Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-02-03, n. 202200771

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-02-03, n. 202200771
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200771
Data del deposito : 3 febbraio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/02/2022

N. 00771/2022REG.PROV.COLL.

N. 04945/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4945 del 2018, proposto da
F C, quale titolare dell’Azienda Agricola C, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati L D P, L M e L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pienza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati E B e G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

F P, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Dodaro e Guido Sartorato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. 00794/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pienza e di F P;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2021 il Cons. F D L e uditi per le parti gli avvocati L D P anche in sostituzione dell'avv. L M, E B, G G e Marina Perona in sostituzione dell'avv. Guido Sartorato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio il Sig. C, in qualità di titolare dell’azienda agricola C, appella la sentenza n. 794 del 2018, con cui il TAR Toscana ha dichiarato l’inammissibilità per omessa notificazione alla parte controinteressata del ricorso di primo grado (proposto dall’odierno appellante) diretto ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 34 del 2017 assunta dal Comune di Pienza e per “ quanto occorrer possa, della determinazione del responsabile di settore – Area Edilizia Privata del Comune di Pienza, prot. n. 484 d.d. 21.06.2017 ” (recante la decisione di non provvedere in autotutela sui titoli abilitativi dell’impianto a biomasse per cui è causa).

Alla stregua di quanto dedotto in ricorso, emerge che:

- con ordinanza n. 34 del 21.6.2017 il Comune di Pienza ha disposto la rimessione in pristino di manufatti asseritamente difformi rispetto a quanto assentito con precedenti titoli abilitativi del 2012 e del 2013, riguardanti la realizzazione di un impianto di energia rinnovabile di cogenerazione biogas;

- in particolare, la contestazione comunale afferiva ad un piazzale esterno di stoccaggio delle biomasse cui si accedeva da un cancello ad apertura scorrevole rivolto verso una via non aperta al pubblico transito, ad una pesa interrata, ad una vasca digestore per il materiale conferito e ad un box antincendio;
l’ordinanza di demolizione è stata assunta all’esito di verifiche svolte dall’Amministrazione comunale sulla base di alcune segnalazioni della sig.ra Prizzon;

- il sig. C, in qualità di titolare dell’Azienda agricola F C, ha impugnato l’ordine di demolizione dinnanzi al Tar Toscana, deducendo che la pesa non costituiva costruzione soggetta alle fasce di rispetto in quanto collocata interamente sotto il livello di campagna;
il palo in cima al quale era posizionato il sezionatore era collocato su terreno in propria disponibilità e non era soggetto alla disciplina delle distanze minime;
il cancello di accesso alla proprietà consentiva l’immissione nella proprietà senza creare inconvenienti alla circolazione stradale e la strada sulla quale si immetteva era interpoderale;
il piazzale esterno era di dimensioni superiori rispetto al progetto a causa della presenza di inerti circostanti;
l’assenza del box antincendio dagli elaborati grafici, emendabile con una variante in sanatoria, era imputabile all’impianto autorizzatorio;
il Comune di Pienza – contraddicendosi – si era determinato a non agire in autotutela sui propri atti autorizzativi (concernenti l’impianto per cui è causa) pur dichiarando di averne rilevata l’illegittimità sotto diversi profili;

- la Sig.ra Prizzon è intervenuta ad opponendum nell’ambito del giudizio di primo grado, eccependo, altresì, l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica nei propri confronti.

2. Il Tar adito, nel risolvere la controversia, ha qualificato la Sig.ra Prizzon quale parte controinteressata e, per l’effetto, ravvisando l’omessa notificazione dell’impugnazione nei confronti della parte controinteressata, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

3. La ricorrente in primo grado ha appellato la sentenza pronunciata dal Tar, deducendone l’erroneità sulla base di due motivi di impugnazione;
la stessa parte ha riproposto le doglianze articolate in primo grado, assorbite dal Tar.

4. L’Amministrazione comunale e la Sig.ra Prizzon si sono costituite in giudizio resistendo all’appello.

5. Le parti, in vista dell’udienza pubblica di discussione dell’appello, hanno insistito nelle rispettive conclusioni con il deposito di memorie conclusionali e repliche. Le parti private hanno pure depositato documentazione in data 1 ottobre 2021.

6. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica dell’11 novembre 2021.

7. Con il primo motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui il Tar, ritenendo che nella specie si facesse questione di esercizio del potere inibitorio di cui all’art. 19, comma 6 ter, L. n. 241/90, ha qualificato la Sig.ra Prizzon - ai fini della notificazione del ricorso - come parte controinteressata.

Secondo la prospettazione attorea, nella specie difetterebbero i requisiti sostanziali e formali previsti per l’individuazione di detta qualità, non potendo desumersi dalla sussistenza della titolarità a sollecitare i poteri di verifica dell’Amministrazione la qualità di controinteressato.

La Sig.ra Prizzon, inoltre, non era contemplata nel provvedimento finale adottato dal Comune di Pienza, non svolgeva alcuna attività agrituristica, non era stata direttamente coinvolta in tutti gli atti del procedimento, nonché era titolare di un fondo distante quasi un chilometro dal fondo della ricorrente con la presenza di proprietà interposte. Le contestazioni della Sig.ra Prizzon sarebbero state anche tardive.

Nella specie, in definitiva, sotto il profilo formale, il provvedimento gravato in prime cure non menzionava la Sig.ra Prizzon, a nulla rilevando in senso contrario l’indicazione di tale nominativo nell’ambito di atti procedimentali;
sotto il profilo sostanziale, il mantenimento in vita del provvedimento impugnato non avrebbe determinato un vantaggio diretto e immediato per la Sig.ra Prizzon - non comportando un ampliamento della sua sfera giuridica – trattandosi di proprietario non residente nelle immediate vicinanze dell’impianto e comunque titolare di un fondo non confinante con quello del ricorrente.

8. Con il secondo motivo di appello è censurato il capo decisorio con cui il Tar ha ritenuto applicabile nel caso di specie il regime giuridico della SCIA, quando, invece, si farebbe questione di silenzio assenso, configurando il PAS ai sensi dell’art. 6 D. Lgs. n. 28/2011 un provvedimento amministrativo a formazione differita, non tempestivamente impugnato dalla Sig.ra Prizzon, cui, dunque, non potrebbe riconoscersi la posizione di controinteressata, trattandosi di mero quisque de populo sollecitante i poteri di autotutela comunale.

9. I motivi di appello sono suscettibili di trattazione congiunta, per ragioni di connessione, negando entrambi la possibilità di imputare in capo alla Sig.ra Prizzon la qualifica di parte controinteressata all’impugnazione di primo grado.

10. Le censure attoree sono fondate ai sensi di quanto di seguito precisato.

10.1 Come statuito dalla Sezione (12 luglio 2021, n. 5257), il riconoscimento della qualifica di controinteressato in senso tecnico (ossia di litisconsorte necessario) è subordinato alla sussistenza di due elementi: uno di carattere formale, rappresentato, ai sensi dell’art. 41 c.p.a., dalla espressa menzione del soggetto nel provvedimento impugnato;
ed uno sostanziale, integrato dalla titolarità di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato.

10.2 Avuto riguardo all’elemento formale, il controinteressato deve essere “ nominativamente indicato nel provvedimento impugnato o comunque ivi agevolmente individuabile ” (tra gli altri, Consiglio di Stato Sez. V, 9 novembre 2020, n. 6855).

Nel caso di specie, sebbene il ricorso in primo grado sia stato proposto “ per quanto occorrer possa ” contro la determinazione n. 484 del 2017, recante pure un riferimento alla Sig.ra Prizzon, l’oggetto dell’odierno giudizio, per come definito dai motivi di impugnazione, riguarda la legittimità dell’ordine di demolizione impartito dall’Amministrazione con la determinazione n. 34 del 2017: il riferimento al provvedimento n. 484/17 è stato infatti operato nella parte motiva del ricorso di primo grado per evidenziare l’illegittimità dell’ordine di demolizione, sia perché assunto sulla base di un “ riposizionamento di porzione di confine catastale ” (cfr. pag. 4 del provvedimento n. 484 d.d. 21.06.2017, richiamata a pag. 7 del ricorso di primo grado), sia perché contrastante con la decisione assunta con la determina n. 484/17 di rifiutare l’esercizio del potere di autotutela (cfr. quarto motivo di ricorso in primo grado).

Ne deriva che l’oggetto del presente giudizio riguarda la legittimità dell’ordinanza n. 34 del 2017, venendo in rilievo il differente provvedimento n. 484/17 “ per quanto occorrer possa ”, nei limiti in cui sia significativo di un vizio di legittimità dell’ordine demolitorio.

È, dunque, in relazione alla determina n. 34 del 2017 che deve valutarsi l’esistenza di una posizione di controinteresse.

La Sig.ra Prizzon non risulta indicata nominativamente in tale provvedimento, né è agevolmente individuabile sulla base della medesima determinazione amministrativa;
il che è, di per sé, già sufficiente per impedire di ascrivere in capo alla parte interveniente in primo grado la qualifica di controinteressata all’impugnazione.

Il Comune, nell’assumere l’ordine di demolizione per cui è causa, si è infatti limitato a condurre una verifica oggettiva in ordine all’esistenza di opere difforme rispetto alla dichiarazione presentata dall’odierno ricorrente - sulla cui base era stato realizzato l’impianto di energia rinnovabile di cogenerazione biogas -, senza fare riferimento alla posizione di soggetti terzi asseritamente lesa dall’intervento sanzionatorio in esame.

Pertanto, non recando il provvedimento impugnato alcun elemento idoneo a consentire l’individuazione della Sig.ra Prizzon quale parte interessata alla conservazione dell’atto, non avrebbe potuto riconoscersi in capo alla stessa la qualifica di controinteressato ai fini della notificazione del ricorso.

10.3 Non potrebbe argomentarsi diversamente neppure facendo leva su atti infraprocedimentali o su provvedimenti assunti a definizione di procedimenti diversi.

Questi ultimi risultano irrilevanti, in quanto la posizione di controinteresse deve essere valutata in relazione al singolo provvedimento: trattasi, infatti, di nozione processuale, rilevante per delibare l’ammissibilità del singolo ricorso, da valutare pertanto in relazione all’atto concretamente censurato.

Parimenti, devono ritenersi irrilevanti, ai fini della individuazione della parte controinteressata, i meri atti infraprocedimentali.

La posizione di controinteresse è accertabile sulla base della regula iuris posta con il provvedimento finale, essendo ascrivibile in capo a chi, titolare di un interesse uguale e contrario a quello del ricorrente, abbia interesse alla conservazione di una decisione già assunta;
per l’effetto, per verificare il possesso della qualità formale, occorre che tali soggetti siano esattamente individuabili, anziché alla luce di atti infraprocedimentali suscettibili di rilevare a fini istruttori e non espressivi della volontà dispositiva dell’Amministrazione procedente, in ragione del concreto assetto di interessi attuato con l’atto conclusivo del procedimento.

Tale interpretazione, peraltro, è imposta dalla tassatività delle cause di inammissibilità del ricorso e dalle esigenze di effettività della tutela giurisdizionale, che precludono di introdurre in via ermeneutica cause ostative all’accesso ad una decisione giurisdizionale di merito.

Sicché, deve confermarsi, anche in ragione delle rilevanti conseguenze che derivano in punto di inammissibilità del ricorso per mancata evocazione di almeno un controinteressato ex art. 41, comma 2, c.p.a., la necessità di ricostruire la posizione di controinteresse in senso restrittivo, avendo riguardo al provvedimento emesso a conclusione del procedimento.

Non risultando la Sig.ra Prizzon agevolmente individuabile sulla base del provvedimento demolitorio, la stessa non avrebbe potuto essere considerata controinteressata ai fini dell’ammissibilità del ricorso di primo grado.

10.4 Nel caso di specie, in ogni caso, oltre a difettare il requisito formale, manca anche il requisito sostanziale.

La qualità di controinteressato, a cui il ricorso deve essere notificato, va infatti riconosciuta non già a chi abbia un interesse, anche legittimo, a mantenere in vita il provvedimento impugnato e tanto meno a chi ne subisca conseguenze soltanto indirette o riflesse, ma (solo) a chi dal provvedimento stesso riceva un vantaggio diretto e immediato, ossia un positivo ampliamento della propria sfera giuridica (tra gli altri, Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2020, n. 3685).

Di regola, il controinteressato è colui che acquista una situazione giuridica soggettiva attiva per effetto della determinazione da altri impugnata e che, dunque, in caso di accoglimento dell’avverso ricorso, in conseguenza dell’annullamento dell’atto censurato, subirebbe un pregiudizio immediato e diretto, dato dalla perdita della situazione di vantaggio riconosciuta in sede amministrativa.

Una posizione di controinteresse potrebbe, tuttavia, essere riconosciuta anche in capo a colui che, pure non acquistando una (nuova) situazione soggettiva in conseguenza del provvedimento ex adverso censurato, ottiene comunque, per effetto dello stesso, la rimozione di un limite (illecito) al libero svolgimento della propria sfera giuridica;
il che potrebbe verificarsi in presenza di provvedimenti sanzionatori che, al contempo, reprimono l’illecito commesso dal destinatario e rimuovono un limite (illecito) al libero svolgimento della sfera giuridica del terzo, in tale modo ampliandone la posizione, con l’effetto di radicare in capo a questi la qualità di controinteressato al ricorso.

A tali fini, tuttavia, occorre che il provvedimento assunto dall’Amministrazione sia motivato dalla violazione di disposizioni poste a protezione, oltre che dell’interesse pubblico primario perseguito dall’organo procedente, della specifica posizione individuale del terzo, lesa dall’altrui illecito.

Emergendo in siffatte ipotesi un’azione amministrativa tesa, attraverso la repressione dell’attività illecita, alla tutela del terzo, questi potrebbe assumere la qualifica di controinteressato al ricorso, ricevendo dall’atto ex adverso censurato un vantaggio diretto e immediato.

Una posizione di controinteresse potrebbe, in definitiva, riconoscersi soltanto in capo a colui che risulti titolare della situazione giuridica contemplata e tutelata dalla normativa violata in conseguenza dell’illecito represso dall’Amministrazione procedente.

10.5 Con particolare riguardo agli ordini di demolizione, configuranti misure repressive dell’attività edilizia illecita, la giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato il principio per cui, in sede di impugnazione di un’ordinanza di demolizione di abusi edilizi, deve ritenersi contraddittore necessario soltanto colui che, oltre ad avere provveduto a segnalare l’abuso, risulta titolare del diritto di proprietà direttamente leso dall’opera edilizia oggetto di demolizione “ e conseguentemente è direttamente avvantaggiato dall'ordine di demolizione, vantando un interesse qualificato a difendere la propria posizione giuridica …” (Consiglio di Stato, sez. II, 22 luglio 2019, n. 5148).

Si conferma, dunque, come, affinché il denunciante assurga al rango di litisconsorte necessario, non sia sufficiente un generico interesse alla conservazione dell’atto sanzionatorio, vantabile da un qualsiasi vicino confinante, bensì occorra che l’interesse faccia capo proprio a quel soggetto, denunciante nel procedimento amministrativo, titolare del diritto di proprietà (ovvero, come può estensivamente ritenersi, di un altro diritto reale di godimento) direttamente leso dall’opera edilizia abusiva di cui, in esito a quel procedimento, l’Amministrazione abbia ordinato la demolizione.

Di conseguenza, può affermarsi che “ è controinteressato in senso tecnico (soltanto) colui il quale, oltre ad essere contemplato nel provvedimento, riceva (rispetto a un proprio diritto reale) direttamente un vantaggio dal diniego del titolo abilitativo o dall'attività repressiva dell'amministrazione ” (Consiglio di Stato, sez. VI, 12 luglio 2021, n. 5257).

10.6 Alla stregua di tali principi, deve negarsi la possibilità di riconoscere una posizione di controinteresse in capo alla Sig.ra Prizzon.

Nella specie, risulta che l’Amministrazione ha assunto l’ordine di demolizione, per cui è causa, per avere riconstato una difformità tra le opere realizzate e il titolo abilitativo in possesso dell’odierno ricorrente.

Ne deriva che il provvedimento impugnato in prime cure non tendeva a sanzionare la violazione di disposizioni poste a tutela (altresì) della sfera giuridica della Sig.ra Prizzon (quali possono essere le previsioni in materia di distanze dal confine o tra fabbricati), bensì tendeva soltanto ad assicurare la conformità dell’attività svolta al titolo abilitativo formatosi in capo all’operatore economico, stante l’emersione di opere non assentite o assentite con caratteristiche (in specie, in termini di ubicazione) diverse rispetto a quelle in concreto riscontrate.

In siffatte ipotesi, l’eventuale vantaggio ritraibile dal terzo non potrebbe ritenersi un effetto immediato e diretto del provvedimento (di demolizione), bensì discenderebbe dalla generale conformazione dell’attività privata al titolo edilizio, con conseguente emersione di un’utilità indifferenziata, ascrivibile in capo a tutti i residenti della zona interessata, a prescindere da una specifica lesione della sfera individuale rimediata dall’intervento provvedimentale in esame.

Il fatto che le opere oggetto di demolizione si pongano anche in violazione del diritto di proprietà della Sig.ra Prizzon è una prospettazione che dunque non trova immediato riscontro negli atti impugnati, dove si evidenziano una pluralità di rilievi di ordine essenzialmente edilizio ed urbanistico, riguardanti l’assenza del titolo abilitativo o la sua inosservanza.

L’eventuale emersione di una violazione della posizione giuridica della Sig.ra Prizzon potrebbe, invece, trovare, al ricorrere dei presupposti di legge, tutela dinnanzi al giudice ordinario, avente giurisdizione sui rapporti tra parti private.

10.7 Non potrebbe diversamente argomentarsi neppure sulla base del precedente della Sezione n. 5182/2021, pronunciato inter partes .

In tale giudizio, la Sig.ra Prizzon assumeva, infatti, la posizione di ricorrente in primo grado, stante l’avvenuta impugnazione di un atto amministrativo con cui il Comune si era rifiutato di provvedere al ritiro in autotutela dei titoli abilitativi formatisi in capo al Sig. C, nonostante le segnalazioni presentate dalla Sig.ra Prizzon.

Occorre, al riguardo, distinguere la posizione di interesse richiamata dall’art. 100 c.p.c., idonea a sostenere la proposizione di un’azione giudiziaria, dalla posizione di controinteresse rilevante ai sensi dell’art. 42, comma 2, c.p.a., idonea ad imporre un onere di notificazione dell’atto introduttivo a pena di inammissibilità del ricorso.

Nel primo caso l’interesse al ricorso postula l’esistenza di un'utilità concreta che il ricorrente, nella situazione giuridica e di fatto in cui versa, si ripromette di ottenere dall'accoglimento del ricorso, “ sia pure in via indiretta e strumentale ” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2515);
nel secondo caso la posizione di controinteresse al ricorso implica l’esistenza di una posizione di vantaggio direttamente e immediatamente conseguita per effetto dell’atto amministrativo.

È, dunque, ben possibile, in relazione allo stesso soggetto, riconoscere l’interesse ad agire in giudizio per impugnare un atto di rifiuto di provvedere, al fine di ottenere una pronuncia che attribuisca alla parte un’utilità (anche) meramente strumentale o morale (Cons. Stato, Sez. II, 12 marzo 2021, n. 2152), e negare la posizione di controinteresse rispetto all’altrui ricorso, ove non sia riscontrabile alcuna utilità discendente direttamente e immediatamente dalla determinazione amministrativa da altri impugnata.

Rimane ferma la possibilità per colui che sia comunque titolare di un interesse dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello proprio della parte principale di intervenire nel processo per rappresentare la propria posizione in ordine alla materia del contendere (Consiglio di Stato, sez. III, 2 marzo 2020, n. 1484);
il che è puntualmente avvenuto nella specie, essendo la Sig.ra Prizzon intervenuta ad opponendum nel giudizio di primo grado per controdedurre rispetto agli avversi motivi di doglianza.

10.8 Al fine di radicare la posizione di controinteresse al ricorso, non potrebbe, infine, valorizzarsi la natura giuridica della procedura abilitativa semplificata (PAS) osservata dall’odierno ricorrente (se qualificabile in termini di titolo amministrativo tacito, riconducibile all’istituto del silenzio assenso, ovvero di atto privato, sussumibile sotto la disciplina della segnalazione certificata di inizio attività).

Difatti, nel caso di specie non viene in rilievo la posizione del terzo leso dall’attività segnalata, interessato ad ottenere dall’Amministrazione la repressione dell’altrui illecito ex art. 19, commi 3 e 6 bis, L. n. 241/90: tali previsioni, in particolare, trovano applicazione qualora la SCIA e, dunque, l’attività segnalata, sia svolta in assenza dei prescritti requisiti e presupposti di legge.

Soltanto in relazione a tali ipotesi, in cui si assiste ad una difformità della SCIA (o, in ipotesi, del PAS) rispetto al quadro regolatorio di riferimento, opera la disciplina di cui all’art. 19, comma 6 ter, L. n. 241/90 (pure richiamata dal Tar), che abilita il terzo a diffidare l’Amministrazione competente ad esercitare il potere di vietare l’attività privata, per come segnalata, e di rimuovere gli effetti nelle more prodotti.

Nella presente sede, invece, il presupposto del provvedere risultava rappresentato, anziché dalla presentazione di un PAS in assenza dei requisiti e dei presupposti di legge, dalla difformità delle opere edilizie eseguite rispetto ad un PAS efficace, assunto come parametro di riferimento per valutare la liceità dell’attività edilizia svolta dall’odierno ricorrente.

In tali ipotesi, non si fa questione di potere inibitorio, finalizzato a precludere la prosecuzione dell’attività segnalata stante la presentazione di un titolo in assenza dei presupposti di legge, ma (all’opposto) di potere repressivo, teso a riaffermare l’efficacia del titolo presentato, con conseguente repressione delle attività eseguite in sua difformità.

Il che manifesta l’inconferenza della disciplina dettata dall’art. 19, comma 6 ter, L. n. 241/90.

10.9 Alla stregua delle osservazioni svolte, in accoglimento delle censure attoree, deve provvedersi alla riforma della sentenza gravata, non potendo ritenersi inammissibile il ricorso di prime cure, stante la mancata ascrivibilità in capo alla Sig.ra Prizzon della qualifica di controinteressata al ricorso ex art. 41, comma 2, c.p.a.

Per l’effetto, deve provvedersi alla disamina dei motivi di ricorso di primo grado, ritualmente riproposti con l’atto di appello.

11. Con il primo motivo di ricorso si deduce l’illegittimità del provvedimento comunale, nella parte in cui sanziona la realizzazione della pesa in violazione delle distanze minime dalla strada adiacente l’impianto.

11.1 Secondo quanto dedotto in ricorso, la pesa non costituirebbe una costruzione soggetta alle fasce di rispetto, trattandosi di manufatto interamente sotto il livello di campagna, con conseguente mancata emersione di un edificio esternamente apprezzabile.

In ogni caso, il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso in violazione del principio di proporzionalità, stante l’impatto marginale del manufatto, oltretutto distante sette metri dalla strada, tale da non poter causare un danno alla sicurezza della circolazione viaria;
l’opera sarebbe stata, comunque, collocata in conformità ai progetti.

Anche in relazione alla vasca digestore, risulterebbe rispettata la distanza di venti metri dalla via, tenuto conto dell’effettiva distanza dall’asfalto e della necessità di escludere la coibentazione termica e il lamierino del digestore.

11.2 I motivi di ricorso sono fondati solo in parte, limitatamente alle censure indirizzate contro l’ordine di demolizione della vasca digestore e del muro di contenimento del terreno.

11.3 Preliminarmente, deve disattendersi la critica svolta dalla Sig.ra Prizzon, incentrata sul complessivo impatto edilizio discendente dall’insieme delle opere per cui è causa, facendosi questione di una ratio decidendi non emergente dal provvedimento impugnato in primo grado, la cui deduzione per la prima volta in sede giurisdizionale determinerebbe la violazione del divieto di integrazione giudiziale della motivazione.

Nel processo amministrativo l'integrazione in sede giudiziale della motivazione dell'atto amministrativo è ammissibile, infatti, soltanto se effettuata mediante gli atti del procedimento - nella misura in cui i documenti dell'istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni della determinazione assunta - oppure attraverso l'emanazione di un autonomo provvedimento di convalida (art. 21-nonies, secondo comma, della legge n. 241 del 1990). È invece inammissibile un'integrazione postuma effettuata in sede di giudizio, mediante atti processuali, o comunque scritti difensivi.

La motivazione del provvedimento, in particolare, costituisce “ l’essenza e il contenuto insostituibile della decisione amministrativa, anche in ipotesi di attività vincolata” (Consiglio di Stato, III, 30 aprile 2014, n. 2247), e non può certo essere emendata o integrata, quasi fosse una formula vuota o una pagina bianca, da una successiva motivazione postuma, prospettata ad hoc dall’Amministrazione resistente nel corso del giudizio ” (Consiglio di Stato, sez. V, 10 settembre 2018, n. 5291).

Per l’effetto, non potrebbe integrarsi in giudizio l’apparato motivazionale del provvedimento amministrativo mediante la rappresentazione di ragioni ulteriori, non esplicitate nell’ambito del provvedimento impugnato, né emergenti dall’istruttoria all’uopo svolta in sede amministrativa.

Avuto riguardo al caso di specie, si osserva che il Comune, nell’assumere la determinazione impugnata in primo grado, non ha motivato la propria decisione sulla base dell’impatto complessivo dell’intervento edilizio eseguito dall’odierno ricorrente, limitandosi ad effettuare una puntuale disamina delle singole opere e valutandone la conformità ai titoli abilitativi posseduti dalla parte privata.

Per l’effetto, dovendo aversi riguardo alle sole ragioni sottese alla determinazione amministrativa per cui è causa, non potrebbe provvedersi alla valutazione globale delle opere, facendosi questione di un’ipotetica ratio che, pure in astratto idonea a giustificare l’ordine di ripristino, non è stata posta a fondamento del provvedimento impugnato in primo grado e, dunque, non può essere presa in considerazione nella presente sede al fine di giustificare l’operato amministrativo per cui è causa.

11.4 Diversamente da quanto dedotto dalla Sig.ra Prizzon, pertanto, devono esaminarsi partitamente le singole opere edilizie, come avvenuto in sede amministrativa, per verificare se con riguardo a ciascuno dei manufatti per cui è causa fosse rinvenibile un titolo idoneo a giustificarne la presenza.

Provvedendo ad una tale disamina, tenuto conto delle censure svolte con il primo motivo di ricorso riproposto in appello deve aversi riguardo alla pesa e alla vasca digestore.

In proposito il Comune intimato ha contestato che:

- la pesa elettronica era stata eseguita in posizione diversa da quella rappresentata nell’elaborato grafico allegato al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12-2013, tenuto conto di quanto risultante dalle verifiche eseguite in loco, da cui emergeva che “ il manufatto in calcestruzzo completamente interrato è stato realizzato con ubicazione diversa da quella rappresentata nell’elaborato grafico allegato al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12- 2013. In particolare risulta accertata la sua collocazione ad una distanza di ml. 4,20 circa dal fondo scarpa della Strada Provinciale n° 71 ”;

- la vasca digestore, il muro di contenimento del terreno e i manufatti adiacenti costituenti l’impianto, erano stati eseguiti in posizione diversa da quelle rappresentata nell’elaborato grafico allegato al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12-2013, tenuto conto che, alla stregua di quanto emergente dalla verifica svolta in loco, “ L’elaborato grafico allegato al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12-2013 rappresenta i due manufatti realizzati alle distanze rispettivamente di ml. 21,40 il primo e ml. 20,00 il secondo dal confine di proprietà con la Strada Provinciale 71. A seguito degli accertamenti svolti dai tecnici incaricati la Provincia di Siena, Ente proprietario della strada, la stessa con nota trasmessa a mezzo PEC in data 05/05/2017, ha comunicato le risultanze delle operazioni di riposizionamento di porzione di confine catastale tra i terreni siti in Comune di Pienza e censiti al NCT al foglio 41 con i mappali 76 e 104, al fine di determinare la distanza di dette infrastrutture dal limite della proprietà stradale (mappale 106). Da queste si rileva che il digestore è collocato ad una distanza dal confine con la proprietà stradale di ml. 17,93 ed il muro di contenimento a ml. 14,16 ”.

11.5 Iniziando la disamina dalla pesa elettronica, si rileva che l’ordine di demolizione risulta incentrato su un’autonoma ratio decidendi immune dai vizi di legittimità censurati dal ricorrente;
il che è sufficiente per sorreggere la decisione all’uopo assunta dall’Amministrazione comunale.

In particolare, la parte resistente ha contestato un diverso posizionamento del manufatto rispetto a quanto indicato nella documentazione progettuale, con conseguente emersione di una variazione essenziale rispetto a quanto assentito, suscettibile di giustificare l’irrogazione della sanzione demolitoria.

In particolare, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, “ il concetto di parziale difformità presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall'autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera;
mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un'opera diversa da quella prevista dall'atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione
” ( ex multis , Consiglio di Stato, sez. VI, 1 marzo 2021, n. 1743).

Nel caso di specie, alla stregua di quanto risultante dall’elaborato grafico allegato al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12- 2013 (doc. 6 produzione Comune primo grado), la pesa avrebbe dovuto essere ubicata di fronte al fermentatore nei pressi del confine con la strada;
tenuto conto di quanto emergente dallo stato di fatto rappresentato nelle planimetrie estratte dal Sistema Informativo Territoriale della Provincia di Siena (doc. 14 produzione Comune in primo grado) e dalla riproduzione fotografica aerea dell’impianto (doc. 15 produzione Comune in primo grado), la pesa risulta, invece, realizzata a fianco del fermentatore;
il che integra un diverso posizionamento dell’opera per cui è causa, come correttamente rilevato dall’Amministrazione.

Trattandosi di una difformità incidente su elementi essenziali dell’opera, dando luogo ad un’opera diversa per ubicazione, il Comune ha legittimamente ingiunto la demolizione della pesa realizzata dall’odierno ricorrente.

11.6 A tali fini, dunque, non rileva se la pesa possa considerarsi una nuova costruzione ai fini dell’osservanza della fascia di rispetto stradale, ma la sua diversa collocazione nell’ambito dell’area interessata dall’intervento edilizio eseguito dall’odierno ricorrente (come correttamente dedotto dall’Amministrazione in sede di memoria conclusionale, in cui si contesta che “ Ferma la violazione della normativa sulle fasce di rispetto prevista dal Codice della Strada (su cui v. infra § 15), l’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino è, innanzitutto, fondata sulla difformità riscontrata all’esito del sopralluogo nell’ubicazione della pesa rispetto a quanto rappresentato nei titoli abilitativi e, in particolare, nell’elaborato grafico as built ”).

Il riferimento alla distanza dal confine stradale, operato dall’Amministrazione, non si esauriva nella constatazione della violazione della fascia di rispetto stradale, avendo la funzione di individuare la ubicazione dell’opera nell’area in esame, diversa rispetto a quella indicata nella documentazione progettuale presentata in sede amministrativa (profilo valorizzato nel dispositivo dell’ordine demolitorio).

In ogni caso, per mera completezza espositiva, si osserva che il vincolo imposto sulle aree site nella fascia di rispetto stradale ha valenza di inedificabilità assoluta, indipendentemente dalle caratteristiche dell'opera realizzata e dalla necessità di accertamento in concreto dei connessi rischi per la circolazione stradale (Consiglio di Stato, sez. VI, 24 novembre 2020, n. 7382), potendo operare, dunque, anche per le opere interrate (Consiglio di Stato, sez. II, 18 giugno 2021, n. 4701).

11.7 Trattandosi di azione vincolata, inoltre, non occorreva una motivazione specifica in relazione al tempo intercorso tra la realizzazione delle opere e l’adozione dell’ordine di demolizione, né sarebbe stato possibile denunciare la sproporzione della sanzione ripristinatoria all’uopo adottata.

L’Amministrazione non risulta infatti titolare di un potere discrezionale, implicante una scelta in ordine alla tipologia di sanzione in concreto da assumere. Con orientamento condiviso e da riaffermare anche nel presente giudizio, questo Consiglio ha ripetutamente evidenziato che “ l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo è un provvedimento vincolato, come tutti gli atti sanzionatori in materia edilizia, tale da non richiedere una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione ” ( ex multis , Consiglio di Stato, Sez. VI, 17 novembre 2020, n. 7132).

Pertanto, non dovendosi bilanciare l’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso con l’interesse privato alla conservazione di un’utilità, risalente nel tempo, conseguita in assenza del necessario titolo abilitativo, la demolizione è stata congruamente motivata mediante la descrizione del manufatto realizzato e l’indicazione della sua abusività - elementi nella specie ricorrenti - , non potendo l’ipotetico ridotto impatto edilizio di un’opera abusiva rilevare al fine di evitare la sua rimozione.

11.8 Le doglianze attoree meritano, invece, di essere condivise nella parte in cui si riferiscono alla vasca digestore e al muro di contenimento.

In via preliminare, si rileva che, diversamente da quanto dedotto dalla Sig.ra Prizzon, l’appellante ha contestato l’erroneità della determinazione amministrativa anche in relazione alla demolizione del muro, non ravvisandosi al riguardo alcuna condotta di acquiescenza per omessa impugnazione: il ricorrente ha infatti dedotto nel ricorso di primo grado e in appello che “ la vasca digestore e il muro rispettano con precisione la distanza di 20,00 metri dalla via ” (cfr. pag. 6 ricorso di primo grado e pag. 22 ricorso in appello), con conseguente emersione di una deduzione svolta in contrapposizione alla ratio decidendi sottesa alla decisione amministrativa, incentrata su un diverso posizionamento delle opere in parola.

Ciò precisato, si osserva che l’appellante evidenzia correttamente come l’Amministrazione abbia fondato la propria decisione su mappe differenti rispetto a quelle esistenti al momento in cui sono stati eseguiti i lavori, utilizzate per la presentazione della documentazione progettuale in sede amministrativa.

Difatti, l’Amministrazione intimata:

- nel dispositivo del provvedimento per cui è causa, ha ingiunto la demolizione di: “ Vasca digestore, muro di contenimento del terreno e manufatti adiacenti costituenti l’impianto, eseguiti in posizione diversa da quelle rappresentata nell’elaborato grafico allegato al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12-2013 ”;

- nella motivazione della decisione, ha rilevato che “ l’elaborato grafico allegato al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12-2013 rappresenta i due manufatti realizzati alle distanze rispettivamente di ml. 21,40 il primo e ml. 20,00 il secondo dal confine di proprietà con la Strada Provinciale 71. A seguito degli accertamenti svolti dai tecnici incaricati la Provincia di Siena, Ente proprietario della strada, la stessa con nota trasmessa a mezzo PEC in data 05/05/2017, ha comunicato le risultanze delle operazioni di riposizionamento di porzione di confine catastale tra i terreni siti in Comune di Pienza e censiti al NCT al foglio 41 con i mappali 76 e 104, al fine di determinare la distanza di dette infrastrutture dal limite della proprietà stradale (mappale 106). Da queste si rileva che il digestore è collocato ad una distanza dal confine con la proprietà stradale di ml. 17,93 ed il muro di contenimento a ml. 14,16 ”.

La lettura combinata del dispositivo alla luce della motivazione chiarisce che l’Amministrazione, da un lato, ha inteso sanzionare esclusivamente la realizzazione della vasca digestore e del muro di contenimento del terreno, tenuto conto che soltanto in relazione a dette opere ha registrato una difformità tra la distanza indicata negli elaborati grafici as built e la distanza in concreto esistente, dall’altro, ha valorizzato la distanza “ dal confine con la proprietà stradale ”, alla stregua di quanto emergente dalle operazioni di riposizionamento “ di porzione di confine catastale tra i terreni siti in Comune di Pienza e censiti al NCT al foglio 41 con i mappali 76 e 104 ”, le cui risultanze erano state comunicate in data 5 maggio 2017 dalla Provincia di Siena.

Per l’effetto, l’effettiva ratio decidendi è incentrata sulla difformità tra il titolo abilitativo e le opere realizzate, derivante, nello specifico, da una distanza dal confine con la proprietà stradale differente da quella emergente nei progetti presentati all’Amministrazione.

Sotto tale profilo l’azione amministrativa è inficiata da un difetto di istruttoria, come fondatamente censurato dal ricorrente.

Difatti, al fine di valutare se la vasca digestore e il muro di contenimento avessero una distanza dal confine della proprietà stradale diversa rispetto a quella riportata nei grafici allegati al “Deposito dello stato finale” as built, variante non sostanziale, di cui al prot. n. 8255, del 30-12-2013, l’Amministrazione avrebbe dovuto basarsi su dati omogenei, tra loro confrontabili.

Posto che i grafici presentati dal privato risalivano al 2013 e, dunque, non potevano che essere elaborati sulla base del confine stradale desumibile dalle mappe al tempo disponibili, il Comune, per verificare la conforme realizzazione dell’opera, avrebbe dovuto prendere in esame parimenti le mappe al tempo utilizzate per la redazione dei grafici di progetto, non rilevando riposizionamenti eseguiti in data successiva.

Nel caso in esame, invece, l’Amministrazione ha valutato la distanza dalla sede stradale sulla base di dati comunicati dalla Provincia nel 2017, afferenti ad un riposizionamento di porzione del confine stradale, con l’individuazione di un dividente da riconfinare maggiormente prossimo alle opere per cui è causa (cfr. relazione provinciale n. 3323 del 5.5.2017 e allegati sub doc. 18 produzione Comune in primo grado).

Di conseguenza, assumendo una linea di confine con la proprietà catastale diversa e maggiormente prossima alle opere edilizie rispetto a quella utilizzata per la redazione dei grafici allegati al “Deposito dello stato finale” as built, con evidenza sarebbe emersa una distanza minore rispetto a quella riportata nei grafici presentati dal privato;
il che, tuttavia, non consentiva, di per sé, di dimostrare che l’opera fosse stata materialmente localizzata in una posizione differente rispetto a quella indicata nella documentazione as built.

Pertanto, occorre che l’Amministrazione, nella fase di riedizione del potere, verifichi la distanza dal confine provinciale tenuto conto delle mappe disponibili al momento della realizzazione dei lavori, al fine di accertare la corrispondenza tra quanto emergente dalla documentazione as built e quanto effettivamente eseguito.

Al fine di perimetrare l’effetto conformativo discendente dalla presente sentenza, giova osservare che rimane salvo il potere del Comune, in caso di rilevazione, anziché di una divergenza tra quanto realizzato e quanto assentito, di un titolo abilitativo difforme rispetto al quadro regolatorio di riferimento, di assumere le conseguenziali determinazioni al ricorrere dei presupposti di legge.

12. Con il secondo motivo di ricorso si censura il provvedimento di demolizione nella parte riferita al sezionatore motorizzato apposto sopra il palo n. 6 della linea elettrica, da ritenere – secondo la prospettazione attorea – collocato su un terreno rientrante nella disponibilità della ricorrente e non soggetto alla disciplina sulle distanze, trovandosi nelle adiacenze di una strada poderale;
in ogni caso, nella fascia di rispetto potrebbero essere realizzate anche le cabine di distribuzione elettrica e i sostegni delle linee telefoniche e telegrafiche.

Si tratterebbe, inoltre, di opera coessenziale al collegamento dell’impianto a biomassa, ragion per cui l’eventuale assenza del sezionatore nei progetti approvati sarebbe indice di illegittimità degli atti autorizzativi.

Il motivo di appello è infondato.

L’Amministrazione comunale, al riguardo, ha disposto la demolizione del “ Sezionatore motorizzato posto all’apice del palo nr. 6 non descritto nella tabella di cui alla relazione tecnica a corredo della P.A.S. n.

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