Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-07-23, n. 201905216
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Pubblicato il 23/07/2019
N. 05216/2019REG.PROV.COLL.
N. 02268/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2268 del 2019, proposto dall’Istituto Leonarda V, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A C e S D e con questi elettivamente domiciliato in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2, presso lo studio dell’avvocato A C,
contro
la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato R B e con questa elettivamente domiciliata in Roma, presso i propri uffici legali in via Marcantonio Colonna, n. 27,
il Commissario ad acta pro tempore per la realizzazione/prosecuzione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro dai disavanzi regionali della Regione Lazio nel settore sanitario, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per la riforma
della sentenza del Tar Lazio, Roma, sez. III quater, n. 9706 del 3 ottobre 2018, che ha respinto il ricorso proposto avverso la nota della Regione Lazio – Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria n. 631649 del 18 novembre 2015, avente ad oggetto “DCA n. 359/2014. Decurtazione del 5%, con conseguente riduzione proporzionale del budget complessivo all’Istituto Leonarda V”, nonché del decreto del Commissario ad Acta n. U00359 del 30 ottobre 2014 e del suo Allegato 1 concernente “Direttive per l’adeguamento delle procedure di conferma dell’autorizzazione dell’attività sanitaria e di accreditamento istituzionale” e del successivo decreto dello stesso Commissario ad Acta n. U00594 del 16 dicembre 2015, avente ad oggetto “disposizioni applicative dell’art. 3 dell’allegato 1 del Decreto del Commissario ad acta n. U00359 del 30 ottobre 2014”.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lazio;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Commissario ad acta pro tempore per la realizzazione/prosecuzione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro dai disavanzi regionali della Regione Lazio nel settore sanitario;
Vista la memoria dell’appellante, depositata in data 10 giugno 2019;
Vista la memoria della Regione Lazio, depositata in data 5 aprile 2019;
Vista la memoria del Commissario ad acta pro tempore per la realizzazione/prosecuzione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro dai disavanzi regionali della Regione Lazio nel settore sanitario, depositata in data 6 aprile 2019;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella pubblica udienza del giorno 11 luglio 2019 il Cons. G F e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L'Istituto Leonarda V è un Ente morale che dal 1936 opera nel campo della riabilitazione, formazione e integrazione socio-lavorativa delle persone in condizione di handicap.
Svolge la propria attività in un edificio concessole in uso da Roma Capitale, che ne è la proprietaria. Opera come struttura accreditata per la riabilitazione ex art. 26, l. n. 833 del 1978, avendo ricevuto dalla Regione Lazio, come ogni altra struttura accreditata, il c.d. “accreditamento istituzionale provvisorio”, ai sensi dell'art. 8 quater, d.lgs. n. 502 del 1992.
Per poter conseguire l'accreditamento istituzionale definitivo, l'Istituto V è tenuto ad eseguire interventi di adeguamento antincendio dell'immobile in cui svolge la propria attività istituzionale, interventi che sono di competenza di Roma Capitale, nella qualità di proprietaria dell’edificio. L’Amministrazione capitolina ha concluso la progettazione sin dal 2011 ma, per avviarne la realizzazione, ha dovuto attendere il finanziamento regionale ottenuto a seguito della partecipazione al bando n. 528 dell'11 novembre 2011, indetto dalla Regione Lazio che, pur avendo approvato la graduatoria il 12 ottobre 2012, ha poi tardato ad erogare i fondi.
L'Istituto Leonarda V, dunque, anche per i colpevoli ritardi regionali nell’erogazione dei finanziamenti concessi, non è riuscito ad essere definitivamente in regola con la normativa antincendio alla data del 31 ottobre 2014;data rilevante ai sensi del d.l. 31 dicembre 2013, n. 150, convertito dalla l. 27 febbraio 2014, n.15, che aveva stabilito (art. 7, comma 1 bis, di modifica dell'art. 1, comma 796, lett. t), l. 27 dicembre 2006, n. 296: Finanziaria 2007) che le Regioni provvedono ad adottare provvedimenti finalizzati a garantire che dal 31 ottobre 2014 cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie non in regola.
In data 2 ottobre 2014 la Regione Lazio ha comunque sottoscritto con l'appellante Istituto il contratto di convenzionamento in considerazione dell'accreditamento provvisorio.
Con decreto interministeriale 19 marzo 2015, di modifica e aggiornamento delle vigenti disposizioni in materia di prevenzione incendi specificamente per le strutture sanitarie pubbliche e private, è stata prevista per ciascuna tipologia di struttura la fissazione di scadenze specifiche per l'adeguamento alle nuove disposizioni “per assicurare la continuità di esercizio di tali strutture”, è stato abrogato il previgente regime delle proroghe e assegnato un nuovo “scadenzario” di adeguamento.
Tale decreto interministeriale ha però stabilito che “è fatta salva la facoltà di optare per l'applicazione del presente decreto per le strutture esistenti di cui all'art. 2 per le quali sono stati pianificati o siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell'Interno del 18 settembre 2002”.
L'Istituto V, con lettera del 15 maggio 2015, ha comunicato alla Regione, al Comando dei Vigili del Fuoco e alla Asl di voler optare per il decreto del 19 marzo 2015, ma nonostante ciò la Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria, con nota n. 631649 del 18 novembre 2015, ha disposto la decurtazione del 5% del budget complessivo.
Con successiva lettera del 24 dicembre 2015 la Regione Lazio ha trasmesso l’ulteriore decreto del Commissario ad acta n. 594 del 16 dicembre 2015, con il quale è stato disposto che la decurtazione del 5% dovesse applicarsi con effetto dalla data di pubblicazione del precedente decreto n. 359 del 2014 fino al rilascio dell'accreditamento definitivo.
2. Avverso detto provvedimento e gli atti presupposti l’Istituto ha proposto ricorso al Tar Lazio, integrato da successivo atto di motivi aggiunti, lamentando l’avvenuta riduzione del budget di competenza per una somma pari a circa euro 300.000,00 e deducendone l’illegittimità per la sopravvenienza del d.i. 19 marzo 2015 il quale, introducendo nuove scadenze prestabilite per l'adeguamento delle strutture sanitarie ai fini dell'antincendio ed eliminando il previgente regime delle proroghe, ha determinato il venir meno dei presupposti legali e di fatto per la decurtazione del 5% del budget, essendo venuta meno la non conformità della struttura dal punto di vista della normativa antincendio.
3. Con sentenza n. 9796 del 3 ottobre 2018 il Tar Lazio, sede di Roma, sez. III quater, ha respinto il ricorso.
4. Con appello notificato il 5 marzo 2019 e depositato il successivo 15 marzo l’Istituto V ha dedotto:
a) Violazione e falsa applicazione del d.i. 19 marzo 2015.
Nel luglio 2015, l’Istituto era già in possesso dell’“autorizzazione ai fini antincendio” da parte dei Vigili del Fuoco di Roma trasmessa sia alla Asl competente, sia alla Regione Lazio. Era quindi onere della Asl Rm E procedere alla verifica dei lavori eseguiti dall’Istituto, al fine di rilasciare in tempi brevi il parere di conformità necessario per conseguire l’accreditamento definitivo da parte della Regione. Tale verifica, tuttavia, non è mai avvenuta.
L’Istituto V ha rispettato la tempistica dettata dal d.i. 19 marzo 2015 per adeguare le strutture alle norme antincendio, tanto è vero che, già nel luglio 2015, ha ottenuto (provvedimento n. 38413 del 23 luglio 2015) dal Comando dei Vigili del Fuoco “l’autorizzazione all’esercizio ai fini antincendio”.
b) Violazione dei principi di cui all’art. 97 Cost. - Violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi.
Il decreto del Commissario ad acta n. 594 del 16 dicembre 2015 viola il principio di irretroattività degli atti amministrativi, non potendo il decreto n. 359 del 29 ottobre 2014 essere applicato ad un contratto relativo alle prestazioni erogate nell’anno 2014 e sottoscritto tra le parti in data 2 ottobre 2014, cioè antecedentemente alla sua adozione.
c) Violazione dei principi di cui all’art. 97 Cost. sotto altro profilo. Motivazione insufficiente e illogica.
Il Tar ha respinto anche la terza censura nel punto 2.4 della sentenza, affermando che la ricorrente avrebbe dedotto “che il mancato completamento del procedimento regionale di autorizzazione è dipeso dalla Regione che con il proprio comportamento ha ritardato di un anno l’esecuzione dei lavori di adeguamento dell’antincendio”.
In realtà la terza censura era di tutt’altro tenore e nel ricorso non era stata dedotta alcuna “colpa” della Regione da parte dell’Istituto V.
Infatti con il terzo motivo di ricorso l’Istituto aveva dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per l’arbitrarietà e l’illogicità della decurtazione del budget annuale, lamentando l’assenza di qualsivoglia motivazione circa le ragioni per le quali alle strutture, ammesse ad erogare le prestazioni stabilite nei contratti sottoscritti e, anzi, dopo avere puntualmente fornito le prestazioni contrattualmente dovute, è stata applicata la “sanzione” della riduzione del budget che non è in alcun modo coerente – ed anzi è in contraddizione – con le dichiarate finalità perseguite (sia “di interesse pubblico” che di “tutela della salute e della sicurezza dei pazienti e degli operatori”).
Tali finalità, infatti, al contrario di quanto assume la Regione, appaiono compromesse dall’applicazione di detta sanzione, poiché la riduzione del budget in relazione alle spese approvate e già effettuate espone le strutture ad un pesante passivo, con rischio di imminente chiusura.
L’Istituto V ha dedotto anche l’illogicità della riduzione del 5% del budget rispetto alle finalità asseritamente perseguite con la normativa antincendio: non si comprende, infatti, come la riduzione del budget dovrebbe concorrere a tale finalità per la quale, invece, paiono sufficienti le determinazioni contenute nelle restanti disposizioni dell’Allegato 1 al decreto commissariale.
Inoltre, nel medesimo motivo, ha affermato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per irragionevolezza, visto che la riduzione del 5% del budget è stata operata in assenza di qualsivoglia criterio di determinazione della stessa e, in particolare, della sua misura che appare, infatti, del tutto sproporzionata e non adeguata in termini di tollerabilità della incisione nella sfera giuridica del destinatario del provvedimento.
d) Violazione dell’art. 112 c.p.c. - Violazione dell’art. 97 Cost. sotto altro profilo. Violazione del decreto commissariale n. 359 del 2014.
Come già osservato in primo grado – ma la relativa censura non è stata esaminata dal Tar – la nota della Regione del 18 novembre 2015 non contiene alcuna motivazione in ordine alle ragioni in base alle quali siano state ritenute applicabili all’esponente Istituto le previsioni contenute nel decreto commissariale n. 359 del 2014, riguardanti le strutture sanitarie e socio sanitarie “private”.
5. Si è costituita in giudizio la Regione Lazio, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
6. Si è costituito in giudizio il Commissario ad acta pro tempore per la realizzazione/prosecuzione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro dai disavanzi regionali della Regione Lazio nel settore sanitario, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
7. Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Oggetto del gravame è la riduzione, nei confronti dell’Istituto Leonarda V (d’ora in poi, V), del 5% del budget complessivo per gli anni 2014 e 2015 delle tariffe per le prestazioni riconoscibili - applicata dalla Regione Lazio ai sensi dell’art. 3 del decreto del Commissario ad acta per la realizzazione/prosecuzione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti nel piano di rientro dai disavanzi regionali della Regione Lazio nel settore sanitario (d’ora in poi, Commissario) n. 359 del 30 ottobre 2014 - per non essersi completato nei termini l’iter del provvedimento regionale di autorizzazione ai sensi della l. reg. Lazio n. 4 del 2003.
Al fine del decidere occorre inquadrare correttamente la vicenda contenziosa.
L’immobile occupato dal V è di proprietà di Roma Capitale.
L’Istituto è accreditato in via provvisoria per la riabilitazione ex art. 26, l. n. 833 del 1978, avendo ricevuto dalla Regione Lazio, come ogni altra struttura accreditata, il c.d. “accreditamento istituzionale provvisorio”.
Con il Decreto del Commissario ad acta n. 359 del 30 ottobre 2014 sono state approvate le "Direttive per l'adeguamento delle procedure di conferma dell'autorizzazione dell'attività sanitaria e di accreditamento istituzionale" e, in particolare, è stato previsto che "le strutture per le quali non è stato possibile concludere entro il termine del 31 ottobre 2014 l'iter amministrativo di autorizzazione e di accreditamento definitivo istituzionale con l'adozione di un provvedimento amministrativo a causa di intervenute proroghe o prescrizioni disposte da altre autorità (VV.FF., Comuni, ecc.) nelle materie di rispettiva competenza i cui termini per gli adempimenti si protraggono ben oltre quelli del 31 ottobre 2014 …. potevano fruire di misure e procedure prestabilite necessarie al completamento del percorso avviato della conferma dell'autorizzazione all'esercizio e di accreditamento istituzionale definitivo".
Con lettera del 12 gennaio 2015 il V ha precisato di rientrare "nei casi disciplinati dall'art. 2 dell'allegato 1 del decreto n. 359 del 2014 in quanto i lavori di adeguamento alle normative antincendio sono di competenza di Roma Capitale".
Con decreto interministeriale, adottato dai Ministeri dell'interno, della salute e dell'economia e finanze del 19 marzo 2015, sono state modificate ed aggiornate le vigenti disposizioni in materia di prevenzione incendi per le strutture sanitarie pubbliche e private, prevedendo la fissazione di scadenze, per ciascuna tipologia di struttura, per l'adeguamento alle nuove disposizioni "per assicurare la continuità di esercizio di tali strutture".
L’art. 5 dello stesso decreto ha peraltro previsto che è "fatta salva la facoltà di optare per l'applicazione del presente decreto per le strutture esistenti di cui all'art. 2 per le quali siano stati pianificati o siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell'interno del 18 settembre 2002".
L’Istituto ha esercitato tale facoltà, comunicandolo in data 15 maggio 2015 alla Regione, al Comando dei Vigili del fuoco e all’Azienda sanitaria competente, con la conseguenza, chiarita con nota del successivo 15 maggio, che "decadono i presupposti della non conformità rilevata dalla Asl Rm E con nota del 21 ottobre 2014" e altresì "decadono i presupposti che avevano indotto l'Istituto a ridurre la capacità ricettiva a 25 posti letto".
Con nota del 2 luglio 2015 ha quindi inviato alla Asl Rm E e alla Regione la documentazione richiesta per il passaggio all’accreditamento definitivo, e cioè la comunicazione del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Roma attestante "l'autorizzazione a fini antincendio" n. 38413 del 23 luglio 2015, nonché le note del Comune di Roma Municipio 1 n. 105429 del 3 luglio 2015 e n. 109983 del 10 luglio 2015 relative alla destinazione d'uso dell'immobile dato in concessione all'Istituto Leonarda V per lo svolgimento delle finalità statutarie proprie dell'Ente.
La Regione però, con nota del 18 novembre 2015, ha dato atto che l'Istituto Leonarda V ha comunicato di rientrare nelle fattispecie previste dall'art. 2 dell'allegato 1 del decreto n. 359 del 2014 e ha quindi avvisato la Asl Rm E che, "dovendo questa amministrazione procedere nei confronti dell'Istituto Leonarda V al calcolo del periodo al quale si applica la decurtazione del 5%, con conseguente riduzione proporzionale del budget complessivo, in quanto ricadente nelle disposizioni di cui all'art. 2 dell'allegato 1 del DCA n. 359 del 2014, devono essere sospesi i pagamenti per un importo pari al 5% della produzione erogata entro il budget al netto dei controlli rispettivamente per gli anni 2014 e 2015. Tali importi dovranno essere bloccati sulle prime fatture utili emesse dalla struttura".
La decurtazione ammonta a circa 300.000,00 euro.
Con successivo decreto commissariale n. 594 del 16 dicembre 2015 è stato disposto che la decurtazione del 5%, da comminare alle strutture non in regola che hanno beneficiato delle previsioni di cui all’art. 2 del decreto commissariale n. 359 del 2014, si applica con effetto dalla data di pubblicazione del citato decreto n. 359 e fino al rilascio dell’autorizzazione e conseguenziale accreditamento definitivo.
2. Ciò chiarito in punto di fatto, può procedersi all’esame del primo motivo, con il quale l’Istituto V ha affermato che la Regione Lazio prima e il Tar Lazio poi non hanno dato adeguato rilievo alla circostanza che la struttura aveva aderito all’opzione prevista dall’art. 5, d.i. 19 marzo 2015, circa la possibilità di chiedere l’applicazione dello stesso decreto per le strutture esistenti di cui all'art. 2 per le quali sono stati pianificati o sono in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell'Interno del 18 settembre 2002, con la conseguenza che non avrebbe potuto applicarsi la decurtazione del 5% del budget complessivo, prevista con decreto commissariale n. 359 del 30 ottobre 2014.
La censura non è suscettibile di positiva valutazione.
Ed invero, non è dubbio, in punto di fatto, che l’Istituto V - che era in attesa che Roma Capitale, proprietaria dell’immobile da essa occupato, ottenesse il certificato antincendio - aveva aderito alla possibilità, introdotta dal citato art. 5, d.i. 19 marzo 2015, di rispettare un nuovo cronoprogramma per mettersi in regola con la disciplina antincendi, superando con tutta evidenza il sistema delle proroghe previste dal decreto commissariale n. 359 del 2014.
L’adesione alla novella del 2015 è, ad avviso dell’appellante, incompatibile con il sistema disciplinato dal decreto commissariale n. 359 del 2014, essendo l’opzione esercitata dalle strutture accreditate proprio finalizzata ad evitare la decurtazione del 5% sul budget.
Tale assunto non può essere condiviso.
Una cosa è, infatti, la disciplina statale dettata con il decreto interministeriale per evitare che le strutture accreditate, che abbiano determinati requisiti ma che non siano ancora in regola con la normativa antincendio, non possano più operare nel settore sanitario;altra è, invece, la disciplina regionale, e per essa quella dettata dal Commissario ad acta nominato per l’attuazione del piano di rientro nel settore sanitario che, alle società provvisoriamente accreditate ma non ancora in regola, opera un taglio del 5% del budget complessivo.
La fonte dell’applicazione della decurtazione è, dunque, da rinvenire nella disciplina commissariale n. 359 del 2014, modificata quanto all’ambito di applicazione temporale dal decreto n. 594 del 16 dicembre 2015, perché solo questa poteva incidere sul regime di accreditamento delle strutture private che operano nella Regione, e non certo un decreto interministeriale dettato ai diversi fini della garanzia del rispetto della normativa antincendi.
Diversamente da quanto reiteratamente sostenuto dall’appellante nel primo motivo, nel luglio 2015 non era stata ancora rilasciata la certificazione antincendio.
Come afferma la Regione, infatti, non è tale l’”autorizzazione all’esercizio ai fini antincendio” di cui alla norma del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco del 27 luglio 2015. Una completa lettura di tale nota fa emergere con evidenza che si tratta di una autorizzazione provvisoria “nel rispetto delle previsioni del d.i. 19 marzo 2015, che prevede, per le strutture sanitarie esistenti all’entrata in vigore del d.m. 18 settembre 2002, un regime di proroghe agli adeguamenti antincendio stabiliti dallo stesso decreto”.
Conferma di tale assunto è nella nota del dirigente del Distretto 1 di Roma Capitale del 10 luglio 2015, che ha comunicato che nell’edificio occupato dall’Istituto V sono in corso lavori di adeguamento alle norme di prevenzione incendi, con ultimazione prevista entro il 2015.
Non poteva il Comando dei Vigili del Fuoco rilasciare la certificazione definitiva a luglio 2015 se in quello stesso mese erano ancora in corso i lavori di adeguamento.
3. La reiezione, nel merito, del motivo rende irrilevante la circostanza che, come afferma (condivisibilmente) l’appellante, l’impostazione che aveva dato alle proprie ragioni non rendeva necessaria l’impugnazione del decreto commissariale n. 413 del 26 novembre 2014, con il quale era stata operata una ricognizione completa delle strutture per le quali era in corso la sospensione del procedimento di autorizzazione e/o di accreditamento, tra le quali figura (punto b dell’allegato) l’Istituto appellante.
Avendo il V affermato, con il primo motivo, che la disciplina ad esso applicabile era da individuare nel d.i. 15 marzo 2015, che superava quanto stabilito dal decreto commissariale n. 359 del 2014, ne consegue che logicamente non avrebbe dovuto impugnare neanche l’inclusione, disposta nel novembre 2014, disposta dallo stesso Commissario ad acta, tra le strutture inadempienti per le quali era in corso la sospensione del procedimento.
Neanche sarebbe stato configurabile un onere di impugnazione per smentire, in punto di fatto, il mancato assolvimento di tutti gli oneri imposti per ottenere l’accreditamento perché l’adesione al cronoprogramma dettato dal d.i. 19 marzo 2015 conferma che in effetti, come dice la Regione, quantomeno nel marzo 2015 (ma, come si è detto, in realtà anche nel successivo luglio 2015) la struttura non era ancora in regola.
4. Quanto argomentato sub 2 in ordine alla mancanza del certificato antincendio nel luglio 2015 porta anche alla reiezione del secondo motivo di appello, con il quale si afferma che la decurtazione - di natura meramente sanzionatoria “in ragione” dell’asserito inadempimento contrattuale relativo alla “mancanza di completa prestazione contrattuale sotto il profilo della idoneità della struttura” (come si legge nel provvedimento impugnato) - nel caso di specie non avrebbe potuto essere applicata mancando, in radice, il presupposto richiamato dall’Amministrazione a giustificazione del provvedimento adottato (id est, l’inadempimento).
Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione trovando applicazione, come correttamente affermato dal giudice di primo grado, i principi espressi dalla sentenza della Sezione n. 2147 del 9 aprile 2018, che ha qualificato la regressione tariffaria come “sanzione amministrativa”. Il riferimento a tale precedente appare, contrariamente a quanto afferma il V nei propri scritti difensivi, utile per replicare al secondo motivo di appello ed alle successive doglianze relative all’illegittima retroattività della sanzione.
Ha chiarito la Sezione con la sentenza n. 2147 che la nozione di “sanzione amministrativa” non può essere ricondotta nell’ambito di cui alla l. n. 689 del 1981, in quanto afferiva direttamente al rapporto di natura sostanzialmente concessoria di cui all'art. 8, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504.
La decurtazione aveva dunque sia una diretta copertura normativa che una precisa fonte causale sul piano amministrativo, nel titolo di accreditamento (ma sul punto vedi anche infra al punto che precede).
In tale direzione, i principi di legalità e di irretroattività in materia di potere sanzionatorio statale appaiono un richiamo fuori luogo, proprio per la peculiare natura del regime di accreditamento delle strutture private nell’ambito del sistema sanitario pubblico.
Il concorso delle strutture private con le strutture pubbliche, nelle prestazioni di assistenza, non avviene infatti in un contesto di assoluta libertà di iniziativa e di concorrenzialità ma, nella misura in cui comporta una ricaduta sulle risorse pubbliche, soggiace alla potestà di verifica tecnica e finanziaria della Regione.
Come già affermato dalla Sezione (22 gennaio 2016, n. 207), il rapporto di accreditamento, a metà strada tra concessione di servizio pubblico e abilitazione tecnica idoneativa, non è strutturato in base a principi di mercato, ma a criteri di servizio pubblico di erogazione delle prestazioni sanitarie a carico dell'erario pubblico. Il rapporto di accreditamento del soggetto accreditato non si sottrae quindi al preminente esercizio del potere autoritativo e conformativo dell'Amministrazione diretto ad assicurare la certezza dei volumi, della tipologia dell'attività e dello standard qualitativo delle servizi sanitari.
La particolarità del rapporto sinallagmatico va ravvisata proprio nel fatto che il dovere di diligenza e correttezza, ordinariamente esigibile nei comuni rapporti obbligatori, impone al privato accreditato precisi doveri di leale collaborazione con l'amministrazione.
Nel complesso sistema pubblico-privato, gli operatori privati accreditati sono soggetti accomunati dal raggiungimento di fini di pubblico interesse di particolare rilevanza costituzionale, quale è il diritto alla salute, e non semplici fornitori di servizi sanitari operanti in un ambito puramente contrattualistico, come tale sorretto da principi di massimo profitto e di totale deresponsabilizzazione circa il governo del settore (Cons. St., sez. III, 29 luglio 2011, n. 4529;14 giugno 2011, n. 3611;13 aprile 2011, n. 2290).
In sostanza, è proprio la natura dell’accreditamento che, in casi di inadempimento, giustifica l’assoggettamento delle strutture private accreditate a peculiari meccanismi sanzionatori diretti a garantire il rispetto delle rilevanti finalità pubbliche affidate ai soggetti privati normativamente connessi con l’esercizio dei poteri di supremazia tipici del concessionario.
Di qui la legittimità di principio del meccanismo della decurtazione conseguente al mancato aggiornamento degli standard tecnici della struttura ed al mancato raggiungimento dei requisiti minimi per l’accreditamento, richiesti in precedenza fin dal decreto commissariale n. 90 del 2010.
5. Con il terzo motivo l’Istituto V afferma l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in primo grado per l’arbitrarietà e illogicità della decurtazione del budget annuale, lamentando l’assenza di qualsivoglia motivazione circa le ragioni per le quali alle strutture, ammesse ad erogare le prestazioni stabilite nei contratti sottoscritti e, anzi, dopo avere puntualmente erogato le prestazioni contrattualmente dovute, è stata applicata la “sanzione” della riduzione del budget che non è in alcun modo coerente – ed anzi è in contraddizione – con le dichiarate finalità perseguite (sia “di interesse pubblico” che di “tutela della salute e della sicurezza dei pazienti e degli operatori”).
Tali finalità, infatti, al contrario di quanto assume la Regione, apparirebbe compromesse dall’applicazione di detta sanzione, poiché la riduzione del budget – già fissato in misura tutt’altro che congrua – in relazione alle spese approvate e già effettuate espone le strutture ad un pesante passivo, con rischio di imminente chiusura.
Ha aggiunto l’appellante che in ogni caso non è congrua la prevista riduzione del budget a fronte di una eventuale non conformità alla normativa antincendi.
Per le argomentazioni espresse sub 4, il motivo è infondato nel merito atteso che, come chiarito dalla citata sentenza della Sezione n. 2147 del 9 aprile 2018, la struttura privata che chiede ed ottiene l’accreditamento ben sa di dover sottostare alle regole, anche di carattere tecnico, imposte dall’Amministrazione nell’esercizio del potere autoritativo e consapevolmente accetta alcune limitazioni ritenendo preminente l’interesse ad entrare nel circuito della sanità pubblica per avere la sicurezza di un livello minimo garantito di domanda di prestazioni. La riduzione del budget appare dunque una corretta sanzione da comminare alla struttura non in regola, in luogo della più drastica sospensione.
6. Anche l’ultimo motivo non è suscettibile di positiva valutazione essendo il decreto commissariale n. 359 del 2014 – e dunque la decurtazione del 5% del budget – applicabile all’Istituto V indipendentemente dalla sua natura giuridica, per il solo fatto di essere in regime di accreditamento.
Trattandosi di sanzione comminata per mancato possesso di tutte le certificazioni richieste (nella specie, certificato antincendio) alle strutture private che, per essere in regime di accreditamento devono sottostare alle regole imposte dalla Regione, non può che applicarsi a tutti i soggetti che operano in regime di accreditamento atteso che, come si è detto sub 4, il concorso delle strutture private con le strutture pubbliche, nelle prestazioni di assistenza, non avviene in un contesto di assoluta libertà di iniziativa e di concorrenzialità ma, nella misura in cui comporta una ricaduta sulle risorse pubbliche, soggiace alla potestà di verifica tecnica e finanziaria della Regione.
7. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.
8. In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e va, dunque, confermata la sentenza del Tar Lazio, Roma, sez. III quater, n. 9706 del 3 ottobre 2018, che ha respinto il ricorso di primo grado.
La particolarità della vicenda contenziosa giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.