Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-01-02, n. 202300001
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Pubblicato il 02/01/2023
N. 00001/2023REG.PROV.COLL.
N. 04106/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4106 del 2016, proposto dai signori E A e F R rappresentati e difesi dagli avvocati A L e P P, con domicilio eletto presso lo studio P P in Roma, viale Mazzini, 9;
contro
Comune di Arco, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati A C e B Z, con domicilio eletto presso lo studio A C in Roma, via delle Quattro Fontane 20;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. di Trento n. 497/2015.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Arco;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 dicembre 2022 il Cons. Ugo De Carlo e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I coniugi Arcese hanno impugnato la sentenza n. 497/2015 del T.R.G.A. di Trento che ha respinto il ricorso dagli stessi proposto contro il Comune di Arco e la Provincia Autonoma di Trento volto all’annullamento della delibera della Giunta Provinciale di Trento n. 121/2015 e delle delibere del Consiglio Comunale di n. 47/2013 e 76/2014 aventi ad oggetto adozione e approvazione della variante n. 14 al piano regolatore generale del comune di Arco.
2. Gli atti impugnati avevano incluso il compendio immobiliare di proprietà degli appellanti nell’ambito delle zone di protezione dei contesti paesaggistici, come disciplinato dall’art 61 NTA del piano regolatore generale, mentre in precedenza l’immobile aveva destinazione agricola di pregio senza essere inserito entro le zone di tutela ambientale identificate dallo stesso piano urbanistico provinciale.
In sostanza, contestavano l’estensione del vincolo di protezione paesaggistica - che, precedentemente all’adozione della variante, caratterizzava una limitata porzione di area - sull’intero compendio immobiliare di loro proprietà con conseguente imposizione di un vincolo di assoluta inedificabilità, tale da precludere sia interventi edilizi ex novo sia interventi di recupero, in accorpamento all’edificio principale, dei volumi accessori dismessi.
I coniugi, in sede di iter formativo del piano regolatore generale, avevano presentato osservazioni aventi ad oggetto proprio la richiesta di recupero, in accorpamento al volume principale esistente, dei volumi che si presentavano dismessi e la richiesta di eliminazione, dalla disciplina di cui all’art 61 NTA, della previsione relativa al vincolo di assoluta inedificabilità. Tali osservazioni non venivano controdedotte dall’amministrazione comunale perché ritenute non pertinenti.
3. Il T.a.r. ha respinto il ricorso ritenendo che l’individuazione delle aree meritevoli di tutela ambientale operata dal piano urbanistico provinciale non osti alla possibilità, per i piani regolatori generali, di localizzare ulteriori aree meritevoli di una tutela speciale in virtù delle loro particolari caratteristiche paesaggistiche, in applicazione dell’art 29 co. 3 lett. a) L.P.1/2008.
Gli atti impugnati non venivano ritenuti privi di un’adeguata motivazione non necessitando le scelte urbanistiche rientranti nella discrezionalità della p.a. di una specifica motivazione, potendo la stessa evincersi dai criteri generali risultanti dalla relazione illustrativa del piano regolatore generale, in applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale sul punto. La finalità di garantire una maggiore tutela a zone caratterizzate da particolare pregio paesaggistico veniva ritenuta idonea a configurare una motivazione sufficientemente adeguata.
Quanto alla mancata valutazione, da parte del Comune, delle osservazioni apportate dai ricorrenti in sede di approvazione del p.r.g. e delle sue varianti veniva ribadita la natura di mero apporto collaborativo delle suddette osservazioni che non determinava in favore dei ricorrenti il sorgere di una aspettativa qualificata all’accoglimento delle stesse.
4. L’appello è affidato a quattro motivi:
4.1. Violazione degli artt. 21 e 29 L. P. n. 1/2008, artt. 37 e 38 del piano urbanistico provinciale nella parte in cui la sentenza afferma la legittimità dell’estensione del vincolo di natura paesaggistica ex art 61 NTA all’intero compendio immobiliare di proprietà degli appellanti.
La competenza nell’individuazione delle aree di tutela ambientale disposta dall’art 29 co 3 lett. b) legge provinciale 1/2008 è riservata al piano urbanistico provinciale. Con l’impugnata variante, l’amministrazione comunale avrebbe posto in essere non già una legittima scelta pianificatoria rientrante nell’esercizio delle funzioni di governo generale del territorio, quanto, piuttosto, introdotto un vincolo di inedificabilità di natura assoluta ulteriore, alternativo e contrastante con la destinazione agricola di pregio dei suoli e, pertanto, violativo della disciplina urbanistico edilizia contenuta nel piano regolatore generale e nel piano urbanistico provinciale. L’imposizione di tale vincolo paesaggistico, costituendo un’interferenza nella regolamentazione dettata dal piano urbanistico provinciale, esulerebbe dalla competenza del comune cui spettano esclusivamente le scelte di zonizzazione operate con il p.r.g. e, con riferimento specifico alle aree di tutela paesaggistica, la sola possibilità di operare una precisazione dei perimetri delle aree previamente individuate dal piano urbanistico provinciale e nei limiti dello stesso, secondo le disposizioni dell’art 29 co. 3 L.P. 1/2008. Il vincolo di inedificabilità introdotto per il tramite dell’impugnata variante violerebbe, inoltre, gli artt 37 e 38 del p.u.p. i quali, nelle aree agricole di pregio, facoltizzano la realizzazione di interventi edilizi preordinati all’attività di coltivazione.
4.2. Erroneità della sentenza nella parte in cui ritiene adeguata la motivazione posta dal comune a fondamento dell’introduzione della variante e della conseguente riformulazione dell’art 61 NTA. Contrariamente a quanto statuito dal giudice di prime cure, infatti, l’impugnata variante – comportando un vincolo di assoluta inedificabilità a tutela del pregio paesaggistico delle aree e quindi una modificazione in senso peggiorativo delle facoltà edificatorie dei ricorrenti- necessiterebbe di una motivazione specifica e analitica. Tanto più in considerazione della circostanza per cui trattasi non di una variante generale ma di una variante ad oggetto specifico.
4.3 Violazione dell’art 31 L.P. 1/2008 nella parte in cui la sentenza avalla la condotta del Comune che ha ritenuto non pertinenti le osservazioni presentate dai ricorrenti. Esse, invece, erano aderenti al contenuto della variante avendo richiesto di eliminare il vincolo di inedificabilità in esse contenuto. Inoltre, anche se le osservazioni costituiscono un mero apporto collaborativo delle osservazioni, l’amministrazione sarebbe pur sempre tenuta a rispondere alle stesse, anche in caso di mancato accoglimento.
4.4. Omessa valutazione da parte del comune dell’osservazione presentata da altro soggetto, non interessato al ricorso, avente ad oggetto la richiesta di accorpamento dei volumi insistenti sulle aree interessate dalla disciplina di cui all’art 61 NTA. La sentenza impugnata non avrebbe sufficientemente dato atto delle ragioni della legittimità della variante rispetto all’art 31 L.P.
5. L’amministrazione comunale di Arco si è costituita in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
6. Le parti presentano memorie, riproponendo i contenuti degli atti introduttivi. Segnatamente, il comune precisa come l’approvazione della impugnata variante abbia comportato una mera limitazione delle facoltà edificatorie sulle aree oggetto di attenzione, e non – come erroneamente asserito da controparte - un vincolo di assoluta inedificabilità, subordinando il rilascio dei titoli edilizi sulle aree al previo ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica.
7. Il ricorso non è fondato.
7.1. La questione principale intorno alla quale ruota la controversia de qua riguarda, in generale, i rapporti intercorrenti tra i vari livelli della pianificazione territoriale urbanistica. Gli strumenti urbanistici sono gerarchicamente ordinati su tre livelli: regionale, provinciale e comunale. Il coordinamento tra il livello sovracomunale – avente contenuti prescrittivi, di indirizzo e di direttiva - e comunale, risponde ad una logica di flessibilità, per cui lo strumento urbanistico sovracomunale, anche quando caratterizzato da particolare cogenza, non annulla le facoltà comunali per il governo del territorio. Perciò, la sovraordinazione tra le due discipline non può risolversi nella sostanziale neutralizzazione dei contenuti degli atti comunali (in tal senso, Consiglio di Stato nr. 6263 del 15 ottobre 2020).
Applicando tali principi alla controversia in esame, la norma da applicare era l’art 29, comma 3 lett h bis, l. p. 1/ 2008, vigente all’epoca della introduzione della variante n. 14 e attualmente sostituita dall’art 24, comma 3 lett g, l.p. 15/2015. Da esse si ricava la competenza del piano regolatore generale all’integrazione e specificazione della disciplina edificatoria contenuta nel piano urbanistico provinciale oltre all’introduzione di una disciplina peculiare a fronte di particolari esigenze di tutela del territorio come nel caso delle aree agricole di pregio. Tanto risulta sufficiente ad affermare l’infondatezza del primo motivo.
7.2. Parimenti infondato il secondo motivo che lamenta un’insufficiente motivazione dimenticando il pacifico orientamento giurisprudenziale per cui l’esplicazione delle ragioni sottese alle scelte pianificatorie si ricava dalla relazione che accompagna lo strumento urbanistico non necessita di specifica e puntuale motivazione, richiesta esclusivamente in presenza di una situazione di aspettativa qualificata in capo al privato, o in caso di abnorme illogicità e/o contraddittorietà. Tali presupposti non ricorrono nel caso in esame, laddove la scelta urbanistica operata con l’introduzione dell’impugnata variante appare congruamente e sufficientemente motivata dall’esigenza di garantire una maggiore salvaguardia di talune aree dotate di particolare pregio paesaggistico, esigenza ben espressa nella relazione correlata alla variante stessa.
7.3. Il terzo e quarto motivo possono essere trattati congiuntamente dal momento che non è prevista la confutazione analitica delle allegazioni presentate, purchè il provvedimento finale sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibili le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni. (vedasi ex multis Consiglio di Stato, sez IV, n. 941 del 1 marzo 2017). Nel caso di specie si ricava dalle ragioni che hanno indotto il Comune a rafforzare la scelta di tutelare le zone di pregio che la valutazione del contenuto delle osservazioni è dipesa dal fatto che erano in contrasto con la scelta operata.
8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano così come in dispositivo, in misura comunque compatibile con i parametri minimi fissati dal d.m. 20 luglio 2014 n.140, vigente all’epoca dell’instaurazione del giudizio, per una causa di valore indeterminato e di difficoltà media.