Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-12-12, n. 202210845
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Testo completo
Pubblicato il 12/12/2022
N. 10845/2022REG.PROV.COLL.
N. 07232/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7232 del 2017, proposto da
Franca Sanò, rappresentato e difeso dagli avvocati Lorenzo Acquarone e Roberta Acquarone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Gabrielli in Roma, via Filippo Nicolai, n. 70;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in via digitale come da pubblici registri e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione Prima, n. 468/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 ottobre 2022 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per l’appellato l'Avvocato dello Stato Antonio Grumetto e considerati presenti gli avvocati Lorenzo Acquarone e Roberta Acquarone per la parte appellante, che hanno chiesto il passaggio in decisione senza discussione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Parte appellante impugna la sentenza segnata in epigrafe, che ha respinto il suo ricorso per l’annullamento del provvedimento del Ministero della Giustizia GDAP-2000 n. 0056970 del 13 febbraio 2014 recante il diniego di richiesta di applicazione dei benefici previsti dall’art. 1, comma 260, lettera b), della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
In punto di fatto deve ricordarsi che l’appellante è stata dirigente superiore nel ruolo del personale amministrativo dell'Amministrazione penitenziaria a far data dall’1 gennaio 1999, inquadrata nella nuova carriera dirigenziale penitenziaria di cui alla L. 154/2005 con la qualifica di Dirigente penitenziario, con riconosciuta idoneità a ricoprire incarichi superiori a decorrere dal 18 marzo 2006, è stata posta in quiescenza con provvedimento del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria nr. GDAP 0446068-2010 del 2 novembre 2010.
Con tale provvedimento l’Amministrazione penitenziaria ha disposto il pensionamento della ricorrente con effetto retroattivo al 2 dicembre 2009, data coincidente con il riconoscimento della non idoneità al servizio per gravi motivi di salute da parte della commissione medica ospedaliera di Torino.
Con istanza del 26 aprile 2010 l’appellante ha chiesto a fini pensionistici l’applicazione dei benefici previsti dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 art. 1, comma 260, lettera b) che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, attribuisce “ai dirigenti superiori della Polizia di Stato con almeno cinque anni di anzianità nella qualifica, la promozione alla qualifica di dirigente generale di pubblica sicurezza, a decorrere dal giorno precedente la cessazione dal servizio”.
L’Amministrazione con provvedimento GDAP -2000 n. 0056970 del 13 febbraio 2014 ha rigettato l’istanza con la seguente motivazione: “In relazione alla richiesta avanzata dalla S.V. con istanza in data 4 ottobre 2013, si comunica che questo Generale Ufficio, dopo attenta valutazione della stessa e della normativa vigente sull’avanzamento, non può accogliere l’istanza di cui innanzi.
A tale riguardo, si rappresenta che l’art. 3 del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63 “Ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria a cura della legge 27 luglio 2005, n. 154”, ha previsto solamente la qualifica di “dirigente penitenziario; all’apice i ruoli convergono nella qualifica unitaria di dirigente generale. Di fatto la norma, ha soppresso il ruolo dei dirigenti superiori, tant’è che la S.V., con decreto 28 giugno 2006, vistato dall’Ufficio Centrale del Bilancio il 16 ottobre 2006, è stata inquadrata, ai sensi dell’art. 26, comma 3, del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 67, nella nuova carriera dirigenziale con la qualifica di “dirigente di istituto penitenziario” e riconosciuta idonea a ricoprire gli incarichi superiori a decorrere dal 18 marzo 2006”.
Detto provvedimento è stato impugnato innanzi al T.A.R. del Piemonte (R.G. 554/2014) che con la sentenza 11 aprile 2017, n. 468 ha respinto il ricorso.
In particolare il Tribunale, dopo aver dato conto di un precedente giurisprudenziale favorevole alla tesi dell’appellante (T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV n. 2050/2016), ha tuttavia aderito un precedente di segno opposto (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, n. 2247/2015), ancorchè più risalente, che aveva ritenuto inapplicabile il beneficio.
L’interessata ha impugnato la sentenza formulando i seguenti rubricati motivi di ricorso:
1) Erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 260, lettera b), della legge 23 dicembre 2005. Violazione dell’art. 40 della legge 15 dicembre 1990, n. 395. Violazione degli artt. 2 e 4 della legge 27 luglio 2005, n. 154 nonché degli artt. 26, 27 e 28 del decreto legislativo 15 febbraio 2006, n. 63. Violazione della Circolare del Ministero della Giustizia 13 giugno 2007 GDAP 0188490;
2) Erroneità della sentenza per violazione dell’art. 1, comma 260, lettera b) della legge 23 dicembre 2005 in relazione alla violazione dell’art. 26, comma 3 del D.Lgs. n. 63/2006;
3) Erroneità della sentenza per violazione dei principi di uguaglianza.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata resistendo al ricorso e depositando una memoria difensiva.
L’appellante ha depositato memoria di replica.
Con ordinanza del 4/4/2022, n. 2476 sono stati disposti “i seguenti adempimenti istruttori:
a) vorrà la parte privata perimetrare più specificamente il proprio interesse ad agire, con particolare riguardo ai suoi riflessi morali e patrimoniali;
b) vorrà il Ministero della giustizia:
- b.1) dedurre e/o controdedurre sul profilo sub a);
- b.2) rappresentare e documentare il contenuto dei provvedimenti adottati per analoghe richieste presentate da ex colleghi dell’appellante;
- b.3) specificare se l’inserimento