Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-07-23, n. 202406658

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-07-23, n. 202406658
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406658
Data del deposito : 23 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/07/2024

N. 06658/2024REG.PROV.COLL.

N. 07615/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7615 del 2022, proposto da -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia e Ministero della Giustizia - Dip. Amm. Penitenziaria - Provveditorato Regionale Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione Quarta, n. -OMISSIS- resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Ministero della Giustizia - Dip. Amm. Penitenziaria - Provveditorato Regionale Lombardia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2024 il Cons. Francesco Cocomile e uditi per le parti gli avvocati G B e l’avvocato dello Stato Emma Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. - Con decreto n. 20226632 del 14 ottobre 2021 il Ministero della Giustizia irrogava all’odierno appellante -OMISSIS- (assistente di Polizia penitenziaria, assegnato al nucleo cinofilo della seconda Casa di reclusione di -OMISSIS-, con mansioni di conduttore cinofilo) la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 3/30 di una mensilità di stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo per l’infrazione di cui all’art. 3, comma 2, lett. f), dlgs n. 449/1992 (“ grave negligenza in servizio ”) e la sanzione disciplinare della deplorazione per l’infrazione di cui all’art. 4, comma 1, lett. b), dlgs n. 449/1992 (“ dare prove manifeste di negligenza nel mantenere la disciplina ”), per il comportamento tenuto in data 28 maggio 2021, allorché il ricorrente si rifiutava di espletare le proprie incombenze (in particolare, condurre il cane dell’Ass.-OMISSIS- nella recinzione o, quantomeno, scaricare del mangime dal furgone), assumeva un atteggiamento infervorato e successivamente si assentava dal lavoro senza giustificazione.

Il sig. -OMISSIS- impugnava dinanzi al T.A.R. Lombardia il provvedimento disciplinare unitamente al «verbale trattazione orale e deliberazione del consiglio regionale» del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Consiglio Regionale di Disciplina per il Personale del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio negli istituti e servizi penitenziari della Lombardia, reso in data 29 settembre 2021, senza numero, con il quale il Consiglio Regionale di Disciplina deliberava « all’unanimità dei voti espressi di proporre al Signor Provveditore la sanzione disciplinare della pena pecuniaria ai sensi dell’articolo 3 lettera f) del D.lgs 449/92 nella misura di 3/30 della riduzione di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo e la deplorazione ai sensi dell’articolo 4) Lett. B) Lgs 449/1992 », domandandone l’annullamento per i seguenti motivi:

« I. Violazione del diritto di difesa. Violazione dell’art. 24 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 449/1992. Violazione degli artt. 108 e 111 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3;

II. Falsità del presupposto;

III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15 - rubricato «Istruttoria per l’irrogazione della pena pecuniaria, della deplorazione, della sospensione dal servizio e della destituzione» - del decreto legislativo 30/10/1992 n. 449. Violazione del paragrafo 3 della circolare del Ministero della Giustizia, Capo della Polizia penitenziaria n. 3635/6085

GDAP

0147044-2012 PU

GDAP

1a00 - 13/04/2012 - 0147044 - 2012 avente ad oggetto «Corpo di Polizia penitenziaria e decreto legislativo 30 ottobre 1992 n. 449. Linee guida e precisazioni sull’esercizio dell’azione disciplinare». Violazione dell’art. 109 del dPR n. 3/1957. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 1990. Eccesso istruttoria carente e insufficiente;

IV. Violazione dell’art. 2106 - rubricato «Sanzioni disciplinari» del codice civile. Violazione del paragrafo 2 della circolare del Ministero della Giustizia, Capo della Polizia penitenziaria n. 3635/6085

GDAP

0147044-2012 PU

GDAP

1a00 - 13/04/2012 - 0147044 - 2012 avente ad oggetto «Corpo di Polizia penitenziaria e decreto legislativo 30 ottobre 1992 n. 449. Linee guida e precisazioni sull’esercizio dell’azione disciplinare». Violazione del generale principio di proporzionalità tra infrazione accertata e sanzione irrogata. Violazione dell’art. 3 della legge 241 1990 (sotto il profilo della sostanziale carenza di motivazione). Eccesso di potere per erroneità e insufficienza della motivazione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 2, lett. f) e dell’art. 4, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 449/1992;

V. Mancanza del fatto contestato. Eccesso di potere per travisamento di fatto e di diritto, per illogicità, per motivazione erronea e travisata. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241 1990 sotto il profilo della sostanziale carenza di motivazione ».

2. - L’adito T.A.R., nella resistenza dell’intimata Amministrazione, con la sentenza segnata in epigrafe, respingeva il ricorso.

3. - Con rituale atto di appello il sig. -OMISSIS- chiedeva la riforma della predetta sentenza, lamentando l’omessa considerazione, da parte del primo Giudice, della violazione delle garanzie difensive poste in essere dalla P.A. nel corso del procedimento, del difetto d’istruttoria e della violazione del principio di proporzionalità.

4. - Resistevano al gravame il Ministero della Giustizia e il Ministero della Giustizia - Dip. Amm. Penitenziaria - Provveditorato Regionale Lombardia, chiedendone il rigetto.

5. - All’udienza pubblica del 9 luglio 2024 la causa passava in decisione.

6. - L’appello è infondato secondo quanto di seguito osservato.

6.1. - Con il primo motivo di appello il -OMISSIS- contesta l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto non fondata l’eccepita violazione dell’art. 108 d.p.r. n. 3/1957 poiché - secondo il T.A.R. - detta «… violazione non trova … applicazione al caso di specie … Poiché le disposizioni di cui al Titolo II, Capi I e II del d.lgs. n. 449/1992 disciplinano compiutamente la procedura che deve essere osservata nel rilevare le infrazioni, le modalità per l’irrogazione delle sanzioni … », nonostante lo stesso T.A.R. abbia dato espressamente atto, nella medesima decisione, che il comma 5 dell’art. 24 dlgs n. 449/1992 dispone testualmente: « Per quanto non previsto dal presente decreto in materia di disciplina e di procedura, si applicano, in quanto compatibili, le corrispondenti norme contenute nel testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 ».

Secondo l’appellante, non contemplando il dlgs n. 449/2022 un precetto analogo al contenuto dell’art. 108 d.p.r. n. 3/1957 concernente la nomina del funzionario istruttore e relativa comunicazione, detta disposizione sarebbe dovuta essere applicata nel procedimento disciplinare per cui è causa, ma nel caso di specie l’Amministrazione avrebbe illegittimamente omesso detta comunicazione.

Detto motivo di appello va disatteso, poiché - come correttamente rilevato dal primo Giudice - il Titolo I - Capi I e II del dlgs n. 449/1992 disciplina dettagliatamente il procedimento disciplinare in relazione agli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria, con la conseguente che legittimamente l’Amministrazione ha ritenuto non applicabile nel caso di specie la specifica previsione di cui all’art. 108 d.p.r. n. 3/1957.

6.2. - Con il secondo motivo di appello il -OMISSIS- contesta la violazione, da parte della P.A., del diritto difesa (cfr. pagg. 7 e 8 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e pagg. 10 e ss. dell’atto di appello), laddove il T.A.R. ha ritenuto infondata tale eccezione solo perché nel ricorso non sarebbero stati indicati « la rilevanza », e « le conseguenze che sarebbero derivate dalla mancata conoscenza delle stesse » (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).

Il motivo va disatteso.

Invero, il termine che sarebbe stato violato ( rectius termine di 10 giorni ex art. 12, comma 3, dlgs n. 449/1992 per la presentazione delle giustificazioni) va considerato come meramente ordinatorio, non essendo espressamente dichiarato perentorio dalla legge.

Come evidenziato da Cons. Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2189 a proposito dei termini del procedimento disciplinare previsti per gli appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria dal dlgs n. 449/1992:

“… È pacifico l’avviso giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, che il carattere ordinatorio o perentorio dei termini stabiliti in materia di procedimento disciplinare a carico di pubblici dipendenti discende dagli effetti che la fonte regolatrice del rapporto ricollega alla loro osservanza, tenuto conto che, in base al principio sancito dall’art. 152 c.p.c., i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori tranne che la legge stessa li dichiari perentori.

Nella specie le norme degli articoli 16 e 17 in esame hanno chiara natura ordinatoria non essendo prevista alcuna decadenza in ipotesi di loro inosservanza . …”.

Peraltro, nel caso di specie la circostanza che in data 6 agosto 2021 il funzionario istruttore abbia rettificato quanto affermato con propria mail del 21 luglio 2021 e abbia confermato che effettivamente il rapporto dell’ispettore -OMISSIS- trasmesso al -OMISSIS- mancava di alcune pagine (cfr. pag. 8 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) e che il termine di cui all’art. 12, comma 3, dlgs n. 449/1992 era scaduto in data 25 luglio 2021, non ha concretamente impedito al difensore del -OMISSIS- di svolgere compiutamente le proprie difese nel corso della seduta del Consiglio regionale di disciplina del 29 settembre 2021, come emerge dalla lettura del relativo verbale.

Infine, non può non confermarsi quanto evidenziato dal T.A.R. nella sentenza appellata e cioè che nel ricorso di primo grado non erano stati indicati «… né la rilevanza degli elementi contenuti nelle pagine del rapporto dell’Ispettore -OMISSIS- che non sarebbero state trasmesse al sig. -OMISSIS-, né le conseguenze che sarebbero derivate dalla mancata conoscenza delle stesse … », poiché effettivamente dalla lettura del primo motivo del ricorso introduttivo (pagg. 7 e 8) tutto ciò non emerge. Del resto ciò non è precisato neanche nell’atto di appello.

6.3. - Con il terzo motivo il -OMISSIS- contesta la ricostruzione operata dal T.A.R. a pag. 2 della sentenza impugnata (ove si dà atto che le sanzioni disciplinari sono state irrogate « per il comportamento tenuto in data 28 maggio 2021, allorché il sig. -OMISSIS- si è rifiutato di espletare le proprie incombenze (in particolare, condurre il cane dell’Ass.-OMISSIS- nella recinzione o quanto meno, scaricare del mangime dal furgone), ha assunto un atteggiamento infervorato e si è successivamente assentato senza giustificazione »), coincidente con quella rinvenibile nella contestazione degli addebiti e nel decreto del Provveditore regionale.

Secondo la prospettazione della difesa dell’appellante tale ricostruzione sarebbe errata: il -OMISSIS- non si sarebbe rifiutato di espletare le proprie incombenze in mancanza di un ordine o di una semplice richiesta da parte dell’ispettore -OMISSIS- o dell’assistente capo-OMISSIS- (entrambe presenti al momento del fatto contestato);
non sussisterebbe alcun atteggiamento infervorato dello stesso -OMISSIS-, avendo lo stesso avuto unicamente una discussione con l’ispettore -OMISSIS-, discussione ritenuta dall’assistente-OMISSIS- un mero confronto a voce alta e nulla più;
infine lo stesso -OMISSIS- non si sarebbe assentato senza giustificazione, come si ricava dallo stesso rapporto redatto dall’ispettore -OMISSIS- e dalle giustificazioni dello stesso -OMISSIS-.

Inoltre, detta ricostruzione - secondo il ricorrente - sarebbe illogica perché, se l’assistente capo-OMISSIS- era presente in loco , se il cane che sarebbe dovuto essere condotto nella recinzione era dell’assistente capo-OMISSIS-, se nessuno tra i presenti ( i.e. ispettore -OMISSIS- e assistente capo-OMISSIS-) aveva ordinato o semplicemente chiesto all’assistente -OMISSIS- di condurre il cane dell’assistente capo-OMISSIS- nella recinzione, sarebbe oscura la ragione per la quale tale incombenza spettava proprio all’assistente -OMISSIS-. Pertanto, la circostanza dell’essersi lo stesso rifiutato di espletare le proprie incombenze sarebbe smentita per tabulas , non essendo stata rivolta alcuna richiesta al -OMISSIS- e non potendo quindi quest’ultimo rifiutare alcunché.

Il T.A.R., quindi, avrebbe errato nell’accogliere la versione dei fatti contenuta nella contestazione degli addebiti e nel decreto del Provveditore regionale, ignorando completamente quanto emerge dagli atti e in particolare quanto era possibile ricavare dal rapporto dell’ispettore -OMISSIS- e dalla dichiarazione dell’assistente capo-OMISSIS-;
quanto affermato dal funzionario istruttore e dal Provveditore non troverebbe riscontro alcuno nel rapporto dell’ispettore -OMISSIS- e sarebbe smentito dall’assistente capo-OMISSIS- nella propria dichiarazione scritta resa al funzionario istruttore.

Pertanto, l’intero procedimento e la valutazione dei fatti sarebbero stati inquinati da un presupposto falso e inesistente non considerato come tale dal T.A.R. nella sentenza appellata.

Anche detto motivo va disatteso.

Invero, l’ispettore -OMISSIS- nel proprio rapporto dà atto che la stessa nell’occasione del 28 maggio 2021 rappresentava all’assistente -OMISSIS- che quest’ultimo avrebbe dovuto aiutare la collega-OMISSIS- nel senso di portare il cane A al canile o almeno ritirare dal furgone i sacchi del mangime. Il -OMISSIS- si rifiutava di fare entrambe le cose, sostenendo che temeva il cane A per dei pregressi di “morsicatura” in danno dei terzi, al che la -OMISSIS- ricordava al -OMISSIS- di essere munito di specializzazione conseguita come cinofilo a.d. Dopodiché il rapporto descrive la reazione concitata avuta dal -OMISSIS- in detta occasione.

In ogni caso ritiene questo Giudice che dal citato rapporto emerga chiaramente come le richieste formulate dalla -OMISSIS- nei confronti del -OMISSIS-, diversamente da quanto sostenuto dalla parte appellante, fossero in sostanza dei veri e propri ordini provenienti dal superiore gerarchico che lo stesso si rifiutava di eseguire.

Inoltre, la-OMISSIS- nella propria dichiarazione afferma unicamente di aver udito una discussione a voce alta del -OMISSIS- con l’ispettore -OMISSIS- che si concludeva con il loro allontanamento dal luogo del canile verso l’ufficio del Distaccamento.

Si tratta pertanto di una dichiarazione da cui non è possibile desumere alcun elemento che possa contraddire la versione fornita dall’ispettore -OMISSIS-.

6.4. - Con il quarto motivo di appello il -OMISSIS- sostiene che l’Amministrazione non avrebbe acquisito le dichiarazioni di altri soggetti utili ai fini della decisione disciplinare (in particolare le dichiarazioni dell’ispettore sup. Gianluca Caruso e del vice comandante della seconda Casa di Reclusione di -OMISSIS- e assistente Marino), mancando quindi la prova della fondatezza dell’addebito disciplinare.

Inoltre, la copia del “verbale prima riunione” del 16 settembre 2021 del Consiglio regionale di disciplina consegnata al -OMISSIS- conteneva vari omissis . La produzione in giudizio della copia integrale del menzionato verbale ha consentito al -OMISSIS- di appurare che il Consiglio di disciplina era in possesso di alcuni documenti ( rectius carteggio trasmesso dall’Ufficio V - Sicurezza e Traduzioni del PRAP di Milano in data 4 giugno 2021, contenente l’informativa relativa al dipendente;
atto di contestazione degli addebiti redatto in data 24 giugno 2021 e notificato in data 5 luglio 2021;
richiesta di proroga dei termini del 13 luglio 2021;
accesso agli atti del 5 luglio 2021 con sollecito del 13 luglio 2021;
giustificazioni presentate il 22 luglio 2021;
relazione finale redatta dal F.I. in data 12 agosto 2021;
copia del foglio matricolare dell’incolpato) e che gli omissis coprivano la parte in cui il medesimo Consiglio dava atto di ciò.

Dalla lettura dell’elenco dei documenti in possesso del Consiglio regionale di disciplina il -OMISSIS- si sarebbe reso conto di non essere in possesso di alcun atto istruttorio acquisito dal funzionario istruttore, in ciò concretizzandosi una violazione del proprio diritto di difesa.

Detto motivo non è meritevole di positivo apprezzamento.

Infatti, se l’Amministrazione ha ritenuto sufficiente l’acquisizione del rapporto della -OMISSIS- e delle dichiarazioni della-OMISSIS- (peraltro unico testimone presente al momento dei fatti), senza assumere ulteriori dichiarazioni di altri soggetti, ciò evidentemente costituisce espressione di discrezionalità amministrativa propria della P.A. procedente correttamente esercitata nel caso di specie, tenuto conto altresì che lo stesso -OMISSIS- nelle proprie memorie difensive rese nel corso del procedimento ammetteva di non ritenere di eseguire quanto richiesto dalla -OMISSIS- in considerazione della asserita aggressività del cane A.

Inoltre, premesso che in detto motivo di appello il -OMISSIS- non specifica quali fossero i documenti di cui lo stesso non era in possesso e la rilevanza degli stessi ai fini dell’esercizio del proprio diritto di difesa, va evidenziato che molti dei documenti elencati a pag. 17 dell’atto di appello sono - per stessa ammissione del -OMISSIS- - atti notificati allo stesso (v. contestazione degli addebiti), ovvero istanze e atti redatti dal medesimo appellante ( i.e. istanza di accesso del 5 luglio 2021, sollecito del 13 luglio 2021, giustificazioni del 22 luglio 2021).

6.5. - Con il quinto motivo di appello il -OMISSIS- contesta la sentenza appellata nella parte in cui non ha considerato la sproporzione delle sanzioni irrogate dall’Amministrazione in relazione ad un preteso atteggiamento tenuto dallo stesso ricorrente che non sarebbe stato in alcun modo provato ed anzi sarebbe stato smentito dall’unico soggetto presente al momento dei fatti e cioè l’assistente capo-OMISSIS- e per certi versi anche dal funzionario istruttore nella sua relazione finale. Non sarebbe rispondente al vero la circostanza secondo cui l’assistente -OMISSIS-, nella specie, abbia tenuto un atteggiamento non diligente e non collaborativo, né che lo stesso avrebbe dimostrato scarso autocontrollo e avrebbe mancato di rispetto nei confronti del superiore gerarchico, essendo emerso unicamente che tra l’assistente -OMISSIS- e l’ispettore -OMISSIS- è intercorsa una discussione ad alta voce, che in assenza di ulteriori elementi non può integrare la « grave negligenza in servizio », né costituire «… prove manifeste di negligenza nel mantenere la disciplina ».

Secondo la prospettazione della parte appellante dello stesso avviso sarebbe il funzionario istruttore, avendo quest’ultimo nella propria «relazione conclusiva» dato espressamente atto che l’assistente -OMISSIS- «… esibisce, nell’atto di difesa, tutta una serie di prove … che dimostrano la sua buona fede, oltreché un comportamento trasparente e ligio ai doveri istituzionali … ». Il T.A.R. nella sentenza impugnata, omettendo erroneamente di rilevare - come viceversa avrebbe dovuto - che gli addebiti contestati all’assistente -OMISSIS- non sono stati in alcun modo provati dall’Amministrazione, avrebbe arbitrariamente ritenuto che lo stesso, nella specie, a) non si sia comportato in modo diligente e collaborativo e che b) avrebbe dimostrato scarso autocontrollo per la mancanza di rispetto nei confronti del superiore gerarchico.

La doglianza non può trovare accoglimento.

Invero, dagli atti del procedimento disciplinare risulta provata la condotta posta in essere dal -OMISSIS- sulla base del rapporto dell’ispettore -OMISSIS- da cui emerge che una richiesta ben precisa era stata indirizzata dalla prima allo stesso appellante in occasione dei fatti del 28 maggio 2021 per quanto concerneva il cane A. La circostanza della formulazione di detta richiesta - come visto - non è in sostanza contestata nella memoria procedimentale del 22 luglio 2021 dello stesso -OMISSIS- e certamente non è smentita dalle dichiarazioni rese dalla-OMISSIS- (cfr. precedente par. 6.3).

Ciò premesso, deve escludersi che vi sia stata una violazione del principio di proporzionalità poiché - come evidenziato da costante giurisprudenza richiamata dal T.A.R. nella sentenza appellata - «… “la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità” (Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858;
Cons. Stato, sez. IV, 27 luglio 2020, n. 4761). Nel caso di specie, tali vizi non possono ritenersi sussistenti, a fronte dell’atteggiamento tenuto dal ricorrente, in occasione del servizio prestato, non certo diligente e collaborativo e successivamente ad esso, per avere dimostrato scarso autocontrollo e per la mancanza di rispetto nei confronti del superiore gerarchico. A fronte di una tale condotta la valutazione espressa dall’amministrazione e la quantificazione della sanzione non possono ritenersi affette da alcuno dei vizi dedotti
. …» (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).

7. - In conclusione, dalle argomentazioni in precedenza esposte discende la reiezione dell’appello.

8. - In considerazione della peculiarità della presente controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.

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