Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-12-12, n. 201908447

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-12-12, n. 201908447
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201908447
Data del deposito : 12 dicembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/12/2019

N. 08447/2019REG.PROV.COLL.

N. 07599/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7599 del 2012, proposto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e dall’Agenzia per le erogazioni in Agricoltura- A.G.E.A, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

contro

Azienda Agricola F.lli Garnero S.s., non costituita in giudizio,

nei confronti

Fattorie Osella S.p.a, non costituitasi in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del Piemonte, Sezione II, n. 500/2012, resa tra le parti, concernente quote latte.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 luglio 2019, il Consigliere Fulvio Rocco e udito per le Amministrazioni appellanti l’avvocato dello Stato Giuseppe Cimino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1.1. L’attuale appellata, nonché ricorrente in primo grado Società Agricola Garnero Fratelli, Società semplice corrente in Busca (CN), è specializzata nella produzione di latte vaccino e, in quanto tale, all’epoca dei fatti di causa era assoggettata al regime comunitario delle cc.dd. “quote latte” , finalizzato alla riduzione delle eccedenze di produzione gravanti sul bilancio dell’Unione Europea e disciplinato da quest’ultima, in prosieguo di tempo, mediante i regolamenti n. 856/1984 del 31 marzo 1984, n. 3950/92 del 28 dicembre 1992 e n. 1788/2003 del 29 settembre 2003, variamente modificati sino alla data dell’1 aprile 2015, allorquando tale regime ha avuto termine ed è stato ripristinato all’interno dell’Unione il libero mercato per i prodotti lattiero-caseari.

1.1.2. Al fine della migliore comprensione della fattispecie è opportuno premettere - anche sulla base di quanto puntualmente esposto da entrambe le parti - una disamina riassuntiva della normativa comunitaria che in prosieguo di tempo è intervenuta a disciplinare la materia in esame e che risulta rilevante ai fini del decidere.

Il regime delle “quote latte” si fondava sull’assegnazione a ciascuno Stato membro di un Quantitativo Globale Garantito (QGG) di latte disponibile per ciascuna annata.

Ogni Stato membro doveva quindi suddividere il QGG ad esso assegnato tra i singoli produttori operanti nel proprio territorio mediante l’assegnazione a ciascuno di essi di un Quantitativo di Riferimento Individuale (QRI);
provvedendo ad aggiornare annualmente i QRI prima dell’inizio di ogni campagna lattiera e vigilando sull’applicazione del c.d. “prelievo supplementare” nei confronti di quei produttori di latte che, avendo superato il proprio QRI, avevano conseguentemente contribuito allo sforamento del QGG assegnato allo Stato medesimo.

Tale prelievo costituiva un meccanismo di responsabilità finanziaria, operante nella fase della commercializzazione, volto a disincentivare la produzione di latte oltre la propria QRI.

Secondo la Corte di Giustizia delle Comunità Europee (Sez. VI, sentenza del 25 marzo 2004 in cause riunite C-231/00, C-303/00 e C-451/00), il prelievo di cui trattasi non costituiva di per sé una sanzione, ma si iscriveva - anche con riguardo ai “considerando” del Reg. n. 1255 / 99 /CE, del 17 maggio 1999 - nell’ambito delle finalità di sviluppo razionale della produzione lattiera, consentendo di controllare il prezzo del latte e di mantenerlo ad un livello sufficiente a garantire agli imprenditori e ai lavoratori agricoli interessati un tenore di vita equo senza l’onere di costi di intervento troppo elevati.

In tal senso il regime del prelievo supplementare imposto dal legislatore comunitario assoggettava pertanto i produttori di latte degli Stati membri ad una trattenuta finanziaria per ogni chilogrammo di latte prodotto in eccedenza al proprio QRI.

La medesima disciplina comunitaria configurava gli acquirenti di latte (latterie, caseifici, ecc.) quali sostituti agli effetti della riscossione del prelievo, obbligandoli a tener monitorate le consegne di latte dei produttori propri conferenti: pertanto, nel momento in cui questi ultimi avessero superato la quota - latte prefissata, gli acquirenti dovevano trattenere dall’importo che periodicamente liquidavano ai produttori medesimi come pagamento per il latte acquistato il prelievo stabilito dalle norme comunitarie.

Gli Stati membri erano tenuti ad accertare per ciascuna annata i quantitativi di latte effettivamente commercializzato, a compensare le maggiori e minori quantità prodotte e a riscuotere il prelievo supplementare anteriormente al 1° settembre di ciascun anno.

L’evoluzione normativa di tale istituto risulta invero complessa.

Nell’ambito dell’Organizzazione Comune di Mercato (O.C.M.) del settore lattiero-caseario istituita dal regolamento (CEE) n. 804/68 del 27 giugno 1968 con la finalità principale di limitare lo squilibrio esistente tra offerta e domanda - contraddistinto, per l’appunto, da una consistente eccedenza del prodotto rispetto alla richiesta da parte dei consumatori finali - con il regolamento (CEE) n. 1079/77 del 17 maggio 1977 si introdusse, a carico dei produttori, un “prelievo di corresponsabilità” , gravante in maniera uniforme sull’insieme dei quantitativi di latte consegnati alle latterie, nonché su alcune vendite di prodotti lattiero-caseari: e ciò al dichiarato scopo di “ripristinare gradualmente un maggior equilibrio tra la produzione e il fabbisogno del mercato” , nonché di “rendere meno gravosi gli oneri occasionati alla Comunità dalla situazione attuale, e in particolare dalle considerevoli eccedenze” (cfr. ivi, secondo “considerando” ).

Tuttavia, constatata l’insufficienza di tale “prelievo di corresponsabilità” al fine di pervenire alla normalizzazione del rapporto tra produzione e consumo del prodotto, con il successivo regolamento n. 856/84 il Consiglio introdusse l’art. 5- quater del regolamento n. 804/68, con il quale veniva istituito un prelievo supplementare avente lo scopo di mantenere sotto controllo la crescita della produzione lattiera pur permettendo gli sviluppi e gli adeguamenti strutturali necessari (cfr. al riguardo il terzo e quattordicesimo “considerando” del reg. n. 856/84).

Tale regime, originariamente istituito per un periodo di nove anni, fu poi prorogato, con regolamento (CEE) n. 2074/92 del 30 giugno 1992, per sette periodi consecutivi di 12 mesi, a decorrere dal 10 aprile 1993 nella considerazione che esso era “volto a ridurre sia lo squilibrio tra offerta e domanda di latte e prodotti lattiero-caseari, sia le conseguenti eccedenze strutturali” e che pertanto continuava ad essere in tal senso “necessario in futuro per il conseguimento di un migliore equilibrio del mercato" (cfr. ivi il primo “considerando” ).

Il medesimo regime fu quindi ulteriormente prorogato apportandovi snellimenti procedurali per ulteriori otto periodi di dodici mesi a decorrere dal 10 aprile 2000.

Con regolamento (CEE) n. 3950/92 del 28 dicembre 1992, il Consiglio, nel ribadire integralmente le motivazioni che lo avevano indotto ad introdurre il prelievo supplementare (cfr. ivi in particolare, il primo e l’ultimo “considerando” ), ha abrogato il regolamento n. 857/84 e ha riformulato le disposizioni basilari del regime introducendo varie modifiche intese a semplificarlo.

Contestualmente il Consiglio ha pure stabilito l’entità del prelievo supplementare nella misura del 115% del prezzo indicativo del latte, da applicarsi, conformemente alle originarie previsioni delle disposizioni istitutive di tale prelievo, sui quantitativi prodotti in eccedenza rispetto al QRI assegnato a ciascun produttore.

Va evidenziato che il sopradescritto regime comunitario è stato per la prima volta attuato in Italia mediante la l. 26 novembre 1992, n. 468, e successive modifiche, in forza della quale era attribuito a ciascun produttore un limite produttivo corrispondente alla produzione commercializzata nel periodo 1988–1989 (c.d. “quota A” ), unita alla maggiore quantità commercializzata nel periodo 1991–1992 (a sua volta denominata “quota B” ).

Tale limite era indicato in appositi bollettini ufficiali che dapprima l’Azienda Italiana per il Mercato Agricolo (A.I.M.A., istituita con l. 13 maggio 1966, n. 303) e poi l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AG.E.A., a sua volta istituita con d.lgs. 27 maggio 1999, n. 163), dovevano pubblicare entro il 31 gennaio anteriore al periodo di riferimento.

Dei dati pubblicati su tali bollettini – poi sostituiti da un registro ufficiale - le medesime A.I.M.A. e AG.E.A. dovevano quindi avvalersi per l’applicazione dell’anzidetto “prelievo supplementare” che - come dianzi precisato – a’ sensi dell’art. 1 del regolamento CEE 28 dicembre 1992, n. 3950, era pari al 115% del prezzo indicativo del latte.

Il prelievo veniva imputato al singolo produttore che avesse superato la propria quota a seguito dello svolgimento - entro quattro mesi dal termine di ciascun periodo (e, cioè, entro il 31 luglio) - delle operazioni di compensazione fra le minori e le maggiori quantità del prodotto consegnato.

L’A.I.M.A. - e, successivamente, l’A.G.E.A. - doveva provvedere all’assegnazione della quota a ciascun produttore entro il termine del 31 gennaio di ciascun anno, a’ sensi dell’art. 4, comma 2, della l. n. 468 del 1992, in relazione al periodo avente inizio il 1° aprile successivo.

Va peraltro precisato che l’assegnazione delle quote è avvenuta sempre con notevole ritardo e che pertanto il meccanismo di contenimento della produzione lattiera ha avuto un’applicazione complessivamente tardiva.

Ad esempio, per gli ormai risalenti periodi 1995-1996 e 1996–1997 l’A.I.M.A. ha infatti provveduto alla comunicazione dei QRI assegnati in via definitiva soltanto a partire dal 18 aprile 1998, vale a dire addirittura a distanza di anni dalla conclusione delle anzidette campagne lattiere.

Oltre a tutto, in tale occasione era stato riconfermato un taglio della quota B pari al 75%.

Sempre per esemplificare, va pure rilevato che per quanto atteneva invece all’applicazione del prelievo supplementare, è stato provveduto mediante un unico provvedimento riferito alle due anzidette annate 1995–1996 e 1996–1997 e i risultati delle conseguenti compensazioni nazionali sono stati comunicati alle aziende agricole soltanto a partire dal giorno 14 ottobre 1999, mediante lettera raccomandata contenente anche la circolare AG.E.A. 8 settembre 1999, prot. n. 277/Comm. Liq.

La necessità di apportare alcune modifiche alle disposizioni nazionali di applicazione della normativa comunitaria sulle quote latte, al fine di scongiurare il rischio che un’inidonea attuazione della legislazione comunitaria comportasse un ingente onere finanziario nei confronti dell’Unione Europea ha quindi indotto il legislatore italiano, mediante il d.l. 28 marzo 2003, n. 49, convertito con modificazioni con l. 30 marzo 2003, n. 119, e successive modifiche, a sostituire la l. n. 468 del 1992 con una nuova disciplina organica della materia, fermi comunque restando i principi portanti della normativa precedente.

Mediante tale nuova disciplina è stato inoltre attuato all’interno del nostro ordinamento il regolamento CE 1392/2001 di illustrazione delle modalità d’applicazione del prelievo supplementare, ed è stato - altresì - stabilito che gli adempimenti relativi al sistema delle quote latte erano di competenza delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, alle quali spettavano anche le funzioni di controllo relative all’applicazione di tale regime e di riscossione coattiva del prelievo supplementare nei confronti degli acquirenti e dei produttori.

1.2. In data 14 dicembre 2006, in sede di Conferenza Stato-Regioni - in considerazione del fatto che gran parte delle aziende agricole assoggettate a prelievo supplementare erano anche “destinatarie di contributi agricoli, comunitari o nazionali, che vengono regolarmente erogati dagli organismi pagatori, anche in presenza di un debito derivante da imputazioni di prelievo supplementare” - è stata siglata un’intesa tra il Ministero delle politiche agricole e le Regioni che prevedeva “la compensazione delle somme dovute a titolo di prelievo supplementare e relativi interessi con i contributi destinati alle aziende agricole” .

In conseguenza della procedura di recupero del prelievo supplementare così avviata, a far data dal 28 giugno 2007 varie aziende agricole hanno ricevuto dall’AG.E.A. una nota con la quale sono state rese edotte dell’avvenuta compensazione del prelievo supplementare asseritamene dovuto per l’annata lattiero-casearia 1995-1996 ovvero per l’annata 1996-1997 con gli aiuti comunitari già erogati con specifica disposizione di pagamento.

1.3. Premesso ciò, con ricorso proposto sub R.G. 1012 del 2007 innanzi al T.A.R. per il Piemonte, la Società Agricola Garnero F.lli ha chiesto l’annullamento:

a ) della predetta Comunicazione AG.E.A. CRE21-00000190-P, Prot. n. 2007.831 dd. 12 marzo 2007, avente ad oggetto “Regime Quote Latte - Compensazione del prelievo supplementare dovuto con gli aiuti comunitari” inviata con raccomandata n. 11683100035-4 dd. 7 maggio 2007;

b ) del provvedimento dd. 14 dicembre 2006 adottato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, recante “Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Ministero delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome sulle procedure di recupero del prelievo supplementare, mediante compensazione, nel settore lattiero-caseario (Repertorio atti n. 2714)” ;

c ) di ogni altro atto presupposto o conseguente, e in particolare - e per quanto di interesse della medesima parte ricorrente - del provvedimento AG.E.A. Disposizione di pagamento n. 4 dd. 3 aprile 2007, nonché del provvedimento AG.E.A. di imputazione di cui alla raccomandata n. 119136063361 dd. 4 agosto 2003, citato senza alcuna ulteriore specificazione nelle predetta comunicazione AG.E.A. prot. n. 2007.831 dd. 12 marzo 2007.

Con successivi motivi aggiunti presentati nel corso di tale giudizio di primo grado, la medesima parte ricorrente ha - altresì - chiesto l’annullamento:

d ) dell’ulteriore Comunicazione AG.E.A. CRE21-00034638-P, Prot. n. 2007.37972 dd. 19 giugno 2007, avente ad oggetto “Regime Quote Latte - Compensazione con gli aiuti comunitari del prelievo supplementare non versato” , inviata con raccomandata n. 13359265150-6 ricevuta il 28 giugno 2007;

e ) del provvedimento dd. 14 dicembre 2006 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, recante “Intesa, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Ministero delle politiche agricole e forestali, le regioni e le province autonome sulle procedure di recupero del prelievo supplementare, mediante compensazione, nel settore lattiero-caseario (Repertorio atti n. 2714)” ;

f ) di ogni ulteriore atto presupposto o conseguente, e in particolare - e per quanto di interesse della medesima parte ricorrente - del provvedimento AG.E.A. Disposizione di pagamento n. 6 dd. 29 maggio 2007 e del provvedimento AG.E.A. di imputazione di cui alle raccomandate n. 119136063361 dd. 4 agosto2003, citato senza alcuna ulteriore specificazione nelle predetta Comunicazione AG.E.A. CRE21-00034638-P, Prot. n. 2007.37972 dd. 19 giugno 2007.

La ricorrente in primo grado ha dedotto i seguenti ordini di censure.

1) Violazione del principio di legalità e dì riserva di legge, in quanto il provvedimento di intesa della Conferenza Permanente Stato- Regioni dd. 14 dicembre 2006 è stato adottato a’ sensi dell’art. 8, comma 6, prima parte, della l. 5 giugno 2003, n. 131, che dispone: “Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni” ;
dal che discenderebbe pertanto la conseguenza che il provvedimento medesimo, non configurandosi quale atto legislativo o comunque normativo, non potrebbe - di per sé - prevedere e disciplinare nuove ipotesi di compensazione, non previste dalla legge.

2) Eccesso di potere per indeterminatezza;
violazione di legge in relazione all’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, per carenza e/o insufficienza della motivazione;
violazione di legge in relazione all’art. 1243 c.c.

3) Violazione di legge in relazione al combinato disposto dell’art. 2 del d.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727, e dell’art. 1246 c.c., in quanto dalle comunicazioni AG.E.A. impugnate emergerebbe che il prelievo supplementare imputato per le consegne della campagna 1995-1996 e della campagna 1996-1997 sarebbe stato compensato “con gli aiuti comunitari” , nel mentre a’ sensi dell’anzidetto combinato disposto tali somme non avrebbero potuto in alcun modo essere portate in compensazione con l’asserito debito per prelievo supplementare.

4) Ulteriore violazione di legge in relazione all’art. 1243 c.c.

1.4. In tale primo grado di giudizio si sono costituiti il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e l’AG.E.A., replicando puntualmente alle censure avversarie e concludendo per la reiezione del ricorso e dei suoi motivi aggiunti.

1.5. Non si è viceversa costituita in tale primo grado di giudizio la pur intimata Fattorie Osella S.p.a.

1.6. Con ordinanza n. 456 dd. 6 settembre 2007 la Sezione II^ dell’adito T.A.R. ha accolto a’ sensi dell’allora vigente art. 21 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, come modificato dagli artt. 1 e 3 della l. 27 luglio 2000, n. 205, la domanda di sospensione cautelare degli atti impugnati, proposta dalla parte ivi ricorrente, “considerato che, ad un primo sommario esame, il ricorso merita accoglimento in quanto la compensazione è stata unilateralmente effettuata in assenza di una espressa previsione legislativa, nonché senza chiara indicazione, nei provvedimenti impugnati, dei crediti portati in compensazione” .

1.7. Con sentenza n. 500 dd. 8 maggio 2012 la medesima Sezione II^ dell’adito T.A.R. ha accolto il ricorso, disponendo l’annullamento degli atti impugnati e compensando integralmente tra le parti le spese e gli onorari di tale primo grado di giudizio.

2.1. Con l’appello in epigrafe il Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e l’AG.E.A. chiedono ora la riforma di tale sentenza, deducendo al riguardo con unico e articolato motivo l’avvenuta violazione di legge con riferimento all’art. 1 del d.l. 28 marzo 2003, n. 49, convertito con modificazioni dalla l. 30 maggio 2003, n. 119.

2.2. Non si è costituita nel presente grado di giudizio la parte appellata.

2.3. Non si è parimenti costituita nel presente grado di giudizio la pur intimata Fattorie Osella S.p.a.

2.4. Con ordinanza n. 4444 dd. 9 novembre 2012 la Sezione III^ di questo Consiglio di Stato ha accolto, a’ sensi dell’art. 98 c.p.a., la domanda di sospensione cautelare della sentenza impugnata, avanzata dalla parte appellante, “considerato: che, sia pure in questa sede di sommaria delibazione, le tesi di parte appellante appaiono sufficientemente convincenti;
che il pregiudizio allegato, riguardante anche i conseguenti addebiti da parte dell’Unione Europea, deve ritenersi dotato dei prescritti requisiti di gravità ed irreparabilità”
.

2.5. All’odierna pubblica udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.

3.1. Tutto ciò premesso, l’appello in epigrafe va accolto.

3.2. Va innanzitutto rilevato che il giudice di primo grado ha accolto il primo ordine di censure formulato dalla parte ivi ricorrente, con il quale - come si è visto innanzi - era stata dedotta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione del principio di legalità e di riserva di legge, sostenendo che sia il provvedimento di intesa della Conferenza Permanente Stato-Regioni dd. 14 dicembre 2006, sia le susseguenti comunicazioni AG.E.A. avevano posto in essere una “nuova” ipotesi di compensazione in assenza di un’apposita previsione legislativa.

Il T.A.R., a questo riguardo, ha rilevato che “in linea generale, il provvedimento di intesa si configura quale semplice atto di indirizzo, volto a favorire l’armonizzazione delle legislazioni statali e regionali o la predisposizione di nuove norme per il raggiungimento di posizioni unitarie o di obiettivi comuni. Esso deve pertanto necessariamente essere seguito, a livello statale e/o regionale, dall’adozione di norme idonee a perseguire lo scopo ivi prefissato. Sicché, l’atto di intesa impugnato avrebbe potuto individuare la compensazione come strumento di riscossione del prelievo supplementare, ma l’attuazione in concreto di detta compensazione avrebbe dovuto essere preceduta e regolamentata da una legge o da un atto avente forza di legge (come è avvenuto riguardo alle altre ipotesi di compensazione … come ad esempio dall'art. 4- bis del d.l. 15 febbraio 2007, n. 10, convertito in legge 6 aprile 2007, n. 46, recante “Norme per la compensazione degli aiuti comunitari con i contributi previdenziali” , che prevede “in sede di pagamento degli aiuti comunitari, gli organismi pagatori sono autorizzati a compensare tali aiuti con i contributi previdenziali dovuti dall’impresa agricola beneficiaria, comunicati dall’Istituto previdenziale all’AG.E.A. in via informatica” ). Ciò è confermato dalla circostanza che, successivamente all’introduzione del giudizio, la compensazione degli aiuti comunitari con il prelievo supplementare non versato è stata poi introdotta e disciplinata sia a livello comunitario, sia a livello nazionale. Così, con il regolamento CE n. 1034/2008 del 21.10.2008, è stato aggiunto il nuovo art. 5- ter nel regolamento CE n. 885/2006 del 21 giugno 2006, che recita: “Fatte salve eventuali altre misure di esecuzione previste dalla normativa nazionale, gli Stati membri deducono gli importi dei debiti in essere di un beneficiario, accertati in conformità della legislazione nazionale, dai futuri pagamenti a favore del medesimo beneficiario effettuati dall’organismo pagatore incaricato di recuperare il debito”. Successivamente, al fine di dare attuazione a detta norma comunitaria, con l’art. 8- ter della l. 9 aprile 2009, n. 33 il legislatore nazionale ha istituito presso l’AG.E.A. “il Registro nazionale dei debiti, in cui sono iscritti, mediante i servizi del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), tutti gli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli” , specificando che “In sede di erogazione di provvidenze e di aiuti agricoli comunitari, connessi e cofinanziati, nonché di provvidenze e dì aiuti agricoli nazionali, gli organismi pagatori, le regioni ... verificano presso il Registro ... l’esistenza di importi a carico dei beneficiari e sono tenuti ad effettuare il recupero, il versamento e la contabilizzazione nel Registro del corrispondente importo, ai fini dell'estinzione del debito” . Tuttavia le norme predette sono sopravvenute soltanto a distanza di anni dall’emanazione dei provvedimenti impugnati” (cfr. pag. 8 e ss. della sentenza impugnata).

Posto ciò, il medesimo giudice di primo grado ha - altresì - affermato che “l’impugnato provvedimento di intesa della Conferenza Permanente Stato-Regioni del 14 dicembre 2006 - che non ha valenza di atto normativo/legislativo e, pertanto, non avrebbe potuto prevedere e disciplinare nuove ipotesi di compensazione non previste dalla legge allora vigente (ed, anzi, addirittura, vietate dalle fonti primarie, come si dirà in seguito) - appare pertanto viziato per violazione del principio di legalità e di riserva di legge. Sono altresì illegittimi - sia in via autonoma, sia in ogni caso in via derivata, per essere atti attuativi e strettamente consequenziali all’impugnato provvedimento di intesa della Conferenza Stato-Regioni del 14 dicembre 2006 - i provvedimenti di cui alle comunicazioni AG.E.A. impugnate, con cui è stata concretamente posta in essere la compensazione, poiché fondati unicamente sul predetto atto di intesa e non già su una norma di legge o di un atto avente forza di legge” (cfr. ibidem , pag. 11 e ss.).

Sempre secondo il T.A.R., “prive di ogni fondamento si rivelano, inoltre, le contrarie osservazioni sollevate dalle amministrazioni resistenti nelle rispettive memorie di costituzione. Infatti, non è pertinente il richiamo operato alla sentenza della Corte di Giustizia CE 19 maggio 1998 (nella causa C-132/95), in quanto resa in una fattispecie del tutto diversa, in cui la normativa nazionale danese consentiva espressamente la compensazione tra aiuti comunitari e crediti esigibili dal medesimo Stato membro (v. punti 8-14, 17, 33, 38 e 60 della sentenza) ed il quesito investiva soltanto la conformità di detta normativa interna al sovraordinato ordinamento comunitario (al contrario, nel caso di specie, come si è visto, all’epoca dell’adozione dei provvedimenti impugnati nessuna previsione legislativa italiana autorizzava la compensazione operata, ma addirittura le norme vigenti la vietavano espressamente). Né appare dirimente la nota della Commissione Europea 13 marzo 2007 che, richiamando il disposto della citata sentenza della Corte di Giustizia CE 19 maggio 1998 (nella causa C-132/95), conclude semplicemente che la compensazione degli aiuti comunitari non è in contrasto con le disposizioni europee, senza affrontare la questione che qui rileva, ossia la mancanza (all’epoca) di una previsione legislativa che consenta la compensazione (e la vigenza di un espresso divieto in tal senso). Fondato è anche il terzo motivo di ricorso con il quale le aziende ricorrenti hanno lamentato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione del combinato disposto dell’art. 2 del d.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727 e dell’art. 1246 c.c. L’art. 2 del d.P.R. 24 dicembre 1974, n. 727 (come modificato dall’art. 3, comma 5- duodecies , del d.l. 9 settembre 2005, n. 182, convertito in legge 11 novembre 2005, n. 231) prevede che: “Le somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni dell’ordinamento comunitario relative a provvidenze finanziarie, la cui erogazione sia affidata agli organismi pagatori riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) n. 1663/95 del 7 luglio 1995 della Commissione non possono essere sequestrate, pignorate o formare oggetto di provvedimenti cautelari, ivi compresi i fermi amministrativi di cui all’articolo 69, sesto comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, tranne che per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze” (si precisa che tale norma trova applicazione nel caso di specie per espressa previsione dell’art. 12- bis , comma 2, del d.lgs. 27 maggio 1999, n. 165). L’art. 1246 c.c. esclude espressamente la possibilità di operare la compensazione qualora vi sia un “credito dichiarato impignorabile” . Le comunicazioni AG.E.A. impugnate ed il presupposto provvedimento 14 dicembre 2006, di intesa tra il Ministero delle Politiche Agricole e le Regioni, in quanto espressamente diretti a recuperare il prelievo supplementare mediante “compensazione con gli aiuti comunitari” , sono pertanto illegittimi per violazione dell’art. 2 del d.P.R.. 24 dicembre 1974, n. 727 e dell’art. 1246 c.c. (cfr. ibidem , pag. 11 e ss.)

3.3. Il Collegio, per parte propria, evidenzia innanzitutto che la Sezione III di questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 188 dd. 21 gennaio 2015, emessa in riforma di altra sentenza pronunciata dal T.A.R. per il Lazio in senso conforme a quella qui impugnata, è pervenuta a conclusioni del tutto opposte a quelle dianzi riassunte;
e reputa, pertanto, che l’indirizzo già al riguardo espresso da questo giudice d’appello debba essere confermato anche per il caso di specie.

Va pertanto anche in questa sede evidenziato che all’interno della disciplina comunitaria in materia di aiuti PAC (Politica Agricola Comunitaria), il principio della compensabilità o riducibilità degli aiuti a fronte di debiti derivanti dal medesimo rapporto vige ed è risalente nel tempo, essendo previsto dai Regolamenti CE nn. 1258 e 1259 del 1999, nn.1782 e 1788 del 2003, n. 796 del 2004 e n.1290 del 2005, tutti in vigore al momento dell’emanazione degli atti dell’AG.E.A. qui impugnati.

In dipendenza di tale assodata circostanza, non è pertanto necessario rinvenire nell’ordinamento interno italiano una norma specifica conseguente all’anzidetta intesa Stato - Regioni dd. 14 dicembre 2006, in quanto, trattandosi nella specie di un rapporto unitario, l’estinzione reciproca dei rispettivi debiti era già consentita dall’ordinamento comunitario mediante norme entrate in vigore in epoca anteriore all’intesa medesima, nonché comunque vigenti lla data di emanazione dei provvedimenti impugnati.

A ben vedere, i provvedimenti dell’AG.E.A. qui impugnati si limitavano a disporre una mera estinzione a livello contabile di partite di dare e avere in seno al medesimo rapporto (c.d. “compensazione finanziaria, impropria”, ovvero “atecnica” ): e ciò in quanto la compensazione è qui operante tra debiti non autonomi, ma traenti causa dal medesimo rapporto comunitario tra agricoltore ed Unione Europea.

In tal senso gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE n. 1788/2003 hanno ricondotto infatti i pagamenti del prelievo all’interno dapprima del Fondo europeo di orientamento e garanzia agricola (FEOGA, fondo strutturale dell’Unione europea istituto dal regolamento CEE 25/1962 e successive modifiche) e, poi, del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA, succeduto al precedente e operante nel periodo 2007-2013), consentendo in questo modo la compensabilità o deducibilità tra i rispettivi crediti.

In particolare il FEAGA recupera il prelievo supplementare per finanziare gli aiuti comunitari;
e da qui, pertanto, discendono l’unicità e la correlazione tra aiuti e prelievo supplementare, in quanto facenti capo ad un’unica politica agricola comune perseguente la finalità di tutela dei primari interessi finanziari dell’Unione Europea nel settore agricolo.

In dipendenza di ciò, deve pertanto concludersi nel senso che la sentenza appellata, nella parte in cui ritiene che la compensazione debba operare ai sensi dell’art. 1241 e ss del c.c. e debba essere espressamente prevista da una norma di legge statale, è erronea, in quanto il caso in esame non rientra nell’istituto della compensazione legale ed in una pluralità di autonomi rapporti giuridici, bensì nella ben diversa fattispecie dell’estinzione tra reciproci crediti che trovano la propria fonte in un rapporto unitario, direttamente disciplinato dall’ordinamento dell’Unione Europea.

Né alla fattispecie può trovare applicazione l’art. 1246, n. 3, c.c. che dispone che non possa farsi luogo alla compensazione legale di crediti dichiarati impignorabili, posto che - per

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