Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2020-08-18, n. 202001422

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2020-08-18, n. 202001422
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001422
Data del deposito : 18 agosto 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00039/2020 AFFARE

Numero 01422/2020 e data 18/08/2020 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 4 marzo 2020




NUMERO AFFARE

00039/2020

OGGETTO:

Ministero della difesa.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. -OMISSIS-

contro

Ministero della difesa e nei confronti del Comando generale dell’Arma dei carabinieri, per la revocazione del decreto del Presidente della Repubblica del 6 maggio 2019, notificato il 4 giugno 2019, emesso su conforme parere del Consiglio di Stato, Sezione I, -OMISSIS-, pronunciato all’esito dell’Adunanza di Sezione del 30 gennaio 2019, che ha respinto il ricorso straordinario al Capo dello Stato – affare n. -OMISSIS-– proposto dal sig. -OMISSIS-.

LA SEZIONE

Vista la relazione prot. n. 600738 del 19 novembre 2019, trasmessa con nota prot. n. 637994 dell’11 dicembre 2019, con la quale il Ministero della difesa ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Michele Pizzi;


Premesso:

Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il sig. -OMISSIS-, esponendo di aver prestato servizio presso l’Arma dei carabinieri dall’ottobre del 1976 al 1° aprile 2013 (data del collocamento a riposo), di esser stato escluso – nell’anno 2008 – dall’aliquota di avanzamento del 31 dicembre 2008 a seguito di una querela sporta nel 2007 nei suoi confronti, che il relativo processo penale si concludeva con sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto pronunciata dal Giudice di Pace di Rossano, confermata dal Tribunale di Castrovillari con sentenza n. -OMISSIS-del 24 febbraio 2015 divenuta irrevocabile il 22 aprile 2015, di aver pertanto – a seguito della predetta sentenza di assoluzione e del venir meno delle cause impeditive determinanti l’esclusione dall’aliquota di avanzamento del 31 dicembre 2008 – presentato domanda al Comando generale dell’Arma dei carabinieri, chiedendo “ la quantificazione degli emolumenti dovuti in virtù dell’inclusione nell’aliquota cui al tempo era stato escluso ”, impugnava la nota prot. n. 173728GS/39/4-5-2016, con la quale il predetto Comando generale, sulla base della nota del Ministero della difesa-Direzione generale per il personale militare prot. n. M_D GMIL REG20170000377 del 2 gennaio 2017, aveva rigettato la domanda proposta dal ricorrente sulla base della seguente motivazione: “[…] non si è potuto procedere alla valutazione ora per allora dell’interessato, con riferimento all’aliquota di esclusione, in quanto, pur cessate le cause impeditive all’avanzamento alla data del 22 aprile 2015, sarebbe stata necessaria la presenza in servizio del medesimo alla data del 31 dicembre 2015, quale prima aliquota utile per la valutazione quale pretermesso, ai sensi del richiamato art. 1051 del Decreto Legislativo n. 66/2010 che, al comma 7, prevede che: <Al venir meno delle predette cause (impeditive) […] gli interessati sono inclusi nella prima aliquota utile […]”.

Il ricorso straordinario, contenente domanda di risarcimento del danno, era articolato nei seguenti quattro motivi:

- violazione dell’articolo 1051, commi 6 e 7, del d.lgs. n. 66/2010;

- eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento, contraddittorietà, disparità di trattamento, mancata fissazione di autolimiti;

- eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta;

- violazione dell’articolo 1051, comma 2, n. 7, del d.lgs. n. 66/2010.

La Sezione, all’esito dell’Adunanza del 30 gennaio 2019, esprimeva parere di rigetto del ricorso (parere -OMISSIS-), sulla cui base il Presidente della Repubblica ha emanato il gravato d.P.R. del 6 maggio 2019 di rigetto del ricorso straordinario.

Il menzionato parere di rigetto espresso dalla Sezione è così motivato: “ L’articolo 35, comma 2, del D.Lgs. n. 198/1995 (come sostituito dall’articolo 26, comma 1, del D.Lgs. n. 83/2001) è ora confluito nell’articolo 1051, comma 2, del vigente D.Lgs. n. 66/2010, che prevede chiaramente (senza lasciare margini di discrezionalità): “Non può essere inserito nell'aliquota di avanzamento o valutato per l’avanzamento il personale militare: a) rinviato a giudizio o ammesso ai riti alternativi per delitto non colposo”.

Nel caso di specie, l’Amministrazione si è limitata a dare puntuale attuazione alla predetta normativa.

Si evidenzia, inoltre, che nei confronti del ricorrente, in quanto cessato (nelle more del procedimento penale), a domanda, dal servizio permanente a decorrere dal 1° aprile 2013 non ha potuto trovare applicazione l’articolo 1051, comma 7, del citato D.Lgs. n. 66/2010, in forza del quale: “Al venir meno delle predette cause, salvo che le stesse non comportino la cessazione dal servizio permanente, gli interessati sono inclusi nella prima aliquota utile per la valutazione o sono sottoposti a valutazione”.

È evidente che non può trovare accoglimento la tesi prospettata dal ricorrente in relazione al comma 7 del citato articolo 1051, poiché meramente testuale e disancorata dal complesso di norme che regolano lo stato giuridico dei Sottoufficiali e l’avanzamento in carriera dei medesimi, che è riservato, per esplicita voluntas legis, soltanto ai militari in servizio permanente.

Sul punto si richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale “[…]presupposto indefettibile per il conferimento della promozione è costituito dal perdurare del rapporto di servizio attivo fra il militare e l’Amministrazione, posto che finalità precipua della stessa è la migliore utilizzazione del personale nell’interesse dell’Amministrazione stessa;
e ciò anche nel caso che la promozione possa decorrere da una data anteriore a quelle della risoluzione del rapporto, come nel caso di specie (v. Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6604)” (Consiglio di Stato, Sez. Quarta, n. 3371/2010;
cfr. n. 6604/2007).

Riguardo, poi, alla contestata impossibilità di effettuare, ai fini dell’avanzamento al grado superiore, una valutazione postuma del ricorrente, quest’ultimo, a sostegno della propria tesi, ha richiamato l’articolo 39, lett. c), del D.Lgs. n. 198/1995, che riconosce il diritto dei Sottoufficiali alla promozione al grado superiore dal giorno precedente ad alcune cause impeditive.

Ma, a ben vedere, tali cause impeditive sono analiticamente ed esaustivamente indicate dalla norma citata, pertanto, è evidente che tale beneficio rinviene la propria fonte in una precisa disposizione di legge e non può essere frutto di discrezionalità dell’Amministrazione.

Parte ricorrente ha lamentato, poi, la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 1051, comma 7, del D.Lgs. n. 66/2010 e, in particolare, di non essere stato incluso nell’aliquota di valutazione del 31 dicembre 2009 (prima aliquota utile), nonostante la sentenza di assoluzione del Giudice di Pace fosse intervenuta il 17 novembre 2009 e l’appello fosse datato 2 gennaio 2010.

Su questo punto, si deve rilevare come sulla sentenza del Giudice di Pace non si fosse ancora formato il giudicato penale, tant’è vero che l’articolo 588 c.p.p. recita: “Dal momento della pronuncia, durante i termini per impugnare e fino all'esito del giudizio di impugnazione, l'esecuzione del provvedimento impugnato è sospesa, salvo che la legge disponga altrimenti”. ”.

Con successivo ricorso straordinario al Presidente della Repubblica dell’agosto 2019, il sig. -OMISSIS-ha chiesto la revocazione del predetto d.P.R. 6 maggio 2019, notificato il 4 giugno 2019, sulla base dei seguenti quattro motivi:

- errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti della causa, per essere il precedente parere n. -OMISSIS-incorso in un errore di fatto sulla portata delle risultanze processuali e, in particolare, sui provvedimenti emessi dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri, integrandosi la fattispecie revocatoria costituita dalla supposta inesistenza di un fatto (la valutazione del ricorrente eseguita già nel 2008) la cui verità è invece positivamente stabilita, dal momento che il provvedimento adottato nel 2008 dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri – che aveva escluso il ricorrente dall’aliquota di avanzamento del 31 dicembre 2008 per la sussistenza di cause impeditive – aveva comunque proceduto ad una effettiva valutazione del ricorrente stesso (stante la dicitura ivi contenuta “ 3^ Valutazione ”), con la conseguenza che quanto affermato dal provvedimento impugnato con l’originario ricorso straordinario e ritenuto legittimo dalla Sezione con il menzionato parere n. -OMISSIS-, in punto di impossibilità di procedere ad una valutazione ora per allora, “ sia frutto di una palesemente erronea percezione […] dal momento che “allora” una valutazione del dipendente fu già effettuata ”, anche alla luce del fatto che “ se fosse stata necessaria una nuova valutazione del Brigadiere -OMISSIS-ai fini della re-inclusione nell’aliquota e, dunque, del decreto di promozione, l’organo deputato ad effettuare proprio una siffatta valutazione (ossia lo stesso Comando generale dell’Arma dei carabinieri) avrebbe comunicato appunto tale propedeutica carenza al Ministero della difesa, non invece l’attesa del provvedimento formalmente conclusivo dell’iter procedimentale de quo. ”;

- errore di fatto sull’esistenza o sul contenuto di atti processuali determinante l’omessa pronuncia su motivi di censura, non avendo la Sezione – nel parere n. -OMISSIS-– pronunciato sul secondo e sul terzo motivo dell’originario ricorso straordinario (eccesso di potere per illogicità manifesta, travisamento, contraddittorietà, disparità di trattamento, mancata fissazione di autolimiti, nonché eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta), con conseguente possibilità di dedurre l’errore revocatorio - sub specie di omessa pronuncia determinata da erronea percezione degli atti processuali - sulla base del principio sancito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 22 gennaio 1997, n. 3, avendo la Sezione omesso di considerare quanto dedotto dal ricorrente circa la sua esclusione non già dalla valutazione (effettuata nel 2008 dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri), bensì dalla sola aliquota di avanzamento del 31 dicembre 2008, con conseguente illogicità del provvedimento impugnato con l’originario ricorso straordinario, provvedimento che aveva rigettato la domanda di ricostruzione della carriera del ricorrente sull’assunto che non potesse procedersi ad una valutazione “ ora per allora ”, senza considerare che una valutazione “ allora ” era stata già effettuata, fermo restando che, anche qualora si volesse ritenere che il militare non fosse stato già valutato dall’Amministrazione di appartenenza nell’anno 2008, la domanda di ricostruzione della carriera avrebbe dovuto comunque essere accolta ai sensi dell’articolo 39, lett. c), del d.lgs. n. 198/1995, anche al fine di evitare una disparità di trattamento rispetto a casi analoghi risolti positivamente dall’amministrazione, dovendo la pubblica amministrazione “ prefissarsi autolimiti al fine di assicurare la parità di trattamento ”, anche per evitare che il ricorrente si trovi equiparato ai militari condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni per delitto non colposo (ipotesi disciplinata dal comma 8 dell’articolo 1051 del decreto legislativo n. 66/2010), nonostante il fatto che il medesimo ricorrente – vistosi negare l’avanzamento nel 2008 a causa di accuse penali mosse nei suoi confronti – è stato poi assolto con formula piena “ per non aver commesso il fatto ”, seppur a distanza di sette anni, dopo il suo collocamento a riposo;

- errore di fatto risultante da erronea percezione dell’art. 39 del d.lgs. n. 198/1995, per aver la Sezione, nel precedente parere n. -OMISSIS-, compiuto una “ falsa rappresentazione […] del contenuto dell’art. 39 D.Lgs. 12/05/1995, n. 198 ”, dato che tale norma ricomprende anche l’ipotesi in cui versa il ricorrente, con conseguente errore percettivo del Giudice che non è riuscito “ ad intravedere nell’elenco delle ipotesi da questa previste proprio quella del -OMISSIS-, sebbene la norma sia estremamente nitida a riguardo ”;

- errore di fatto per omessa pronuncia sulla domanda di risarcimento del danno, non avendo la Sezione esaminato la domanda risarcitoria proposta nell’originario ricorso straordinario.

Con la relazione istruttoria del 19 novembre 2019 indicata in epigrafe, trasmessa per conoscenza al ricorrente, il Ministero riferente ha concluso per l’inammissibilità del ricorso per revocazione.

Il Ministero della difesa-Direzione generale per il personale militare, con successiva nota prot. n. 18876 del 16 gennaio 2020, ha trasmesso le note di replica del 9 gennaio 2020, con le quali parte ricorrente – richiamando il precedente parere della Sezione -OMISSIS-– ha insistito per l’accoglimento del ricorso per revocazione.

Considerato:

Il primo motivo di ricorso per revocazione è inammissibile.

La doglianza del ricorrente muove dal presupposto che la Sezione non avrebbe correttamente percepito i documenti di causa, giungendo ad un errore di fatto laddove ha ritenuto impossibile una valutazione “ ora per allora ”, senza accorgersi che la valutazione del brigadiere -OMISSIS-era già stata effettuata nel 2008 dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri e che, pertanto, non era necessaria una nuova valutazione del medesimo.

La censura, nel caso di specie, non integra un errore di fatto revocatorio ai sensi dell’articolo 395, comma 1, n. 4), c.p.c., in quanto la Sezione, nel parere n. -OMISSIS-, ha enunciato un più generale principio di diritto che, ai fini della decisione di quel giudizio, ha superato ed assorbito le questioni, in punto di fatto, sollevate dal ricorrente circa la sussistenza o meno di una precedente valutazione del medesimo nell’anno 2008, nonché circa la necessità o meno di una nuova valutazione dello stesso.

Nel menzionato parere n. -OMISSIS-è stato infatti richiamato il “ consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale “[…] presupposto indefettibile per il conferimento della promozione è costituito dal perdurare del rapporto di servizio attivo fra il militare e l’Amministrazione, posto che finalità precipua della stessa è la migliore utilizzazione del personale nell’interesse dell’Amministrazione stessa;
e ciò anche nel caso che la promozione possa decorrere da una data anteriore a quelle della risoluzione del rapporto, come nel caso di specie (v. Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2007, n. 6604)” (Consiglio di Stato, Sez. Quarta, n. 3371/2010;
cfr. n. 6604/2007).
”.

Pertanto, applicando tale principio di diritto, del tutto a prescindere dalla questione di fatto in ordine alla sussistenza o meno di una precedente valutazione del ricorrente compiuta nell’anno 2008 dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri, la Sezione ha respinto il ricorso, risultando pacifico e non contestato che, alla data di presentazione della domanda di ricostruzione della carriera (anno 2015), il ricorrente era già stato collocato a riposo, a domanda, dal 1° aprile 2013, con ciò venendo meno il “ presupposto indefettibile per il conferimento della promozione ”, ovvero il “ perdurare del rapporto di servizio attivo fra il militare e l’Amministrazione ”.

Il primo motivo di ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Il secondo motivo di ricorso per revocazione è inammissibile.

In primo luogo, per quanto concerne l’asserito omesso esame del secondo motivo dell’originario ricorso straordinario (in punto di irragionevolezza del gravato provvedimento che aveva rigettato la domanda di ricostruzione della carriera del ricorrente sull’assunto che non potesse procedersi ad una valutazione “ ora per allora ”, senza considerare che una valutazione “ allora ” nel 2008 era stata già effettuata dal Comando generale dell’Arma dei carabinieri, fermo restando che, anche qualora si volesse ritenere che il militare non fosse stato già valutato dall’Amministrazione di appartenenza nell’anno 2008, la domanda di ricostruzione della carriera avrebbe dovuto comunque essere accolta ai sensi dell’articolo 39, lett. c), del d.lgs. n. 198/1995, anche al fine di evitare una disparità di trattamento rispetto a casi analoghi risolti positivamente dall’amministrazione, dovendo la pubblica amministrazione “ prefissarsi autolimiti al fine di assicurare la parità di trattamento ”, anche per evitare che il ricorrente si trovi equiparato ai militari condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni per delitto non colposo, ipotesi disciplinata dal comma 8 dell’articolo 1051 del decreto legislativo n. 66/2010), la Sezione, come già sopra esposto, rileva che, nel precedente parere n. -OMISSIS-, la questione in fatto - circa la sussistenza o meno di una precedente valutazione compiuta dal Comando generale nell’anno 2008 nei confronti del brigadiere ricorrente - è stata superata ed assorbita dal generale principio di diritto ivi enunciato, che ricollega il conferimento della promozione – e la ricostruzione della carriera che ne consegue - al “ perdurare del rapporto di servizio attivo fra il militare e l’Amministrazione ”, rapporto che si è interrotto nell’aprile del 2013 con il collocamento a riposo, a domanda, dell’odierno ricorrente, con ciò altresì assorbendosi implicitamente l’ulteriore censura di eccesso di potere per disparità di trattamento, non sussistendo tale disparità in quanto “ l’Amministrazione si è limitata a dare puntuale attuazione alla predetta normativa ”, né potendosi invocare – quale errore di fatto revocatorio – l’asserita violazione dell’articolo 39, lett. c), del d.lgs. n. 198/1995, integrandosi in tal caso la diversa ipotesi della “violazione di legge”, non contemplata dall’articolo 395 cod. proc. civ. tra le ipotesi che possono dare luogo a revocazione.

In secondo luogo, con riguardo all’asserito omesso esame del terzo motivo dell’originario ricorso straordinario (in punto di eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta, in quanto il ricorrente - vistosi negare l’avanzamento del 31 dicembre 2008 a causa di accuse penali mosse nei suoi confronti - è stato poi assolto con formula piena “ per non aver commesso il fatto ”, seppur a distanza di sette anni, dopo il suo collocamento a riposo), la Sezione rileva che tale profilo – per le ragioni sopra esposte – non è stato espressamente esaminato nel parere n. -OMISSIS-non già per una erronea percezione degli atti processuali, bensì perché è stato implicitamente ritenuto assorbito dal principio di diritto enunciato, non potendosi in generale configurare alcun profilo di eccesso di potere (che presuppone un potere discrezionale in capo alla pubblica amministrazione) a fronte di una amministrazione che invece, con potere vincolato, “ si è limitata a dare puntuale attuazione alla predetta normativa ”, ovvero all’articolo 1051, comma 7, del d.lgs. n. 66/2010, come affermato nel predetto parere della Sezione n. -OMISSIS-.

Il secondo motivo di ricorso è pertanto inammissibile.

Palesemente inammissibile è il terzo motivo di ricorso per revocazione.

L’articolo 395, comma 1, n. 4), c.p.c. consente la revocazione in caso di “ errore di fatto ”, che si articola, in positivo, nella erronea “ supposizione di un fatto ”, oppure, in negativo, nella erronea supposta “ inesistenza di un fatto ”.

Nel caso di specie il ricorrente, lungi dal dedurre un errore di fatto, lamenta l’errore percettivo commesso dal Giudice circa il testo di una norma giuridica (l’articolo 39 del d.lgs. n. 198/1995), con ciò tuttavia dolendosi di una asserita erronea interpretazione della suddetta norma, che si sostanzia nel vizio di violazione di legge, del tutto inidoneo ad integrare l’errore di fatto revocatorio ai sensi del citato articolo 395 c.p.c.

Il terzo motivo di ricorso è quindi inammissibile.

Infine è inammissibile anche il quarto motivo di revocazione, in quanto il rigetto dell’originario ricorso straordinario ha implicitamente ma necessariamente comportato l’assorbimento della domanda risarcitoria, domanda oltretutto inammissibile in sede di ricorso straordinario per costante orientamento della Sezione (da ultimo Cons. Stato, Sez. I, parere 21 febbraio 2020, n. 480).

In definitiva il ricorso per revocazione è inammissibile.

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