Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-26, n. 202203219

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-26, n. 202203219
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203219
Data del deposito : 26 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/04/2022

N. 03219/2022REG.PROV.COLL.

N. 06928/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6928 del 2014, proposto dalla UniCredit s.p.a., in qualità di incorporante la UniCredit Banca di Roma s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato E L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Alberico II, n. 33;

contro

- la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M L S di C L e R P, con domicilio eletto presso sede di rappresentanza dell’ente, in Roma, via Poli, n. 29;
- la Gestione liquidatoria della ex Usl 21, in persona del commissario liquidatore pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Tundo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Mario Tuccillo in Roma, via delle Tre Madonne, n. 18;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sezione prima, n. 2688/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Campania e della Gestione liquidatoria della ex Usl 21;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2021, il consigliere F F e uditi, per UniCredit s.p.a., l’avvocato Bianca Maria Severini, per delega dell’avvocato E L, e, per la Gestione liquidatoria della ex Usl 21, l’avvocato Antonio Tundo;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La UniCredit s.p.a., in riassunzione di un giudizio originariamente instaurato dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria a seguito della sentenza Corte di cassazione, sezioni unite, n. 8511 del 10 marzo 2009, ha proposto il ricorso di primo grado n. 7057 del 2009 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, per l’accertamento della validità della convenzione stipulata il 23 dicembre 1977 tra la Casa di cura privata San Giovan Giuseppe centro medico chirurgico s.r.l. e la Regione Campania e per la dichiarazione dell’obbligo e per la condanna della predetta Regione e il Commissario straordinario dell’Azienda sanitaria locale Napoli 2, quale commissario liquidatore della ex Usl 21 Ischia, al pagamento, in solido fra loro e in favore della ricorrente, della complessiva somma di euro 943.181,44, oltre a interessi, rivalutazione monetaria e oneri accessori sino al soddisfo, nonché per la dichiarazione del diritto della ricorrente, cessionaria del credito, e per la sua autorizzazione a ritenere la somma di euro 677.271,89 già pagata dalla Regione Campania a seguito dell’esecuzione forzata ordinatale dall’autorità giudiziaria ordinaria.

1.1. La Regione Campania e la Gestione liquidatoria della ex Usl 21 si sono ambedue costituite nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

2. Con l’impugnata sentenza n. 2688 del 14 maggio 2014, il T.a.r. per la Campania, sede di Napoli, sezione prima, ha respinto il ricorso e ha compensato tra le parti le spese di lite.

In particolare, il collegio di primo grado ha affermato che: « Parte ricorrente sostiene che la convenzione sarebbe valida per due motivi. Innanzitutto si sarebbe prorogata dopo il triennio di scadenza, ai sensi dell’art. 12 della convenzione stessa, che prevedeva la durata di tre anni e l’automatico rinnovo salvo disdetta, in conformità allo schema contrattuale approvato con D.M. 3° giugno 1975, n. 391900;
inoltre, con l’entrata in vigore della legge 23 dicembre 1978, n. 833 - Istituzione del Servizio sanitario nazionale, essa ricadrebbe sotto il regime dell’art. 44 della predetta normativa e del conseguente regime di proroga, con conseguente applicazione dell’art. 9 della legge n. 67/88, dell’art. 25 del d.l. n. 415/89, dell’art. 3 della n. 38/90 e dell’art. 4 della legge n. L.412/91;
la validità della convenzione sarebbe stata quindi prorogata fino al 31 dicembre 1991. Ad avviso di parte ricorrente sarebbero, conseguentemente, legittime le 42 fatture emesse dalla Casa di Cura Privata S. Giovan Giuseppe per le prestazioni rese in virtù del suddetto titolo contrattuale e la richiesta di pagamento di essa società ricorrente, fatture che dimostrerebbero anche la correttezza del quantum richiesto. Le censure sono infondate. Il Collegio, concordando sia con le prospettazioni della Gestione Liquidatoria della ex USL 21 di Ischia che con quelle della Regione Campania, ritiene risolutiva, ai fini della decisione della presente controversia, l’entrata in vigore della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante Istituzione del Servizio sanitario nazionale e specificatamente dell’art. 44 - Convenzioni con istituzioni sanitarie, peraltro richiamati dalla stessa parte ricorrente a fondamento della validità della convenzione stessa. Il suddetto articolo, infatti, prevedeva espressamente che le convenzioni dovessero essere stipulate con le U.S.L. sulla base degli schemi tipo approvati con Decreto del Ministero della Sanità. Con il D.M. 22 luglio 1983 il Ministro della Sanità ha approvato lo schema tipo di convenzione tra le unità sanitarie locali e le case di cura private di cui all'articolo 44, secondo comma, lettera a), della suddetta legge 23 dicembre 1978, n. 833. Tale schema tipo di convenzione è stato recepito dalla Giunta Regionale della Campania con la delibera n. 1107 del 15 febbraio 1985 e, a seguito della citata delibera, l’Assessorato alla Sanità della Regione Campania, con nota prot. n. 1845 del 27 gennaio 1989 aveva invitato le U.S.L. e le Case di Cura alla conclusione di nuove convenzioni, in conformità alla disciplina imperativa di legge. La Casa di Cura Privata S. Giovan Giuseppe centro medico chirurgico s.r.l. avrebbe, quindi, dovuto uniformarsi allo schema contrattuale di cui al D.M. 22 luglio 1983. Non risultando in atti una successiva convenzione stipulata secondo lo schema disciplinato dal legislatore nazionale, poi recepito dall’Ente regionale, le prestazioni per cui è causa, in quanto erogate a decorrere dal 1991, quindi in data successiva al D.M. 22 luglio 1983, come risulta dalle fatture allegate, non possono ritenersi supportate da un titolo idoneo e, pertanto, devono ritenersi non remunerabili;
ciò in disparte la questione, oggetto di contestazione, se rientrassero tutte, per la loro natura, nell’ambito della convenzione stipulata il 23 dicembre1977, trattandosi di questione attinente non all’an ma al quantum delle prestazioni. Tali conclusioni sono supportate dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 9747 del 17 novembre 1994, pronunciandosi a favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in un giudizio concernente una convenzione stipulata anteriormente alla legge n. 833 del 1978, come nella fattispecie oggetto di gravame, ha chiarito che dalle previsioni di cui all’art. 44 della legge 23 dicembre 1978 n. 833 si deduce che non vi è un subentro automatico dalle vecchie alle nuove convenzioni, ma, essendo il servizio nazionale sanitario strutturato su basi pubbliche, occorre che - ai fini della stipula delle convenzioni con le strutture sanitarie private - gli organi pubblici addetti valutino preliminarmente la consistenza di dette strutture e l’opportunità o meno che esse subentrino o affianchino le strutture pubbliche nell’espletamento del servizio sanitario. Ne consegue che le convenzioni stipulate anteriormente all'emanazione della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale non possono ritenersi “automaticamente” mutate in una delle convenzioni previste dall’art. 44 della legge n. 833 del 1978 e di cui agli schemi tipo approvati dal Ministero della Sanità, poiché la stipula della nuova convenzione è sempre un atto discrezionale della Pubblica Amministrazione, atteso che l'Ente privato potrebbe essere ritenuto non idoneo ad integrare o sostituire, in una determinata località e con le attrezzature di cui dispone, la struttura sanitaria pubblica, la quale, peraltro, potrebbe essere dalla P.A. ritenuta in grado di adempiere compiutamente essa, senza necessità di integrazione con la struttura privata, a tutte le esigenze che il servizio sanitario comporta, come è appunto negli intendimenti della legge istitutiva del servizio sanitario nazionale (cfr.Cass. Civ. SS.UU. n. 9747 del 17 novembre 1994 cit.). Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto
».

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 29 luglio 2014 e in data 7 agosto 2014 – la UniCredit s.p.a. ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando quattro motivi.

4. La Regione Campania e la Gestione liquidatoria della ex Usl 21 si sono entrambe costituite in giudizio, chiedendo il rigetto del gravame.

5. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 26 ottobre 2021.

6. L’appello è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.

7. Tramite il primo motivo d’impugnazione, l’appellante ha lamentato: « Errata e/o falsa applicazione dell’art. 44 (Convenzioni con istituzioni sanitarie) della Legge 23.12.1978 n. 833 recante Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, del D.M. 22.07.1983, dell’art. 19 della Legge n. 67 del 1988 nonché dell’art. 3 della Legge n. 415 del 1990 - Omessa e/o erronea e/o contraddittoria motivazione anche per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: la proroga ex lege della Convenzione del 23.12.1977 ».

7.1. Mediante la seconda doglianza, la UniCredit s.p.a. ha dedotto: « Omessa e/o erronea motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: la proroga ex lege della Convenzione del 23.12.1977 ».

7.2. Il secondo motivo sviluppa ulteriormente un segmento del primo motivo, sicché, trattandosi, in sostanza, di un’unica censura, i predetti motivi vanno vagliati congiuntamente.

7.3. Essi sono infondati.

Al riguardo va premesso che l’Unicredit s.p.a. agisce come cessionaria di pretesi crediti vantati dalla Casa di cura San Giovan Giuseppe nei confronti della ex USL 21 per svariate tipologie di prestazioni sanitarie eseguite dalla cedente tra il 1991 e il 1992, asseritamente in esecuzione di una convenzione stipulata con la Regione Campania il 23 dicembre 1977 e ritualmente registrata il 27 dicembre 1977.

Il T.a.r. ha reputato che negli anni 1991e 1992 l’efficacia della convenzione del 1977 fosse già cessata, atteso che il rapporto convenzionale, ai sensi dell’art. 44 della legge n. 833/7198, avrebbe dovuto essere rinnovato mediante la stipula di una nuova convenzione in base allo schema tipo emanato dal Ministero della sanità con decreto ministeriale del 22 luglio 1983 e recepito nella Regione Campania tramite delibera della Giunta regionale n. 1107 del 15 febbraio 1985.

Ad avviso dell’appenate, invece, andrebbero applicati al caso di specie gli articoli 19 della legge n. 67/1988 e 3 della legge n. 415/1990 ( rectius , decreto-legge n. 415/1990 convertito in legge n. 58/1991), di cui dovrebbe darsi un’interpretazione estensiva atta a ricomprendere nella proroga anche la convenzione del 1977, ancorché inerente all’erogazione di prestazioni diverse da quelle contemplate dalla legge 67/1988, con conseguente legittimità delle prestazioni erogate dalla cedente fino al 31 dicembre 1991, mentre le prestazioni erogate nell’anno 1992 sarebbero comunque dalla convenzione del 1977, che si sarebbe automaticamente prorogata in assenza di disdetta.

Siffatta ricostruzione non è condivisibile, mentre è del tutto conforme al dato normativo la statuizione del T.a.r., peraltro corredata da ampia ed esaustiva motivazione, logicamente congruente.

In proposito si rileva che la convenzione del 1977, a seguito dell’art. 44 della legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale (legge n. 833/1978), del decreto del Ministero della sanità 22 luglio 1983 e della delibera della giunta regionale della Campania n. 1107 del 15 febbraio 1985, è da considerarsi superata, non potendo applicarsi alla fattispecie in esame la proroga prevista dagli articoli 19 della legge n. 67/1988 e 3 del decreto-legge n. 415/1990 convertito in legge n. 58/1991, siccome riguardanti prestazioni differenti da quelle erogate dalla Casa di cura San Giovan Giuseppe.

Ed invero, a seguito dell’entrata in vigore della legge 833/1978 le precedenti convenzioni, se non precedentemente disdette, avrebbero potuto avere effetto solo fino all’emanazione dei decreti ministeriali attuativi della prescrizione del citato art. 44 e al recepimento degli stessi nell’ambito delle singole regioni, il che è avvenuto a livello nazionale nl 1983 e a livello regionale nel 1985.

Da tale momento la convenzione del 1977 è sicuramente caducata per espressa disposizione legislativa di portata imperativa.

Diversamente opinando, oltreché a violare uno specifico precetto normativo, si neutralizzerebbero i fini perseguiti dalla legge 833/1978, che rimarrebbe in parte inattuata se si consentisse il permanere dell’efficacia delle vecchie convenzioni anche a distanza di anni dall’emanazione dei nuovi schemi, così consentendo a privati ed amministratori delle ex unità sanitarie locali di determinare, attraverso proprie scelte, il momento di effettiva entrata in vigore di importanti elementi salienti dell’istituzione del servizio sanitario nazionale, tra cui la valutazione delle prestazioni da erogare e dei mezzi finanziari per farvi fronte prima di stipulare le convenzioni.

Inoltre, come già evidenziato, non sono condivisibili le argomentazioni attinenti ad un’asserita omessa applicazione degli articoli 19 della legge n. 67/1988 e 3 del decreto-legge n. 415/1990 convertito in legge n. 58/1991 e alla proroga automatica della convenzione del 1977. In proposito si precisa che il citato art. 19 (i cui effetti sono stati poi prorogati dal citato art. 3) si riferiva a « prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio, compresa la diagnostica radioimmunologica, la medicina nucleare e la fisiochinesiterapia in regime di convenzionamento esterno, salvi gli interventi di riabilitazione e per le malattie croniche che richiedono trattamenti periodici », mentre le prestazioni oggetto della convenzione stipulata nel 1977 dalla Casa di cura San Giovan Giuseppe, ai sensi dell’art. 1- bis , erano differenti e riguardavano « ricoveri nelle seguenti specialità e servizi: Chirurgia generale con 20 posti letto ed Ostetricia e Ginecologia con 13 posti letto », non essendo predicabile un’interpretazione estensiva di norme di spesa pubblica, mediante la valorizzazione dell’art. 6 della convenzione, che nel riferirsi a tutte le spese di diagnosi, cura e mantenimento, in difetto di un’espressa previsione in senso contrario, non allarga il perimetro convenzionale, ma si riferisce palesemente alla globalità delle spese all’interno delle specialità di cui all’art. 1- bis ;
va altresì considerato che l’appellante, in ogni caso, non ha documentato che la cedente Casa di cura fosse convenzionata per la branca della diagnostica strumentale e di laboratorio.

Non vi è stata inoltre alcuna proroga della convenzione del 1977 in assenza di disdetta, poiché il rapporto convenzionale ha perso efficacia ope legis al momento della definitiva entrata in vigore dei nuovi schemi convenzionali, senza che fosse necessario alcun specifico provvedimento amministrativo per porre fine alla suddetta convenzione.

8. Mediante la terza doglianza, la UniCredit s.p.a. ha lamentato: « Omessa e/o erronea motivazione per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: il riconoscimento della prosecuzione del rapporto convenzionale e del debito ».

Quanto esplicitato al punto 7, stante il suo carattere logicamente assorbente, è sufficiente per respingere integralmente l’appello, così come accaduto similmente in primo grado, dove il T.a.r., delineato il quadro normativo, ha ritenuto senza dubbio già cessata l’efficacia della convenzione nel periodo 1991-1992 e conseguentemente non ha espressamente vagliato ulteriori deduzioni fattuali.

Pertanto non vi è stato alcun effettivo omesso esame, attesa la superfluità di ulteriori analisi di circostanze non dirimenti, nemmeno potenzialmente.

Ad ogni modo, per completezza, si osserva che è inconferente con il caso di specie il richiamo alla nota della Regione Campania del 13 novembre 1987, poiché essa (a prescindere dal contestato fatto che si riferisse soltanto alle prestazioni di pronto soccorso ovvero a tutto il rapporto con la Casa di cura San Giovan Giuseppe) non può in alcun modo sterilizzare gli effetti discendenti dalla legge. Parimenti inconferente è il richiamo alla nota dell’amministratore straordinario della ex USL 21 del 25 marzo 1993, in quanto questo documento non integra una ricognizione di debito, non recando il riconoscimento espresso della pretesa creditoria azionata nel presente giudizio, che non può desumersi dalla ivi contenuta contestazione di talune fatture contenute in una sorta di riepilogo trasmesso dalla Finroma s.p.a. (poi confluita nell’UniCredit s.p.a.) e dall’invito a giungere a una soluzione bonaria, giacché la ricognizione di debito, ai sensi dell’art. 1988 del codice civile, necessita di un riconoscimento espresso e non meramente implicito del debito. Comunque, atteso che la ricognizione di debito determina soltanto un’inversione dell’onere della prova dell’obbligazione, nel caso di specie gli ipotetici debitori (Regione Campania e Gestione liquidatoria della ex Usl 21) hanno dimostrato l’inesistenza del credito in forza di disposizioni normative.

9. Attraverso il quarto motivo di gravame, l’appellante ha dedotto: « Omessa e/o erronea motivazione anche per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio: la fondatezza e la correttezza del quantum debeatur».

Tale censura è infondata, poiché pur in questo caso non vi è stato alcun omesso esame sul quantum , avendo il T.a.r. escluso la pretesa nell’ an debeatur .

Avendo ugualmente questo Collegio escluso in radice la sussistenza del preteso credito, ogni questione inerente alla sua quantificazione è logicamente assorbita anche nella presente sede.

10. In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

11. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell’appello segue la condanna dell’appellante al pagamento, in favore della Regione Campania e della Gestione liquidatoria della ex Usl 21, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal d.m. 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, si liquidano in euro 2.000 (duemila) per ciascuno dei due soggetti appellati, oltre al 15% per spese generale e agli accessori di legge, se dovuti.

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