Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-04-12, n. 202102948
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Pubblicato il 12/04/2021
N. 02948/2021REG.PROV.COLL.
N. 09466/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sull’appello n. 9466 del 2020, proposto dal Comune di Trinitapoli, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato M L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Consorzio Igiene Ambientale – Bacino Foggia 4, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
del fallimento della Società di igiene ambientale consorzio bacino Foggia/4 s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari (Sezione Prima), n. 1120/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio igiene ambientale – Bacino Foggia 4;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2021 il pres. L M;
Nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
In data 9 settembre 1998, i Comuni di Carapelle, Cerignola, Margherita di Savoia, Orta Nova, San Ferdinando di Puglia, Stornara, Stornarella e Trinitapoli, appartenenti al Bacino FG/4, hanno costituito il Consorzio per la gestione degli impianti di smaltimento dei rifiuti solidi urbani tra i comuni del Bacino FG/4, prevedendo – all’art. 2 dello statuto consortile – che lo scopo del Consorzio è “la gestione associata dei servizi ambientali, finalizzata al contenimento dei costi, al raggiungimento di buoni livelli di qualità del servizio, anche per mezzo della gestione degli impianti di proprietà direttamente o mediante concessione a società partecipate”.
In applicazione dell’art. 113 del testo unico n. 267 del 2000, il Consorzio ha costituito la s.r.l. ‘S.I.A. - Società di Igiene Ambientale Consorzio Bacino Foggia/4’, alla quale, con la delibera consortile n. 20 del 2002, ha affidato in house la gestione dell’impiantistica, dei rifiuti solidi urbani e la raccolta differenziata nei territori dei Comuni consorziati.
A seguito di vicende riguardanti la s.r.l. S.I.A., il Comune di Trinitapoli – con la delibera n. 45 del 24 settembre 2018 - ha deciso di recedere dal Consorzio.
Con la delibera n. 18 del 7 ottobre 2019, comunicata con la nota di data 14 ottobre 2019, l’assemblea del Consorzio ha preso atto della delibera n. 29 del 2018 del Comune.
2. Con il ricorso di primo grado n. 1587 del 2019 (proposto al TAR per la Puglia, Sede di Bari), il Comune di Trinitapoli ha impugnato gli atti del Consorzio, deducendone la tardività rispetto al termine di conclusione del procedimento.
3. Con la sentenza appellata, il TAR ha dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa, rilevando che:
- il Comune di Trinitapoli ha esercitato un diritto di recesso non riconducibile all’esercizio di un potere pubblico;
- la materia del contendere riguarda ‘una questione puramente patrimoniale’, relativa alla individuazione della data di decorrenza del recesso, ‘se al 15 ottobre 2018 (data di perfezionamento della procedura di recesso da parte del Comune di Trinitapoli) o se al 14 ottobre 2019 (data di formale presa d’atto del recesso medesimo da parte del Consorzio)’, con le relative implicazioni riguardanti la responsabilità patrimoniale relativa al dissesto economico della s.r.l. S.I.A e ‘la correttezza di comportamenti tenuti dalle parti’;
- ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 23 settembre 2013, n. 21673, sulla sussistenza della giurisdizione del giudice civile quando si tratti della contestazione di atti di recesso da un consorzio.
4. Con l’appello indicato in epigrafe, il Comune di Trinitapoli ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, sia affermata la sussistenza della giurisdizione amministrativa.
5. In data 5 marzo 2021, il Consorzio appellato si è costituito in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
6. In data 23 marzo 2021, il Comune appellante ha depositato una memoria, con cui ha illustrato le questioni controverse ed ha insistito nelle già formulate conclusioni.
7. Nel sostenere che sussisterebbe la giurisdizione amministrativa, il Comune appellante ha dedotto che:
- il Consorzio appellato esercita ‘le funzioni pubblicistiche di organo di governo dell’ambito di raccolta RSU’ ai sensi delle leggi regionali n. 24 del 2012 e n. 20 del 2016;
- la gestione in forma associata dei servizi di igiene urbana dei Comuni aderenti al Consorzio è riconducibile all’art. 31 del testo unico sugli enti locali, che consente di concludere accordi riconducibili all’art. 15 della legge n. 241 del 1990, sicché la controversia riguarderebbe la fase dell’estinzione del vincolo associativo, conseguente all’accordo, con la conseguente giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 133, comma 1, lettera a), del codice del processo amministrativo;
- la sentenza delle Sezioni Unite, richiamata dalla sentenza appellata, non sarebbe pertinente;
- la controversia riguarda lo svolgimento di una potestà pubblica fondamentale del Comune appellante, cioè la scelta del modello della gestione di un servizio pubblico essenziale, quale quello della raccolta dei rifiuti solidi urbani.
8. Ritiene il Collegio che le censure dell’appellante siano infondate e vadano respinte.
8.1. La giurisprudenza richiamata nell’atto d’appello (cfr, Cons. giust. Amm., 6 maggio 2019, n. 371) ha affermato che è riconducibile all’art. 15 della legge n. 241 del 1990 l’accordo tra diverse pubbliche amministrazioni volto a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune, come quelle aventi ad oggetto la gestione del ciclo dei rifiuti e la disciplina dei relativi di diritti ed obblighi.
8.2. Tale giurisprudenza, di per sé condivisibile, ha riguardato un accordo che non ha comportato l’istituzione di un distinto soggetto giuridico e non è rilevante nel caso in esame.
Nella specie, infatti, i Comuni rientranti nell’ambito del ‘Bacino FG/4’ hanno istituito un distinto soggetto giuridico (il Consorzio appellato): la controversia riguarda la determinazione degli effetti dell’atto di recesso del Comune appellante dal Consorzio, per come prodottisi a seguito della delibera del Consorzio che ne ha disposto la presa d’atto.
8.3. Va pertanto richiamata la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez. Un., 23 settembre 2013, n. 21673) e di questo Consiglio (Sez. V, 13 gennaio 2021, n. 432 e n. 433;Sez. V, 30 novembre 2011, n. 6309), per la quale sussiste la giurisdizione del giudice civile, quando si controverte della validità o degli effetti di un recesso di un ente locale da un Consorzio, poiché ‘il recesso costituisce un atto intrinsecamente civilistico’, che determina l’estinzione di un rapporto di durata a tempo indeterminato.
8.4. Contrariamente a quanto ha dedotto il Comune appellante, non rileva il fatto che i sopra citati precedenti giurisprudenziali si siano occupati di vicende riguardanti il recesso di enti locali da consorzi aventi natura di enti pubblici economici.
A parte ogni considerazione sulla autonomia imprenditoriale e gestionale che caratterizza il Consorzio appellato, le sopra esposte considerazioni sulla natura privatistica dell’atto di recesso hanno valenza generale per tutti i casi in cui si controverta della validità e degli effetti del recesso di un ente locale da un Consorzio al quale in precedenza abbia aderito.
8.5. Il Collegio ritiene di non dubitare della conformità ai principi costituzionali della così ravvisata sussistenza della giurisdizione ordinaria, dal momento che il giudice civile ben può dare idonea tutela alle posizioni soggettive poste al suo esame, avuto riguardo all’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che lo abilita a sindacare l’esercizio del diritto di recesso sulla base dei parametri di correttezza oggettiva e buona fede, affinché si eviti che tale esercizio ‘possa sconfinare nell’arbitrio’ (cfr. Cass. civile, Sez. III, 18 settembre 2009, n. 20106).
9. Per le ragioni che precedono, l’appello va respinto.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.