Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-03-24, n. 202102502
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Pubblicato il 24/03/2021
N. 02502/2021REG.PROV.COLL.
N. 08249/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8249 del 2014, proposto da
A A, rappresentata e difesa dall'avvocato L L, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Placidi in Roma, via Cosseria, 2;
contro
Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati L M e A D M, con domicilio eletto presso lo studio Paolo Ricciardi in Roma, viale Tiziano 80;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, 20 febbraio 2014 n. 444, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2021 il Cons. D S e udito per le parti l’avvocato Eduardo De Ruggiero, per delega dell'avv. L L, in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1 del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e dell'art. 25, comma 2 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 8249 del 2014, A A propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, 20 febbraio 2014 n. 444, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Salerno per l'annullamento
- del provvedimento prot. n. 31114 del 21 febbraio 2008, recante reiezione della domanda di permesso di costruire in sanatoria, presentata dalla ricorrente relativamente ad una tettoia sul terrazzo di via Lembo, n. 14.
Il giudice di primo grado ha così riassunto i fatti di causa:
“1.- A A, proprietaria di unità immobiliare sita in Salerno, alla via Lembo, n. 14, dovendo procedere a lavori di ristrutturazione del terrazzo, in data 21.06.2005 presentava al Comune di Salerno D.I.A. (prot. 53447) per la realizzazione di un gazebo.
In sede di sopralluogo, il Comando dei Vigili di Salerno, con verbale n. 120111 del 17.11.2006, accertava l'esecuzione di opere in totale difformità della D.I.A., atteso che, "a fronte di una richiesta per la realizzazione di un gazebo/pergolato sul terrazzo di copertura sito in Via Lembo, 14 la sig.ra Ansanelli [aveva] realizzato una tettoia in legno di circa 54,00 mq con struttura in legno, composta da n. 7 pilastri e diverse travi in legno, saldamente ancorata al solaio calpestio ed al cornicione del torrino scale mediante piastre metalliche […]".
Ai sensi dell'art. 36 D.P.R. 380/2001, la ricorrente, dopo aver impugnato, con esisto sfavorevole, l’ordine di demolizione irrogatole, presentava quindi, in data 4.10.2007, istanza di accertamento di conformità, con richiesta di riduzione della superficie di ingombro della tettoia da mt. 46,69 a mt 39,96.
Il S.U.E., con provvedimento definitivo (prot. n. 31114 del 21.2.2008), respingeva l'istanza, assumendo che: a) la tettoia non potesse essere assentita per violazione dei limiti previsti per i gazebo dall'art. 191 del RUEC, in quanto "la struttura non risulta[va] aperta su tutti i lati, essendo per due lati addossata al torrino scala, non presenta[va] una copertura ad incannucciata o a telo ma una struttura di copertura completamente sormontata da tavolato in legno e sovrastante strato impermeabile [....]";b) anche a considerare la struttura realizzata dalla ricorrente una "tettoia", in ogni caso, sussisteva contrasto con l'art. 189.03 del RUEC, secondo cui era consentita la realizzazione di pensiline su finestre, balconi e terrazzi a livello fino ad una sporgenza massima di 1,20 m.
3 - Con ricorso notificato in data 22 aprile 2008, la sig.ra Ansanelli ha censurato la legittimità del diniego sotto plurimi motivi:
- per contraddittorietà della motivazione;
- per travisamento e violazione della normativa regolamentare del Comune di Salerno.
- per violazione della normativa edilizia in tema di rilascio di titoli autorizzatori.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione comunale, la quale ha argomentato la correttezza e la legittimità del proprio operato e, segnatamente, assumendo: a) che, anche a voler qualificare l’intervento per cui è causa tettoia e non gazebo, in ogni caso, ai sensi dell’art 189.03 del R.U.E.C., per le tettoie erano fissati limiti dimensionali di fatto superati;b) che, per giunta, l'art. 153.02 del R.U.E.C., precludeva costruzioni o sovrastrutture sulle terrazze di copertura degli edifici esistenti, al di sopra delle altezze massime fissate dai P.U.A. per le nuove costruzioni, fatta eccezione solo per i gazebo e per i volumi tecnici.
4- La ricorrente affidava l’affinamento delle proprie difese ad apposito elaborato peritale di parte.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2013, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.”
Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alla pregiudiziale ed assorbente considerazione dell’incompatibilità delle opere in oggetto con la strumentazione urbanistica vigente.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure, come meglio descritte in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Salerno, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Dopo il deposito in data 9 aprile 2020 di una istanza di fissazione d’udienza, ex art. 82 c.p.a., alla pubblica udienza del giorno 11 febbraio 2021, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - Con il primo motivo di diritto, rubricato “I - Error in judicando - error in procedendo - eccesso di potere - violazione di legge (art. 3 in relazione all'art. 10 bis l. n. 241/1990 - artt. 99 e 112 - art. 153.02 ruec) - violazione del principio di divieto di motivazione postuma”, si lamenta l’erroneità della sentenza per aver ritenuto ammissibile, in via preliminare, una motivazione postuma (presunta violazione dell'art. 153.02 del RUEC), addotta in sede di giudizio, per giustificare il diniego di accertamento di conformità.
La censura viene poi esplicitata nel terzo motivo di appello, recante “III - Error in judicando - error in procedendo - violazione di legge (art. 21 octies l. 241/ 90 - art. 99 e 112 c.p.c.) - eccesso di potere - violazione del principio di divieto di motivazione postuma (art. 3 in relazione art. 10 bis l. n. 241/90).
In particolare, la detta violazione si sarebbe verificata allorchè il Comune resistente, costituitosi in giudizio con memoria del 13 maggio 2008, avrebbe integrato in via giudiziale e postuma la motivazione del diniego di sanatoria assumendo, per la prima volta, che la realizzazione dell’intervento sarebbe preclusa dall’art. 153.02 del RUEC, che vieta costruzioni o sovrastrutture sulle terrazze di copertura degli edifici esistenti e, in ogni caso, al di sopra delle altezze massime, fissate dai PUA per le nuove costruzioni.
2.1. - L’argomento, come espresso nei due motivi qui scrutinati, non può essere condiviso.
Occorre ricordare che il concetto di motivazione postuma, quale vizio d’invalidità del provvedimento che lo integra, non può essere esteso fino a sindacare qualsiasi attività defensionale dell’amministrazione stessa.
In questo senso, la giurisprudenza ha chiarito (da ultimo, Cons. Stato, VI, 24 novembre 2010, n. 8218) che la facoltà dell'amministrazione di dare dimostrazione, nel caso di atti vincolati caratterizzati “dall'indicazione della causa del potere esercitato e dei fatti procedimentali normativamente rilevanti (cioè: da quel contenuto motivazionale sufficiente per gli atti vincolati), esclude in sede processuale che l'argomentazione difensiva della Amministrazione, tesa ad assolvere all'onere della prova, possa essere qualificato come illegittima "integrazione postuma" della motivazione sostanziale, cioè come un'indebita integrazione in sede giustiziale della motivazione stessa. Del resto, a ben vedere il divieto di integrazione della motivazione in sede processuale è volto ad evitare che il ricorrente sia posto, come è nel caso degli atti discrezionali, in una posizione di effettiva minorazione della tutela in giudizio: il che potrebbe avvenire se censure fondate, da lui dedotte nell'originaria domanda, potessero essere neutralizzate dall'Amministrazione al di fuori della pregressa applicazione delle regole legali di presidio istruttorio e di logicità e proporzionalità dell'attività valutativa;complesso di regole che la stessa Amministrazione è invece tenuta ad applicare anzitutto e proprio nell'esercizio della funzione, e quindi nella sede sostanziale di sviluppo del rapporto giuridico, vale a dire a monte della eventuale controversia (che è instaurata proprio a causa della loro violazione)”.
Pertanto, nel caso in esame e indifferentemente dalla qualificazione adottata dal T.A.R., è proprio l’esistenza della lamentata motivazione postuma a venir meno, avendo la memoria difensiva unicamente evidenziato la sussistenza di un elemento normativo ostativo all’accoglimento dell’istanza di parte.
Per altro verso, al contrario di quanto sostenuto in atti, i provvedimenti in tema di controllo dell’attività edilizia abusiva continuano ad essere di tipo vincolato (da ultimo, Cons. Stato, ad. plen., 17 ottobre 2017 n. 9), dove il vincolo si riferisce al modo di esercizio della discrezionalità (qui di tipo negativo) e ben possono conciliarsi con eventuali riscontri fattuali connotati di discrezionalità tecnica, che si riferiscono non alla fase decisionale ma a quella istruttoria.
3. - Con il secondo motivo di diritto, recante “II - Error in judicando - error in procedendo - eccesso di potere - violazione di legge (art. 3 in relazione all'art. 10 bis l. n. 241/1990 - artt. 99 e 112 - art. 153.02 ruec) - violazione del principio di divieto di motivazione postuma”, si evidenzia l’errore della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che l'art. 153.02 del RUEC abbia introdotto un vincolo assoluto di inedificabilità sui terrazzi di copertura, rendendo plausibile la contestata applicazione dell'art. 21 octies L. 241/90.
3.1. - La censura va respinta.
Va in primo luogo evidenziato il testo del citato art. 153.02 del RUEC di Salerno: “Non è consentita la realizzazione alcuna costruzione o sovrastruttura sulle terrazze di copertura degli edifici esistenti né al di sopra delle altezze massime fissate dai PUA per le nuove costruzioni, fatta eccezione per i gazebi di cui all’art. 191 ed ai volumi tecnici, che devono essere correttamente inseriti nel contesto architettonico e compatibili con l’ambiente circostante”.
La disposizione, dal tenore tranciante, non può essere interpretata riduttivamente nel senso di riferirsi solo ad elementi comportanti aumento di volumetria ma, al contrario, appare del tutto coerente con la lettura data dal primo giudice, ossia quella di un divieto di edificazione assoluta, temperato solo dalle eccezioni ivi previste (gazebi e volumi tecnici).
Venendo quindi alla possibilità di sussumere l’edificazione nell’ambito della nozione di gazebo, non può che evidenziarsene la non sostenibilità, stanti le modalità costruttive (legno per la tettoia;tessuto ed incannucciata per i gazebo), che ne rende palese la differenza funzionale.
Deve quindi condividersi la lettura data dal primo giudice sulla incompatibilità del manufatto con la prescrizione urbanistica.
Il che implica anche l’irrilevanza delle successive modifiche al RUEC, atteso che, quand’anche rilevanti, importerebbero una nuova valutazione da parte dell’amministrazione comunale, senza possibilità per questo giudice di intromettersi nell’ambito di poteri amministrativi ancora non esercitati, giusta il disposto di cui all’art. 34, comma 2, c.p.a..
4. - L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.