Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-01-15, n. 201800161
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Pubblicato il 15/01/2018
N. 00161/2018REG.PROV.COLL.
N. 01666/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1666 del 2011, proposto dal signor A I, rappresentato e difeso dall'avvocato L I, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cola di Rienzo n. 111
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro in carica p.t, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Campania – Napoli, Sezione VIII, n. 9298 del 22 dicembre 2009, concernente mancata ammissione alla prova orale dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Vista la memoria difensiva dell’appellante;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2017 il Cons. Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, l’avvocato Viglione, su delega di Iannotta, e l’avv.to dello Stato Guida;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’oggetto del presente giudizio è costituito dalla mancata ammissione del signor A I alla prova orale dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, sessione 2007, in considerazione del punteggio insufficiente di 25 al parere motivato di diritto penale e di 26 all'atto giudiziario – ricorso giurisdizionale amministrativo (cfr. verbale n.11 del 2 aprile 2008 della VIII sotto commissione per gli esami di avvocato costituita presso la Corte di Appello di Roma).
2. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Campania – Napoli, Sezione VIII, n. 9298 del 22 dicembre 2009 - ha respinto il ricorso, articolato su di un unico complesso motivo di gravame, evidenziando che “ i giudizi della commissione, in quanto espressione di una competenza specifica attribuita ex lege, si sottraggono al sindacato del giudice della legittimità che può intervenire solo in presenza di macroscopici errori logici o di travisamento dei fatti rilevabile ictu oculi, non rilevabili nella fattispecie […] l’obbligo di motivazione del giudizio reso dalla commissione giudicatrice è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico […] dalla mancanza di segni grafici apposti sugli elaborati dalla commissione esaminatrice non può farsi discendere l’assenza di errori ed incongruenze tali da giustificare la valutazione negativa ” .
3. Avverso tale decisione il sig. A I ha proposto – con ricorso ritualmente notificato e depositato – plurimi motivi di appello (pagine 24 – 45 del gravame) deducendo, in sintesi, che:
a) contrariamente a quanto opinato dal T.a.r., il sindacato sui giudizi valutativi della Commissione è da ritenere ammissibile siccome effettuato sulla base di criteri oggettivi o scientifici;
b) il giudizio espresso dalla Commissione sarebbe affetto da illogicità manifesta e travisamento dei fatti;
c) il Tribunale non avrebbe considerato le caratteristiche fattuali della vicenda ed avrebbe travisato il contenuto dell’impugnazione;
d) il Tribunale avrebbe omesso di esercitare il controllo giurisdizionale sull’esercizio del potere discrezionale della commissione, così incorrendo nella violazione dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
L’appellante (pag. 45 dell’appello) ha altresì formulato istanza di deferimento all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ai sensi dell’art. 99, comma 2, c.p.a., in ordine all’intensità del sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecnico-discrezionali. L’appellante, a tal fine, ha richiamato la sentenza della Sezione VI n. 8399/2009, ipotizzando il contrasto tra questa e “ l’attuale giurisprudenza della IV Sezione, che si occupa delle valutazioni delle commissioni esaminatrici in materia di esame avvocato, e che considera le valutazioni sindacabili solo per illogicità manifesta e macroscopica senza però specificare quali debbano essere i confini dell’esatta valutazione del fatto, ovvero l’oggetto del sindacato della g.a. ”.
4. In data 18 marzo 2011, si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia concludendo per il rigetto dell'appello.
5. Dopo il deposito di ulteriore memoria difensiva nell’interesse dell’appellante, all'udienza pubblica di trattazione del 21 dicembre 2017, la causa è stata riservata in decisione.
6. Va disattesa, in limine, la richiesta di deferimento all’Adunanza plenaria, non profilandosi sulla questione controversa alcun contrasto di opinioni tra le Sezioni di questo Consiglio di Stato, stante l’ormai definitivo consolidamento dell’orientamento (cfr., di recente , sez. IV, n. 3480/2017) che consente un sindacato soltanto estrinseco sulle valutazioni delle commissioni esaminatrici degli esami per l’accesso alla professione forense, tanto più che la richiamata pronuncia della Sezione VI (n. 8399 cit.) ha riguardato la diversa fattispecie della dipendenza da causa di servizio di un’infermità;ne consegue che non è dato configurare, nemmeno in via potenziale, il “ contrasto giurisprudenziale ” di cui all’art. 99 c.p.a. e quindi va esclusa la necessità di un intervento nomofilattico del Consiglio di Stato in seduta plenaria.
7. Ancora in sede preliminare, il Collegio rileva che:
a) il perimetro del giudizio di appello è circoscritto dalle censure ritualmente sollevate in primo grado, sicché non possono trovare ingresso le nuove doglianze dell’appellante, proposte per la prima volta in questa sede in violazione del divieto dei nova sancito dall'art. 104 c.p.a.;
b) pertanto, per comodità espositiva, saranno prese in esame direttamente le censure poste a sostegno del ricorso proposto in prime cure (cfr., ex plurimis, sul punto, Cons. Stato, Sez. V, 10 febbraio 2015, n. 673;Sez. V, 29 ottobre 2014, n. 5347).
7.1. Non convince, innanzitutto, quanto dedotto con il ricorso introduttivo della lite (pag. 6 e ss.) in ordine alla pretesa incongruenza, sotto plurimi profili, del giudizio espresso dalla Commissione su entrambe le prove risultate insufficienti - alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale, espresso dalla Corte in sede regolatrice, secondo cui “ il giudice non può sostituire il giudizio della commissione con un proprio diverso giudizio, entrando nel merito delle valutazioni. Il giudice può ritenere il provvedimento che esprime il giudizio illegittimo solo quando sia affetto da vizi di estrema gravita: "illogicità manifesta" o "travisamento del fatto "” (cfr. Cass. civ., sez. un. n. 18079 del 15 settembre 2015; idem n. 8412 del 28 maggio 2012). Anche questo Consiglio di Stato si è assestato sulla stessa linea interpretativa, osservando che "... a) il sindacato di legittimità del giudice amministrativo è limitato al riscontro del vizio di eccesso di potere per manifesta illogicità, con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti, che nella fattispecie non è dato riscontrare... " (cfr. Cons. Stato, parere n. 1007/2017;nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 23 maggio 2016, n. 2110). La valutazione degli elaborati costituisce, pertanto, espressione di un giudizio discrezionale, sul quale il sindacato di legittimità del giudice amministrativo, essendo la vicenda non ricompresa tra le eccezionali ipotesi tassativamente attribuite alla giurisdizione di merito del giudice amministrativo ex art. 134 c.p.a. (cfr. Ad. plen., n. 5 del 2015), è limitato ad un sindacato estrinseco nei limiti del riscontro effettivo del vizio di eccesso di potere;né è consentito al giudice della legittimità sovrapporre alle valutazioni della Commissione la personale valutazione di un soggetto terzo - qualunque sia il livello di conoscenza ed esperienza - in quanto spetta in via esclusiva alla sottocommissione la competenza a valutare gli elaborati degli esaminandi (sotto questo profilo è costante la massima per cui sono inutilizzabili i pareri pro veritate , cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, n. 5726 del 2017). Infatti, il giudizio tecnico discrezionale della Commissione esaminatrice riguarda varii profili (il modo in cui è stato redatto l'elaborato scritto in relazione al caso concreto, la soluzione giuridica prospettata, la pertinenza delle norme giuridiche richiamate, la menzione delle massime giurisprudenziali formatesi sul caso specifico affrontato e dell'orientamento prevalente, la chiarezza espositiva, la forma sintattica e la stessa logica emergente dall'elaborato, ecc.), la valutazione dei quali implica all'evidenza un sindacato pregnante consentito, in sede di legittimità, soltanto a fronte della abnormità dell'operato valutativo della Commissione, come si è detto qui non emergente (Cons. giust. amm., n. 8628 del 22 dicembre 2009).
7.2. Né vengono peraltro segnalati dall’appellante errori di fatto nel giudizio reso ovvero elementi di macroscopica irrazionalità dello stesso, mirando egli piuttosto a sostituire la propria personale valutazione sulla base della pretesa validità della soluzione giuridica prospettata dal ricorrente in entrambi gli elaborati.
Invero, non si può ritenere manifestamente irragionevole l’operato della Commissione sol perché i pareri sarebbero stati redatti, in base a personale valutazione, in modo lodevole e meritorio (ad es. pag. 11 del ricorso di primo grado). L’appellante deduce l’inapplicabilità nel caso di specie di tale consolidato indirizzo interpretativo, in quanto il contributo allegato al ricorso introduttivo della lite (osservazioni del prof. D C, ordinario di diritto amministrativo presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Verona) non sarebbe qualificabile come parere pro veritate (essendo un contributo scientifico pubblicato su un sito internet).
In senso contrario, è sufficiente osservare che tale produzione documentale ha la finalità, tipica del parere pro veritate , di confutare il giudizio della Commissione esaminatrice e pertanto, ancorché trattasi di contributo semplicemente scaricabile da internet , a questo va assimilato sotto ogni profilo.
7.3. E’ altresì meritevole di condivisione quanto affermato dal Tribunale nel senso della sufficienza motivazionale del voto numerico, contestato con ulteriore profilo di censura dal ricorrente di primo grado ( passim , in special modo pagg. 14 e 22, motivo non riproposto espressamente in appello), ciò alla stregua del consolidato orientamento della Sezione (ora definitivamente confermato dall'Adunanza plenaria, n. 7/2017), in forza del quale:
a) in tema di esami per l'accesso alla professione di avvocato, il potere di valutazione esercitato dalle Commissioni di esame è espressione di ampia e qualificata discrezionalità tecnica, il cui concreto esercizio può essere soggetto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo solo se viziato da travisamento dei fatti, violazione delle regole di procedura, illogicità manifesta con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza riscontrabili ab externo e ictu oculi dalla sola lettura degli atti (da ultimo sentenze n. 973/2017, n. 3480/2017, n. 5680/2017, n. 5740/2017, n. 5742/2017;n. 5987/2017);
b) la circostanza che la Commissione esaminatrice abbia adottato tout court i criteri dettati dalla commissione centrale non integra alcun vizio, trattandosi di una decisione che rientra pienamente in una sfera di discrezionalità tecnica esercitata in modo non irragionevole e dunque insindacabile;come, all'inverso, non spiegherebbe alcun effetto invalidante l'inosservanza delle raccomandazioni formulate dalla Commissione centrale in tema di modalità procedimentali aggiuntive, che non hanno carattere cogente (sentenze n. 8621/2009, n. 673/2012, n. 1723/2013, n. 973/2017);
c) ai fini della motivazione, il voto numerico è pienamente sufficiente, anche alla luce delle note decisioni della Corte costituzionale (n. 328/2008, n. 20/2009 e n. 175/2011;cfr. da ultimo, oltre la ricordata decisione dell'Adunanza plenaria, le sentenze della Sezione n. 5658/2017, n. 5659/2017, n. 5682/2017, n. 5726/2017, n. 5728/2017, n. 5729/2017, n. 5740/2017, n. 5742/2017, n. 5987/2017) e tenuto conto della sufficienza dei criteri generali relativi alla correzione degli elaborati, che non richiedono da parte delle singole commissioni alcuna ulteriore specificazione o collegamento con l'estrinsecazione strettamente docimologica della valutazione (sentenze n. 175/2011 della Corte costituzionale;n. 317/2012 del C.G.A.R.S.;n. 8628/2009, n. 2544/2010 e n. 5726/2017 della Sezione);
d) contrariamente a quanto lamentato dall’appellante (pag. 14), non ha alcun rilievo l'assenza di segni di correzione, laddove al contrario solo se la Commissione ritenga di apporre sottolineature o segni può ammettersi la valutazione della loro coerenza con affermazioni, concetti e principi espressi nell'elaborato, sempre che si tratti di segni non neutri od opachi, ma significativi (ordinanze n. 4798/2017, n. 4802/2017, n. 4803/2017);
e) non sfugge che la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 310 del 10 del 5 novembre 2010, ha affermato che è incostituzionale la legge che esclude l'onere della motivazione, ma essa non si attaglia alla legittimità del punteggio numerico in sede di valutazione delle prove di esame, essendosi la Corte espressa in relazione agli atti sanzionatori;con tale pronuncia, in particolare, la Corte ha ritenuto che " È costituzionalmente illegittimo l' art. 14, comma 1, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro (come sostituito dal D.Lgs. n. 106 del 2009), nella parte in cui, stabilendo che ai provvedimenti di sospensione dell'attività imprenditoriale previsti dalla citata norma non si applicano le disposizioni di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241, esclude l'applicazione ai medesimi provvedimenti dell'art. 3, comma 1, che impone l'obbligo di motivazione del provvedimento amministrativo. L'obbligo di motivare i provvedimenti amministrativi, infatti, non soltanto è diretto a realizzare la conoscibilità, e quindi la trasparenza, dell'azione amministrativa, ma anche, nel contempo, da un lato, costituisce corollario dei principi di buon andamento e d'imparzialità dell'amministrazione e, dall'altro, consente al destinatario del provvedimento, che ritenga lesa una propria situazione giuridica, di far valere la relativa tutela giurisdizionale ";il principio enucleabile da tale pronuncia è quindi riferibile a disposizioni aventi carattere sanzionatorio, sicché non può estendersi a procedimenti d'indole diversa come quello di valutazione delle prove di un concorso;del resto, " il criterio prescelto dal legislatore per la valutazione delle prove scritte nell'esame di abilitazione, nella varietà della graduazione attraverso la quale si manifesta, esterna una valutazione che, sia pure in modo sintetico, si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest'ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell'apprezzamento riservato dalla commissione esaminatrice all'elaborato e, quindi, del grado di idoneità o inidoneità riscontrato " (cfr. Corte cost., n. 175 del 2011 cit.;nonché la sentenza di questa Sezione n. 5726/2017).
7.4. Non persuade altresì quanto evidenziato (pag. 4 del ricorso di primo grado, anche questo motivo non è stato espressamente riproposto) a proposito dell’esiguità dei tempi di correzione, in quanto tale circostanza rientra in una sfera di insindacabilità:
I) mancando una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti;
II) perché non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato;
III) in quanto le medie temporali risultano scarsamente significative laddove siano state effettuate in base a un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati: Cons. Stato, sez. VI, sentenza n. 1411/2015, id., sentenze n. 614/2013;sez. IV, sentenza n. 3754/2013;id, n. 970/2013;da ultimo, sez. IV, sentenze nn. 5742/2017, 5740/2017, 5680/2017;cfr. anche l’ordinanza n. 5209/2017).
8. Per mere esigenze di completezza, il Collegio dà atto che il principio di diritto affermato dal Tribunale in sede cautelare (ord. n. 2775 del 27/10/2008), di segno favorevole al ricorrente – a seguito della quale la sua prova pratica veniva sottoposta a rivalutazione in forma anonima – non ha modo di sopravvivere al pronunciamento reiettivo della domanda cautelare espresso da questo Consiglio di Stato (ord. n. 1480 del 24 marzo 2009).
9. L’appello, per le ragioni anzidette, deve essere respinto.
10. Le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo il criterio della soccombenza, sono liquidate nella misura stabilita in dispositivo secondo i parametri di cui al regolamento n. 55 del 2014.