Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-09-24, n. 201205075
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N. 05075/2012REG.PROV.COLL.
N. 03284/2012 REG.RIC.
N. 03285/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3284 del 2012, proposto dalla Società Molino Sanfelice s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avvocati A A e A C, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via degli Avignonesi, 5;
contro
il Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro in carica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento funzione pubblica, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
sul ricorso numero di registro generale 3285 del 2012, proposto dalla Società Molino Sanfelice s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A C e A A, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via degli Avignonesi, 5;
contro
Ministero dello sviluppo economico, in persona del Ministro in carica, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento funzione pubblica, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 3284 del 2012:
della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli, Sezione V, n. 482/2012, e
quanto al ricorso n. 3285 del 2012:
della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli, Sezione V, n. 481/2012, e per la conseguente declaratoria della sussistenza della giurisdizione amministrativa;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
visti gli artt. 105, comma 2, e 87, comma 3, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2012 il Cons. Bernhard Lageder e uditi per le parti l’avvocato A A e l’avvocato dello Stato Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il T.A.R. per la Campania, con le due sentenze in epigrafe, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere delle controversie instaurate con i ricorsi n. 5391 del 1995 e n. 1424 del 1997, proposti dalla s.p.a. Molino Sanfelice avverso i seguenti atti:
(i) la nota del Ministero dell’industria e del commercio n. 165.541 del 16 marzo 1995, con la quale l’Amministrazione – premettendo che, su istanza della s.p.a. Molino Sanfelice, con decreto del 14 marzo 1989 era stata ammessa provvisoriamente a contributo ex art. l. 14 maggio 1981, n. 219, l’iniziativa di ripristino, adeguamento funzionale e delocalizzazione di un opificio industriale in seguito agli eventi sismici che avevano colpito la Campania negli anni 1980 e 1981, per un importo di lire 2.192.000.000 (pari al 75% dell’investimento complessivo preventivato di lire 3.192.000.000), e che l’impresa beneficiaria il 27 maggio 1992 aveva presentato il progetto esecutivo di delocalizzazione per un importo complessivo di lire 26.917.136.000, ritenuto non istruibile dall’Amministrazione, in quanto la vigente normativa non consentiva incrementi del contributo già assentito – aveva invitato l’istante di comunicare a pena di revoca entro il termine perentorio di 60 giorni, se intendeva usufruire del contributo assentito di lire 2.192.000.000;
(ii) il decreto ministeriale n. 151 del 24 luglio 1996 (e la relativa nota accompagnatoria di trasmissione n. 169.760 del 10 dicembre 1996), con il quale, previo richiamo alla nota del 16 marzo 1995, l’odierna appellante era stata dichiarata decaduta dai benefici previsti dalla l. n. 219 del 1981 e succ. mod. per aver presentato il progetto in data 18 gennaio 1996, oltre il termine assegnato, ed era stato revocato il decreto di ammissione provvisoria al contributo (con la precisazione che non risultavano erogati acconti e con il conseguente disimpegno di spesa).
L’adito T.a.r., dopo aver accolto (con ordinanze pronunciate il 6 marzo 1997) le correlative istanze cautelari e disposto l’accantonamento del contributo provvisoriamente assentito, in sede di decisione definitiva dichiarava l’inammissibilità dei ricorsi per difetto di giurisdizione ed affermava la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, rilevando (con richiamo a Cass. Civ., Sez. Un., n. 466/2005 e n. 21000/2005) che le controversie promosse dal privato per il riconoscimento e la quantificazione dei contributi contemplati dalla l. n. 219 del 1981 e succ. mod., al fine della ricostruzione o riparazione di immobili colpiti dagli eventi sismici in questione avevano ad oggetto erogazioni in cui l’attività dell’amministrazione era rigorosamente vincolata dai criteri predisposti dalla legge, sicché la correlativa posizione soggettiva dei soggetti danneggiati assumeva consistenza di diritto soggettivo, ed affermando l’applicabilità di tale principio anche alle controversie promosse dal privato per il riconoscimento e la quantificazione dei contributi contemplati dalla citata legge per la riparazione, la ricostruzione e il miglioramento ed adeguamento funzionale degli stabilimenti ed impianti industriali.
2. Avverso tali sentenze proponeva appello la s.p.a. Molino Sanfelice, deducendo l’erronea declinatoria della giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto:
- nel caso di specie non si verteva in fattispecie di contributi per la ricostruzione di immobili destinati all’edilizia residenziale danneggiati dal terremoto, connotati dalla predeterminazione legislativa dei criteri di quantificazione, bensì di contributi destinati alla ricostruzione di opifici industriali, assoggettati a diverso procedimento concessorio connotato da accentuati momenti di discrezionalità tecnica ed amministrativa, con la conseguente configurabilità di situazioni di interesse legittimo in capo ai richiedenti il contributo;
- nella fattispecie concreta il procedimento amministrativo versava ancora nella fase di concessione del contributo, non ancora determinato e riconosciuto in modo definitivo (né erogato, neppure a titolo d’acconto), con conseguente inconfigurabilità, anche sotto tale profilo, di una situazione di diritto soggettivo in capo all’impresa istante, individuabile solo dopo la conclusione del procedimento amministrativo volto ad accertare la sussistenza dei presupposti per la concessione del contributo.
L’appellante chiedeva dunque, in riforma dell’appellata sentenza, l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo e la rimessione delle cause al primo giudice ai sensi dell’art. 105 cod. proc. amm.
3. In entrambe le cause si costituiva in giudizio l’Amministrazione con comparsa di stile, resistendo.
4. All’odierna udienza camerale ( ex artt. 105, comma 2, e 87, comma 3, cod. proc. amm.) entrambe le cause venivano trattenute in decisione.
5. Premesso che i due ricorsi in appello, sebbene proposti avverso due separate sentenze, vanno riuniti e trattati congiuntamente, attesa l’identità delle parti, della questione pregiudiziale di rito devoluta in appello e della vicenda sostanziale dedotta in giudizio, si osserva che gli appelli sono fondati e meritano accoglimento.
In materia di provvedimenti a contenuto revocatorio incidenti su contributi, finanziamenti e sovvenzioni erogate da pubbliche amministrazioni si è affermato un orientamento costante, dal quale il Collegio non intende discostarsi, che utilizza un criterio generale in tema di riparto di giurisdizione fondato sull’individuazione del segmento procedurale interessato dal provvedimento oggetto di vaglio giurisdizionale e sulla “causale” dell’eventuale iniziativa revocatoria.
In particolare, si è evidenziato che occorre tenere distinto il momento “statico” della concessione del contributo, rispetto a quello “dinamico”, individuabile nell’impiego del contributo medesimo. Al primo segmento – spettante alla giurisdizione del giudice amministrativo – appartengono i provvedimenti, comunque denominati (revoca, decadenza), di ritiro del contributo, anche susseguenti all’erogazione, ove costituiscano manifestazione del potere di autotutela amministrativa oppure si inseriscano nello stesso procedimento di attribuzione ed erogazione del contributo, a formazione progressiva, prima dell’adozione del provvedimento finale.
Viceversa, ogni altra fattispecie, concernente le modalità di utilizzazione del contributo nella fase attuativa/esecutiva e il rispetto agli impegni assunti, riguarda la conservazione del finanziamento e rientra nell’ambito della giurisdizione ordinaria (v. in tal senso, tra gli altri, C.d.S., Sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 3;C.d.S., Sez. VI, 29 ottobre 2008, n. 5415;con specifico riferimento ai contributi ex art. 21 l. n. 219 del 1981 per la ricostruzione e riparazione degli stabilimenti industriali danneggiati dal sisma del 1980, Cass. Civ., Sez. Un., 10 maggio 2001, n. 183).
Orbene, non vi è dubbio che l’odierna controversia sia da ricondurre alla prima tipologia dei contenziosi indicati, essendo in contestazione atti che hanno determinato la revoca dell’ammissione provvisoria al beneficio, emessi prima dell’adozione del provvedimento di attribuzione definitiva del contributo e relativi ad una variante del progetto esecutivo presentata oltre il termine all’uopo assegnato dall’Amministrazione (con la precisazione che la questione della legittimità o meno dell’assegnazione di un termine natura perentoria inerisce al merito della controversia, da decidere dal giudice munito di giurisdizione).
Infatti, gli atti impugnati si collocano in una fase procedimentale, nella quale il segmento “statico” di concessione definitiva del contributo non era ancora concluso, mentre sotto un profilo processuale il petitum sostanziale, enucleabile dalla dispiegata azione di annullamento degli atti impugnati in funzione del conseguimento del contributo richiesto, si risolve nell’esercizio della pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa, ossia di una posizione giuridica soggettiva qualificabile come interesse legittimo (nella specie, di natura pretensiva, in quanto teso al bene della vita costituito dal conseguimento della sovvenzione in questione), comunque riferibile all’esercizio di un pubblico potere (e, sotto tale profilo, disciplinato dall’art. 7 del Codice del processo amministrativo, ricognitivo delle statuizioni desumibili dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 ed entrato in vigore già nel corso dei giudizi di primo grado).
In accoglimento del correlativo profilo di censura dedotto dall’odierna appellante nell’ambito del motivo in esame, ritiene inoltre il Collegio che il procedimento di concessione di contributi per la ricostruzione di stabilimenti industriali danneggiati dal terremoto ex l. n. 219 del 1981 e succ. mod. si differenzi da quello di concessione di contributi per la ricostruzione di immobili destinati all’edilizia residenziale, connotato dalla predeterminazione legislativa dei criteri di quantificazione (in misura pari al costo di costruzione per mq fino a un limite massimo di mq 110 per ciascun immobile;v. art. 9 l. cit.), in quanto la determinazione dell’ an e del quantum del contributo viene a dipendere da valutazioni discrezionali della pubblica amministrazione ( in primis dalle valutazioni di un’apposita commissione tecnica prevista dalla richiamata normativa), sicché anche sotto tale profilo la situazione soggettiva facente capo ai richiedenti è qualificabile come situazione di interesse legittimo.
Le esposte ragioni – applicative del criterio generale di riparto – impongono l’annullamento della pronuncia declinatoria della giurisdizione, contenuta nell’appellata sentenza, e l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere della presente controversia, con rimessione della causa al primo giudice ex art. 105, comma 1, cod. proc. amm.
Resta impedito l’ingresso delle questioni di merito, da affrontare in sede di riassunzione dinanzi al primo giudice.
6. Tenuto conto di ogni circostanza connotante le due cause riunite, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra le parti.