Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-05-23, n. 201702407

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2017-05-23, n. 201702407
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201702407
Data del deposito : 23 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/05/2017

N. 02407/2017REG.PROV.COLL.

N. 06886/2016 REG.RIC.

N. 08347/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 6886 del 2016, proposto dal Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati F M F, A P, A A, B C, con domicilio eletto presso lo studio Nicola Laurenti in Roma, via Francesco Denza, 50/A;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, tutti rappresentati e difesi per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati, costituitisi in giudizio;
Commissario Straordinario del Governo per la Bonifica Ambientale e la Rigenerazione Urbana dell’Area Bli - Coroglio, curatela del fallimento della società Blifutura in liquidazione s.p.a., Salvatore Nastasi non costituiti in giudizio;
Società Invitalia, Agenzia Nazionale Attrazione Investimenti e Sviluppo D'Impresa s.p.a, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Cintioli, Giuseppe Lo Pinto, con domicilio eletto presso lo studio Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna 32;
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo L, Maria D'Elia, Almerina B, con domicilio eletto presso la Regione Campania Ufficio di .Rappresentaza.Regione Campania in Roma, via Poli N.29;

nei confronti di

Verdi Ambiente e Società Aps Onlus, Associazione Cittadini Per Bli non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 8347 del 2016, proposto dalla curatela del fallimento della società Blifutura s.p.a. in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Gennaro Terracciano, con domicilio eletto presso lo studio Gennaro Terracciano in Roma, piazza S. Bernardo 101;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato,costituitosi in giudizio;

nei confronti di

Società Invitalia Agenzia Nazionale per l'Attrazone degli Investimenti s.p.a, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Fabio Cintioli, Giuseppe Lo Pinto, con domicilio eletto presso lo studio Fabio Cintioli in Roma, via Vittoria Colonna 32;
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati F M F, A A, B C, A P, con domicilio eletto presso lo studio Nicola Laurenti in Roma, via Francesco Denza 50/A;
Commissario Straordinario di Governo per la Bonifica Ambientale e la Rigenerazione Urbana non costituito in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 6886 del 2016:

della sentenza del T.a.r. per la Campania – Sede di Napoli- Sezione I n. 1471/2016.

quanto al ricorso n. 8347 del 2016:

della sentenza del T.a.r. per la Campania –Sede di Napoli- Sezione I n. 3754/2016.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del Ministero dello Sviluppo Economico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti della società Invitalia, Agenzia Nazionale Attrazione Investimenti e Sviluppo d'Impresa s.p.a. della Regione Campania e del Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2017 il consigliere F T e uditi per le parti l’avvocato dello Stato F F, e gli avvocati F.M. Ferrari, F C, G L P, R P su delega di L, B, D'Elia G. Terracciano,;

Visto l'art. 36, comma 2, del codice del processo amministrativo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Ricorso r.g.n. 6886/2016 proposto avverso la sentenza r.g.n. 1471 del 22 marzo 2016;


1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 1471 del 22 marzo 2016 il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli - ha respinto il ricorso proposto dalla odierna parte appellante comune di Napoli teso ad ottenere l’annullamento dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3.9.2015 e del 15.10.2015, rispettivamente di nomina del Commissario straordinario di governo per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana dell'area di Bli-Coroglio e di adozione di interventi per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana dell'area di Bli-Coroglio.

2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, la società Invitalia Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti s.p.a.(d’ora in poi Invitalia) la Regione Campania, il Commissario Straordinario del Governo per la bonifica ambientale e la rigenerazione dell'area di Bli, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, il Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si erano costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso in quanto inammissibile e comunque infondato;

la società originaria controinteressata Invitalia costituendosi aveva eccepito l’incompetenza territoriale del giudice adito e nel merito, l’infondatezza del ricorso, mentre l’associazione di promozione sociale denominata “Verdi, ambiente e società” e l’associazione denominata “Cittadini per Bli”erano intervenute ad adiuvandum (e la controinteressata Invitalia aveva contestato l’ammissibilità del detto intervento).

3. Il T.a.r., con la sentenza impugnata ha immediatamente rilevato che:

a) con il decreto-legge 12 settembre 2014, numero 133, cosiddetto “decreto Sblocca – Italia” convertito in legge 11 novembre 2014, numero 164, erano state adottate “misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività” ed in particolare, all’articolo 33 del suddetto decreto legge erano state dettate disposizioni per disciplinare la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale, con particolare riferimento al comprensorio Bli – Coroglio;

b) detta normativa era stata modificata dal decreto legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125 ed in attuazione di essa, con specifico riferimento all’area di rilevante interesse nazionale Bli-Coroglio, con decreto del presidente del consiglio dei ministri in data 3 settembre 2015, era stato nominato il commissario straordinario del governo per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana di tale area mentre con successivo decreto del presidente del consiglio dei ministri in data 15 ottobre 2015, era stata disciplinata la cabina di regia di cui al comma 13 dell’articolo 33 del decreto-legge richiamato, nominato il soggetto attuatore previsto ai commi 6 e 12 dello stesso articolo 33, già individuato per legge nell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti società per azioni, definiti i compiti del soggetto attuatore, i primi interventi e i relativi finanziamenti, i rapporti tra il commissario straordinario e il soggetto attuatore ed era stata trasferita al soggetto attuatore la proprietà delle aree e degli immobili interessati dagli interventi, precedentemente in proprietà della società per azioni Bli Futura in fallimento;

b1) detto provvedimento, in applicazione del comma 12 del citato articolo 33, aveva disciplinato la costituzione di una società per azioni allo scopo della salvaguardia e riqualificazione delle aree e degli immobili limitrofi al comprensorio di Bli-Coroglio;

c) le censure proposte dall’appellante comune di Napoli erano volte a sostenere l’illegittimità costituzionale delle suindicate disposizioni di legge, da cui sarebbe –in tesi- discesa, in via derivata, l’illegittimità degli atti amministrativi impugnati;

d) nelle more della trattazione del ricorso, era intervenuta la conversione in legge, con legge 25 febbraio 2016, n. 21 del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative” e l’art. 11 bis del suddetto decreto-legge, sotto la rubrica “Proroga di termini in materia ambientale”, aveva apportato modificazioni ad alcune delle disposizioni di legge di cui la parte originaria ricorrente aveva contestato la legittimità costituzionale.

3.1. Il T.a.r., in via preliminare, ha poi:

a) respinto la eccezione di incompetenza eccepita dalla società originaria controinteressata Invitalia;

b) parimenti disatteso la eccezione di inammissibilità dell’intervento “ad adiuvandum” spiegato dalle associazioni intervenute nel processo sollevata dalla società originaria controinteressata Invitalia.

3.2. Nel merito, la sentenza impugnata ha:

a) partitamente scrutinato le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei confronti della normativa costituente la base giuridica dei provvedimenti impugnati dichiarandole manifestamente infondate, non rilevanti, ovvero genericamente formulate ed in particolare ha:

I) respinto –in quanto manifestamente infondate- le composite questioni sollevate nel primo motivo di ricorso attingente il decreto legge in se e per sé considerato e volto a contestare la sussistenza dei presupposti per il ricorso alla decretazione d’urgenza;

II) dichiarato improcedibile la prima articolazione della questione sollevata nella seconda doglianza ed incentrata sulla supposta violazione del principio costituzionale di sussidiarietà, (articolo 118 comma 1 della Costituzione), in quanto era sopravvenuta la riscrittura del comma 12 dell’art. 33 da parte del d.L. “mille proroghe” 30 dicembre 2015, n. 210 convertito in legge 25 febbraio 2016, n. 21 e la nuova formulazione della legge non prevedeva più il coinvolgimento dei privati nei programmi di rigenerazione urbana, mediante la partecipazione al capitale della società di scopo in precedenza prefigurata, il che implicava il venir meno dell’interesse alla delibazione della doglianza;

II) dichiarato inammissibile la seconda articolazione della questione sollevata nella seconda doglianza incentrata sulla supposta violazione delle prerogative regionali (articolo 114 della Costituzione), sostenendo che il Comune non fosse legittimato a dolersi di tale supposta evenienza;

III) del pari dichiarato improcedibile la questione sollevata nella terza doglianza (incentrata sull’asserita violazione dell’articolo 117 comma 1 della Costituzione e degli articoli 102, 104, 24, 42 della Costituzione da parte, specificamente, del comma 12 dell’art. 33 con riferimento al fallimento della società Bli Futura ed alla previsione che alla procedura fallimentare venisse riconosciuto, a cura della società di scopo costituita dal soggetto attuatore, un importo determinato sulla base del valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti, il cui rimborso era legato all’incasso delle somme rinvenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti) in quanto era sopravvenuta la riscrittura del comma 12 dell’art. 33 da parte del d.L. “mille proroghe” 30 dicembre 2015, n. 210 convertito in legge 25 febbraio 2016, n. 21;

IV) dichiarato manifestamente infondata la questione sollevata nella quarta doglianza, in quanto la specificità assoluta dell’area implicava la ragionevolezza della legge provvedimento che aveva dichiarato il sito di Bli di rilevante interesse nazionale, al fine del conferimento a un organo statale del potere di bonifica e rigenerazione urbanistica dell’area;

V) evidenziato che l’ultimo argomento introdotto dalla difesa del comune, in relazione a una pretesa violazione del “giudicato fallimentare” era stato accennato solo genericamente.

4. Il Comune di Napoli originario ricorrente rimasto soccombente, ha impugnato la detta decisione criticandola sotto ogni angolo prospettico.

Ripercorse le tappe salienti del risalente contenzioso e richiamata la normativa che – a suo dire- collideva con le tesi esposte nella impugnata decisione ha dedotto che:

a) (primo motivo)la declaratoria di improcedibilità resa con riferimento ad alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate, era stata pronunciata dal T.a.r. ex officio senza che al comune originario ricorrente fosse stato dato l’ avviso ai sensi del comma III dell’ art. 73 del c.pa.: la sentenza era pertanto nulla, e tale avrebbe avrebbe dovuto essere dichiarata con rinvio al T.a.r. medesimo, ex art. 105 del c.p.a.;

b) nel merito, ha riproposto tutte le questioni di illegittimità costituzionale disattese dal T.a.r., attualizzandole rispetto al la motivazione reiettiva contenuta nella sentenza, e segnatamente ha dedotto che:

I)(secondo motivo) l’avversato decreto-legge 12 settembre 2014, numero 133 violava l’art. 77 della Costituzione (sia in quanto v’era ivi contenuta una congerie di disposizioni disomogenee tali da far ritenere che l’art. 33 contestato fosse una “norma intrusa” sia perché privo dei requisiti di urgenza in quanto vigeva nel sistema una disposizione ad hoc, rappresentata dall’art. 252 del d.Lgs n. 152/1996 -);

II) (terzo motivo) del pari risultavano violati l’art. 117c. II lett. M e l’art. 118 della Costituzione che prescrivevano il rispetto del principio di sussidiarietà;

III) (quarto motivo,erroneamente rubricato n. 2) era stata omessa alcuna statuizione (e per ciò solo la sentenza era viziata ex art. 112 c.p.c.) in ordine alla censura concernente la violazione degli artt. 114 e 117 comma III della Costituzione in punto di rispetto del principio di leale collaborazione: erroneamente, sul punto, era stato semplicemente affermato dal T.a.r. che il comune non aveva legittimazione a sollevare la questione;

IV) (quinto motivo, erroneamente rubricato n. 4) il T.a.r. erroneamente aveva considerato “generiche” le doglianze incentrate sulla violazione del precetto di cui all’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo in relazione agli artt. 102,104 e 24 della Costituzione;
la avversata disciplina legislativa era intervenuta mentre era già stato dichiarato il fallimento della società Blifutura s.p.a.: si era quindi retroattivamente intervenuti, ledendo i diritti di coloro i quali erano coinvolti nella procedura fallimentare (e tra essi il Comune odierno appellante, quale attore in rivendica, nei confronti della curatela, di opere di urbanizzazione secondaria realizzate dalla Società di trasformazione urbana fallita) prevedendo strumenti di soddisfacimento del ceto creditorio di incerta natura;

V) (sesto motivo, erroneamente rubricato n. 5) in ultimo, il T.a.r aveva respinto con considerazioni generiche ( id est : la sussistenza di un grave stato di degrado dell’area) l’ultimo motivo del ricorso di primo grado (incentrato sulla violazione degli artt. 3, 24, 97 e 113 con della Costituzione) mediante il quale si era contestato che una legge-provvedimento potesse considerare le aree comprese nel comprensorio Bli-Coroglio di rilevante interesse nazionale prevedendo una regolamentazione ad hoc del relativo procedimento di approvazione del Programma di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana: il degrado del sito era un dato “storicizzato” sul quale, in precedenza, le amministrazioni centrali erano rimaste inerti (come dimostrato dalla circostanza che gli Accordi di Programma Quadro 2003-2007 non erano riusciti a risolvere la problematica) e pertanto non poteva costituire il presupposto per un intervento normativo di urgenza.

5. In data 5.9.2016 la società originaria controinteressata Invitalia si è costituita depositando atto di stile chiedendo la reiezione dell’appello ed in data 24.2.2017 ha depositato documenti.

6. In data 5.9.2016 la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita depositando atto di stile chiedendo la reiezione dell’appello ed in data 24.2.2017 ha depositato documenti.

7. In data 23.9.2016 la Regione Campania si è costituita depositando atto di stile chiedendo la reiezione dell’appello.

8. In data 6.3.2017 la società originaria controinteressata Invitalia ha depositato una articolata memoria, e dopo avere riepilogato le più salienti tappe della vicenda procedimentale e giurisdizionale ha chiesto che il ricorso in appello venisse dichiarato inammissibile od infondato.

9. In data 6.3.2017 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha depositato una articolata memoria, chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato.

10. In data 6.3.2017 la Regione Campania ha depositato una articolata memoria, chiedendo la reiezione dell’appello in quanto infondato.

11. In data 14. 3.2017 il Comune di Napoli ha depositato una memoria di replica puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

11.Alla odierna udienza pubblica del 6 aprile 2017 causa è stata trattenuta in decisione.


Ricorso r.g.n. 8347/2016 proposto avverso la sentenza r.g.n. 3754 del 20 luglio 2016;


1. Con la sentenza in epigrafe impugnata n. 3754 del 20 luglio 2016 il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Sede di Napoli - ha respinto il ricorso –corredato da motivi aggiunti - proposto dalla odierna parte appellante Fallimento Blifutura s.p.a. in liquidazione, teso ad ottenere l’annullamento del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15.10.2015, recante l’ adozione di interventi per la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana dell'area di Bli-Coroglio.

2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, la società Invitalia Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti s.p.a. (d’ora in poi Invitalia) il Commissario Straordinario del Governo per la bonifica ambientale e la rigenerazione dell'area di Bli, si erano costituiti in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso in quanto inammissibile e comunque infondato;
il comune di Napoli ne aveva invece chiesto l’accoglimento, facendo presente di avere proposto analogo e separato ricorso;

la società originaria controinteressata Invitalia costituendosi aveva eccepito l’incompetenza territoriale del giudice adito e nel merito, l’infondatezza del ricorso, mentre l’associazione di promozione sociale denominata “Verdi, ambiente e società” e l’associazione denominata “Cittadini per Bli”erano intervenute ad adiuvandum (e la controinteressata Invitalia aveva contestato l’ammissibilità del detto intervento).

3. Il T.a.r., con la sentenza impugnata - dopo avere dato atto che il T.a.r. del Lazio in origine adito aveva declinato la propria competenza ed il ricorso era stato tempestivamente riassunto innanzi al T.a.r. della Campania - ha in via preliminare rilevato che la legittimazione della società odierna appellante a proporre il ricorso era incontestabile, in quanto la predetta società per azioni Blifutura, interamente pubblica e attualmente in liquidazione, era stata costituita con la partecipazione del comune di Napoli, al 90%, della regione Campania, al 7,5% e della provincia di Napoli, al 2,5%, con finalità di trasformazione urbana;
in particolare, lo scopo della società medesima, (costituita nel 2002) riposava nella progettazione e realizzazione di interventi di trasformazione urbana da realizzare nell’area industriale di Bli-Coroglio, già appartenente alla Ilva società per azioni e alla Eternit società per azioni (detta area era pervenuta in proprietà a Blifutura per conferimento da parte del comune di Napoli, nell’ambito di una complessa procedura per la bonifica del sito, già dichiarato di interesse nazionale);
era poi seguita una intricata vicenda contenziosa in esito alla quale il Tribunale di Napoli, con sentenza numero 188 del 2014, aveva dichiarato il fallimento della società Blifutura, nominando un collegio di curatori anche per assicurare la corretta gestione delle aree di proprietà della società, ed i terreni di proprietà di Blifutura, erano stati altresì sottoposti a sequestro giudiziario, nel corso di un’indagine penale sulla bonifica mai eseguita.

3.1. Il primo Giudice ha quindi ricostruito quale fosse la disciplina contestata, nei medesimi termini già illustrati prima, in con riferimento alla sentenza n. 1471 del 22 marzo 2016.

3.1. Il T.a.r., con la prima parte “di merito” della sentenza impugnata ha:

a) scrutinato le questioni di legittimità costituzionale sollevate nei primi due motivi di ricorso nei confronti della normativa costituente la base giuridica dei provvedimenti impugnati e dichiarato le medesime manifestamente infondate in quanto:

I) esse, per il tramite della asserita violazione del d.p.r. numero 327 del 2001(testo unico sull’espropriazione) nel sostenere la invalidità derivata del provvedimento impugnato erano volte a denunciare la forma di espropriazione “ de facto ” inverata attraverso il meccanismo di trasferimento delle proprietà previsto dal dPCM (articolo 6, comma 1, e 7) attuativo dell’articolo 33 del decreto legge, in quanto lesiva degli interessi dei creditori contestandosi la circostanza che ivi non era quantificato alcun indennizzo a fronte del trasferimento dei beni, e la aleatorietà delle modalità di rimborso;

II) ma la specificità della situazione del sito di interesse nazionale oggetto del provvedimento consentiva di dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni impugnate in riferimento alla censura di violazione del procedimento dettato dal testo unico sulle espropriazioni e alla omessa espressa attribuzione di poteri ablatori alle autorità procedenti;

III) era stato infatti soddisfatto il presupposto formale scolpito nella Costituzione -che affidava alla legge la possibilità di disciplinare le procedure espropriative-;
la deroga al normale procedimento espropriativo dettato dal testo unico n. 327/2001 non poteva essere ritenuta in contrasto con la legalità costituzionale;
e non risultava violato l’articolo uno del protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 in quanto si era al cospetto di una legge che aveva stabilito l’acquisizione dei beni da parte di un organo statale per una causa di pubblica utilità (la bonifica degli stessi in vista del risanamento ambientale e a tutela della salute pubblica) e la previsione di un indennizzo commisurato al valore di mercato dei beni: l’invocato articolo uno del protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosceva infatti agli Stati il diritto di emanare leggi necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale.

b) quanto alla dedotta questione di illegittimità riposante nella omessa previsione dell’indennizzo, la decisione sulla fondatezza di queste censure doveva dipendere necessariamente dalla valutazione delle sopravvenienze normative.

3.2. E proprio con riferimento a tale profilo, nella seconda parte della impugnata decisione, il T.a.r. ha rilevato che:

a) il comma 12 dell’articolo 33 del decreto legge era stato completamente modificato dall’articolo 11 bis del decreto legge 30 dicembre 2015 numero 210, cosiddetto decreto milleproroghe, convertito nella legge 25 febbraio 2016, numero 21, e la riscrittura della disposizione aveva determinato la completa soppressione della società di scopo aperta ai privati,in origine prevista;
era stato altresì modificato il meccanismo di indennizzo della curatela fallimentare di Blifutura;

b) in particolare, il novellato comma 12 aveva riconosciuto alla procedura fallimentare un importo, corrispondente al valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti, come rilevato dall’Agenzia del demanio alla data del trasferimento della proprietà, da versare alla curatela fallimentare mediante strumenti finanziari di durata non superiore a 15 anni.

3.3. Tenuto conto della sopravvenuta modifica legislativa, il T.a.r. ha quindi ritenuto che:

a) era venuta meno la procedibilità della questione di legittimità costituzionale contenuta nel ricorso introduttivo ed incentrata sulle modalità di corresponsione dell’indennizzo contenute nel testo originario del decreto-legge 12 settembre 2014, numero 133;

b) erano del pari improcedibili le questioni contenute nei motivi III e IV del ricorso di primo grado, (laddove era stato evocato il parametro di cui all’articolo 47 della Costituzione in materia di tutela del risparmio ed era stata denunciata la violazione dei principi generali in materia di procedure di insolvenza, con riferimento a specifici articoli della legge fallimentare, violazione dell’articolo 1376 del codice civile e dei principi generali in materia di costituzione delle società per azioni):

b1) ciò, in quanto la determinazione dell’indennizzo spettante alla curatela fallimentare avrebbe dovuto avvenire in attuazione dei criteri introdotti dalla nuova formulazione del comma 12 del decreto legge, e pertanto doveva essere esclusa l’attualità dell’interesse a censurare un meccanismo di rimborso oramai impraticabile per legge;

c) ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale evocata nel quinto motivo di censura (laddove era stata sostenuta la violazione degli articoli 3, 97, 24, 113 della Costituzione da parte del comma 12 dell’articolo 33 del decreto legge, avendo tale ultima norma azzerato tutti i poteri degli organi del fallimento) esprimendo il convincimento per cui non era sostenibile una sorta di immunità della massa attiva fallimentare rispetto alla procedura espropriativa.

3.4. Nell’ultima parte della impugnata sentenza, infine, il T.a.r. ha dato atto che la parte odierna appellante aveva proposto un ricorso per motivi aggiunti in seno al quale:

a) aveva sostenuto che la sopravvenuta disciplina legislativa(articolo 11 bis del decreto legge 30 dicembre 2015 numero 210, convertito nella legge 25 febbraio 2016, numero 21) che aveva modificato il comma 12 dell’articolo 33 della legge 164 del 2014 non mutava l’attualità ed il permanente interesse sotteso alle censure già proposte nel ricorso introduttivo, in quanto non introduceva un nuovo meccanismo di rimborso in favore della procedura fallimentare a fronte del trasferimento coattivo dei beni del fallimento in quanto l’emissione di strumenti finanziari era configurata come unica alternativa di indennizzo;

b) aveva dedotto un nuovo motivo d’illegittimità del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15.10.2015 in quanto contrastante con la novella di cui al decreto legge numero 210 del 2015 (che aveva in parte modificato le modalità di liquidazione dell’indennizzo, configurate mediante strumenti finanziari della durata di 15 anni): il decreto impugnato, infatti, prevedeva quale modalità di rimborso l’attribuzione di azioni da parte di una società di scopo.

3.5. Il T.a.r. anche di tali nuove questioni ha dichiarato l’infondatezza manifesta, deducendo che:

a) da un canto, la modifica del decreto legge rafforzava la legittimità costituzionale della normativa in quanto:

I) l’eliminazione di ogni riferimento alla costituzione di una società di scopo, aperta a soggetti privati, contribuiva a ritenere ravvisabile una legittima espropriazione per legge di aree inquinate per finalità di bonifica, di risanamento ambientale, di tutela della salute, riconducibili ad un prevalente interesse pubblico;

II) la commisurazione dell’indennizzo al valore di mercato delle aree corrispondeva pienamente al paradigma dettato dall’articolo 42, terzo comma della Costituzione, oltre che ai principi recati dal protocollo addizionale alla C.E.D.U.;

III) la novella legislativa, prevedendo il versamento alla curatela fallimentare di strumenti finanziari rimborsabili entro il termine di 15 anni, consentiva di superare le perplessità sulla certezza dell’indennizzo e sui tempi della corresponsione di esso;

b) per altro verso, ben a ragione la parte originaria ricorrente aveva segnalato la incoerenza del provvedimento impugnato con la sopravvenuta modifica normativa, laddove il decreto governativo riconosceva alla procedura fallimentare un importo da versare mediante azioni o altri strumenti finanziari che avrebbero dovuto essere emessi dalla società di scopo aperta ai privati, ma detta “nuova censura” era inammissibile per carenza di interesse in quanto:

I) l’avvenuta abrogazione della norma che prevedeva la costituzione di tale società di scopo determinava l’inattualità delle disposizioni del provvedimento impugnato destinate ad aprire nuovi sub-procedimenti per la costituzione della società di scopo, per il trasferimento a questa società dei beni immobili espropriati, per l’emissione di azioni o altri strumenti finanziari da parte della società di scopo da corrispondere alla curatela fallimentare;

II) ciò, in quanto, i futuri sub-procedimenti, ancora non avviati, avrebbero dovuto necessariamente conformarsi al nuovo contesto giuridico (ed ove invece, per avventura fossero stati in futuro emessi atti esecutivi del provvedimento impugnato in contrasto con la norma primaria sopravvenuta, essi avrebbero potuto essere impugnati deducendo detto vizio).

4. La curatela del fallimento della società Blifutura s.p.a. in liquidazione, originaria ricorrente rimasta soccombente, ha impugnato la suindicata decisione, criticandola sotto ogni angolo prospettico.

4.1. Ripercorse le tappe salienti del risalente contenzioso e richiamata la normativa che – a suo dire- collideva con le tesi esposte nella impugnata decisione ha fatto innanzitutto presente che la declaratoria di improcedibilità resa con riferimento ad alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate, era errata, atteso che la modifica al testo originario del comma 12 dell’art. 33 del decreto-legge 12 settembre 2014, numero 133, avvenuta in corso di giudizio mercè l’ articolo 11 bis del decreto legge 30 dicembre 2015 numero 210, convertito nella legge 25 febbraio 2016, numero 21 non elideva le censure prospettate in quanto (considerazioni, queste, via via reiterate nei singoli motivi di censura e soprattutto nella settima doglianza):

I) permaneva la criticità rappresentata dalla previsione di un indennizzo del quale non erano stati definiti i contorni;

II) permaneva l’assenza di poteri espropriativi in capo al soggetto attuatore ed al Commissario;

III) permaneva altresì la “esautorazione” degli organi del fallimento e la minorazione dei diritti di difesa dei creditori.

4.2. Nel merito, dopo avere rappresentato che essa non criticava il lodevole interesse manifestato dal Governo a risolvere l’annoso problema dello stato critico in cui versava l’area di Bli, ma mirava a tutelare gli interessi della curatela confliggenti con il concreto “disegno” contenuto nelle disposizioni legislative sottese all’impugnato decreto, l’odierna appellante ha proposto sette specifiche censure, deducendo che:

a) (prime due censure) né l’art. 33 del decreto-legge 12 settembre 2014, numero 133 né gli artt. 6 e 7 del contestato DPCM, pur prevedendo quest’ultimo che “L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti s.p.a. e' autorizzata a provvedere alla trascrizione del presente decreto ai

sensi e ai fini di cui all'art. 2644 c.c. ” avevano conferito poteri espropriativi in capo al soggetto attuatore ed al Commissario e pertanto:

il DPCM violava gli artt. 1,8,9,10,11,12,13 del dPr n. 327/2001;

II) la legge ad esso sottesa violava l’art. 43 della Costituzione;

il T.a.r. aveva disatteso la censura erroneamente richiamando l’art. 42 della Costituzione;

IV) la prescrizione di legge, invece, violava proprio il terzo comma dell’art. 42 suddetto, e prevedeva una forma di indennizzo “incerto” in quanto non previamente quantificato, e concerneva beni non rientranti tra quelli indicati dall’art. 43 della Carta Fondamentale;

V) ne risultava stravolta la sequenza-tipo del procedimento espropriativo (vincolo preordinato all’esproprio;
dichiarazione di pubblica utilità;
decreto di esproprio) in quanto il trasferimento della proprietà (di regola momento finale e consequenziale a quelli prima indicati) precedeva invece ogni altro “passaggio”;

VI) ciò in quanto l’approvazione del programma di rigenerazione urbana (che costituiva variante e dichiarazione di pubblica utilità) era successivo alla trascrizione del passaggio della proprietà delle aree (art. 33 commi 10 e segg.);

b) (terza censura) l’avversato DPCM, (art. 7:”A fronte del trasferimento delle aree e immobili di cui al precedente art. 3, la societa' di scopo di cui al comma 1 riconosce alla procedura fallimentare della Bli Futura s.p.a. in fallimento un importo determinato sulla base del valore di mercato di dette aree e immobili stimato dall'Agenzia del demanio ai sensi del citato comma 12 dell'art. 33 del decreto-legge n. 133 del 2014. 3. L'importo determinato ai sensi di quanto previsto dal comma precedente viene versato alla procedura fallimentare, anche mediante azioni o altri strumenti finanziari emessi dalla medesima societa' per azioni di scopo o, anche congiuntamente, con l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti s.p.a.” ) in punto di rimborso era coerente con la precedente stesura del testo normativo (“ Alla procedura fallimentare della societa' Bli Futura S.p.A. e' riconosciuto dalla societa' costituita dal Soggetto Attuatore un importo determinato sulla base del valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti rilevato dall'Agenzia del Demanio alla data del trasferimento della proprieta', che potra' essere versato mediante azioni o altri strumenti finanziari emessi dalla societa', il cui rimborso e' legato all'incasso delle somme rivenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti, secondo le modalita' indicate con il decreto di nomina del Soggetto Attuatore”) ma non con la nuova versione dell’art. 33 medesimo, successivo al rimaneggiamento avvenuto mercè il decreto c.d. “milleproroghe” (“ alla procedura fallimentare della societa' Bli Futura Spa e' riconosciuto un importo corrispondente al valore di mercato delle aree e degli immobili trasferiti, rilevato dall'Agenzia del demanio alla data del trasferimento della proprieta'. Tale importo e' versato alla curatela fallimentare mediante strumenti finanziari, di durata non superiore a quindici anni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, emessi su mercati regolamentati dal Soggetto Attuatore, anche al fine di soddisfare ulteriori fabbisogni per interventi necessari all'attuazione del programma di cui al comma 8.”) e pertanto:

I) l’indennizzo non era “previamente quantificato” ed era aleatorio non soltanto con riferimento alla sua quantificazione, ma anche nel quomodo della sua corresponsione: il concetto di “strumento finanziario” ex art. 1 del d.Lgs. 24 febbraio 1998 n. 58 era ampio e variegato;

II) costituiva ultrapetizione, se non pura illazione, la affermazione del T.a.r. secondo cui tale termine “strumento finanziario” doveva coincidere con quello di “obbligazioni”;

III) anche eventuali obbligazioni emesse dal Invitalia s.p.a. , in ogni caso, non avrebbero integrato una forma di ristoro contraddistinta dal carattere della certezza;

d) (quarta quinta e sesta censura) il T.a.r non aveva colto l’interesse della curatela a rimarcare che la disciplina di cui al più volte citato art. 33 (anche nella versione novellata) ledeva l’art. 47 della Costituzione in quanto si poneva in conflitto con plurime disposizioni della legge fallimentare esautorando gli Organi della procedura fallimentare (art. 31 e 104 della legge fallimentare) in quanto:

I) la procedura di fallimento, di regola, era soggetta ad una tempistica stringente che nel caso di specie veniva incomprensibilmente dilatata;

II) né il curatore né gli altri organi (anche il Tribunale) avrebbero potuto spiegare alcuna attività di vigilanza (art. 104 della legge fallimentare in tema di programma di liquidazione dell’attivo) a fronte di una previsione per cui i beni erano espropriati al fallimento, in “cambio” di “strumenti finanziari” non meglio precisati, da rimborsare solo in esito alla cessione dei beni;

la dinamica prevista dall’art. 33 di “rimborso” del fallimento (“Tale importo e' versato alla curatela fallimentare mediante strumenti finanziari, di durata non superiore a quindici anni decorrenti dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, emessi su mercati regolamentati dal Soggetto Attuatore, anche al fine di soddisfare ulteriori fabbisogni per interventi necessari all'attuazione del programma di cui al comma .”)era incompatibile con la gestione della procedura fallimentare;

si prevedeva quindi, nella sostanza, che il curatore divenisse “obbligazionista” od “azionista”, ma la legge fallimentare, salve limitate eccezioni, non riconosceva al curatore compiti di gestione attiva dei beni del fallito (art. 104 della legge fallimentare in tema di esercizio provvisorio dell’impresa, che deve essere autorizzato dal Giudice);

la tempistica era poi imprevedibile (art. 7 comma 4 del dPCM: “4. Le azioni o gli altri strumenti finanziari di cui al precedente comma potranno essere richiesti a rimborso dai legittimi titolari

solo successivamente all'incasso delle somme rinvenienti dagli atti di disposizione delle aree e degli immobili trasferiti e, comunque,in misura non superiore alle somme effettivamente incassate, secondo le modalita' che verranno individuate con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.”);

inoltre la tempistica di quindici anni prevista nell’ultima stesura della norma collideva con la pacifica applicabilità anche alle procedure fallimentari della legge sulla ragionevole durata del processo n. 89/2001,in quanto precipitato dell’art. 6 par. I della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo: posto che il tempo massimo stimato per una procedura fallimentare difficoltosa era pari a sette anni, era paventabile che allo scadere del settimo anno (sui quindici previsti quale tetto massimo dalla norma in esame di cui all’art. 33) sarebbero state presentate richiesta di indennizzo, con gravi danni all’erario;

il trasferimento dei beni senza immediato indennizzo (come “disegnato” dal Legislatore nel caso di specie) in realtà era ipotizzabile soltanto nel caso di concordato fallimentare: sarebbe stato logico prevedere che il Soggetto Assuntore presentasse una tale proposta;

la prescrizione di legge secondo cui “dalla trascrizione del decreto di trasferimento e alla consegna dei suddetti titoli, tutti i diritti relativi alle aree e agli immobili trasferiti, ivi compresi quelli inerenti alla procedura fallimentare della societa' Bli Futura Spa, sono estinti e le relative trascrizioni cancellate ”era incompatibile con il soddisfacimento dei creditori, anticipando gli affetti della chiusura della procedura fallimentare (condizionata dall’avvenuto riparto dell’attivo) ad una fase in cui non era neppure preconizzabile l’ an ed il quantum dell’indennizzo;

VIII) né era comprensibile la sorte delle ipoteche iscritte sui beni costituenti la massa attiva e destinati ad essere trasferiti nella titolarità della società Invitalia s.p.a.;

IX) ne risultava violato l’art. 2741 cc e vulnerato il diritto di difesa dei creditori ipotecari ad impugnare l’atto di cessione dei beni assistiti da garanzia reale;

X) e tali circostanze apparivano vieppiù gravi in quanto ascrivibili ad una legge ad hoc , dal che si desumeva che la contestata previsione legislativa violava i limiti di razionalità delle c.d. “leggi provvedimento”;

e) la modifica del testo originario dell’art. 33 non elideva alcuna delle riscontrate criticità “genetiche” ed applicative ed anzi rendeva l’originario dPCM in parte incoerente con la vigente disciplina legislativa, per cui il T.a.r. l’avrebbe dovuto annullare il dPCM impugnato tout court , senza che si dovesse attendere l’emissione dei decreti attuativi della “novella”.

5. In data 7.11.2016 il Comune di Napoli si è costituito depositando atto di stile ed ha chiesto l’accoglimento dell’appello

6. In data 8.11.2016 la società originaria controinteressata Invitalia si è costituita depositando atto di stile chiedendo la reiezione dell’appello.

7. In data 14.11.2016 la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita depositando atto di stile chiedendo la reiezione dell’appello ed in data 24.2.2017 ha depositato documenti.

8. In data 18.11.2016 il Comune di Napoli ha depositato una articolata memoria deducendo che l’appello proposto dalla curatela fallimentare era fondato in quanto, tra l’altro, l’azione amministrativa impugnata ledeva gli interesse dei creditori della

9. In data 26.11.2016 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha depositato una articolata memoria, nell’ambito della quale, dopo avere ripercorso le principali tappe infraprocedimentali della risalente vicenda (pagg. 1-24)deducendo che l’appello doveva essere dichiarato inammissibile per genericità, o comunque respinto in quanto infondato, sottolineando che peraltro l’are area era allo stato sprovvista di una destinazione urbanistica definitiva, e che si era in presenza di una dichiarazione di pubblica utilità “ope legis” discendente dalla qualificazione del comprensorio quale “area di rilevante interesse nazionale”.

10. In data 28.11.2017 la società originaria controinteressata Invitalia ha depositato una articolata memoria, chiedendo che l’appello venisse respinto.

11. Alla camera di consiglio dell’1 dicembre 2016 fissata per la delibazione della istanza di sospensione della esecutività della impugnata decisione la trattazione della causa è stata rinviata al merito.

12. In data 22.2.2017 la parte appellante ha depositato documenti relativi ai fatti di causa.

13. In data 3.3.2017 la parte odierna appellante ha depositato una articolata memoria puntualizzando e ribadendo le proprie difese.

14. In data 6.3.2017 la società originaria controinteressata Invitalia ha depositato una ulteriore memoria, ribadendo le proprie difese.

15. In data 16.3. 2017 la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha depositato una memoria di replica, facendo presente che a breve sarebbero state intraprese le attività di caratterizzazione del sito e che le censure appellatorie obliavano la circostanza che il progettato intervento era l’unico rimedio per potere fare riacquistare valore alle aree: la “data di trasferimento della proprietà” riguardava il parametro – e non i tempi- della quantificazione dell’indennizzo;
per altro verso, le prerogative della curatela sarebbero state garantite della possibilità di impugnare gli atti adottati dal Soggetto Attuatore.

16. Alla odierna udienza pubblica del 6 aprile 2017 causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Entrambi i suindicati ricorsi in appello devono essere riuniti in quanto, sebbene non volti ad impugnare la medesima sentenza, essi sono inscindibilmente connessi sotto il profilo oggettivo e soggettivo posto che in primo grado sono stati impugnati da parti processuali diverse i medesimi atti e sono state prospettate censure in larga parte coincidenti, tanto che le due suindicate sentenze recano motivazioni in più parti identiche.

1.1. Ritiene il Collegio di anticipare il proprio convincimento secondo il quale:

a) la particolarità dei riuniti ricorsi riposa nella circostanza per cui sono stati impugnati atti amministrativi deducendo vizi che riposano (in massima parte, e salvo quello che di qui a breve si dirà) nella illegittimità derivata dei medesimi discendente dalla incostituzionalità della norma di legge che di tali provvedimenti costituisce la fonte;

b) tutte le questioni di legittimità costituzionale prospettate sono quindi all’evidenza rilevanti nell’odierno giudizio (sul punto si tornerà brevemente di seguito);

c) talune delle questioni di legittimità costituzionale prospettate non appaiono manifestamente infondate, nei sensi che di seguito si chiariranno.

1.2.Preliminarmente il Collegio evidenzia che:

a) a mente del combinato disposto degli artt. artt. 91, 92 e 101, co. 1, c.p.a., farà esclusivo riferimento ai mezzi di gravame posti a sostegno dei ricorsi in appello, senza tenere conto di ulteriori censure sviluppate nelle memorie difensive successivamente depositate, in quanto intempestive, violative del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e della natura puramente illustrativa delle comparse conclusionali (cfr. ex plurimis Cons. Stato Sez. V, n. 5865 del 2015);

b) le parti concordano in ordine alla ricostruzione fattuale e cronologica della vicenda infraprocedimentale siccome descritta nella parte in fatto delle decisioni di primo grado impugnate, per cui, anche al fine di non appesantire il presente elaborato, ed in ossequio al principio di sinteticità, si farà integrale riferimento sul punto alle affermazioni del T.a.r. (art. 64 comma II del c.p.a.): in particolare non si procederà ad elencare le molteplici iniziative pubbliche, anche sfociate in Accordi di programma rimasti inattuati, precedenti al fallimento della società Blifutura;

c) le censure proposte dalle parti appellanti sono in talune parti tra loro coincidenti, per cui sarà possibile un esame congiunto di talune di esse medesime, evidenziando volta per volta le sfaccettature differenziate e dando partita risposta a queste ultime: le parti odierne appellanti hanno proposto altresì autonome doglianze che non presentano punti di contatto, e che necessitano di esame separato;

d) i riuniti appelli sono senz’altro ammissibili in quanto propongono critiche dettagliate e specifiche alle argomentazioni contenute nelle impugnate decisioni, il che implica la reiezione delle eccezioni di inammissibilità dei medesimi per asserita genericità sollevate dalla difesa erariale.

2. Ciò premesso, e venendo all’esame del merito delle doglianze proposte, seguendo la tassonomia propria delle questioni (secondo le coordinate ermeneutiche dettate dall’Adunanza plenaria n. 5 del 2015), è evidente che in ordine logico è prioritario l’esame del primo motivo di doglianza proposto dal Comune di Napoli, secondo il quale la declaratoria (parziale) di improcedibilità resa dal T.a.r. con riferimento ad alcune questioni di legittimità costituzionale sollevate, era stata resa ex officio senza che all’originario ricorrente fosse stato dato avviso ex art. 73 comma III del c.p.a.: dal che ne dovrebbe conseguire che la sentenza, resa in violazione del principio del contraddittorio, andrebbe annullata con rinvio al T.a.r. medesimo, ex art. 105 del c.p.a.

2.1. La fragilità e non favorevole delibabilità della doglianza è evidente sia in punto di fatto che di diritto, in quanto:

a) per un verso la difesa erariale, nella propria memoria di replica depositata in primo grado il 17.2.2016 alle pagg.

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