30 gennaio 2023 n. 1049 questa Sezione ha disposto istruttoria, al fine di accertare la perduranza dell’interesse alla decisione alla stregua dei seguenti rilievi “ 1) l’appello è stato incardinato nella vigenza della reiterata proroga dell’art. art. 9 ter, comma 5 D.L. n. 137/2020 (a sua volta recante il differimento sino al 31 dicembre 2021 di quanto già previsto dal disposto dell’art. 181, comma 3, del D.L. n. 34 del 2020) di cui al disposto dell’art. 3 quinques del D.L. n. 228 del 2021 convertito, con modificazioni, dalla L. 25 febbraio 2022, n. 15;

2) nelle more è intervenuto l’art. 40 del D.L. n. 140 del 2022 che prevede che l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 9-ter, comma 5, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, è prorogata al 31 dicembre 2022, “salvo disdetta dell'interessato”, termine poi differito al 30 giugno 2023 per effetto della modifica di cui all’art. 1, comma 815 della L. 29 dicembre 2022, n. 197;

3) l’amministrazione capitolina ha adottato nuova previsione regolamentare in riferimento all’occupazione di suolo pubblico, di cui alla delibera assembleare n. 43 del 2022 che sembra regolare diversamente la materia, prevedendo che “1. i titolari di esercizi di somministrazione di alimenti e bevande per i quali è consentita la consumazione al tavolo e l’attività di somministrazione è prevalente, i centri sportivi all’interno del perimetro di concessione, le attività ricettive con autorizzazione per la somministrazione ai non alloggiati e le librerie in cui la vendita di libri è prevalente, devono comunicare entro il 30 settembre 2022, la volontà di mantenere l’occupazione del suolo pubblico realizzata con la procedura semplificata di cui alla Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 81/2020, e all'articolo 38, comma 1, della Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n.21/2021 e s.m.i……4. il Municipio, ricevuta la comunicazione, a partire dal dall’1 ottobre 2022, richiederà esclusivamente il parere alla Soprintendenza Statale ai sensi dell’art. 10, comma 3, del Regolamento di cui alla Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 21/2021, solo per le vie e piazze per le quali il medesimo parere sarà ritenuto obbligatorio…6. la mancata presentazione della comunicazione di cui al comma 1 o della comunicazione di disdetta dell’interessato entro il termine del 30 settembre 2022, comporterà che l’occupazione sarà considerata oggetto di rinuncia da parte del titolare dell’esercizio e, pertanto, abusiva. In tal caso dovrà essere rimossa alla data dell’1 ottobre 2022, con le modalità di cui al precedente comma 5;

7. nel territorio del Municipio Roma I Centro, a partire dall’1 ottobre 2022, dovranno essere comunque rimossi, con le medesime modalità di cui al comma 5, gli ampliamenti di superficie di occupazione di suolo pubblico già autorizzata che siano stati realizzati ai sensi del punto 1. della Deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 81/2020
”;

3) ritenuto pertanto che parte appellante debba precisare, con memoria da depositare entro trenta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, se si sia avvalsa dell’ultima proroga ancora in vigore e che l’amministrazione appellata debba precisare, con memoria da depositare nel medesimo termine, se e in che termini la nuova previsione regolamentare, relativamente alla proroga attualmente vigente, superi la previsione di cui all’art. 7 della D.A.C. 81/2020, in discussione nel presente appello, regolamentando diversamente la materia in relazione alla distanza dai monumenti”.

9. La società appellante ha dunque depositato, in ottemperanza alla richiesta di chiarimenti, memoria in data 2 settembre 2023, confermando il proprio interesse alla decisione, sulla base del rilievo dell’applicabilità alla sua istanza di occupazione emergenziale della D.A.C. n. 81/2020, essendo stata la D.A.C. n. 43/2022 adottata da Roma Capitale - per le (sole) istanze di occupazione presentate dopo la sua entrata in vigore, ovvero dopo il 22 luglio 2022 - sulla base del presupposto della imminente scadenza delle occupazioni di suolo pubblico connesse all’emergenza Covid in data 30 settembre 2022, presupposto poi venuto meno;
peraltro la società aveva presentato in via meramente cautelativa istanza di mantenimento della richiesta occupazione, senza prestare acquiescenza alla D.A.C. 43/2022, come da nota contestualmente depositata in atti.

10. Del pari Roma Capitale ha ottemperato alla richiesta di chiarimenti, con nota del Municipio Roma Centro, con cui si è confermato quanto adotto dall’appellante, ovvero l’applicabilità della D.A.C. n. 43 del 2022 alle sole istanza presentate tra il 22 luglio ed il 30 settembre 2022;
peraltro in tale nota si è altresì rappresentato che alle istanze di occupazione di suolo pubblico presentate ai sensi della D.A.C. n. 43/2022 la disciplina applicabile sia quella della D.A.C. n. 21/2021, che ha mantenuto fermo il divieto di rilascio di nuove concessioni in prossimità dei monumenti e comunque ad una distanza inferiore a cinque metri dagli stessi.

11. La causa è stata infine trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 20 aprile 2023, sulla base dei soli scritti difensivi.

DIRITTO

12. Viene in decisione l’appello avverso la sentenza del Tar capitolino, che ha rigettato il ricorso proposto dall’odierna appellante avverso il provvedimento di Roma Capitale di rigetto dell'istanza di occupazione di suolo pubblico in applicazione della normativa emergenziale Covid -19, fondato sul rilievo che lo spazio di cui alla richiesta occupazione dista(va) meno di cinque metri dalla Chiesa di Santa Maria della Quercia, sottoposta a vincolo monumentale diretto con D.M. 23/05/1955, in violazione della prescrizione dall'Allegato 1) punto 4 e 7 della D.A.C. n. 81/2020.

13. In limine litis va precisato che, alla stregua dei chiarimenti resi da entrambe le parti, può intendersi superato il dubbio sulla persistenza dell’interesse a ricorrere, evidenziato con l’ordinanza collegiale n. 1049 /2023, per cui non ricorrono profili ostativi alla decisione nel merito del presente appello.

14. Il giudice di prime cure ha rigettato tutti i motivi ricorsuali osservando:

a) quanto al primo motivo, che la comunicazione di avvio del procedimento non sarebbe necessaria venendo in rilievo un procedimento ad istanza di parte;

b) quanto al secondo motivo, riferito al difetto di motivazione, che la sussistenza, la natura e la consistenza del vincolo erano stati perfettamente esternati nella motivazione dell’atto gravato;

c) quanto al terzo motivo, che non sussisterebbe il dedotto contrasto dell’art. 7 della D.A.C. n. 81 del 2020 (la quale ha disposto, in attuazione di quanto previsto dall'art. 181 del decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020, la disciplina transitoria ed eccezionale in materia di occupazione di suolo pubblico e di canone COSAP) che richiede il rispetto della distanza di cinque metri tra l’occupazione di suolo pubblico a mezzo tavolini ed arredi correlato all’emergenza pandemica ed il monumento, e l’art. 181 D.L. 34/2020. Ciò in quanto la norma statale, da interpretarsi in via restrittiva, avuto riguardo alla sua natura eccezionale, riferendosi ai soli interventi indicati dagli artt. 21 e 146 del d.lgs. 42/2004, necessitanti di autorizzazione della Soprintendenza, sarebbe irrilevante rispetto all’ipotesi di specie.

Secondo il Tar capitolino infatti “ la prescrizione ostativa alla realizzazione dell’intervento sotteso alla istanza di OSP avanzata dalla ricorrente non deriva dalla su richiamata normativa statale, temporaneamente derogabile, non comportando né (ovviamente) uno spostamento, né una diretta modifica di un bene culturale (la chiesa di santa Maria della Quercia), né una modifica ad un bene paesaggistico. Piuttosto, essa deriva direttamente da una autonoma prescrizione della delibera dell’Assemblea Capitolina gravata, che prevede una distanza minima di cinque metri dai monumenti, senza che ciò sia prescritto né dall’art. 21 né dall’art. 146 del Codice dei beni culturali e dal paesaggio. In effetti, il parere contrario di cui dà conto il provvedimento di diniego impugnato non è stato emesso dalla Soprintendenza statale ai Beni culturali, bensì da un ufficio del Comune di Roma, ossia dalla Soprintendenza Capitolina. In questa parte, quindi, la prescrizione regolamentare si rivela compatibile con la normativa emergenziale statale di cui all’art. 181 del decreto legge n. 34\2020 ”;

d) il quarto motivo di ricorso è stato rigettato sulla base del rilievo che, al contrario di quanto dedotto da parte ricorrente, la chiesa di Santa Maria della Quercia deve essere qualificata come monumento, atteso il vincolo monumentale diretto da cui essa è, incontestatamente, gravata, in forza del D.M. del 23 maggio 1955.

Il primo giudice ha inoltre affermato, quanto alla distanza tra l’area in cui la ricorrente intendeva realizzare l’intervento in questione e il suddetto monumento, che non vi era motivo di ritenere inattendibili le conclusioni cui era giunto il nominato verificatore, che aveva attestato la sussistenza di distanza inferiore a cinque metri e che d’altra parte la misurazione non era stata neppure contestata con le memorie conclusionali depositate in vista dell’udienza pubblica.

15. Parte appellante ha contestato l’ iter motivazionale dell’indicata sentenza con due distinti motivi.

15.1. Segnatamente, con il primo motivo, proposto in via prioritaria, la società assume che, al contrario di quanto ritenuto dal giudice di prime cure , il provvedimento di diniego gravato sarebbe viziato per illegittimità derivata rispetto all’art. 7 della D.A.C. 81/2020, con cui il Comune aveva attribuito un dirimente ruolo alle Sovrintendenze ed al rispetto del Codice dei Beni Culturali e delle prescrizioni dal medesimo derivanti, ruolo che, invece, momentaneamente, il legislatore statale aveva inteso far venire meno, in un periodo temporale coincidente con la piaga pandemica del Covid-19, sì da favorire la ripresa economica degli esercizi per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

In tesi di parte appellante, infatti, la normativa regolamentare di Roma Capitale violerebbe nettamente la normativa statale, consentendo alle Soprintendenze romane di esprimere pareri, addirittura vincolanti, e di opporre vincoli, in spregio alle disposizioni statali. Sintomatico dell'illegittimità dell’atto di diniego gravato, nella prospettazione attorea, sarebbe poi che lo stesso, tra le sue premesse, richiamerebbe la circolare 23/2020 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in cui si ribadisce che le Soprintendenze si debbano esimere dal rendere i loro pareri. Pertanto sarebbe illegittimo in via propria e derivata il provvedimento di diniego di diretta applicazione della D.A.C. n. 81/2020, opponendo alla ricorrente un parere della Soprintendenza ed un vincolo che giammai avrebbero dovuti essere opposti. Ciò in quanto l'art. 181 del D.L. 34/2020, prorogato ed ancora vigente e valido, prevede che le concessioni di suolo pubblico non sono subordinate alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei Beni Culturali). A nulla varrebbe, in tesi di parte appellante, quanto rilevato dal primo giudice, ossia che nel caso di specie non sarebbe coinvolta la Soprintendenza statale, ma la Soprintendenza capitolina, in quanto la Soprintendenza capitolina sarebbe una soprintendenza territoriale, ricompresa nettamente nell'alveo applicativo della disposizione. In ogni caso, laddove si aderisse al contestato impianto argomentativo del primo giudice, si giungerebbe all'assurda conclusione per cui la deroga alle disposizioni ordinarie varrebbe per i casi più gravi, inerenti interventi diretti su beni cultuali, e non per quelli meno gravi che necessitano di mero parere della Sovrintendenza capitolina. Interpretazione illogica e del tutto inidonea a salvaguardare la ratio della previsione che è invece quella di consentire le occupazioni di suolo pubblico, nell'attuale contesto emergenziale Covid, prescindendo dalle valutazioni afferenti beni culturali e monumenti.

15.2. In via subordinata parte appellante lamenta che la sentenza di prime cure sarebbe errata nella parte in cui, nel rigettare il quarto motivo di ricorso, aveva ritenuto che l’art. 7 della DAC, riferito ai monumenti, potesse applicarsi anche ad un edificio di culto sottoposto a vincolo (che peraltro potrebbe riguardare anche la sola facciata o l’interno), nonché nella parte in cui aveva ritenuto corretta la misurazione della distanza operata dal verificatore, che invece era stata sottoposta a critiche con memorie in corso di causa, anche se non con la memoria conclusionale.

16. Ciò posto, va esaminato prioritariamente il primo motivo di appello, nell’osservanza del noto principio enucleato nella sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, n. 5 del 2015, avendo la parte graduato espressamente le censure, formulando il secondo motivo solo in via subordinata.

16.1. Il motivo è fondato, nel senso di seguito precisato.

16.2. L’art. 181 comma 1 D.L. 34/2020 (convertito nella legge 17 luglio 2020, n. 77) prevede “ Anche al fine di promuovere la ripresa delle attività turistiche, danneggiate dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, le imprese di pubblico esercizio di cui all'articolo 5 della legge 25 agosto 1991, n. 287, titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico, tenuto conto di quanto stabilito dall'articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, sono esonerati dal 1° maggio fino al 31 dicembre 2020 dal pagamento della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al Capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e dal canone di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 ”. Il comma 3 prescrive poi che “ Ai soli fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all'emergenza da COVID-19, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, da parte dei soggetti di cui al comma 1, di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, purché funzionali all'attività di cui all'articolo 5 della legge n. 287 del 1991, non è subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 , prevedendo pertanto expressis verbis una deroga alla necessità del previo parere soprintendizio, di cui rispettivamente agli artt. 21 e 146 del d.lgs. 42/2004, inteso ad assicurare la compatibilità degli interventi con il vincolo storico /culturale ovvero paesaggistico

16.3.Ciò posto, pur non potendosi condividere la prospettazione di parte appellante, laddove afferma che anche la Soprintendenza capitolina sia una Soprintendenza territoriale, ricompresa expressis verbis, nella deroga de qua , essendo la Soprintendenza capitolina organo del Comune e non ufficio periferico del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali – come le Soprintendenze territoriali dal medesimo dipendenti –, coglie nel segno, in base agli argomenti “ a fortiori ” e “ ad absurdum ”, l’osservazione di parte appellante laddove evidenzia che se il legislatore statale ha inteso derogare alla normativa in materia di interventi diretti sui beni culturali, a maggior ragione dovrebbe prescindersi dalle autorizzazioni della Soprintendenza capitolina, riferite ad interventi meno potenzialmente pregiudizievoli per i valori tutelati in quanto aventi solo in via riflessa a oggetto beni culturali (nella specie viene, infatti, in rilievo un vincolo di rispetto riferito alla distanza dal monumento).

16.3.1. A tale conclusione deve vieppiù pervenirsi sulla base del rilievo che la normativa regolamentare di Roma Capitale non si limita a richiedere il parere della Soprintendenza capitolina, volto ad accertare la compatibilità dell’intervento con il bene sottoposto a vincolo monumentale, ma pone un vero e proprio divieto di occupazione di suolo pubblico per le aree poste a meno di cinque metri dai monumenti, così regolamentando una la materia in netto contrasto con la ratio di cui all’art. 181 comma 3 del D.L. 34/2020.

16.4. E invero, come osservato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 21 del 2022 - che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 78, comma 2, lett. d), della legge della Regione Valle d'Aosta 13 luglio 2020, n. 8 (Assestamento del bilancio di previsione della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste per l'anno 2020 e misure urgenti per contrastare gli effetti dell'emergenza epidemiologica da COVID-19) e, l'illegittimità costituzionale dell'art. 81, comma 3, della legge reg. Valle d'Aosta n. 8 del 2020 - “ Sotto il primo profilo, deroghe alla disciplina dell'autorizzazione paesaggistica possono essere decise solamente dal legislatore statale, in quanto competente in materia: in proposito, rileva l'entrata in vigore degli artt. 181, comma 3, del D.L. n. 34 del 2020, come convertito, e 10, comma 5, del D.L. n. 76 del 2020, come convertito. Tali norme hanno stabilito l'esenzione temporanea dall'autorizzazione ex artt. 21 e 146 cod. beni culturali per la posa in opera di strutture amovibili in aree vincolate, al fine di favorire la somministrazione di cibo e bevande all'aperto. Una disciplina, questa, "volta specificamente ad assicurare, in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, il contemperamento dell'interesse alla tutela del patrimonio culturale con quello attinente alla ripresa delle attività economiche, nel rispetto delle doverose misure di distanziamento interpersonale per il contenimento della pandemia, derogando, per un periodo predeterminato dallo stesso legislatore statale, ai vincoli imposti a tutela del patrimonio culturale" (sentenza n. 262 del 2021). L'art. 81, comma 3, della legge impugnata, invece, reca una disciplina regionale specifica in una materia riservata al legislatore statale e ne viola la competenza esclusiva. Le disposizioni censurate paiono volte a soddisfare esigenze diverse, quali quelle di semplificazione amministrativa;
non sono, all'evidenza, concepite per dettare prescrizioni più rigorose nel trattamento dei rifiuti speciali e generare un innalzamento della protezione dell'ambiente. La ricerca del giusto "punto di equilibrio" tra le esigenze confliggenti, in questa materia, tuttavia, è compito del legislatore statale
”.

16.4.1. Pertanto non si può ritenere che l’amministrazione capitolina potesse dettare, in deroga alla ratio della previsione statale, sia pure di carattere eccezionale, una disciplina più rigorosa riferita, peraltro, non a un intervento diretto sul bene culturale (non essendo il rigetto motivato con riferimento ad un vincolo apposto sulla piazza), ma a un vincolo indiretto, di rispetto, fondato sulla distanza con il monumento, vincolo questo in alcun modo preso in considerazione dalla normativa statale.

16.4.2. E invero la normativa statale, seppure di portata derogatoria, va interpretata avendo riguardo alla sua ratio e alla necessità di dettare una disciplina uniforme, valida per tutto il territorio nazionale, nel contemperamento delle esigenze dell'interesse alla tutela del patrimonio culturale con quello attinente alla ripresa delle attività economiche, nonché ai fini delle doverose misure di distanziamento interpersonale per il contenimento della pandemia, derogando, per un periodo predeterminato dallo stesso legislatore statale, ai vincoli imposti a tutela del patrimonio culturale, come evidenziato nella citata sentenza della Corte costituzionale n. 262 del 2021.

16.5. La circostanza che la norma derogatoria di cui al comma 3 dell’art. 181 D.L. 34/2020 sia stata poi prorogata per effetto di successivi interventi normativi - dapprima con il D.L. n. 137/2020, poi con la legge di Bilancio 2022, veicolata nella legge 30 dicembre 2021, n. 234, all’art. 1, commi 706 e 707, poi con il decreto legge 30 dicembre 2021, n. 228 recante “ Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi ” approvato definitivamente nella legge 25 febbraio 2022, n. 15 e infine da ultimo con l’art. 40 D.L. 23/09/2022, n. 144 (sino al 30 giugno 2023) - non ne fa venire meno la ratio , dovendosi ritenere che il legislatore statale (pur allorquando sia venuta meno l’esigenza di distanziamento interpersonale), nell’esercizio della propria discrezionalità, abbia inteso, nel bilanciamento degli opposti interessi di rilievo costituzionale, ovvero il patrimonio storico culturale per un verso, ex art. 9 Cost, e l’iniziativa economica per altro verso, ex art. 41 Cost, dare momentanea prevalenza, in un periodo di gravi crisi economica per il Paese, in gran parte causato dall’emergenza pandemica, alle esigenze di ripresa economica delle attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.

17. Peraltro, ad avviso del collegio, non sussistono i presupposti per deferire un’eventuale questione di legittimità costituzionale della normativa statale di (ulteriore) proroga, vigente ratione temporis , sulla base di una supposta prevalenza delle esigenze di tutela del patrimonio storico culturale, ex art. 9 Cost (poste tra i princìpi fondamentali della carta costituzionale), sulla libertà di iniziativa economica, prevista dall’art. 41 Cost. - questione peraltro non evidenziata dall’amministrazione capitolina - in considerazione del rilievo che se un non corretto equilibrio tra i suddetti valori potrebbe astrattamente essere postulato allorquando vengano in rilievo gli interventi diretti sui beni culturali, presi expressis verbis in considerazione dalla normativa statale derogatoria, detto sbilanciamento, a discapito della tutela del bene culturale, non appare ravvisabile nella fattispecie de qua, in cui non viene in considerazione un intervento diretto sul bene culturale, ma un mero vincolo di rispetto, apposto da parte dell’amministrazione capitolina, che peraltro non è limitato alla necessità del rilascio del parere da parte della sovrintendenza capitolina, ma si rileva illogicamente ex se come ostativo al rilascio dell’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico.

18. Stante l’illegittimità, censurata dalla parte, della previsione dell’art. 7 della D.A.C. n. 81/2020, laddove prescrive l’impossibilità di rilascio della concessione di suolo pubblico per le aree poste a meno di cinque metri dai monumenti, l’atto di diniego impugnato in prime cure , motivato in ragione di detto profilo ostativo, risulta viziato per illegittimità derivata, come dedotto con il primo motivo di appello.

18.1. Ciò in disparte della considerazione che, come evidenziato da parte appellante, il provvedimento di diniego risulta affetto anche da illegittimità propria, laddove contraddittoriamente richiama la circolare 23/2020 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in cui si ribadisce che le Soprintendenze si debbano esimere dal rendere i loro pareri, in ottemperanza alla previsione di cui al comma 3 del D.L. n. 34/2020, la cui ratio, come innanzi evidenziato , si rileva in contrasto con la previsione regolamentare adottata da Roma Capitale.

19. In considerazione di tali assorbenti rilievi, avendo parte appellante, come innanzi precisato, formulato il secondo motivo di appello solo in via subordinata, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado.

20. Sussistono nondimeno particolari ragioni, stante la particolarità della fattispecie e la complessità delle questioni sottese, per compensare integralmente le spese del doppio grado di giudizio tra le parti.

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