Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-08-09, n. 202207027

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-08-09, n. 202207027
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202207027
Data del deposito : 9 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/08/2022

N. 07027/2022REG.PROV.COLL.

N. 07253/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7253 del 2021, proposto da
Parenti Immobiliare s.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato M B P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A M e B B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia ;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma (Sezione Seconda) n. 01857/2021, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2022 il Cons. F D L e udito per la parte appellante l’avvocato M B P B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, la società Parenti Immobiliare s.r.l. appella la sentenza n. 1857/2021, con cui il T Lazio, Roma, ha rigettato il ricorso di primo grado (proposto dall’odierno appellante) avverso la determinazione dirigenziale n. 1205/2020 del 18.6.2020 assunta da Roma Capitale e ogni altro atto alla stessa connesso.

In particolare, secondo quanto dedotto in ricorso:

- con il provvedimento censurato in primo grado Roma Capitale ha ordinato la demolizione di un intervento asseritamente abusivo, qualificato come di ristrutturazione edilizia, consistente nella demolizione di un manufatto in pannelli coibentati di mq nove e nella sua successiva ricostruzione in blocchetti in cemento su basamento in cemento;

- agendo in primo grado, il ricorrente rilevava che: a) il manufatto demolito, acquistato in data 14.7.2018, era stato condonato nel 2002;
b) la ricorrente aveva eseguito opere di ripristino di cui alla CILA prot. CM 2018/145204 del 21/12/2018;
c) l’Amministrazione in data 17.9.2009 comunicava l’avvio del procedimento amministrativo per opere abusive;
d) la parte privata controdeduceva ai rilievi formulati dall’Amministrazione mediante la produzione di memoria e documentazione;
e) l’Amministrazione adottava, comunque, l’ordine di demolizione;

- a fondamento del ricorso di primo grado sono state formulate plurime censure, incentrate sull’avvenuto ripristino dello status quo ante , sulla presentazione di CILA trattandosi di interventi di manutenzione straordinaria, sulla formazione del silenzio assenso, sul difetto di istruttoria e di motivazione, sulla violazione del principio di proporzionalità, sulla violazione della L. n. 15/2008, nonché sull’omesso riscontro alle osservazioni formulate dal ricorrente;

- il T ha rigettato il ricorso.

2. La ricorrente in primo grado ha appellato la sentenza pronunciata dal T, deducendone l’erroneità con l’articolazione di plurime censure e chiedendo, in via istruttoria, di volersi disporre una CTU volta ad accertare la correttezza delle opere eseguite e della CILA posta in essere.

3. Roma Capitale si è costituita in giudizio, resistendo al ricorso.

4. In vista della camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, le parti hanno depositato note di udienza.

5. La Sezione, con ordinanza n. 5058 del 2021, ha accolto la domanda cautelare articolata dall’appellante.

6. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 5 maggio 2022.

7. Con il primo motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui il T ha provveduto alla descrizione delle opere per cui è causa.

Secondo la prospettazione attorea, il giudice di prime cure:

- avrebbe errato nel ritenere necessaria, ai fini della realizzazione dell’intervento edilizio per cui è causa, la ricostruzione del manufatto con gli stessi originari materiali, emergendo nella specie un manufatto originariamente abusivo, realizzato con materiali ormai obsoleti e non più utilizzabili, alcuni dei quali ormai anche vietati (eternit);

- non avrebbe tenuto conto della possibilità che anche gli immobili condonati formino oggetto di interventi finalizzati alla conservazione ordinaria e di manutenzione, come definiti dall’art. 3, comma 3, lett. b), DPR n. 380/01, art. 4 delibera comunale n. 18/2008 di approvazione del PRG del Comune di Roma e allegato n. 3, Tabella A, Sez. II, d. lgs. n. 222/2016;
con la conseguenza che nella specie l’intervento edilizio avrebbe dovuto essere qualificato come di mera manutenzione;

- non avrebbe svolto alcuna istruttoria, né avrebbe preso in considerazione la relazione tecnica di asseverazione di parte in cui si dava conto dell’esecuzione di “ interventi di risanamento conservativo delle tamponature esterne mediante realizzazione di coibentazione termica e rifacimento del paramento a vista, con la sostituzione degli infissi e rifacimento della copertura con materiali analoghi a quelli esistenti ”.

8. Con il secondo motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui il T ha ravvisato l’adeguata motivazione alla base del provvedimento impugnato.

Invero, secondo quanto dedotto dall’appellante, il Comune non avrebbe preso in esame le osservazioni di parte e si sarebbe limitato ad una motivazione per relationem .

9. Con il terzo motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui il T ha ritenuto irrilevante l’eventuale conformità del manufatto rispetto alla disciplina urbanistica di riferimento e, comunque, ha escluso la possibilità di configurare un provvedimento sproporzionato.

Nella specie, invero, secondo quanto contestato dall’appellante, un’ipotetica difformità non sarebbe stata essenziale ai sensi degli artt. 31 e 32 DPR n. 380/01;
in ogni caso, si farebbe questione di manufatto avente la medesima struttura, dimensioni e consistenza del precedente, peraltro avendo dimensioni modeste (9mq) e quindi incompatibile con la sua demolizione.

Anche ai sensi di quanto previsto dagli artt. 15 e 16 L.R. n. 15/2008, le opere di manutenzione non avrebbero apportato alcuna modifica “essenziale” dello stato dei luoghi e, pertanto, il manufatto avrebbe potuto considerarsi in aderenza al titolo edilizio.

10. Il ricorso in appello è fondato, in via assorbente, in relazione alle doglianze con cui si denuncia il difetto di istruttoria e motivazione inficiante il provvedimento impugnato in prime cure, non risultando che l’Amministrazione abbia provveduto ad una adeguata ricostruzione dei fatti di causa dandone compiuta giustificazione nell’ambito dell’ordine di demolizione, pure alla stregua delle osservazioni controdeduttive fornite dall’operatore privato in riscontro alla comunicazione di avvio del procedimento di demolizione.

11. Il Collegio intende ribadire il consolidato indirizzo giurisprudenziale, in forza del quale l’attività di repressione degli abusi edilizi costituisce attività vincolata, con la conseguenza che l'ordinanza di demolizione ha natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, dove la repressione dell'abuso corrisponde per definizione all'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi illecitamente alterato;
per l’effetto, il provvedimento ripristinatorio è già dotato di un'adeguata e sufficiente motivazione, consistente nella descrizione delle opere abusive e nella constatazione della loro abusività (tra gli altri, Consiglio di Stato, Sez. VI, 3 novembre 2020, n. 6771).

Peraltro, facendosi questione di atto vincolato, come tutti gli atti sanzionatori in materia edilizia, l’ordine di demolizione non richiede neppure una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 novembre 2020, n. 7132).

Sicché, non potrebbe neppure censurarsi l’illegittimità del provvedimento ripristinatorio per violazione del principio di proporzionalità, tenuto conto che l’Amministrazione, non risultando titolare di alcun potere discrezionale nella scelta della sanzione in concreto da irrogare, è chiamata ad assumere un atto dal contenuto dispositivo interamente predeterminato dal legislatore (Consiglio di Stato, sez. VI, 3 febbraio 2022, n. 771), discendendo la possibilità di applicare la sanzione ripristinatoria dalla tipologia di abuso in concreto riscontrato, in specie dalla sua riconducibilità a quelle fattispecie per le quali il legislatore prevede la demolizione delle opere eseguite e il ripristino dello stato anteriore all’illecito edilizio.

12. Alla stregua di tali coordinate interpretative, è possibile soffermarsi sul caso di specie.

12.1 Al riguardo, emerge che l’Amministrazione ha contestato alla parte privata la realizzazione di un intervento di ristrutturazione edilizia abusiva in assenza di titolo abilitativo, consistente nella “ demolizione di un manufatto composto da pannelli coibentati …. per cui è stata rilasciata concessione in sanatoria n. 289385 prot. 000057736 del 26.11.2002 per mq 9 e ricostruzione del medesimo con blocchetti di cemento poggiati su basamento in cemento edificando un organismo edilizio difforme dal precedente …”, precisando, altresì, che per tale opera risultava presentata una C.I.L.A. prot. n. CM/2018/1452 del 21/12/2018 (nota Roma Capitale n. 209846 del 17.9.2019 – doc. 4 produzione attorea).

12.2 La parte privata, come risultante dal provvedimento impugnato in prime cure, ha presentato una memoria difensiva (acquisita al n. prot. CI230718 in data 15.10.2019 – doc. 5 produzione attorea), rilevando che:

- per come riportato nella relazione tecnica di asseverazione riferita alla C.I.L.A. n. CM 2018/145204 del 21/12/2018, era stato previsto un intervento di risanamento conservativo delle tamponature esterne mediante realizzazione di coibentazione termica e rifacimento del parametro a vista, con la sostituzione degli infissi e rifacimento della copertura con materiali analoghi a quelli esistenti;

- “ dall’esame del progetto …, previo esaustivo rilievo del manufatto, si evince che quanto realizzato è ad esso conforme con le effettive distanze dai confini, con il solo ispessimento delle murature d’ambito, dovuto alla necessità di un migliore efficientamento energetico del manufatto, senza che ciò comportasse un aumento della SUL del manufatto …”;

- le opere di progetto ed effettivamente realizzate sull’immobile in esame dovevano essere subordinate alla sola comunicazione di inizio lavori asseverata, in quanto rientrante nella fattispecie d’intervento rappresentata dagli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), DPR n. 380/01.

12.3 L’Ufficio Disciplina Edilizia del Municipio, statuendo sugli elementi difensivi forniti dalla parte privata, ha rilevato che gli stessi “ non modificano la natura delle opere abusive realizzate confermando quanto è stato rilevato con accertamento tecnico prot. 201996 del 05/09/2019 ”, con conseguente integrazione della fattispecie di cui all’art. 16 L.R. Lazio n. 15/2008 (nota n. 44795 dell’11.3.2020 sub doc. 6 produzione attorea).

Tale accertamento tecnico n. 201996 del 5.9.2019 (doc. 2 produzione Roma Capitale di primo grado) riportava la descrizione sintetica dell’abuso, facendo sempre riferimento ad un intervento di “ demolizione di un manufatto composto da pannelli coibentati… per mq 9 e ricostruzione del medesimo con blocchetti di cemento poggiati su basamento in cemento edificando un organismo edilizio difforme dal precedente …”.

12.3 L’Amministrazione ha motivato l’ordine di demolizione, richiamando quanto accertato presso l’area di titolarità dell’odierna appellante, dando atto della presentazione della memoria difensiva della parte privata e recependo il riscontro fornito al riguardo dall’Ufficio Ispettorato Edilizio del Municipio: per l’effetto, Roma Capitale ha ritenuto, sulla base del motivato accertamento tecnico, che le strutture edilizie abusive potessero essere rimosse/demolite, ai sensi degli artt. 33 DPR n. 380/01 e 16 L.R. n. 15/08.

13. L’Amministrazione odierna appellata ha, pertanto, ritenuto che nella specie si facesse questione di un intervento di ristrutturazione edilizia, tradottosi nella demolizione del manufatto originario e nella sua ricostruzione “ edificando un organismo edilizio difforme dal precedente ”;
in tale modo disattendendo le argomentazioni difensive svolte dal privato, incentrate sulla esecuzione, sulla base di apposita CILA, di un mero intervento di manutenzione straordinaria.

14. Come precisato da questo Consiglio, “ il concetto di manutenzione straordinaria (nonché quello di risanamento conservativo), oggi come allora, presuppone la realizzazione di opere che lascino inalterata l'originaria fisionomia e consistenza fisica dell'immobile (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n.1510). Al contrario gli interventi che alterino, anche sotto il profilo della distribuzione interna, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportino l'inserimento di nuovi impianti, la modifica e la redistribuzione dei volumi, rientrano nell'ambito della ristrutturazione edilizia (Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 2015, n. 3505) ” (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 ottobre 2019, n. 7151).

Pertanto, il carattere distintivo dell’intervento di ristrutturazione è costituito “ dalla finalità, che è quello della "trasformazione" dell'organismo edilizio, in termini di diversità rispetto al precedente ” (Consiglio di Stato, sez. IV, 15 novembre 2021, n. 7593).

Tra gli interventi di ristrutturazione edilizia rientrano, al ricorrere di determinate condizioni, anche quelli di demolizione e ricostruzione.

In particolare - stante l’inapplicabilità ratione temporis della modifica dell’art. 2 bis comma 1 ter, e dell'art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001, disposta con l'art. 10 del D.L. n. 76 del 2020, convertito nella L. n. 120 del 2020, sopravvenuta rispetto all’adozione del provvedimento impugnato in prime cure – in presenza di opere di demolizione e ricostruzione, occorre distinguere:

- l’ipotesi in cui il manufatto ricostruito abbia conservato le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente, riproducendo le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi, nel quale caso l’intervento integra gli estremi della ristrutturazione edilizia;
nonché

- l’ipotesi in cui si sia registrata una variazione del volume, dell'altezza o della sagoma dell'edificio, suscettibile di dare luogo ad una nuova costruzione (tra gli altri, Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 marzo 2022, n. 2106).

Nel caso in esame, l’Amministrazione, contestando una fattispecie di ristrutturazione edilizia abusiva ex art. 33 DPR n. 380/01, ha evidentemente ritenuto che l’odierno appellante avesse eseguito un intervento di demolizione e ricostruzione di un nuovo manufatto avente le caratteristiche fondamentali dell’organismo edilizio preesistente.

15. Ciò precisato, si osserva che una tale valutazione, alla base del provvedimento ripristinatorio per cui è causa, non risulta supportata da un’adeguata istruttoria e da una puntuale motivazione.

Come osservato, nell’adozione di un ordine di demolizione, l’Amministrazione, sebbene non sia obbligata a motivare in ordine alla sussistenza di specifiche ragioni di interesse pubblico alla base della decisione ripristinatoria o alla proporzionalità della sanzione in concreto irrogata, è tenuta, comunque, a giustificare, alla stregua dell’istruttoria svolta, la sussistenza dei presupposti del provvedere, descrivendo l’entità e la consistenza delle opere edili, nonché constatando la loro abusività, stante l’integrazione dell’illecito edilizio in contestazione.

Nel caso in esame, dal contenuto motivazionale del provvedimento impugnato in prime cure e dai documenti acquisiti al giudizio non emergono gli specifici elementi istruttori, raccolti in sede procedimentale, che consentano di ritenere dimostrata l’avvenuta previa demolizione del manufatto de quo con sua successiva ricostruzione in difformità.

In particolare, l’Amministrazione, attraverso il pertinente richiamo agli elementi istruttori, si è limitata a ritenere che l’originario manufatto fosse stato demolito, provvedendo alla descrizione dell’organismo edilizio, per come attualmente esistente e, dunque, per come riscontrato dagli organi accertatori.

16. Tuttavia, anche a fronte delle puntuali deduzioni difensive svolte in sede procedimentale dalla parte ricorrente incentrate sull’avvenuta esecuzione di un mero intervento manutentivo straordinario di un organismo edilizio mai demolito, era necessario che l’Amministrazione rappresentasse gli elementi fattuali incompatibili con la conservazione dell’originario manufatto, idonei a dimostrare l’avvenuta previa demolizione del relativo organismo.

Considerato che la demolizione costituiva un fatto esaurito al tempo dell’accertamento, occorreva illustrare le ragioni tecniche utilmente valorizzabili per ritenere che nella specie fosse avvenuta una demolizione integrale dell’originario organismo con sua successiva ricostruzione, anziché una manutenzione straordinaria, influente su un organismo edilizio comunque conservato.

Non risultava, in particolare, sufficiente una descrizione delle attuali difformità riscontrate in loco, occorrendo chiarire come tali difformità, tenuto conto pure della consistenza dell’originario manufatto – “ manufatto fatiscente costruito con pilastrini in c.a. e pannelli prefabbricati sempre in c.a., con una copertura … in pannelli sandwich coibentati … che, per altro a causa di eccezionali eventi metereologici, prima dell’inizio dei lavori, risultavano divelti ”, costituente la descrizione dell’organismo edilizio riportata nella memoria difensiva prodotta in sede procedimentale, non specificatamente contestata dall’Ufficio Disciplina Edilizia con la nota n. 44795 dell’11.3.2020, né confutata con il provvedimento per cui è causa) – fossero compatibili soltanto con una previa demolizione dell’organismo edilizio e con la sua successiva ricostruzione.

17. Il che sarebbe stato necessario, anche in ragione dell’avvenuta produzione, in sede amministrativa, di puntuali elementi difensivi forniti dal privato in ordine all’esecuzione, anziché di una ristrutturazione, di un intervento manutentivo (straordinario) implicante la conservazione dell’originario manufatto: trattandosi di osservazioni pertinenti all’oggetto del procedimento, l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere alla loro valutazione ai fini dell’adozione delle determinazioni di competenza (ex art. 10, comma 2, lett. b), L. n. 241/90).

Si faceva, in particolare, questione di elementi suscettibili di influire sulla constatazione dell’abusività dell’intervento edilizio in concreto eseguito (componente l’apparato motivazionale dell’ordine di demolizione), riguardando la qualificazione delle opere de quibus in termini di ristrutturazione edilizia (implicante, secondo quanto contestato dal Comune, la previa demolizione dell’organismo edilizio originario) o di manutenzione straordinaria (presupponente, di contro, la conservazione del manufatto in contestazione): questione rilevante per valutare l’integrazione della fattispecie astratta alla base del provvedimento ripristinatorio ex artt. 33 DPR n. 380/01 e 16 L.R. n. 15/08.

18. Non potrebbe diversamente argomentarsi neppure valorizzando la comunicazione ex art. 27, comma 4, D.P.R. n. 380/01 n. 131686 del 22.5.2019 (all. 1 produzione Roma Capitale primo grado), in cui si riporta che “ nel corso del sopralluogo è stato altresì ammesso da parte dell’interessato che l’intervento è stato realizzato in difetto del prescritto titolo abilitativo ”, tenuto conto che:

- tale comunicazione non specifica l’identità dell’interessato che ha reso una tale dichiarazione, non potendo farsi riferimento al Sig. Parenti Gianfranco, indicato nella stessa comunicazione soltanto nel prosieguo come responsabile della violazione;

- tale dichiarazione non è riportata nell’accertamento tecnico del 5.9.2019, n. 201996 richiamato nel provvedimento di demolizione, che anzi recava una richiesta al Gruppo Tuscolano di volere effettuare i necessari approfondimenti per l’acquisizione degli ulteriori dati utili alla identificazione dei responsabili dell’illecito e alla definizione delle caratteristiche identificative del medesimo;
a dimostrazione di come l’istruttoria non potesse ritenersi esaurita, stante la necessità di approfondimenti anche in relazione alle caratteristiche dell’illecito in contestazione (evidentemente non necessari a fronte di un’ammissione di responsabilità del soggetto legittimato passivo in relazione all’ordine demolitorio);

- nessun rilievo in ordine ad asserite ammissioni di responsabilità è recato nell’atto di comunicazione di avvio del procedimento del 17.9.2019 (n. 209846);

- la parte privata, nell’esercizio del proprio diritto di difesa procedimentale, ha escluso l’esistenza di una demolizione e, comunque, ha affermato la legittimazione dell’intervento conservativo in concreto eseguito attraverso apposita C.I.L.A. (memoria acquisita agli uffici comunali in data 15.10.2019 al n. prot. 230718 cit.);

- nel riscontrare la memoria di parte, l’Amministrazione non ha dedotto che l’esistenza di una previa demolizione era stata ammessa dalla parte privata (nota Ufficio Disciplina Edilizia n. 44795 dell’11.3.2020 cit.);

- nell’assumere il provvedimento sanzionatorio, parimenti, l’Amministrazione non ha fondato la propria decisione sull’ammissione di responsabilità del destinatario dell’ordine demolitorio.

Non potrebbe, dunque, ascriversi all’odierna appellante una dichiarazione di ammissione di responsabilità, utilmente valorizzabile per dimostrare l’esistenza di una previa demolizione del manufatto per cui è causa, non trattandosi neppure di circostanza fattuale valorizzata nel provvedimento impugnato in prime cure o negli atti con cui è stato instaurato il contraddittorio procedimentale con la parte privata.

18. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello deve essere accolto, non avendo l’Amministrazione svolto un’adeguata istruttoria, valorizzata nell’ambito del provvedimento per cui è causa, idonea a rappresentare gli elementi fattuali deponenti per la previa demolizione dell’organismo edilizio di proprietà dell’appellante, nonostante si fosse in presenza di un profilo fattuale da approfondire in sede procedimentale, in quanto influente sulla qualificazione giuridica delle opere eseguite e, dunque, sull’integrazione di un illecito edilizio sottoposto a sanzione demolitoria.

Emergendo il dedotto vizio di istruttoria e di motivazione, deve, dunque, provvedersi, in riforma della sentenza gravata, all’accoglimento del ricorso di primo grado, con annullamento dell’ordine di demolizione, facendo, comunque, salve le ulteriori determinazioni suscettibili di essere assunte dall’Amministrazione nella fase di riedizione del potere.

19. Deve, invece, rigettarsi l’istanza di ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio (articolata nel ricorso in appello), non facendosi questione di mezzo indispensabile ai fini della decisione (come, invece, prescritto dall’art. 19, comma 1, c.p.a.), che nella specie può, comunque, essere assunta sulla base del rilievo del difetto di istruttoria e di motivazione inficiante il provvedimento impugnato in primo grado.

20. La particolarità della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi