Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-06-30, n. 202004154

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-06-30, n. 202004154
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202004154
Data del deposito : 30 giugno 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2020

N. 04154/2020REG.PROV.COLL.

N. 03336/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3336 del 2018, proposto da


ARERA

Autorità di regolazione per energia reti e ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Aiga s.p.a. e Ireti s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati D A, G B e M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio M S in Roma, viale Parioli, 180;
Provincia di Imperia, non costituita in giudizio;

nei confronti

Commissario ad acta per l’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti della Provincia di Imperia quale ente di governo dell’Ambito territoriale ottimale ovest, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianmaria Covino e Federico Tedeschini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Federico Tedeschini in Roma, largo Messico 7;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Rivieracqua soc.coop.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco Arato, Luca Raffaello Perfetti, Alessandro Salustri e Elisabetta Varni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, 24 gennaio 2018 n. 191, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2020 il Cons. Diego Sabatino e rilevato che l’udienza si svolge ai sensi dell’art.84 comma 5, del D.L.n.18 del 17 marzo 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3336 del 2018,

ARERA

Autorità di regolazione per energia reti e ambiente propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, 24 gennaio 2018 n. 191, resa tra le parti, con la quale è stato accolto il ricorso n.1101 del 2015 proposto da AIGA s.p.a. e Ireti s.p.a. per l’annullamento

A. quanto al ricorso introduttivo del giudizio:

della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico del 12 marzo 2015 n. 107/2015/R/idr, recante “Esclusione dall’aggiornamento delle tariffe del servizio idrico per le annualità 2012, 2013, 2014 e 2015”, nonché di ogni atto presupposto e preparatorio, conseguente e comunque connesso, ivi compresi tutti i non conosciuti atti e provvedimenti di cui agli “approfondimenti istruttori” citati nella delibera impugnata, effettuati ai sensi delle deliberazioni dell’Autorità n. 271/2013 e n. 2014/2014 e ogni eventuale comunicazione e/o provvedimento nell’alveo di tale istruttoria resa dalla Provincia di Imperia;

B. quanto ai motivi aggiunti depositati il 10 giugno 2015:

della nota via PEC dell’Autorità in data 8 maggio 2015, prot. 14930/15, nonché dei relativi allegati, quali atti dell’istruttoria:

- nota dell’Amministrazione provinciale di Imperia – Ufficio servizio idrico integrato in data 5 marzo 2015, recante “Relazione su gestioni presenti nel territorio dell’

AATO

Imperiese”;

- deliberazione dell’Assemblea dell’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale integrato della Provincia di Imperia n. 27 del 13 novembre 2012, recante “Determinazioni definitive su Gestori esistenti”;

- deliberazione dell’Assemblea dell’Autorità di Ambito Territoriale Ottimale integrato della Provincia di Imperia n. 29 del 13 novembre 2012, recante “Affidamento s.i.i. a Rivieracqua S.p.A.”;

C. quanto ai motivi aggiunti depositati il 5 ottobre 2015:

della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico del 25 giugno 2015 n. 312/2015/R//idr, recante “Determinazioni in ordine alle predisposizioni tariffarie proposte dall’Ente d’ambito Provincia di Imperia, per gli anni 2014 e 2015”, nella parte in cui ha ribadito l’esclusione della ricorrente dall’aggiornamento tariffario, nonché per l’annullamento di ogni atto presupposto e preparatorio, conseguente e comunque connesso, e segnatamente della relazione della Provincia di Imperia, richiamata nel provvedimento dell’Autorità, in data 22 maggio 2014, nonché tutte le altre comunicazioni e/o relazioni integrative della Provincia sempre richiamate genericamente nel provvedimento dell’Autorità (nonché ogni altro provvedimento, nota o documento in merito espresso dalla Provincia).

I fatti di causa possono essere così riassunti.

Dinanzi al giudice di prime cure, le parti ricorrenti avevano premesso come AIGA fosse una società mista, deputata alla gestione dei servizi idrici nel territorio del Comune di Ventimiglia (dal quale era stata costituita nel 1996). Inoltre, che il capitale della società fosse detenuto in quota maggioritaria dal Comune e per la restante parte da Iren Acqua Gas s.p.a. (in seguito, denominata IRETI) per cui aveva stipulato con il Comune di Ventimiglia un contratto di servizio che aveva previsto l’affidamento dei servizi idrici alla società fino al 2026.

Tuttavia, nel corso degli anni vi era stato un mutamento del quadro normativo tale per cui veniva prevista l’istituzione di un servizio idrico di tipo integrato (ex art. 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, oggi abrogato e sostituito dal decreto legislativo n. 152/2006 “Norme in materia ambientale”). In questo senso, il servizio idrico doveva esser riorganizzato sulla base di ambiti territoriali ottimali (ATO), definiti dalle Regioni e governati da enti aventi competenza estesa all’intero ambito, cui dovevano essere conferite le funzioni in precedenza attribuite agli enti locali ed agli altri enti aventi competenza in materia. Nell’attesa dell’istituzione degli ATO, erano proseguite le precedenti gestioni, a carattere parcellizzato, articolate per lo più a livello comunale, tra le quali rientrava AIGA. In particolare, per la Regione Liguria, la legge regionale 28 ottobre 2008, n. 39 aveva previsto la costituzione di un’Autorità d’ambito territoriale ottimale per i servizi idrici e la gestione dei rifiuti urbani (AATO).

A seguito dell’effettiva individuazione, in attuazione del suddetto quadro normativo, degli ambiti territoriali ottimali per la gestione del servizio idrico integrato, l’Autorità d’ambito (AATO) di Imperia aveva stabilito, nel 2012, che non sussistesse più il diritto di AIGA a proseguire la gestione dei servizi idrici in regime di salvaguardia e aveva disposto l’affidamento del servizio idrico integrato alla neocostituita Rivieracqua s.c.p.a.

I relativi provvedimenti dell’AATO erano stati impugnati da AIGA, risultata, poi, soccombente in primo grado e in appello. In pendenza del contenzioso, la società aveva continuato a gestire i servizi idrici a suo tempo affidatile. Ciò anche in ragione del fatto che – come dalla stessa rappresentato - non le era mai stato impartito l’ordine di consegnare gli impianti al gestore entrante, dato che ancora la società Rivieracqua non sarebbe stata pronta ad assumere concretamente la gestione.

Nel contempo, entrava in vigore la legge 24 febbraio 2014, n. 1 , che attribuiva tutte le funzioni in materia di servizio idrico integrato ai comuni, che le esercitano in forma associata. La stessa legge n. 1 del 2014, inoltre, prevedeva che: “Qualora nella normativa di riforma del sistema delle autonomie locali le province siano individuate come enti di secondo livello con organi nominati e composti da sindaci e membri degli organi comunali, non si dà luogo alla costituzione degli enti d’ambito ovvero, se già costituiti, gli stessi sono soppressi e la funzione di Autorità d’ambito è attribuita in capo alle nuove province”. Ciò riguardava, nel caso di specie, l’ATO Ovest alla Provincia di Imperia.

Stante tale situazione fattuale e giuridica, in data 12 marzo 2015, l’ARERA, a cui erano state devolute con legge le funzioni di regolazione del sistema idrico, era intervenuta, con deliberazione n.107/2015/R/idr a disporre l’esclusione dall’aggiornamento della tariffa idrica per il periodo regolatorio 2012-2015 nei confronti delle gestioni che non avessero effettuato la prevista consegna degli impianti a fronte dell’avvenuto affidamento del servizio idrico integrato al gestore d’ambito. Tra queste gestioni, era, quindi, ricompresa quella di AIGA.

Contro la deliberazione dell’Autorità, AIGA e il socio IRETI proponevano ricorso al TAR Lombardia onde ottenere l’annullamento della stessa in ragione dell’asserita illegittimità sotto vari profili (in particolare, violazione di legge ed eccesso di potere).

In data 10 giugno 2015, le ricorrenti depositavano un atto di motivi aggiunti, con il quale impugnavano ulteriori atti dell’ARERA, pervenuti ad AIGA mediante istanza d’accesso e costituenti elementi dell’istruttoria condotta dall’Autorità al fine di pervenire all’adozione della deliberazione n. 107/2015/R/idr.

In seguito, con ulteriori motivi aggiunti, le ricorrenti censuravano la deliberazione dell’Autorità 312/2015/R/idr del 25 giugno 2015, con la quale era stato provvisoriamente escluso l’aggiornamento tariffario in favore del gestore Rivieracqua s.c.p.a. per il periodo 2014-2015, nella parte in cui tale deliberazione ribadiva l’esclusione dell’aggiornamento tariffario anche a beneficio di AIGA.

Nel giudizio di primo grado, si costituivano l’Autorità e la Provincia di Imperia. Il ricorso veniva deciso con la sentenza oggi appellata, in cui il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte da AIGA e da IRETI. In particolare, il giudice di prime cure stabiliva che, dalla documentazione sottoposta alla sua attenzione, fosse emerso che AIGA non fosse mai stata destinataria di specifiche prescrizioni ai fini della consegna degli impianti al gestore entrante e che, anzi, alla società fosse stato espressamente richiesto di proseguire nella gestione del servizio, provvedendo a tutti gli interventi necessari, in attesa dell’effettivo subentro di Rivieracqua. Per questa ragione, l’esclusione dell’adeguamento tariffario in favore del gestore doveva ritenersi illegittima, in quanto non rispondente alle previsioni regolatorie in materia e, soprattutto, al principio del full cost recovery.

Contestando le statuizioni del primo giudice, l’Autorità appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di primo grado, proponendo i motivi di appello meglio precisati in parte motiva.

Nel giudizio di appello, si sono costituite le parti appellate, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

In data 23 aprile 2020, la società affidataria del servizio, Rivieracqua soc.coop.p.a., ha proposto opposizione di terzo ex artt. 108 e 109 del Codice del processo amministrativo, sostenendo di esserne legittimata in quanto “controinteressato pretermesso”. Pertanto, chiedeva che la sentenza impugnata da ARERA sia annullata, perché pronunciata in violazione del suo diritto alla partecipazione al giudizio nella pienezza del contraddittorio esteso anche nei propri confronti.

In data 28 aprile 2020, ha proposto intervento ad adiuvandum (ex art. 28, comma 2 c.p.a.) il Commissario ad acta (nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale n. 5372 del 16 settembre 2019, per l’esercizio da parte della Regione Liguria del potere sostitutivo ex art. 152, c. 3, del D.Lgs. n. 152/2006) chiedendo di accogliere il presente ricorso in appello presentato da ARERA.

Alla pubblica udienza del 14 maggio 2020, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - In via preliminare, appare necessario esaminare il tema della completezza e correttezza del contraddittorio processuale, in relazione alle diverse posizioni degli intervenienti, sia di Rivieracqua soc.coop. p.a., che ha proposto opposizione di terzo ex artt. 108 e 109 del Codice del processo amministrativo, sostenendo di esserne legittimata in quanto controinteressato pretermesso, sia del Commissario ad acta, nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale n. 5372 del 16 settembre 2019, per l’esercizio da parte della Regione Liguria del potere sostitutivo ex art. 152, c. 3, del D.Lgs. n. 152/2006, che ha chiesto di di accogliere il presente ricorso in appello presentato da ARERA.

1.1. - L’intervento di Rivieracqua, che si propone in quanto affidataria unica della gestione del servizio idrico integrato a livello di ambito territoriale, deve essere dichiarato inammissibile, per ragioni attinenti gli interessi economici sottesi al provvedimento impugnato e per i suoi aspetti formali.

In relazione al primo profilo, va notato come il provvedimento principalmente gravato attenga ai rapporti finanziari riguardanti le gestioni del servizio idrico integrato e, nel dettaglio, l’esclusione dall’aggiornamento tariffario delle gestioni che, a fronte dell’avvenuto affidamento del servizio al gestore d’ambito, non hanno effettuato, alla data dovuta, la prevista consegna degli impianti, in violazione delle prescrizioni date in tal senso da parte del soggetto competente. In questo senso, il profilo lesivo del provvedimento gravato, come ampiamente illustrato negli atti di causa, è dato dalla circostanza che la società appellata ha dovuto continuare nella gestione del servizio (sopportandone tutti i costi, pur in carenza di una adeguata tariffa). Si verte quindi in una mancata rimodulazione della tariffa, in relazione alla quale la società originariamente ricorrente lamentava l’illegittimità dell’adeguamento e riguarda economicamente solo il detto ente.

Il rapporto amministrativo sotteso al provvedimento impugnato appare quindi legare direttamente l’Autorità, che tale provvedimento ha emesso, e la società incisa, con possibili conseguenze in capo all’ente di governo d’ambito, senza che vi siano sicuramente riflessi sulla opponente, esterna a tale quantificazione.

In relazione al profilo formale, va ricordato come la qualificazione del controinteressato amministrativo venga fatta, secondo una giurisprudenza pacifica e consolidata, sulla scorta di due diversi elementi: quello sostanziale, della lesività del provvedimento e quello formale, della individuabilità immediata nel corpo del provvedimento.

Nel caso in esame, l’elemento sostanziale manca, come sopra appena rilevato, e non può certo essere individuato nelle affermazioni contenute in sentenza, di cui si duole l’opponente, atteso che queste, da un lato, riguardano un atto diverso dal provvedimento e, dall’altro, sono irrilevanti nei confronti della stessa società qui interveniente, stanti i limiti formali del giudicato. Per quanto attiene l’aspetto formale, la delibera la delibera ARERA n. 107/2015 si riferisce espressamente al gestore d’ambito e al suo diritto a ricevere dai gestori cessati la consegna degli impianti (e ai correlati obblighi in proprio favore gravanti su questi ultimi), ma non incide sulla situazione soggettiva di quest’ultimo, atteso che il richiamo è fatto al fine di giustificare la già richiamata esclusione tariffaria. E tale rilievo vale anche per le precedenti delibere, richiamate in via istruttoria e impugnate in primo grado con motivi aggiunti.

Le dette considerazioni permettono quindi di ritenere inammissibile l’opposizione proposta senza prendere posizione sulla richiesta di rimessione in termine per la produzione di atti e documenti proveniente della società appellata, dove tali apporti sono tesi a dimostrare la carenza di interesse processuale anche in relazione alla tardività del detto intervento.

1.2. - Diversa è invece la situazione del Commissario ad acta, nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale n. 5372 del 16 settembre 2019, per l’esercizio da parte della Regione Liguria del potere sostitutivo ex art. 152, c. 3, del D.Lgs. n. 152/2006.

Dal punto di vista sostanziale, va evidenziato come il commissario sia stato nominato sulla base della legge regionale 26 luglio 2019, n. 14 recante “Provvedimenti urgenti in materia di emergenza idrica”, dove si stabilisce, all’art. 2, che il Presidente della Regione, nell’ambito delle azioni sostitutive di cui all’art. 152, comma 3, del D.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 11 della L.R. n. 1/2014, decorso inutilmente il termine di diffida, può nominare un Commissario ad acta in sostituzione dell’Ente di governo d’ambito (che nel caso della Regione Liguria, ai sensi della citata legge regionale n. 1/2014 coincide con la Provincia). Tale nomina è stata data in relazione alla critica situazione di emergenza idrica che aveva investito nell’estate 2019 la Regione e il commissariamento è legato alle inadempienze dell’ente di governo d’ambito che, sulla base della valutazione regionale, non ha svolto al meglio il ruolo e le funzioni di regolazione e di controllo. Il commissario ha quindi un ruolo autonomo e sostitutivo, in senso anche processuale, dell’ente de qua.

Detta funzione sostitutiva non è venuta meno nel corso del procedimento, come allegano le controparti, in funzione del mancato appello autonomo e dell’adozione delle deliberazioni dell’assemblea dei sindaci n. 3 del 22 febbraio 2019 e del Consiglio Provinciale n. 3 del 22 febbraio 2019. In relazione a questi atti, con cui si è provveduto a rivedere la tariffa applicata, sono esplicitamente stati adottati in ossequio della sentenza T.A.R. ma senza acquiescenza. Inoltre, in merito al profilo processuale, va notato come il Commissario si è costituito nel giudizio tramite una memoria notificata alle parti, precisando che la stessa debba intendersi valida anche come atto di intervento. Il che esclude la possibilità di estrometterne la partecipazione.

2. - Superate le questioni preliminari, si può esaminare il merito del ricorso che è fondato e va accolto.

3. - Con il primo motivo di diritto, rubricato “I. Error in iudicando sull’interpretazione dell’articolo 3, comma 3, della deliberazione 585/2012/R/IDR, dell’articolo 2, comma 3 della deliberazione 88/2013/R/IDR e dell’articolo 7, comma 3, della deliberazione 643/2013/R/IDR. Violazione degli articoli 149-bis, 151 e 172 del d.lgs. n. 152 del 2006”, l’Autorità appellante censura la sentenza del T.A.R. per aver frainteso i contenuti della delibere impugnate, ritenendo che le disposizioni regolatorie poste a base del provvedimento dell’Autorità avrebbero un tenore testuale inequivoco, nel senso di stabilire l’esclusione dell’aggiornamento tariffario come conseguenza non semplicemente del fatto oggettivo della mancata consegna degli impianti al gestore entrante, ma della circostanza che tale situazione sia dipesa dalla “violazione delle prescrizioni date in tal senso da parte del soggetto competente”.

3.1. - La censura è fondata e va accolta.

Prima di esaminare sinteticamente le disposizioni normative che regolano la vicenda in scrutinio, va rammentato che, in tema di regolazione del servizio idrico e precisamente sulle modalità del suo affidamento e gestione, vi è una chiara indicazione del livello legislativo attributario della competenza in materia, vertendosi nell’ambito dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e ricadendo così nelle materie esclusive statali attinenti alla tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente, di cui alle lettere e) ed s) dell’art. 117, comma 2, Cost. (da ultimo, Corte costituzionale, n. 93 del 2017, proprio in tema di tariffa idrica). Pertanto, mentre vi è un generale principio di indifferenza rispetto agli assetti proprietari delle imprese, vale a dire la sostanziale neutralità dei modelli organizzativi degli operatori economici (desumibile direttamente dal quadro unionale), in materia di titolarità della normazione deve rimarcarsi come i possibili interventi rimessi al livello regionale debbano intendersi limitati dalle competenze esclusive interferenti.

La detta impostazione impone quindi di dare particolare rilievo alla normativa nazionale che, peraltro, nel caso in esame dimostra una particolare pregnanza, lasciando ben pochi spazi alla creazione di spazi ulteriori desumibili aliunde e, in particolar modo, esclude che interventi amministrativi possano raggiungere un grado di incidenza tale da annullare la scansione procedimentale voluta dalla legge.

Venendo quindi ai temi normativi, risalta la previsione dell’art. 172, comma 2, del D.lgs. n. 152 del 2006 che prevede che il gestore del servizio idrico integrato subentri senza indugio (“alla data di entrata in vigore della presente disposizione”) agli ulteriori soggetti operanti all'interno del medesimo ambito territoriale, a meno che non siano gestioni salvaguardate. Tale circostanza non si verifica però nel caso in esame, in quanto questo Consiglio di Stato, con sent. n. 5080 del 2014, ha riconosciuto la legittimità della deliberazione dell’Autorità d’ambito della Provincia di Imperia n. 27 del 2012 che ha stabilito la non sussistenza del diritto alla prosecuzione della gestione AIGA.

Sempre lo stesso articolo, al successivo comma 5, prevede che “alla scadenza del periodo di affidamento, o alla anticipata risoluzione delle concessioni in essere, i beni e gli impianti del gestore uscente relativi al servizio idrico integrato sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo le modalità previsti dalla convenzione”.

Infine, l’articolo 151 dello stesso D.lgs. n. 152 del 2006 individua, nell’ambito del contenuto obbligatorio delle convenzioni di affidamento, “l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere, degli impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni di efficienza ed in buono stato di conservazione, nonché la disciplina delle conseguenze derivanti dalla eventuale cessazione anticipata dell'affidamento”.

I modi indicati dalle norme appaiono estremamente stringenti, in linea con la ricostruzione dell’istituto che, come anche aveva ricordato il primo giudice, ha la finalità di ridurre la frammentazione delle gestioni. In questa ottica, ogni elemento, condizione, presupposto ulteriormente interferente con la scansione individuata dalla legge si oppone al perseguito intento acceleratorio e deve dunque essere riguardato con attenzione in quanto disfunzionale rispetto all’obiettivo cercato.

Sulla base delle direttrici normative appena individuate, non appare condivisibile la linea ricostruttiva adottata dal primo giudice che, da un lato, ha valorizzato il dato evincibile dal comma 7.3 della deliberazione 641/2013/R/idr (“Fermo restando quanto previsto dal comma 3.3 della deliberazione 585/2012/R/idr e dal comma 2.3 della deliberazione 88/2013/R/idr per quanto concerne le annualità 2012 e 2013, sono altresì escluse dall’aggiornamento tariffario le gestioni che, a fronte dell’avvenuto affidamento del servizio idrico integrato al gestore d’ambito, non risultano aver effettuato la prevista consegna degli impianti, in violazione delle prescrizioni date in tal senso da parte del soggetto competente”) e, dall’altro, ha attribuito una ampia valenza alle prescrizioni indicate nella detta disposizioni, da renderle di fatto ostative alla realizzazione dell’obiettivo perseguito.

L’affermazione per cui sarebbe stato necessario, successivamente all’individuazione del gestore d’ambito, un espresso ordine verso il gestore uscente di consegnare gli impianti e che anzi questo avrebbe ricevuto una puntuale indicazione di proseguire la gestione fino a quando il nuovo soggetto non fosse stato in grado di farsene carico, rende palese una vicenda di contrasto tra l’esplicita volontà del legislatore e la situazione verificatasi nella situazione concreta che merita sicuramente soluzione, ma nel senso opposto da quello indicato nella sentenza gravata. Il fine della riforma adottata viene infatti svilito dall’adozione di aggravi procedimentali non previsti né autorizzati dalla legge mentre è auspicabile una svolta acceleratoria, al fine di impedire che la mancata sostituzione del gestore comporti una permanenza di situazioni di fatto avversate dalla normativa vigente.

Va quindi rimarcato, al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R., che il gestore cessato ha un obbligo di restituzione direttamente discendente dalla legge, la cui efficacia non può essere subordinata da ulteriori prescrizioni, peraltro derivanti da una opzione interpretativa che si scontra con i contenuti cogenti di restituzione previsti nella convenzione di gestione (sulla configurazione di un obbligo da parte dei Comuni di conferire l’uso gratuito degli impianti al gestore d’ambito, vedi Cons. Stato, V, sent. 14 giugno 2017, n. 2913).

Peraltro, nella ricostruzione operata dal primo giudice, l’ampiezza di tale prescrizione è tale da non incidere unicamente sul quomodo, ma addirittura sull’an della consegna degli impianti, atteso che la necessaria collaborazione tra le parti richiesta dalla sentenza si scontra con i diversi ruoli istituzionali e quindi di fatto introduce poteri reciproci di veto, ovviamente incompatibili con gli scopi individuati dal legislatore.

Deve quindi escludersi che, nel caso in esame, debba doversi indagare sulle ragioni e sulle responsabilità della mancata consegna degli impianti (vicenda su cui la sentenza si è lungamente soffermata ai punti 17 e 18), atteso che si tratta di un adempimento cogente conseguenziale e necessitato. L’obbligo di restituzione in capo alla società appellata era quindi già esigibile, con la conseguenza che il mancato adempimento non poteva che comportare il diniego di aggiornamento, come effettivamente avvenuto.

Incidentalmente, va poi notato che nel caso in esame, l’unico spazio residuo realmente ricadente in capo agli enti amministrativi e che satura integralmente l’area delle prescrizioni operative concernenti i tempi e le modalità da osservarsi, di cui al comma 7.3 della deliberazione 641/2013/R/idr, era stato già coperto a seguito della deliberazione dell’Assemblea n. 29 del 2012, con cui l’Ente di governo dell’ambito di Imperia aveva prescritto alle “Società destinate alla cessazione” di “conferire i rami di azienda idrici (beni strumentali e personale)”, evidenziando quindi la necessità di adempiere all’obbligo di legge ricadente in capo ai gestori cessati e non ovviamente ai comuni.

Pertanto, impregiudicata qualsiasi ulteriore valutazione sulle residue considerazioni civilistiche, il motivo di appello deve essere accolto.

4. - Con il secondo motivo di appello, rubricato “II. Error in iudicando con riferimento all’applicazione del principio di integrale riconoscimento dei costi”, viene lamentata l’erroneità della sentenza dove ha ritenuto che l’adeguamento della tariffa fosse coerente con il principio del full cost recovery, desumibile dall’articolo 9 della direttiva 2000/60/CE e dall’articolo 154, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006, che impone la copertura tariffaria di tutti i costi (di investimento e di esercizio) sostenuti dal gestore per l’erogazione del servizio idrico.

4.1. - La censura è fondata.

Va rilevato che, nel caso di gestione provvisoria, come quello in esame, l’invarianza della tariffa è giustificata fino alla consegna degli impianti per l’operatività del nuovo gestore, mentre l’aggiornamento della tariffa stessa discende dai costi di investimento previsti nel Piano economico finanziario e destinati alla realizzazione degli interventi individuati dal relativo programma, inserito nel Piano d’ambito. Questi investimenti sono però spettanti al gestore d’ambito e non al gestore temporaneo che, quindi, godrebbe di un aggiornamento tariffario ingiustificato.

L’approvazione della tariffa in favore della parte appellata, seguendo l’estensione del principio del full cost recovery qui contestata, anche a soggetti che non saranno impegnati nella realizzazione degli investimenti programmati, assimila situazioni diverse, ponendo sotto lo stesso sistema tariffario sia la gestione ordinaria, incaricata della realizzazione delle migliorie di rete tramite gli investimenti programmati, sia quella provvisoria, che di tali oneri non deve farsi carico.

5. - Con il terzo motivo di appello, rubricato “III. Error in iudicando in relazione alla natura asseritamente sanzionatoria dell’esclusione dall’aggiornamento tariffario”, parimenti viene lamentata l’erroneità della sentenza in relazione alla ritenuta natura della previsione di mancato adeguamento, la cui ratio sarebbe quella di penalizzare con l’esclusione dall’aggiornamento tariffario soltanto il gestore uscente che, disattendendo le prescrizioni impartitegli, abbia ritardato o impedito il raggiungimento del risultato.

5.1. - La censura va accolta.

Come desumibile dalle osservazioni già svolte, la misura dell’esclusione dell’adeguamento tariffario reagisce alla ratio complessiva dell’intervento del legislatore, teso a promuovere l’obiettivo di unicità della gestione d’ambito introdotto dal legislatore, di cui al d.l. n. 133 del 2014. Nel pieno rispetto del principio del full cost recovery, nei sensi sopra specificati, il tema tariffario mira ad accelerare l’avvicendamento delle gestioni, abbattendo la convenienza economica al trattenimento degli impianti e quindi ponendosi, più che rivolto a punire un comportamento passato, come è nella logica sanzionatoria, a dissuadere da uno futuro, quello dalla perpetuazione della situazione antigiuridica.

Conclusivamente, anche il terzo motivo di appello deve essere accolto.

6. - La fondatezza dei motivi di appello proposti da ARERA impone di considerare le censure in primo grado non scrutinate dal T.A.R. e riproposte dalla società appellata. Esse possono di seguito essere sinteticamente affrontate:

6.1. - Il primo dei motivi riproposti (II° motivo del ricorso e del primo atto di motivi aggiunti. Violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990 e dei principi in materia di avvio del procedimento e di partecipazione procedimentale. Difetto di istruttoria e di motivazione) lamenta il mancato avviso di avvio del procedimento, dove la parte avrebbe potuto far rilevare che l’Ente di ambito non aveva mai prescritto la consegna degli impianti, imponendo invece la prosecuzione della gestione.

Va qui invece rilevato che, essendo il provvedimento direttamente attuativo della prescrizioni di legge, la detta partecipazione procedimentale non avrebbe condotto ad alcun esito diverso e quindi il mancato avviso di avvio procedimentale non può dare vita ad una illegittimità.

6.2. - Il secondo dei motivi riproposti (III° motivo del ricorso e del primo atto di motivi aggiunti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 34, comma 21, del D.L. n. 179/2012), riguarda l’evidenziata legittimità della gestione fino al subentro del nuovo soggetto, con conseguenziale illegittimità del mancato adeguamento tariffario almeno fino a quella data.

Occorre tuttavia osservare che il soggetto subentrante (ossia l’opponente Rivieracqua) era divenuta affidataria della gestione del servizio idrico integrato, in qualità di gestore unico a livello di ambito territoriale, in forza delle deliberazioni assunte dall’Autorità d’Ambito territoriale ottimale per i servizi idrici e la gestione dei rifiuti urbani della Provincia di Imperia sin dall’adozione delle delibere AATO nn. 27 e 29 del 13 novembre 2012 mentre la prosecuzione della gestione era stata negata con le delibere antecedenti evocate nel giudizio di primo grado.

La pretesa della parte appellante di riconoscere ulteriori periodi di svolgimento ordinario dell’attività gestionale, con conseguente riconoscimento dell’adeguamento tariffario, appare quindi insostenibile in fatto.

7. - L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione decisa.

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