Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-05, n. 201304457

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-09-05, n. 201304457
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201304457
Data del deposito : 5 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02992/2011 REG.RIC.

N. 04457/2013REG.PROV.COLL.

N. 02992/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2992 del 2011, proposto da:
M N, rappresentato e difeso dagli avv. G D R, M M, con domicilio eletto presso Federica Valeriani in Roma, via XX Settembre N.98/G;

contro

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura gen. dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Commissione Esaminatrice del Concorso A 500 Posti di Magistrato Ordinario Indetto con D.M. 27/02/2008;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 32199/2010, resa tra le parti, concernente

MANCATA AMMISSIONE ALLE PROVE ORALI DEL CONCORSO A N.

500 POSTI DI MAGISTRATO


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2012 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Michele Lioi su delega degli avvocati Giuseppe de Rubertis e M M e Alessia Urbani Neri (avv.St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con l’appello in esame, la dott.sa Natascia M impugna la sentenza 9 settembre 2010 n. 32199, con la quale il TAR per il Lazio, ha respinto il ricorso principale e dichiarato irricevibile il ricorso per motivi aggiunti, proposti avverso la predetta sentenza..

Oggetto di impugnazione è l’atto con il quale l’elaborato in diritto amministrativo consegnato dall’appellante, che ha partecipato al concorso per esami a 500 posti di magistrato ordinario (indetto con D.M. Ministro della Giustizia 27 febbraio 2008), è stato considerato “non idoneo” .

La sentenza appellata ha, in particolare, affermato:

- “le valutazioni espresse da una Commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati costituiscono espressione di un’ampia discrezionalità tecnica;
e, come tali, sfuggono al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate, “ictu oculi” da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti”

- “il voto numerico (ovvero, come nel caso in esame, il conclusivo giudizio) costituisce espressione sintetica, ma esaustiva, della valutazione della Commissione, soddisfacendo adeguatamente l’onere della motivazione previsto dall’art. 3 della legge 241/1990, e, più in generale, dei principi sanciti dall’art. 97 della Costituzione”;

- l’art. 1, comma 5, del D.Lgs. 5 aprile 2006 n. 160, il quale prevede che :“sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta” e che “agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula "non idoneo”, non viola le disposizioni in tema di motivazione del giudizio di inidoneità, poiché questo “contiene in sé, implicitamente e manifestamente, una valutazione di insufficienza della prova concorsuale che del tutto inutilmente dovrebbe essere ulteriormente esplicitato”


- “i criteri di valutazione delle prove scritte in cui si articola il concorso per uditore giudiziario non necessitano di particolare illustrazione essendo sostanzialmente in re ipsa, a differenza che in altre ipotesi di procedimenti concorsuali, come ad esempio nelle gare pubbliche di appalto aggiudicate con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, in cui l'intensità della discrezionalità tecnica dell'amministrazione è espressa anche dalla variabilità degli elementi da valutare, con la conseguente esigenza di individuare ed esplicitare gli elementi stessi”.

Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desumibili dalle pagg. 3 – 20 del ricorso):

a) error in iudicando, poiché la sentenza impugnata fa decorrere il termine per la proposizione del ricorso per motivi aggiunti dalla data della nota ministeriale, di comunicazione alla dott.ssa M dell’autorizzazione all’accesso, e non dalla intervenuta conoscenza degli atti;

b) error in iudicando;
eccesso di potere nella valutazione di non idoneità dell’elaborato di diritto amministrativo, poiché la ricorrente, nel ricorso per motivi aggiunti, “ha ampiamente offerto elementi idonei a supportare la propria censura di illegittimità per eccesso di potere dell’operato della Commissione esaminatrice”, offrendo indicazioni di prove svolte con “trattazione assimilabile” da concorrenti ritenuti idonei. In particolare, “la ricorrente non ha fatto ‘riferimento a singoli elementi estrapolati dalle prove di altri candidati’ ma a tutto il contenuto dei compiti valutati idonei” e peraltro il suo elaborato corrisponde alo svolgimento di una traccia svolta contenuta in un volume di preparazione al concorso (v. pag. 14 app.);

c) error in iudicando;
rilevanza della illegittimità costituzionale dell’art. 1, co. 5, d. lgs. n. 160/2007, poiché questo “allorchè equipara la non intelligibile espressione ‘non idoneo’ alla motivazione di cui all’art. 3 l. n. 241/1990, contraddice i canoni di imparzialità e correttezza della pubblica amministrazione e quindi di trasparenza del procedimento autoritativo;
reca un chiaro vulnus al diritto di difesa”.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

La giurisprudenza amministrativa si è venuta via via consolidando nel senso di ritenere legittima (in quanto intrinsecamente motivata) la valutazione della prova di esame effettuata solo in termini alfanumerici, ovvero con formule sintetiche quale appunto, nel caso di specie, il “N.I. - non idoneo”.

Innanzi tutto, occorre ribadire la natura delle decisioni delle commissioni esaminatrici, affermandosi che esse costituiscono “atti di natura mista”, come tali aventi una “duplice valenza”, e cioè natura “provvedimentale”, quanto all’ammissione o meno alla fase successiva della procedura;
nonché natura di “giudizio”, circa la sufficienza della preparazione del candidato stesso al fine di detta ammissione (Cons. Stato, sez. VI, nn. 935/2008;
689/2008;
172/2006). Quanto a quest’ultimo profilo, si è affermato che “la commissione giudicatrice di concorso esprime un giudizio tecnico-discrezionale caratterizzato da profili di puro merito . . . non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti manifestamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti” (Cons. Stato, sez. IV, n. 1237/2008).

Sul punto specifico dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione, secondo il Consiglio di Stato (sez. VI, 9 settembre 2008 n. 4300), “anche successivamente all’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990 n. 241, il voto numerico attribuito dalle competenti commissioni alle prove scritte od orali di un concorso pubblico o di un esame, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in se stesso la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti”. E ciò in quanto “la motivazione espressa numericamente, oltre a rispondere ad un evidente principio di economicità amministrativa di valutazione, assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla Commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato” (in senso conforme, Cons. Stato, sez. VI, n. 5254/2002;
sez. IV, n. 4165/2005).

Anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 20/2009 (decisione successivamente ribadita), ha preso atto del “diritto vivente”, validando la tesi “dell’insussistenza, nell’ordinamento vigente, di un obbligo di motivazione dei punteggi attribuiti in sede di correzione e della idoneità degli stessi punteggi numerici a rappresentare una valida motivazione del provvedimento di inidoneità”.

Alla luce di quanto esposto, occorre quindi ritenere sufficientemente motivato il giudizio della Commissione limitato alla mera apposizione della formula “non idoneo”, trattandosi di esplicitazione di discrezionalità tecnica, coerente con il dettato normativo.

Occorre ricordare, infatti, che l’art. 1, co., 5, d. lgs. n. 160/2006 dispone che “agli effetti di cui all’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali è motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza è motivata con la sola formula “non idoneo”.

Quanto sin qui esposto, costituisce motivazione sufficiente per ritenere manifestamente infondata la proposta questione di illegittimità costituzionale del citato art. 1, co. 5, d. lgs. n. 160/2006 (sub c) dell’esposizione in fatto).

Anche il motivo sub b) dell’esposizione in fatto è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

Si è già ricordato come la commissione giudicatrice di concorso esprime un giudizio tecnico-discrezionale caratterizzato da profili di puro merito . . . non sindacabile in sede di legittimità, salvo che risulti manifestamente viziato da illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti.

Per un verso, quindi, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo incontra il limite costituito dalla non ingerenza nel cd. merito amministrativo, sfera riservata dell’agire della pubblica amministrazione;
per altro verso, grava sul ricorrente l’indicazione di quei profili di illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento dei fatti, tali da sostanziare il vizio di eccesso di potere.

Tali elementi, tuttavia, non possono essere rappresentati:

- né dalla indicata coerenza di un elaborato svolto con le indicazioni di svolgimento del compito fornite, in generale, da un manuale di diritto, poiché ciò che la Commissione di concorso deve giudicare non è la corrispondenza di una soluzione con quella da altri indicata (che ben potrebbe essere diversa, in diritto, da quella indicata da Autori o precedenti giurisprudenziali), quanto lo sviluppo logico del ragionamento giuridico, la maturità e (maggiore o minore) completezza degli argomenti posti a supporto della tesi sostenuta;

- né dalla comparazione con altri elaborati ritenuti presentare “trattazioni assimilabili”, posto che ciò che, come si è detto, interessa non è la corrispondenza di una trattazione ad una tipologia paradigmatica di tema, quanto la singola capacità di elaborazione e costruzione giuridica del candidato.

Per tutte le ragioni svolte, l’appello deve essere respinto, rendendosi superfluo esaminare il primo motivo di appello (sub a) dell’esposizione in fatto), posto che il Collegio ha comunque esaminato (e respinto) le argomentazioni di cui al secondo motivo, che la stessa appellante dichiara essere oggetto del (non esaminato) ricorso per motivi aggiunti (v. pag. 5 appello).

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

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