Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-06-11, n. 201502851

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-06-11, n. 201502851
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201502851
Data del deposito : 11 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01957/2014 REG.RIC.

N. 02851/2015REG.PROV.COLL.

N. 01957/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1957 del 2014, proposto da:
S C, rappresentato e difeso dagli avv. V P, Michela Reggio D'Aci, M G, con domicilio eletto presso l’avv. Michela D'Aci Reggio in Roma, Via degli Scipioni n.288;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, Comando Interregionale dell'Italia Nord-Orientale della Guardia di Finanza, Comando Provinciale Venezia della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Comando Regionale Guardia di Finanza

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. VENETO n. 01250/2013, resa tra le parti, concernente perdita del grado per rimozione


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell' Economia e delle Finanze e di Comando Generale della Guardia di Finanza e di Comando Interregionale dell'Italia Nord-Orientale della Guardia di Finanza e di Comando Provinciale Venezia della Guardia di Finanza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2015 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi per le parti gli avvocati Michela Reggio D'Aci e l'Avvocato dello Stato Federico Di Matteo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

'FATTO'


FATTO

Il sig. C Salvatore, maresciallo capo della Guardia di Finanza impugnava innanzi al Tar del Veneto il provvedimento del Comandante Interregionale dell’Italia Nord- Orientale della Guardia di Finanza del 1 luglio 2013 prot. n.0246308/13 recante l’irrogazione della sanzione della perdita del grado per rimozione adottato in sede di riedizione della procedura disciplinare dopo che il Tar con sentenza n.501/2013 aveva rilevato un vizio nella gestione dell’iter del procedimento di disciplina .

Con tale provvedimento si prendeva atto delle risultanze del procedimento conclusosi con il giudizio di non meritevolezza della conservazione del grado assunto nei confronti del predetto sottufficiale nel giugno del 2013 di cui al verbale della Commissione di disciplina relativo alla seduta del 21 giugno 2013 .

A sua volta il procedimento disciplinare traeva origine dalla vicenda giudiziaria incardinata presso l’Autorità giudiziaria di Palermo che ha visto coinvolto il predetto sottufficiale e nella quale il C era inquisito per i reati di cui agli artt.12 quinquies della legge n.356/92 di conversione del d.l. n.306792 recante provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa e 7 della legge n.203/1991 di conversione in legge del d.l. n.203/1991 recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa.

Più specificatamente come rilevasi dalla disamina dagli elementi di cognizione contenuti in rapporti di servizio e atti processuali prodotti in causa ( vedi per i primi la relazione del Comando Interregionale della Guardia di Finanza del 28/10/2010 e per i secondi la richiesta di archiviazione della Procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo del 17 luglio 2009 e ordinanza di custodia cautelare per altri imputati del GIP di Palermo del 14 gennaio 2010 ) il sottufficiale C, in servizio all’epoca presso la Tenenza di Chioggia veniva indagato in quanto sospettato di intrattenere rapporti con esponenti di vertice di un mandamento mafioso e di altresì fungere da intermediatore per loro conto affinchè effettuassero un investimento immobiliare nella Provincia di Venezia, indagini che peraltro si concludevano con decreto di archiviazione del GIP di Palermo del 20/7/2009

Con la contestazione giudiziale di primo grado l’interessato denunciava a carico dell’adottato provvedimento espulsivo dal Corpo militare vari profili di illegittimità sub specie dell’eccesso di potere per travisamento dei fatti, , illogicità, sviamento e sproporzionalità , censure che venivano respinte dal TAR con sentenza n.1250/2013 che riteneva il ricorso infondato.

L’interessato ha impugnato tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto, deducendo a sostegno del proposto appello i seguenti motivi:

erroneità, incongruità, e illogicità della motivazione sotto molteplici profili: violazione dell’art.1355 del dlgs n.66/2010 recante il Codice dell’Ordinamento Militare;

Eccesso di potere per manifesta illogicità e contraddittorietà: eccesso di potere per carenza e/o inadeguatezza di istruttoria sotto altro profilo . eccesso di potere per sviamento.

Parte appellante ha poi prodotto ad ulteriore illustrazione delle sue tesi apposita memoria difensiva in cui ha altresì riproposto le censure del ricorso di primo grado.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’ Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia di Finanza che hanno contestato la fondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e va, perciò, respinto.

Col primo articolato mezzo d’impugnazione parte appellante contesta la legittimità della sanzione disciplinare irrogata sulla scorta di due ordini di argomentazioni così riassumibili:

l’amministrazione procedente ha basato le sue determinazioni unicamente su addebiti di carattere penale contestati all’appellante esclusivamente in sede di indagini, senza che il medesimo sia stato rinviato a giudizio, sicchè in sede disciplinare si è data valenza ad una condotta “illecita” che per la sua rilevanza penale e la sua stessa materialità non è stata mai accertata nella sede naturale del dibattimento, con erronea valutazione dei fatti contestati;

il provvedimento sanzionatorio non è congruamente motivato, si fonda su una semplice deduzione di fatti costituenti ipotesi di reato mai dimostrati e si pone in aperta violazione del principio del gradualismo sanzionatorio, rivelandosi, in particolare, del tutto sproporzionato.

I dedotti profili di censura, ancorchè pregevolmente esposti, non appaiono condivisibili.

Secondo un preciso indirizzo giurisprudenziale dal quale il Collegio non ha motivo per discostarsi, i fatti che hanno dato luogo ad un procedimento penale possono ( e per certi versi debbono ) formare oggetto di autonoma considerazione in sede disciplinare e la relativa sanzione deve essere irrogata sulla base di un separato giudizio di responsabilità ( appunto, quella disciplinare ) senza che i rilievi di tipo penale possano assurgere a presupposto unico per l’applicazione della sanzione disciplinare ( Cons. Stato Sez. IV 15/9/2010 n. 6678).

In concreto ai fini del corretto esercizio dell’attività amministrativa in rilievo, l’Amministrazione ben può utilizzare in sede disciplinare tutti gli atti dell’indagine penale , ma ha l’obbligo di valutare in maniera completa ed autonoma tutti fatti nella loro interezza e senza farsi fuorviare dagli addebiti penali mossi al dipendente sottoposto a procedimento disciplinare ( Cons. Stato Sez. IV 21/8/2006 n.4841).

Ciò detto, nella specie è indubbio che le contestazioni operate in sede penale nei confronti del C attengano ad ipotesi delittuose di notevolissima rilevanza ancorchè le stesse si siano poi concluse con un decreto di archiviazione del GIP, ma l’esito del procedimento penale in questione non appare risolutivo ai fini disciplinari, posto che nella specie l’Amministrazione ben poteva attivare, come avvenuto, un procedimento disciplinare volto ad una valutazione del comportamento tenuto dal suo dipendente sulla base di un giudizio del tutto autonomo rispetto alle risultanze penali, sia pure con l’osservanza degli obblighi motivazionali sopra indicati ( Cons. Stato Sez. IV 24/3/2011 n. 1816 ).

E’ accaduto allora che l’Amministrazione ha sì attinto dagli elementi di fatto in senso oggettivo che hanno caratterizzato le indagini penali, ma degli stessi ha dato una lettura del tutto autonoma , valutandoli ai fini dell’osservanza o meno dei doveri di lealtà e fedeltà propri dello status ricoperto dal C, con la qualificazione dei fatti stessi come elementi costitutivi di responsabilità disciplinare.

In sede disciplinare come rilevabile dalla disamina degli atti relativi alla istruttoria e definizione della procedura conclusasi con l’atto sanzionatorio de quo l’Amministrazione militare ha giustificato, con adeguata motivazione, la determinazione di responsabilità assunta a carico del sottufficiale, rendendo puntualmente contezza delle ragioni sulla base delle quali ha ritenuto che quei fatti e precisamente il concreto comportamento del militare abbiano violato od esposto a pericolo il bene /interesse protetto in sede disciplinare ( legalità , imparzialità, immagine ed onorabilità del Corpo della Guardia di Finanza) il tutto in linea con i criteri giurisprudenziali dettati all’uopo da questo Consesso ( cfr Cons. Stato Sez. VI 30/9/2008 n. 4674).

Né avuto riguardo agli elementi che connotano la vicenda, può essere utilmente invocata da parte appellante la ( insussistente) inosservanza del principio del c.d. gradualismo sanzionatorio, atteso che nella specie la sanzione di stato irrogata appare non spropositata e , in particolare si appalesa calibrata in relazione alla rilevanza e gravità della condotta violativa dei doveri istituzionali posta in essere dal militare.

E’ ben nota a questa Sezione la portata contenutistica del principio di proporzionalità, da intendersi nella “sua accezione etimologica e dunque da riferire nel senso di equità e di giustizia che deve caratterizzare la soluzione del caso concreto” ( cfr , da ultimo, Cons. Stato Sez. IV Sez. IV 26/2/2015 n.964;
Cons. Stato Sez. V 21/1/2015 n. 284), nondimeno il provvedimento adottato nei confronti del suindicato militare appare frutto di un ponderata, equilibrata valutazione degli interessi coinvolti, rispondendo la sanzione irrogata nel suo massimo grado di afflizione alle esigenze di legalità da assicurasi in ragione della notevole gravità della condotta ascritta al dipendente, tenuto conto dello status da questi rivestito e in relazione agi inderogabili doveri di fedeltà e lealtà assunti in sede di giuramento al momento di entrare a far parte del Corpo militare della Gdf.

In definitiva non può non convenirsi con l’operato dell’Amministrazione laddove ha ritenuto, dandone adeguata contezza che il comportamento riprovevole ascritto al maresciallo C sia tale da risultare assolutamente inconciliabile con la permanenza del militare nell’istituzione militare, rendendosi giustificata la massima sanzione di stato irrogata, rappresentata dall’espulsione dal Corpo della Guardia di Finanza.

Col secondo motivo di appello il C censura la condotta tenuta dall’Amministrazione in relazione agli accertamenti sanitari predisposti per il medesimo ai fini della reintegrazione in servizio dopo la sentenza del Tar n.501/2013, accadimenti svoltisi precedentemente all’adottato provvedimento espulsivo.

Ebbene, i profili di doglianza sono inammissibili perché del tutto irrilevanti e comunque ininfluenti sul procedimento disciplinare culminato con il provvedimento sanzionatorio per cui è causa.

Anche a voler ammettere, invero, che nella specie si siano verificate delle anomalie e/o “strane coincidenze temporali” l’attività posta in essere dall’Amministrazione militare rifluisce interamente nell’ambito di una vicenda ( quella della eventuale reintegrazione in servizio all’esito delle rituali visite mediche ) che non ha alcuna connessione logico- giuridica con l’iter procedimentale per cui è causa, almeno non nel senso di rapporto causa- effetto proprio dell’azione amministrativa qui in rilievo.

In forza delle suestese considerazioni l’appello si rivela non meritevole di positivo apprezzamento e va, pertanto, respinto.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo

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