Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-03-06, n. 202302323

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2023-03-06, n. 202302323
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202302323
Data del deposito : 6 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/03/2023

N. 02323/2023REG.PROV.COLL.

N. 08852/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8852 del 2020, proposto dal signor G T, rappresentato e difeso dall’avvocato S M, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia,

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore e il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, Sezione Prima, 13 luglio 2020, n. 852, resa tra le parti, avente ad oggetto la revoca dell’assegnazione al distaccamento cinofili a seguito di promozione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;

Vista l’ordinanza della sez. IV del 18 dicembre 2020, n. 7293;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il Cons. Antonella Manzione e udito per l’appellante l’avvocato S M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.Con l’appello in epigrafe, il sig. G T, già assistente di polizia penitenziaria presso la Casa circondariale di Avellino con il ruolo di istruttore cinofilo, impugna la sentenza del 13 luglio 2020, n. 874, con la quale il T.a.r. per la Campania, sez. staccata di Salerno, ha respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento n. 654645.U del 27 febbraio 2019 di rigetto dell’istanza dell’11 febbraio 2019 volta ad essere confermato nell’incarico anche dopo la promozione a ispettore a seguito del superamento di apposito concorso interno, nonché del decreto ministeriale del 12 aprile 2019, di assegnazione presso la medesima sede, ma nelle nuove mansioni corrispondenti alla qualifica superiore acquisita.

1.1. La sentenza impugnata ha motivato sull’esegesi puntuale del decreto del Ministero della giustizia del 17 ottobre 2002, che ha istituito il “Servizio cinofili” all’interno del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, al dichiarato scopo di « contribuire a prevenire o impedire episodi di illecita introduzione di sostanze stupefacenti o comunque non consentite negli istituti penitenziari » e segnatamente dell’art. 11 dello stesso che individua il personale da destinarvi, a seguito di interpello, tra gli appartenenti ai ruoli degli agenti ed assistenti e dei sovraintendenti, dei quali l’interessato non fa più parte. Per scelta organizzativa di accentramento della formazione nel solo Centro di addestramento di Asti, infatti, non risultano istituiti i “nuclei regionali”, astrattamente previsti presso ciascun Provveditorato regionale, composti da istruttori e unità cinofila, per la figura di coordinatore dei quali la normativa prevede effettivamente la qualifica di ispettore (art. 3, lett. b).

1.2. Avverso tale decisione il signor T ha proposto un unico articolato motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 3, lett. b) e 11 del d.m. 17 ottobre 2002 in relazione agli artt. 112, 115 e 116 c.p.c;
omessa valutazione di un fatto rilevante;
violazione del richiamato decreto ministeriale in correlazione con l’art. 23 del d.lgs. n. 443 del 1992;
eccesso di potere sotto plurimi profili. Il giudice di prime cure non avrebbe tenuto nella giusta considerazione la professionalità specifica del ricorrente, che in quanto “istruttore cinofilo” a seguito della frequenza dell’apposito corso avrebbe avuto titolo ad accedere al ruolo di coordinatore del Nucleo regionale, anche al fine di evitare contrasti con esigenze di eguaglianza e buon andamento della p.a. (artt. 3 e 97 della Costituzione). Avrebbe altresì male interpretato le disposizioni organizzative del Servizio cinofilo che laddove limitano la partecipazione all’interpello ai soli appartenenti ai ruoli degli agenti, assistenti e sovraintendenti non possono che fare riferimento a chi aspira a partecipare al corso da conduttore di cane, non a chi ha già la qualifica di istruttore. L’intera organizzazione del Nucleo regionale, per come prevista sulla carta, prevede più distaccamenti, ciascuno affidato alla responsabilità di un conduttore o di un istruttore appartenente al ruolo dei sovrintendenti, sostituito, in caso di assenza o impedimento, dall’istruttore o conduttore più alto in grado, o, in sua assenza, da quello più anziano. Non essendo prevista presso il distaccamento di Avellino alcuna figura di sovraintendente, automaticamente la responsabilità sarebbe dovuta ricadere su di lui, in quanto, appunto, istruttore con il più elevato grado di ispettore. Il rinvio, contenuto nell’art. 2 del decreto ministeriale, all’art. 16, commi 2 e 3, della l. n. 121 del 1981, che fa salva la possibilità che le unità cinofile siano impiegate nei più generali compiti di polizia, renderebbe stridente il disallineamento rispetto alle scelte effettuate in subiecta materia negli altri ordinamenti (Guardia di finanza, Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato). Errata sarebbe infine l’affermazione, seppure meramente incidentale e comunque non ostativa all’esame di merito, in forza della quale il ricorso presenterebbe anche profili di improcedibilità « avendo il ricorrente ottenuto il bene della vita cui anelava, come emerge dalla documentazione da ultimo versata in atti »: al contrario, l’interesse alla definizione del ricorso sarebbe ancora più attuale, giusta l’avvenuto rigetto della domanda presentata sull’interpello per la copertura del ruolo di coordinatore del Nucleo cinofilo della Campania, nel frattempo istituito e resosi vacante.

2. Si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia per resistere all’appello, chiedendone il rigetto. Con memoria in data 14 dicembre 2020 ha ribadito la correttezza della ricostruzione del quadro organizzativo riveniente dal decreto del 2002, che individua i componenti del Servizio cinofili solo nelle qualifiche più basse (agenti, assistenti e sovrintendenti), salvo per il ruolo di coordinatore regionale, in passato non necessario per la mancata creazione degli appositi Nuclei, all’attualità coperto da altro dipendente appartenente al ruolo degli ispettori. Ha infine rivendicato l’autonomia delle scelte organizzative dell’Amministrazione, laddove ha optato per la centralizzazione ad Asti dell’attività formativa, non istituendo i (pur previsti) Nuclei regionali.

3. Con l’ordinanza n. 7293 del 2020, segnata in epigrafe, la sez. IV di questo Consiglio di Stato ha respinto l’istanza cautelare sull’assunto che la cessazione dall’incarico presso il Distaccamento cinofili di Avellino è la conseguenza della scelta volontaria di partecipare a una selezione per accedere alla qualifica di vice ispettore, laddove la conservazione nell’incarico contrasta con le scelte organizzative dell’Amministrazione « che non possono essere piegate alle aspettative private dei pubblici dipendenti ».

4. In vista dell’udienza, l’appellante ha depositato ulteriore memoria per ribadire la propria ricostruzione e attualizzare la vicenda in fatto, al fine di sottolineare la persistenza dell’interesse alla definizione della causa. In particolare, ha lamentato l’ iter posto in essere all’asserito scopo di escluderlo dal ruolo di coordinatore regionale, prima pretermettendone la candidatura e preferendo indire un interpello con requisiti sostanzialmente pregiudizievoli, indi accogliendo di buon grado la revoca delle dimissioni del precedente assegnatario del ruolo, mantenendogli peraltro la sede di Benevento, benché l’interpello prevedesse quella di Napoli.

4.1. Con note in data 13 febbraio 2023 insisteva ancora sugli atteggiamenti indici di presunta avversione da parte dell’Amministrazione nei suoi confronti, sì da mortificarne indebitamente la legittima aspirazione professionale a mettere a frutto le competenze acquisite.

5. All’udienza pubblica di trattazione del 14 febbraio 2023, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

6. L’appello è infondato.

7. Rileva preliminarmente il Collegio come la tesi dell’appellante si basa sostanzialmente sulla pretesa di asservire ai propri desiderata il modulo organizzativo dell’amministrazione di appartenenza, imponendole di assecondarlo nel mantenimento di una funzione (quella di istruttore cinofilo) non più rispondente alla qualifica superiore, peraltro acquisita all’esito della scelta volontaria di partecipare all’apposito concorso. L’intera ricostruzione della cornice di riferimento, infatti, ivi compreso il richiamo all’art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 443 del 1992, sotto l’egida della professionalità posseduta, tenta strumentalmente di configurare come diritti ciò che al più costituiscono mere aspettative cui la p.a. non è tenuta in alcun modo a dare seguito, laddove persegua scelte incompatibili con le stesse. Ammesso e non concesso, dunque, che esistano o siano esistite in specifici momenti nella dotazione organica “caselle” corrispondenti a posti vacanti ricopribili da soggetti in possesso della qualifica professionale (ispettore) e competenziale (istruttore cinofilo) del ricorrente, non può comunque ipotizzarsi un obbligo dell’Amministrazione di collocarvelo, ove ciò non risponda alle proprie regole di accesso alle stesse, ovvero, più genericamente, ove essa ravvisi necessità di utilizzo alternativo, purché coerente con il ruolo del dipendente. Ciò rientra infatti nella sua discrezionalità tecnica, sindacabile esclusivamente in caso di manifesta irrazionalità o arbitrarietà, non ravvisabile nel caso di specie.

8. Quanto detto sarebbe di per sé sufficiente a respingere l’appello.

9. Ma vi è di più.

10. Sotto il profilo testuale, l’intero teorema della parte si fonda sulla presunta neutralità dell’art. 11 del decreto ministeriale istitutivo del “Servizio cinofili”, laddove la formulazione letterale della norma non giustifica le propugnate letture alternative a quella condivisibilmente seguita dal T.a.r. per la Campania. Va escluso, dunque, che un ispettore possa ancora far parte del servizio cinofilo se non accedendo al posto di coordinatore del Nucleo regionale, in origine neppure esistente giusta la scelta di centralizzare nella sola sede di Asti l’intera attività formativa. Né l’appellante può dolersi del successivo mutamento della scelta e dell’essergli stata preferita altra persona nel ruolo di coordinatore, in quanto quand’anche gli atti con cui si è agito in tal senso presentassero profili di illegittimità (che il Collegio peraltro non ravvisa) avrebbero dovuto essere oggetto di specifico gravame, non riverberandosi in alcun modo sulla correttezza dei provvedimenti di cui è causa.

L’enfasi posta sulla qualifica di “istruttore” rischia dunque di confondere la sostanziale certificazione di un importante percorso formativo, destinato ad arricchire in maniera permanente il bagaglio professionale del ricorrente, con la fungibilità delle mansioni assegnabili, purché adeguate al profilo professionale. In buona sostanza, la figura dell’“istruttore”, declinata all’art. 1, comma 1, lett. b), del decreto, non costituisce una qualifica professionale in senso tecnico, intesa come possibile articolazione nei vari livelli che compongono ciascun ruolo della carriera della Polizia penitenziaria, bensì una specializzazione aggiuntiva, al pari di quella di “conduttore”, che con l’animale di riferimento compone l’unità cinofila. La funzione didattica che la connota aggiuntivamente fa sì che per il suo svolgimento sia richiesto, ove si acceda al livello regionale, e dunque sia necessaria una superiorità gerarchica per attuare coordinamento e direzione di risorse umane, la qualifica di ispettore. Ma ciò non implica il reciproco, ovvero che una volta acquisita la promozione ad ispettore, siccome in possesso della qualifica di istruttore cinofilo, si maturi il diritto ad accedere a quel posto, così assicurandosi, in una con la promozione, anche una sostanziale inamovibilità da sede e tipologia di mansione espletata. Tant’è, rileva ancora il Collegio, che non consta in atti che il signor T abbia chiesto, pur di continuare ad assecondare la propria passione, di essere applicato presso il Centro addestramento di Asti, ammesso fosse possibile per l’amministrazione privarsi di una unità di personale nel ruolo di ispettore per le mansioni ordinarie confacenti allo stesso. Diversamente opinando, qualsiasi miglioramento lato sensu competenziale si risolverebbe nel sostanziale ingessamento sine die della struttura pregiudicando spostamenti, anche minimi, ovvero addirittura un utilizzo del personale corrispondente alle esigenze sottese alla pianificazione delle richieste assunzionali correlate a ciascuna specifica qualifica. Tale doverosa duttilità nei servizi è anche l’unico significato attribuibile alla previsione di cui all’art. 2 del decreto, pure invocato dal ricorrente, che fa riferimento alla possibilità di impiego « in altri servizi di polizia o di pubblico interesse per i quali l’intervento del cane venga richiesto o si dimostri utile, in conformità a quanto previsto dall’art. 16, secondo e terzo comma, della legge 1 aprile 1981, n. 121 ». La disposizione, cioè, non può in alcun modo essere letta essa pure per assecondare una ricostruzione che vorrebbe confrontare finanche le scelte organizzative di ciascuna forza di polizia, egualmente discrezionali e rispondenti all’analisi dei propri specifici assetti, per inferirne l’irrazionalità di quella seguita dall’amministrazione penitenziaria.

In sintesi, il modello organizzativo prevede che il nucleo regionale, derivi dalla sommatoria di istruttori e unità cinofile assegnati alla circoscrizione, ma non impone di attingerli in deroga all’art. 11 che prevede che al servizio di base accedano solo agenti e sovrintendenti. Né la parte può (ormai) sindacare la mancata istituzione del Nucleo regionale, allo scopo di precostituirsi il diritto alla conservazione non solo della sede, ma anche del ruolo precedentemente svolto, in quanto rispondente a ragionevoli scelte di risparmio e ottimizzazione delle risorse.

11. Per quanto sopra detto, l’appello deve essere respinto.

12. Rimangono ferme le sole spese già liquidate nella fase cautelare.

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