Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-06-12, n. 201403001

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-06-12, n. 201403001
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201403001
Data del deposito : 12 giugno 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06466/2009 REG.RIC.

N. 03001/2014REG.PROV.COLL.

N. 06466/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 6466 del 2009, proposto dal Comune di Napoli, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. G T, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. G M G in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

S C, rappresentata e difesa dagli avv.ti A A e C C, ed elettivamente domiciliato presso i difensori in Roma, via degli Avignonesi n. 5, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione quinta, n. 2699 del 18 maggio 2009, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di S C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 aprile 2014 il Cons. D S e uditi per le parti gli avvocati come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 6466 del 2009, il Comune di Napoli propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione quinta, n. 2699 del 18 maggio 2009, redatta in forma semplificata, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da S C per l’annullamento: 1) dell’ordinanza del sindaco del Comune di Napoli prot. n. 79 del 9.2.2009, notificata in data 28.2.2009, con la quale è stato intimato alla ricorrente, in qualità di proprietaria dell’immobile dissestato sito in Napoli - Calata Ponticello a Marechiaro n° 38 “di far eseguire ad horas gli opportuni accertamenti tecnici e tutte le opere strettamente necessarie per scongiurare lo stato di pericolo per la pubblica e privata incolumità”;
2) di qualsiasi altro atto preparatorio, connesso conseguente e/o consequenziale.

Il giudice di prime cure dava atto dell’impugnazione rivolta contro un’ordinanza con cui il sindaco di Napoli, ai sensi dell’art. 6, commi 4 e 7 L. n. 125 del 24 luglio 2008 - sulla base di un accertamento tecnico eseguito nello stabile sito in Napoli Calata Ponticello a Marechiaro, n. 28 (da cui era emerso “un diffuso quadro fessurativo in probabile stato di accentuazione alle strutture portanti dell’appartamento posto al piano terra ed ammezzato lato sin. int. 1/ e 2 prop. Bargi Maria Teresa”, per cui necessitava “monitoraggio del quadro fessurativo ed accurata indagine dei sottoservizi del fabbricato”) aveva ingiunto alla ricorrente, nella qualità di proprietaria dell’immobile dissestato sito in Napoli - Calata Ponticello a Marechiaro, n. 28 di far eseguire “ad horas” gli opportuni accertamenti tecnici e le opere di assicurazione strettamente necessarie per scongiurare lo stato di pericolo su indicato, esibendo nel termine di giorni di dieci dalla data di notifica della presente ordinanza, certificato unico, a firma di tecnico abilitato iscritto all’albo professionale, dal quale dovrà risultare che, a seguito delle verifiche effettuate e dei lavori eseguiti, è stato eliminato ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità, sollevando l’Amministrazione Comunale da ogni responsabilità nei confronti dei terzi per quanto intimato nella presente ordinanza.

In accoglimento delle censure proposte, il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. sottolineava la fondatezza del ricorso sulla base dei profili di eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione a corredo dell’impugnata ordinanza, per manifesta illogicità nonché per violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.

Contestando le statuizioni del primo giudice, il Comune appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie difese.

Nel giudizio di appello, si è costituita S C, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 22 settembre 2009, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 4708/2009.

Alla pubblica udienza del giorno 8 aprile 2014, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. - Con il primo motivo di doglianza, il Comune lamenta come sia estraneo all’ambito della sua azione l’esatta individuazione delle colpe e delle responsabilità dei privati, trattandosi di intervento finalizzato alla rimozione del mero stato di pericolo. La stessa doglianza viene ripetuta ed ampliata con il secondo e terzo motivo di censura, in relazione ai profili istruttori e a quelli del concorso di diverse responsabilità tra privati.

2.1. - La doglianza va accolta.

Il dato normativo qui rilevante, ossia l’art. 54, recante “Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale”, del del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”, prevede, al comma 4, che “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumita' pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.”

Come si evince dalla lettura della norma, la schema operativo collegato all’intervento è funzionalizzato unicamente alla rimozione di una situazione attuale di pericolo, non all’individuazione dei responsabili o al riparto delle rispettive responsabilità, evento che può aver luogo anche successivamente, una volta rimossa la situazione di urgenza.

La circostanza dell’estraneità della parte appellata ai danni, quand’anche acclarata, è quindi elemento inconferente alla decisione sull’illegittimità della fattispecie, atteso che la norma non incide sulla ricerca delle responsabilità, ma unicamente sulla rimozione urgente degli effetti dell’azione, umana o naturale, quando questi possano determinare situazioni oggettive di pericolo.

Per altro verso, il contenuto dell’ordinanza non appare per nulla di carattere fumoso o generico, atteso che si attaglia, nelle sue modalità, alle risultanze degli accertamenti istruttori e alla necessità di un rapido intervento che, nella loro sommarietà, non possono prevedere un livello di dettaglio come quello richiesto, ma senza alcun fondamento normativo, dalla parte appellata.

Conclusivamente, le lamentele accolte dal primo giudice non appartengono ai profili strutturali della norma applicata e qundi vanno accolte le doglianze proposte dal Comune stesso. Nel dettaglio, l’affermazione del primo giudice (per cui “il Comune di Napoli, a fronte di una situazione ritenuta pericolosa per la pubblica e privata incolumità, da tempo in atto, non effettuando i doverosi accertamenti tecnici - per sua stessa ammissione - a causa della loro complessità (anche per il rifiuto della presunta proprietaria della grotta di consentire l’accesso di terzi) e mancando di individuare con precisione i soggetti (pubblici o privati), a vario titolo, coinvolti nella produrre la fonte del pericolo posto a presupposto dell’impugnata ordinanza, ha finito con la sua inerzia con l’accentuare l’urgenza anzicché escluderla”) appare poi addirittura errata, atteso che mira a porre sullo stesso piano di responsabilità i fatti commissivi dei privati, dati dall’abusivismo edilizio posto in essere, e i fatti omissivi del controllo, spettante all’ente pubblico, in assenza di una equiparazione normativa (che nei pochi casi in cui essa vige – ad esempio nell’ambito dell’art. 40 comma 2 del c.p. – è positivamente prevista e stringentemente determinata).

3. - Con il quarto motivo di appello, viene lamentata l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittima l’ordinanza per mancato previa comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento.

3.2. - La censura va accolta.

Occorre evidenziare come la circostanza che la vicenda fosse già nota all’amministrazione non ha ex se rilevanza sull’esistenza o meno del pericolo di danno, sia in relazione al suo aspetto ontologico, sia in rapporto alle vicende della situazione stessa, siano essere di aggravamento o comunque di modifica.

Ecco la ragione che giustifica la posizione della giurisprudenza che afferma (Consiglio di Stato, sez. V, 3 giugno 2013 n. 3024) che l'assoluta imprevedibilità della situazione da affrontare non è un presupposto indefettibile per l'adozione delle ordinanze sindacali extra ordinem ex art. 54 comma 2, T.U. enti locali approvato con d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, che possono essere adottate per fronteggiare situazioni impreviste e non altrimenti fronteggiabili con gli strumenti ordinari, al fine di prevenire o eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. E quindi, ancora una volta, è il dato oggettivo a fare premio.

Conclusivamente, la sentenza deve essere annullata, avendo ritenuto l’illegittimità dell’ordinanza gravata sulla base di considerazioni estranee al contenuto della disposizione di legge applicata e valevoli in altri e diversi contesti ordinamentali.

4. - L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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