Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-09-13, n. 202207941
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Testo completo
Pubblicato il 13/09/2022
N. 07941/2022REG.PROV.COLL.
N. 04820/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4820 del 2017, proposto da
Ufficio Territoriale del Governo Brindisi, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
-OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Terza) n. -OMISSIS-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2022 il Pres. M C e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con decreto reso il 18 gennaio 2016 e notificato il successivo 25 gennaio, la Prefettura di Brindisi ha respinto, previa comunicazione dei motivi ostativi, l’istanza di rilascio del porto di pistola per difesa personale, presentata il 24 settembre 2015 dal signor -OMISSIS-. Il diniego è stato opposto sul rilievo che analoga richiesta era stata respinta il 16 gennaio 2013 e che il ricorso avverso detto provvedimento era stato giudicato infondato dal Tar Puglia, sede di Lecce, con sentenza n. -OMISSIS-. L’autorità amministrativa non ha rinvenuto elementi tali da giustificare la necessità di andare armato ai sensi dell’art. 42 R.D. n. 773 del 1931, non ritenendo sufficiente l’attività imprenditoriale esercitata in assenza di rischi concreti per l’incolumità personale.
2. Con ricorso n. -OMISSIS-, proposto dinanzi al Tar Puglia, sede di Lecce, l’interessato ha invocato l’annullamento del diniego, deducendo l’eccesso di potere derivante da difetto di istruttoria, il vizio di motivazione, il travisamento dei fatti, la carenza dei presupposti e la contraddittorietà e lamentando la violazione degli artt. 11 e 42 R.D. n. 773 del 1931 e dell’art. 3, l. n. 241 del 1990. Come delegato alla gestione del denaro di alcune società di capitali ed amministratore di una società sportiva, il ricorrente si occuperebbe della movimentazione giornaliera verso le banche degli incassi delle suddette attività ed inoltre, nel periodo successivo al provvedimento reiettivo del 16 gennaio 2013, la propria situazione familiare sarebbe mutata, avendo subito minacce e ritorsioni da parte del fratello della compagna, denunciate presso la Procura della Repubblica di Brindisi il giorno 11 settembre 2015, il 26 ottobre 2015 ed in data 1 dicembre 2015.
3. Con l’ordinanza n. -OMISSIS-, il Tar ha sospeso il provvedimento prefettizio, accogliendo l’istanza cautelare ai fini del riesame, osservando che la Prefettura non aveva considerato la denuncia presentata dal ricorrente nel settembre 2015 ed allegata alla richiesta volta al rilascio del porto d’armi per difesa personale.
4. Con memoria integrativa depositata in data 19 luglio 2016, la Prefettura di Brindisi ha sostenuto che la denuncia - sporta dal ricorrente il giorno 11 settembre 2015 e richiamata nell’istanza - non costituirebbe valido elemento per il rilascio del porto d’armi per difesa personale.
5. Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Puglia, sede di Lecce, sezione terza, ha accolto parzialmente il ricorso, non avendo l’autorità amministrativa preso in considerazione la suddetta denuncia avanzata dal ricorrente ed essendo il provvedimento gravato illegittimo per carenza di istruttoria e motivazione.
6. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Brindisi hanno impugnato la citata sentenza n. -OMISSIS-, con appello notificato il 19 giugno 2017 e depositato il successivo 30 giugno, articolando le proprie doglianze sotto un unico motivo, con il quale è stata censurata l’insussistenza dei presupposti indicati dall’art. 42 R.D. n. 773 del 1931 per il rilascio del porto d’armi richiesto, posto che dall’istruttoria procedimentale non sarebbero emersi elementi idonei a dimostrare il pericolo per l’incolumità personale dell’odierno appellante e che la denuncia presentata contro il fratello della compagna non potrebbe legittimare l’accoglimento dell’istanza.
6. La parte appellata non si è costituta in giudizio.
7. All’udienza pubblica del 14 luglio 2022 la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. L’appello è fondato.
L’impugnata sentenza ha censurato il difetto dell’istruttoria compiuta dall’amministrazione ed il vizio di motivazione, ritenendo che, a fronte della domanda pervenuta il 24 settembre 2015, tesa al rilascio del porto d’armi per difesa personale, sia stata indebitamente ignorata la denuncia presentata dall’istante il giorno 11 settembre 2015 e - più in generale - l’eventualità che dal rapporto conflittuale maturato all’interno della famiglia potesse derivare un serio pericolo per la sua incolumità ovvero per quella dei suoi congiunti.
Osserva il Collegio che l’autorità amministrativa, successivamente all’ordinanza cautelare resa dal giudice di prime cure ai fini del riesame, ha motivato la ritenuta irrilevanza della detta denuncia, sostenendo l’inidoneità di tale circostanza ad integrare il requisito del “dimostrato bisogno” - necessario ai fini del rilascio del porto d’armi per difesa personale - con memoria prodotta in data 19 luglio 2016. Sicché, non si condividono le conclusioni alle quali è giunta la pronuncia avversata dall’appello all’esame.
In prima battuta, la Prefettura di Brindisi ha opposto il provvedimento reiettivo sulla scorta dell’inidoneità della mera attività professionale esercitata dal soggetto a giustificare la necessità di andare armato, poiché, al di là della sola enunciazione della movimentazione verso gli istituti di credito dei ricavi delle sue attività imprenditoriali, l’appellante non avrebbe indicato pregresse o potenziali situazioni di pericolo riferibili allo svolgimento di tale specifica attività, nonostante l’amministrazione gli avesse garantito la partecipazione procedimentale comunicando regolarmente il preavviso di rigetto. Peraltro, le medesime argomentazioni erano state spese dal Prefetto con il precedente diniego pronunciato su analoga istanza in data 16 gennaio 2013.
Ricorda il Collegio che in materia di porto d’armi per difesa personale, il requisito del “dimostrato bisogno” non possa esser provato sulla base della semplice appartenenza ad una determinata categoria professionale o dello svolgimento di una determinata attività economica, così come non possa ricavarsi dalla pluralità e consistenza degli interessi patrimoniali del richiedente o dalla conseguente necessità di movimentare rilevanti somme di denaro. Secondo giurisprudenza della Sezione (Cons. Stato, sez. III, n. 4418 del 31 maggio 2022) la prova del dimostrato bisogno, infatti, ricade sul richiedente e colui che chiede il rinnovo o il rilascio del titolo deve provare l’esistenza di condizioni attuali e concrete di bisogno che giustificano la concessione dello speciale titolo di polizia.
Per quanto concerne, invece, la considerazione delle denunce contro il fratello della compagna, conviene anzitutto osservare che la richiesta di rilascio del porto d’armi inoltrata ai competenti uffici richiami, esclusivamente, quella presentata il giorno 11 settembre 2015. Dunque, l’amministrazione non era stata resa edotta delle ulteriori notizie di reato, pur avendo inviato - come detto - la previa comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, alla quale tuttavia non erano seguiti riscontri. Ed infatti le denunce sulle quali insiste il ricorso introduttivo, accolto dall’impugnata sentenza, rispettivamente presentate il 26 ottobre 2015 e poi in data 1 dicembre 2015, non sono state originariamente indicate in sede di richiesta di rilascio. Non risulta, peraltro, che le menzionate tensioni familiari siano sfociate in episodi concretamente idonei a far ritenere la sussistenza di un serio rischio per l’incolumità dell’appellato, circostanza sulla quale l’amministrazione ha avuto modo di esprimersi con memoria depositata dinanzi al Tar il 19 luglio 2016 a seguito dell’ordinanza cautelare con la quale è stata invitata, in via anticipatoria, a procedere al riesame dell’istanza.
In ogni caso la scelta compiuta dall’Amministrazione non appare irragionevole ed è ad essa che occorre fare riferimento per valutare le esigenze di sicurezza che possono legittimare al porto d’armi, tanto più in fattispecie, quale quella oggi in esame, maturata in contesti relazionali che meritano di essere risolti attraverso gli istituti ordinamentali e non nell’autodifesa.
2. Per le suesposte ragioni, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso in primo grado.
3. Nulla deve disporsi sulle spese, attesa la mancata costituzione in giudizio della parte appellata.