Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-05-25, n. 202204200
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Pubblicato il 25/05/2022
N. 04200/2022REG.PROV.COLL.
N. 03778/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3778 del 2018, proposto dal signor
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G A F e A R S, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Pecorilla in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;
contro
il Ministero della difesa, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la -OMISSIS-, sezione staccata di -OMISSIS-, Sezione Seconda, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, recupero di compensi percepiti per prestazioni professionali non autorizzate;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2022 il Cons. C C e preso atto della richiesta della difesa dell’appellante di passaggio della causa in decisione senza discussione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La controversia in esame concerne gli atti dell’Amministrazione diretti al recupero dei compensi percepiti dall’odierno appellante, all’epoca dei fatti assistente infermiere presso il Centro ospedaliero militare di -OMISSIS-, per prestazioni infermieristiche non autorizzate, rese in regime libero professionale a favore di soggetto sanitario privato.
1.1. Con sentenza n.-OMISSIS-, il Tar -OMISSIS---OMISSIS- aveva accolto il ricorso dell’interessato diretto all’annullamento della nota dell’Amministrazione in data 7 luglio 2011, recante comunicazione di decurtazione della retribuzione, fino al recupero integrale di detti compensi, della nota prot. n. 27956 in data 4 maggio 2011 e, per quanto di interesse, delle circolari del Ministero della Difesa DPGM n. 301/1999 e M_D GMIL_04_0396572/2011. Secondo il Tar era fondata la doglianza con cui era stato evidenziato che l’art. 53 d.lgs. n. 165/2001 avrebbe stabilito un beneficio di previa escussione dell’ente erogante il compenso seppur già percepito.
Veniva allora comunicata al soggetto privato che si era avvalso delle prestazioni dell’odierno appellante la nota della Marina Militare - Direzione di Commissariato M.M. di -OMISSIS- prot. n. 1/NS-RIT/42508 in data 10 ottobre 2012 a firma del Vice Direttore - Capo Servizio Amministrativo, diretta al recupero delle somme erogate a titolo di compenso per le prestazioni extraprofessionali non autorizzate.
1.2. Il ricorso presentato dal soggetto erogatore dei compensi avverso tale comunicazione e gli atti ad essa connessi veniva accolto dal Tar -OMISSIS---OMISSIS-, con sentenza n. -OMISSIS-, con la quale si rilevava che, in caso di percezione del compenso della prestazione non autorizzata da parte del dipendente pubblico, “ non può esserci alcun dubbio che solo quest’ultimo sia tenuto alla restituzione di quanto corrispostogli ”, altrimenti il soggetto erogante il compenso sarebbe tenuto due volte al pagamento di somme, l’una al prestatore e l’altra all’amministrazione di appartenenza dello stesso.
2. Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso dell’interessato diretto all’annullamento della nota dell’Amministrazione prot. M_DMCOMTA0032911, in data 4 maggio 2016, e degli atti connessi, e all’accertamento dell’insussistenza del diritto della stessa Amministrazione di procedere al recupero delle somme in questione, nonché i motivi aggiunti diretti all’annullamento della nota prot. M_D MCOMTA 53820, in data 22 luglio 2016, e degli atti connessi.
Con tali atti l’Amministrazione aveva comunicato all’interessato la riattivazione nei suoi confronti del procedimento di recupero dei compensi percepiti per le prestazioni professionali non autorizzate;in particolare, la nota in data 4 maggio 2016 rappresentava che, con precedente nota in data 11 aprile 2016 PERSOMIL prot. M_DGMIL REG2016 0230775, la Direzione Commissariato M.M. di -OMISSIS- era stata invitata ad effettuare la suddetta riattivazione, specificando che, “ qualora dovesse essere utilizzata la suddetta procedura tramite ritenuta stipendiale mensile, il servizio amministrativo, entro sei mesi dall’adozione della ritenuta stessa, dovrà iniziare, a titolo precauzionale, giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei Conti o presentare richiesta di sequestro presso la Procura della Corte stessa ”.
Il Tar ha considerato infondata la tesi del ricorso di primo grado secondo cui l’Amministrazione non avrebbe potuto procedere al recupero dei compensi ritenuti indebitamente percepiti dovendo invece investire della questione la magistratura contabile, con la sollecitazione dell’avvio di un’azione di responsabilità erariale a carico del ricorrente: sulla scorta dell’indirizzo espresso dalla citata sentenza n. -OMISSIS-, considerato che nell’art. 53, co. 7 del d.lgs. 165/2001 non è “ rintracciabile ” con sufficiente chiarezza un obbligo di preventiva escussione del soggetto erogatore dei compensi per l’attività professionale del dipendente non autorizzata - quando tali compensi siano stati effettivamente erogati – e l’azione dell’Amministrazione diretta alla restituzione dei medesimi “ non può che essere indirizzata nei confronti del dipendente medesimo ”, in conformità “ ad un principio di giustizia che tende a ristorare la P.A. della misura patrimoniale equivalente alle ore di lavoro indebitamente sottratte dal dipendente all’Ente pubblico di appartenenza ”. Altrimenti il soggetto erogante sarebbe paradossalmente e ingiustamente obbligato ad erogare due volte gli stessi importi, sia a titolo di compenso al dipendente pubblico non autorizzato, sia all’amministrazione di appartenenza a titolo di recupero dello stesso compenso. La responsabilità erariale di cui all’art. 53, comma 7- bis , d.lgs. n. 165/2001 sussiste solo “ nel solo caso in cui il dipendente pubblico, che sia anche indebito percettore di somme, si sottragga deliberatamente all’obbligo di versare il compenso in favore del Fondo di Produttività o di Fondi equivalenti ” cioè “ presuppone che l’amministrazione di appartenenza del dipendente pubblico ‘infedele’ abbia vanamente coltivato l’azione restitutoria delle somme indebitamente percepite ”.
Ad avviso del primo giudice dovevano inoltre ritenersi infondati i dubbi di legittimità costituzionale adombrati dal ricorrente sia dell’art. 53, co. 7, d.lgs. n. 165/2001, sia dell’art. 210 del d.lgs. n. 66/2010.
3. Con l’appello in esame in sintesi:
a ) si propone nuovamente la tesi considerata infondata dal Tar per cui, in base all’art. 53 d.lgs. n. 165/2001, nella fattispecie l’Amministrazione avrebbe dovuto limitarsi ad investire della questione la Corte dei conti, ai fini dell’azione di responsabilità erariale, richiamando la pronuncia della Corte di cassazione, S.U. civ. n. 25769/2015. La sentenza del Tar -OMISSIS---OMISSIS- n. -OMISSIS-, menzionata nella pronuncia impugnata, non avrebbe stabilito che il Ministero della difesa potesse procedere al recupero dei compensi per prestazioni non autorizzate a mezzo di trattenute stipendiali. Perciò, l’attività dell’Amministrazione diretta al recupero degli stessi compensi, così come l’avviso di avvio a titolo precauzionale del giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei Conti, sarebbero del tutto arbitrari;
b ) si prospettano i dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 53, co. 7, d.lgs. n. 165/2001, già formulati nel ricorso di primo grado, con riferimento ai parametri costituzionali ivi indicati, in particolare alla luce degli artt. 36 e 97 Cost.. L’appellante evidenzia che l’assunzione anche dell’art. 41 Cost. a parametro di legittimità nell’ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale n.-OMISSIS- del Tar -OMISSIS---OMISSIS-, nell’ambito del giudizio avviato dal soggetto privato che aveva erogato i compensi controversi, sarebbe stata determinante ai fini della dichiarazione di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale di cui all’ordinanza n. -OMISSIS- della Corte costituzionale. Nel considerare infondati i dubbi di legittimità costituzionale prospettati in primo grado, conferendo all’art. 53, co. 7, il fine di salvaguardia del principio consacrato dall’art. 98 Cost., il Tar avrebbe travisato i termini nei quali la questione di legittimità costituzionale era stata prospettata dal ricorrente: termini non assoluti, bensì relativi alla “ difficile compatibilità ” con i parametri costituzionali evocati della previsione di un obbligo di restituzione integrale dei compensi percepiti per le prestazioni non autorizzate, anche quando svolte senza incidere “ sull’ordinario svolgimento dell’attività impiegatizia (…) in assenza di conflitto d’interesse e al di fuori dell’orario di servizio (ad es., durante le ferie o, come è avvenuto nel caso in esame, nel tempo libero, fuori dall’orario di lavoro ”. In tali circostanze le trattenute stipendiali da parte dell’Amministrazione ne avrebbero comportato un indebito arricchimento “ di dubbia compatibilità con il principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97 Cost. ”. Dunque, la questione di legittimità costituzionale era stata prospettata, e negli stessi termini è nuovamente proposta in appello, “ essenzialmente con riferimento alla compatibilità costituzionale della proporzionalità della previsione della sottrazione al dipendente dell’intera retribuzione percepita per l’attività extraprofessionale non autorizzata dalla P.A. d’appartenenza ”.
4. La domanda cautelare dell’appellante è stata respinta, “ considerato che il ricorso, allo stato, non presenta apprezzabili elementi di fumus;in particolare, nella fattispecie, si verte della legittimità della richiesta di restituzione e non già della eventuale responsabilità erariale del dipendente per omesso versamento del dovuto;considerato altresì, quanto alla dedotta violazione degli articoli 3 e 97 Cost., che parimenti meritevoli di tutela sono gli interessi compendiati dall’art. 98 Cost.;ritenuto, quanto al periculum, che la rateizzazione applicata dall’amministrazione appare proporzionata alla retribuzione in godimento ” (Cons. Stato, sez. IV, 1 marzo 2019 n. 1022).
4. L’Amministrazione, costituita in giudizio con atto depositato in data 19 febbraio 2019, ha chiesto il rigetto dell’appello.
5. La causa, chiamata all’udienza del 5 aprile 2022, è stata trattenuta in decisione.
6. Le censure dell’appellante riportate sub 3, lett. a ), devono essere considerate infondate.
La Suprema Corte ha rilevato che “ la giurisdizione del giudice amministrativo, sulla domanda proposta dalla P.A. per la ripetizione delle somme indebitamente percepite dal dipendente pubblico per lo svolgimento di attività extraistituzionale non autorizzata dall’amministrazione di appartenenza, sussiste anche nel caso in cui sia stata contemporaneamente avviata l’azione di responsabilità erariale dinanzi alla Corte dei conti per i medesimi fatti materiali ”, data “ l’assoluta autonomia tra le due azioni ”, poiché esse sono basate su “ presupposti diversi, avendo, la prima, una funzione riparatoria ed integralmente compensativa del danno e, la seconda, una funzione prevalentemente sanzionatoria, sono reciprocamente indipendenti, senza che possa prospettarsi una violazione del principio del ne bis in idem ”(Cass. civ. S.U. ord. 15 febbraio 2022, n. 4871).
Questa Sezione ha avuto modo di mettere in luce sia il carattere automatico dell’obbligo restitutorio di cui all’art. 53, co. 7, d.lgs. n. 165/2001 in capo al dipendente che ha percepito compensi per prestazioni non autorizzati da parte dell’Amministrazione di appartenenza;sia la natura dello stesso obbligo, quale misura reale di natura compensativa della condotta irregolare del dipendente, evidenziando l’attinenza delle disposizioni del comma 7- bis dello stesso articolo alla tutela risarcitoria, con la previsione che la percezione irregolare di compensi per attività extraprofessionali costituisce danno erariale soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti.
In particolare si è precisato che: le disposizioni richiamate comportano “ un intreccio inscindibile tra le conseguenze dello svolgimento di attività extraistituzionale da parte dei pubblici dipendenti in difetto di autorizzazione datoriale ” e dunque “ una fattispecie a formazione progressiva nella quale la prima condotta rileva obiettivamente, salvo se ne vogliano contestare i presupposti disconoscendo il diritto dell’Amministrazione alle reversali economiche imposte. Il primo segmento, attiene alle scelte poste in essere dall’Amministrazione per evitare il danno erariale da mancato introito dei compensi illecitamente percepiti dal dipendente;il secondo le ragioni dell’omesso versamento, che implicano necessariamente la valutazione della liceità della condotta, sotto il profilo oggettivo (supposta non necessità dell’autorizzazione) o soggettivo (mancanza dell’elemento psicologico richiesto) ”;il giudizio contabile per responsabilità erariale “ consegue alla vocatio in ius del Pubblico ministero contabile, titolare della relativa azione a seguito di una notitia damni ” e nulla esclude, che se l’obbligato “ ritenga di opporsi in qualche modo alla restituzione, doverosa e legittima, l’Amministrazione ne informi la Procura presso la Corte dei conti che applicherà tutti gli ordinari canoni della responsabilità amministrativa, sostanziali e processuali, dimostrando non soltanto la mancanza di autorizzazione espressa da parte dell’amministrazione e che si sia verificata l’omissione del riversamento (da parte del dipendente o dell’ente erogante), ma che questo sia connotato da dolo o colpa grave. Trattasi, dunque, di una responsabilità amministrativa ordinaria di danno, che sarebbe ugualmente ipotizzabile -recte, già sussisteva-, in base ai principi generali, in assenza dell’interpolazione legislativa dell’art. 53, mediante l’introduzione del comma 7 bis. Essa, cioè, non discende dall’obbligo di cui al comma 7, ma dalla condotta successiva di omissione del versamento del compenso, alternativa rispetto al versamento da parte del soggetto conferente. Tale omissione, infatti, arreca ontologicamente un danno erariale in quanto priva l’Amministrazione di somme che le spettano, in quanto correlate a prestazione lavorativa del proprio dipendente ”. (Cons. Stato, sez. II, 27 maggio 2021, n. 4091).
7. I dubbi di legittimità costituzionale prospettati dall’appellante, richiamati sub 3, lett. b ), devono essere considerati infondati, poiché l’individuazione da parte del Tar nell’art. 98 Cost. della base costituzionale delle disposizioni in questione si pone in continuità con la giurisprudenza di questo Consiglio, cui si ritiene di dare continuità. In particolare la richiamata pronuncia di questa Sezione n. 491/2021: ha individuato la finalità dell’art. 53, co. 7, d.lgs. n. 165/2001 nella “ dissuasione, in generale, del fenomeno dell’assunzione di incarichi extraistituzionali retribuiti, in quanto contrario al dovere di esclusività del rapporto del pubblico dipendente con l’amministrazione, discendente dall’art. 98, comma 1, della Costituzione, nonché alla necessità di evitare situazioni di conflitto di interessi o di assoluta incompatibilità con l’attività principale svolta presso l’amministrazione di appartenenza ”;cosicché, “ l’obbligo di riversare le somme indebitamente percepite ‘scatta’ a prescindere da qualsivoglia profilo di danno -e quindi di illecito-erariale, siccome accade ogniqualvolta che il dipendente abbia agito al di fuori dell’orario di servizio e senza compromettere in alcun modo né in termini quantitativi, né, soprattutto, qualitativi, lo stesso ”;la situazione di incompatibilità su cui interviene l’art. 53, co. 7, “ deve essere valutata in astratto, sul presupposto che la norma mira anche a salvaguardare le energie lavorative del dipendente al fine del miglior rendimento, indipendentemente dalla circostanza che questi abbia sempre regolarmente svolto la propria attività impiegatizia ”, poiché, allo scopo di assicurarne il buon andamento, la legge riconosce alla pubblica amministrazione, “ il diritto a un controllo preventivo degli incarichi, che potrebbero pregiudicare il corretto adempimento delle pubbliche funzioni cui i dipendenti sono preposti ”.
Anche la Suprema Corte ha evidenziato che “ l’obbligo di esclusività, desumibile dal richiamato art. 53, ha particolare rilievo nel rapporto di impiego pubblico perché trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 98 Cost. con il quale il legislatore costituente, nel prevedere che ‘i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione ’ , ha voluto rafforzare il principio di imparzialità di cui all’art. 97 Cost., sottraendo il dipendente pubblico dai condizionamenti che potrebbero derivare dall’esercizio di altre attività (cfr. fra le più recenti Cass. n. 20880/2018 che richiama Cass. n. 28797/2017;Cass. 8722/2017 e Cass. n. 28975/2017) ” (Cass. civ., sez. lav., 10 gennaio 2019, n. 427).
Dunque, deve escludersi che si possa formulare un giudizio di fondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata nel gravame alla luce dei parametri costituzionali ivi invocati.
8. In conclusione l’appello deve essere considerato infondato e deve essere respinto.
Il regolamento processuale delle spese del grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, segue la soccombenza.